Polimestore (in D. Polinestòr; Polimestor in qualche codice, per es. nel 10186 della bibl. Nacional di Madrid)
Re della Tracia e marito di Ilione, figlia di Priamo.
Secondo la tradizione seguita da Virgilio (diversa da quella di Iliade XX 407-408), attestata già, sebbene non senza varianti, nella tragedia - specialmente nell'Ecuba di Euripide - e nelle fonti alessandrine, Polidoro, figlio minore di Priamo e di Ecuba, fu inviato ancora giovane con un grande tesoro presso P., perché fosse in luogo sicuro. Ma questi, appena vide che le sorti di Troia volgevano al peggio, per impadronirsi dei tesori uccise a tradimento il cognato suo ospite e seppellì il cadavere sulle coste della Tracia. Dopo la distruzione di Troia Ecuba, sbarcata in Tracia con i Greci che la conducevano prigioniera, s'imbatté nel cadavere del figlio, che vendicò accecando P. e uccidendone i due figli. Anche Enea durante la sua fuga da Troia sostò in Tracia, dove fondò una città, Eneade; ma un prodigio l'indusse a lasciare quella terra scellerata: era la voce di Polidoro che, mista a sangue, veniva fuori dai rami di mirto colti dall'eroe troiano e sorti dalla messe di dardi che trafisse e coperse il suo misero corpo.
D. ricorda P. in Pg XX 115 come penultimo degli esempi di avarizia punita che Ugo Capeto spiega al pellegrino esser ripetuti ogni notte dagli spiriti avari del V girone: in infamia tutto 'l monte gira / Polinestòr ch'ancise Polidoro. L'episodio gli era noto da Virgilio Aen. III 19-68 (cfr. If XIII 35 e Aen. III 41; Pg XXII 40-41 e Aen. III 56-57), oltre che da Ovidio Met. XIII 429-572.
L'accento sull'ultima si giustifica con l'uso medievale (cfr. Giovanni da Genova: " Omnis barbara vox, non declinata latine, Accentum super extremam servabit acutum ", e " Bull. " III [1895-96] 106). V. POLIDORO.
Bibl. -E. Moore, Studies in D., I, Oxford 1896, 212; F. D'Ovidio, L'ultimo volume dantesco, Roma 1926, 175 ss.; G. Patroni, L'episodio virgiliano di Polidoro e i dantisti, in " Rendic. R. Ist. Lombardo ", s. 3, II (1938); P. Renucci, D. disciple et juge du monde gréco-latin, Parigi 1954, 116, 187, 254, 375 (anche per ulteriore bibl.).