popolazione
popolazióne s. f. – Il valore complessivo degli abitanti della Terra è cresciuto in maniera continua dalla seconda metà del 14° sec. registrando negli ultimi due secoli un significativo incremento. Si stima infatti che la popolazione mondiale fosse di un miliardo di persone intorno al 1830 e abbia raggiunto la quota simbolica di 7 miliardi il 31 ottobre 2011 (secondo il rapporto presentato nel 2011 dall'UNFPA, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di ricerche demografiche), o nel marzo 2012 (secondo l’US Census bureau).
Una progressione considerevole, che però non è stata così esplosiva come si immaginava nelle proiezioni degli anni Settanta del Novecento quando, registrando elevati tassi di crescita annuale e il raddoppio della p. totale in soli 35 anni, si ipotizzava che all'inizio del 21° sec. potessero abitare il Pianeta 20 miliardi di persone. Le aree di più intenso popolamento sono nell’emisfero boreale (a sud dell’Equatore vive appena il 10% della p.) e in particolare tra il 20° e il 60° di latitudine nord, dove si concentrano i quattro quinti della p. mondiale. Secondo le Nazioni Unite, su base continentale l’Asia si afferma come l’area di più fitta presenza con 4,2 miliardi di abitanti; a notevole distanza si colloca l’Africa, con poco più di 1 miliardo di persone, mentre 942 milioni vivono nelle Americhe, 740 in Europa e 37 milioni in Oceania. Il sorpasso dell’Africa e delle Americhe nei confronti dell’Europa è avvenuto in tempi relativamente recenti e la distanza potrebbe acuirsi nel futuro prossimo: le proiezioni delle Nazioni Unite fanno prevere che non prima del 2030 saranno superati gli 8 miliardi di abitanti e già allora la p. dell’Europa registrerà un decremento. La Cina e l’India continuano a primeggiare la classifica del numero di abitanti: sono gli unici Stati che superano il miliardo, con una significativa crescita dell'India all'inizio del millennio. La maggior parte dei paesi con più di cento milioni di abitanti ha continuato a crescere in questo periodo in modo rilevante, in particolare le Filippine e la Nigeria, che è diventata di gran lunga il paese più popolato dell’Africa. In rapporto alla fine del Novecento, se la Cina grazie alle stringenti politiche di pianificazione demografica (iniziate negli anni Settanta con lo slogan 'una coppia, un bambino', v. figlio unico, politica del), ha in parte rallentato la sua crescita, il Giappone si attesta su valori prossimi alla stasi demografica e si segnala una paradossale diminuzione della Russia, che ha registrato nel nuovo millennio uno dei tassi di mortalità più elevati del mondo. L’andamento di questo semplice indicatore riserva delle sorprese, collocando nei primi dieci posti delle nazioni non proprio povere: nel 2012, secondo le stime della Cia, il Sud Africa detiene il valore più alto (17,23‰), al secondo posto si colloca la Russia (16,03‰), al terzo l’Ucraina e al decimo la Bulgaria. Si tratta di valori imputabili a cause diverse (come la diffusione in Sud Africa, negata a livello governativo, dell’Aids o la preoccupante diffusione dell’alcolismo in Russia e Ucraina) che forniscono prospettive di lettura socio-geografiche interessanti.
Oltre le quantità nei singoli Stati, è opportuno analizzare la struttura della p. e i suoi processi demografici, come anche, in un’ottica geografica, la sua variazione e distribuzione spaziale a differenti scale, dal mondo alle singole unità amministrative. Per es., nel nuovo millennio si è continuato a registrare la crescita della p. urbana al punto che dal 2009 si stima che più della metà degli abitanti della Terra viva nelle città. Come è noto, il rapporto tra fecondità e mortalità delinea le caratteristiche delle società in epoche diverse e la modernizzazione ha generato una progressiva riduzione di entrambi i fattori grazie al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie. Una sintesi del rapporto tra crescita demografica e sviluppo economico è rappresentato dal modello stadiale della transizione demografica che caratterizza diversamente alcune aree del mondo. La prima fase (alta mortalità e alta natalità) non contraddistingue ormai alcun paese; nella seconda il tasso di natalità non si riduce alla stessa velocità di quello della mortalità e si assiste a un aumento della popolazione: è il caso ancora oggi di tutti paesi dell’Africa subsahariana e di diversi paesi asiatici e latinoamericani. In particolare, i tassi di natalità e di crescita naturale più elevati sono appannaggio dei paesi africani, con il valore più alto registrato in Niger (stimato al 50,06‰ nel 2012), che mostra anche il maggior tasso d'incremento annuo. Una riduzione progressiva della natalità è appannaggio dei paesi in via di sviluppo, che avvicinandosi alle società urbanizzate e industrializzate non hanno gli stessi benefici delle società agricole a caratterizzarsi per molti figli: è il caso dei paesi dell’America Latina e in parte del Maghreb che, pur continuando a crescere, hanno rallentato l’incremento annuale. I paesi occidentali, infine, si collocano in una fase di riallineamento verso il basso della natalità e della mortalità con diversi episodi di fecondità sotto la soglia del ricambio generazionale di 2 figli per coppia. Gli esempi sono molteplici: il Giappone, la Corea del Sud, Taiwan e la maggior parte dei paesi europei come l’Italia (1,40 figli nati per donna al 2012), la Spagna, la Grecia e molti Stati dell’Europa Orientale. La crescita dei gruppi umani, la diffusione del processo di popolamento all’interno di ambiti territoriali dai confini precisi, la mobilità e i processi migratori, il ruolo delle istituzioni politiche e religiose, i condizionamenti culturali, i progressi della medicina e dell’ingegneria genetica sono solo i principali aspetti che hanno fatto evolvere il concetto di p. oltre gli aspetti meramente biologici.