Cittadinanza, popolo e territorio
Il rapporto strutturale e funzionale tra cittadini e territorio, centrale e decisivo per il costituzionalismo del novecento, costituisce il focus del presente contributo che analizza l’impatto dei processi di globalizzazione e di integrazione europea sulla cittadinanza nella sua duplice dimensione identitaria e partecipativa.
Mentre il costituzionalismo democratico del secondo dopoguerra promuoveva il consolidamento degli istituti della cittadinanza e della sovranità popolare, per più versi strettamente e reciprocamente intrecciati, lo spostamento di ampi poteri decisionali e normativi a livello sovranazionale ed internazionale rischia oggi di determinare, nell’era della “sovranità condivisa” fra stati dotati di poteri politici e decisionali talora molto diversi, uno strisciante svuotamento dei diritti connessi alla cittadinanza e alla sovranità popolare, senza che ciò comporti un effettivo recupero di tali diritti e poteri su piani diversi da quello statale. Con il riconoscimento delle quattro libertà UE, del diritto di petizione, del diritto di iniziativa dei cittadini europei, del diritto di voto per il Parlamento europeo, l’unica istituzione UE a ricevere una investitura popolare diretta – senza dimenticare le tutele previste per i cittadini europei dalla CEDU e dalla Carta di Nizza, la cittadinanza europea sembrerebbe garantire una adeguata integrazione. Di contro, l’esistenza di una linea parallela di poteri decisionali a livello comunitario – (Commissione, Banca centrale, Eurogruppo, anche nel quadro del cd. Fiscal Compact) che fissano con rigore indirizzi e scelte di politica economica sulle quali solo le più potenti lobby, ben più dei singoli cittadini, possono esercitare la loro influenza – depotenzia funzioni e poteri delle istituzioni rappresentative dell’UE1.
Nell’attuale fase di globalizzazione e di integrazione continentale, la trasformazione della cittadinanza è sempre più al centro del dibattito politico. I rigidi controlli dei bilanci pubblici, la privatizzazione di beni pubblici e di alcuni servizi pubblici essenziali, riducono drasticamente il godimento di quei diritti che la Costituzione fa discendere dalla cittadinanza (quindi sia l’accesso al godimento dei benefici dello stato sociale che i diritti di partecipazione alla vita politica della comunità statale). Se i processi decisionali derivano sempre più spesso da circuiti decisionali internazionali, sovranazionali e transnazionali in nome del mercato e della concorrenza (fenomeno espresso icasticamente da Jürgen Habermas con il concetto di “costellazione post-nazionale” ) , sono gli stessi “elementi” che “costituiscono” lo Stato, innanzitutto il popolo che ne è il soggetto fondante ma anche il territorio e la sovranità, a perdere quel ruolo che li caratterizzava come espressione di un potere assoluto ed indivisibile di pertinenza dello Stato.
L’esercizio “condiviso” della sovranità in contesti istituzionali o informali2, di cui i protagonisti assoluti sono inevitabilmente i capi di Stato e di Governo o singoli ministri, si ripercuote, infatti, se non sulla titolarità certamente sull’esercizio della sovranità popolare. Ciò comporta il doppio fenomeno di una crescente astensione elettorale e l’emersione di movimenti politici definiti propriamente o impropriamente populisti3. Dal momento che nel costituzionalismo contemporaneo la cittadinanza è la premessa giuridico-politica dell’esercizio della sovranità popolare, i processi di governance sia internazionale che sovranazionale (nei quali i comitati tecnici, le autorità bancarie e finanziarie e i gruppi finanziari e industriali giocano un ruolo pari se non prevalente rispetto alle istituzioni rappresentative) creano un distacco sempre più accentuato fra le scelte dei vertici (nazionali, internazionali e sovranazionali) e la concreta possibilità sia di singoli che di gruppi di cittadini di avere un ruolo decisivo nel formarsi delle politiche pubbliche, contrapponendosi alle potenti lobby economiche. Più in particolare, i processi di integrazione globale ed europea, imponendo ai governi degli Stati membri un ruolo di regolazione di scelte di carattere economico e normativo orientate al mercato e alla concorrenza (Stato regolatore), hanno determinato un controllo crescente delle istituzioni dell’Unione sulle politiche del territorio (ad ogni livello). Proprio per questo il rapporto cittadinanza/territorio diviene la cartina di tornasole per analizzare il grado di effettività dei diritti e dei doveri di cittadinanza che, nell’era dei mercati aperti, non trovano più nel territorio statale quel luogo sia istituzionale che materiale della conciliazione tra il ruolo del mercato ed i diritti economici e sociali dei cittadini4.
L’emersione di una “costellazione post-nazionale”, frutto di una pluralità di trattati e accordi internazionali e le conseguenti aggregazioni sovranazionali, producono la trasformazione del territorio da elemento fondamentale e costitutivo delle forme conosciute di statualità5 a spazio aperto all’impatto di una serie crescente di attività finanziarie e di circolazione di monete, beni e servizi, rispetto ai quali la competenza relativa alla regolamentazione non è più esclusività dello Stato nazionale. Infatti, nel nuovo contesto normativo ed organizzativo, per l’ordinamento degli Stati membri del UE, alla tradizionale nozione di territorio va aggiunta quella di “spazio giuridico europeo”, quale fondamentale prodotto del processo di integrazione. Lo spazio giuridico europeo ricomprende, infatti, l’insieme dei territori dei singoli Stati membri, che funge da spazio di interazione delle norme giuridiche e degli strumenti propri del diritto dell’Unione europea con l’ordinamento interno. La nozione assume poi valore ancor più pregnante in ragione della crescita e del rafforzamento degli strumenti di cooperazione giudiziaria civile e penale che trovano proprio nello spazio giuridico dell’UE il proprio campo di azione ed efficacia. Accanto alla nozione di spazio giuridico europeo fa capolino, anche, in alcuni atti ufficiali e nella giurisprudenza europea, la nozione di “territorio dell’Unione” con una accentuazione prevalentemente descrittiva dello spazio ricompreso nel territorio degli Stati aderenti all’Unione europea quale organizzazione sovranazionale6.
Negli ultimi decenni non sono mancati i tentativi, in particolare nella dottrina tedesca7, di elaborare una forma di costituzionalismo disancorata dalla tradizione del costituzionalismo ottocentesco e novecentesco decisamente statocentrico: il multilevel constitutionalism. Una teoria che considera il diritto europeo primario, ossia i trattati europei, un insieme di principi di natura costituzionale – o metacostituzionale – ispirata alle tradizioni e ai principi costituzionali comuni ai Paesi membri del UE. La tradizione costituzionale degli ultimi due secoli – che dalla storia dello stato contemporaneo (e ancor più dalla Staatslehre) traeva la sua linfa vitale – trovava nel territorio8 e nella sovranità, divenuta sovranità popolare, gli elementi fondanti e caratterizzanti. Un modello che, in particolare nelle costituzioni del secondo dopoguerra, aveva comunque spostato dallo Stato-persona allo Stato-comunità il baricentro di una teoria e di una prassi in continua evoluzione. In questo quadro la persona umana, sia in quanto tale sia come membro di associazioni, trovava non solo nei partiti e nei sindacati e, dopo la svolta degli anni sessanta, nel vasto arcipelago di movimenti e associazioni, il soggetto portante di politiche che in nome della cittadinanza e della sovranità popolare, vedevano nel territorio statale il naturale terreno di coltura. Oggi il piano teorico-ideologico di un territorio aperto alla libera espansione del mercato mondiale trova effettivo riscontro in una prassi caratterizzata da una crescita esponenziale della normativa europea che individua nel mercato e nella concorrenza i principi informatori, spesso trascurando le peculiarità ed eccellenze tipiche delle economie locali. In questo, come in non pochi altri casi, le dimensioni raggiunte dall’acquis communautaire sono la più evidente riprova di una nuova realtà normativa ed istituzionale nella quale il cittadino e gli stessi operatori giuridici ed economici si muovono non senza difficoltà. Il quadro politico-costituzionale che ne risulta non sempre evidenzia con efficacia quel deficit democratico che dalle istituzioni europee si trasferisce per più versi alle istituzioni dello Stato-Nazione, svuotando di contenuto le istituzioni della rappresentanza politica, un tempo sede privilegiata della sovranità popolare. Ciò che rende ancora più complessa la vicenda attuale della cittadinanza – soprattutto se vista in controluce con le sorti anch’esse precarie della sovranità popolare – è infatti l’idea, e per non pochi l’utopia, di una cittadinanza globale, talvolta definita cosmopolitica, nella prospettiva problematica di una costituzione internazionale9. Si tratta di una visione – affrontata dalle più diverse angolature disciplinari, perché l’attuale congiuntura internazionale vede al centro del dibattito il terrorismo, la sicurezza e focolai bellici che rischiano di assumere dimensioni sempre più ampie e, soprattutto nel nostro paese, i montanti fenomeni migratori – che rende sempre più difficile focalizzare complessi problemi affrontandoli con un’ottica monodisciplinare.
Nella vulgata della globalizzazione, soprattutto durante la prima fase di grandi entusiasmi legati al mito del villaggio globale, l’attenzione sia degli studiosi che dei media si è rivolta soprattutto alle conseguenze politiche sul mercato e sulle istituzioni e più in generale sulla politica piuttosto che sulle “conseguenze sulle persone” – che è il sottotitolo di una precoce e condivisibile analisi di Z. Baumann10 che sono state per anni colpevolmente sottovalutate. In effetti la «indiscriminata e inarrestabile diffusione di regole a favore della libertà commerciale e soprattutto di movimento dei capitali e della finanza» fa sì che oggi è «l’economia nel suo complesso che è sfuggita progressivamente al controllo politico». Come rileva ancora Baumann, proprio il termine economia, che un tempo negli ordinamenti accademici si accompagnava all’aggettivo politica, ha finito per divenire «ciò che attiene all’area del non politico»11. Ciò comporta non solo un ripensamento circa i rapporti fra la cittadinanza ed i diritti sociali, ma anche, a causa di una diffusa sensibilità sul tema della sicurezza, dei criteri per l’attribuzione della cittadinanza ai richiedenti (o a soggetti aventi diritto che prima ne erano esclusi) che sono sempre più numerosi anche in ragione dei fenomeni migratori.
Il territorio, inevitabilmente, continua ad essere, infatti, il perno delle organizzazioni istituzionali di nuova generazione oltre a rappresentare l’ambito necessario di esercizio e funzionamento dei meccanismi istituzionali e di dinamiche economiche nelle quali la regolamentazione sovranazionale del mercato e della concorrenza e i processi di privatizzazione assumono però un carattere predominante ed omologante che prevale su esigenze spesso diverse dei cittadini che vi operano. Si determinano così fenomeni di concorrenza sul medesimo territorio di regole e controlli, non più affidati al solo Stato, che impongono al giurista una continua rielaborazione e verifica delle condizioni di esercizio dei diritti di cittadinanza o comunque riconnessi alla sovranità popolare. La scomposizione e riorganizzazione della nozione di territorio, dovuta ai processi di emersione di poteri sovranazionali, ha sovente favorito, come effetto e prodotto della riorganizzazione della sovranità e della sua perdita di assolutezza ed intangibilità, una riorganizzazione e parcellizzazione dell’organizzazione territoriale anche ad un livello infra o subnazionale12, accelerando processi di scomposizione e regionalizzazione anche di realtà tradizionalmente unitarie (come, ad esempio, è accaduto anche nella centralistica Francia). In questo modo si costituiscono sui territori statali istituzioni e forme di governance – caratterizzate da una crescente interazione pubblico/privato – che non sono più direttamente dipendenti dal diritto nazionale ma espressione di rapporti stretti di natura amministrativa ed economica con l’Unione europea che le finanzia e rispetto alla quale divengono responsabili più e prima che di fronte ai cittadini. I citati mutamenti impongono di ripensare il rapporto tra territorio e cittadinanza in chiave dinamica anche al fine di regolare i processi di trasformazione territoriale oltre che disciplinare i flussi di popolazione che sono inevitabile conseguenza del nuovo modo di intendere il territorio come spazio aperto. Le discussioni in corso sulla revisione dei criteri attributivi della cittadinanza, a partire dallo ius soli, ne sono un evidente e significativo esempio. Anche perché si tratta di scelte di sicuro impatto sulla dimensione identitaria della cittadinanza. Dalla fluidità degli ambiti territoriali e dalla porosità delle frontiere naturalmente deriva una trasformazione del peso della “cittadinanza” e della concezione del rapporto tra territorio e popolo sovrano. Tale processo conseguentemente non può – come un dibattito sempre più infocato sta a dimostrare – non incidere sui meccanismi di conferimento della cittadinanza e della regolamentazione della residenza per gli stranieri “extracomunitari”. Tali processi inevitabilmente si riverberano poi sull’organizzazione costituzionale della rappresentanza politica nei diversi livelli di governo per il loro impatto sulla cittadinanza come partecipazione13.
Con glocalizzazione o glocalismo si intende porre in collegamento le innovazioni prodotte dal nuovo corso con i problemi e le esigenze delle istituzioni di governo locale. Secondo questa concezione il globale ed il locale andrebbero visti come due facce della stessa medaglia. In altri termini, cioè, le forme di organizzazione politica, economica, sociale e culturale indotte dai processi di globalizzazione produrrebbero effetti ad ogni livello territoriale grazie alle nuove tecnologie di informazione e comunicazione ed ai relativi vantaggi in termini di rapidità, costi e qualità dei prodotti e dei servizi. Gli ultimi vent’anni hanno dimostrato, al di là di ogni bias ideologico e politico, che l’incrementale internazionalizzazione dei mercati e la privatizzazione di imprese, beni, immobili e perfino castelli, laghi e servizi pubblici, ha prodotto sovente effetti negativi sulle peculiarità locali ed ambientali non producendo effetti positivi circa i sempre maggiori problemi del lavoro e dell’occupazione. Restando al piano europeo si può propendere per l’ipotesi che la cittadinanza europea sia soprattutto una cittadinanza economica in veste giuridica14 perché alle notevoli possibilità di espansione di imprese e attività produttive o commerciali non corrispondono analoghe possibilità, per i cittadini degli Stati membri, di esercitare un’influenza politica significativa né attraverso lo strumento più diretto (il voto per il Parlamento europeo) né con altre forme di partecipazione che finora sindacati e ONG non sono riusciti a realizzare in maniera efficace.
Questo senso di impotenza sempre più diffuso fra i cittadini – più che evidente nel nostro paese – si traduce in un deficit dell’identità che è premessa di una cittadinanza attiva nel campo sociale ed economico e culturale15. Perciò il carattere omologante di una cittadinanza europea non solo incide sulla dimensione culturale, sociale e politica dell’identità del cittadino, ma è una componente di quella grave crisi delle economie locali.
Si tratta, dunque, di un nuovo contesto politico che irradia i suoi effetti sulla cittadinanza e la sovranità popolare che subiscono le conseguenze di fenomeni interdipendenti quali lo spostamento a livello sovranazionale di regole che vengono di solito riferite al mercato ed alla stabilità dei bilanci e della spesa pubblica ed i processi di internazionalizzazione di imprese nazionali produttrici talvolta di beni e servizi essenziali secondo logiche che corrispondono più alle regole di mercato che agli interessi e ai diritti dei cittadini.
In un quadro politico ed economico così profondamente mutato non sono mancati i tentativi di favorire a livello locale forme di partecipazione – come nell’ipotesi del bilancio partecipativo, un istituto che consente ai cittadini di prendere parte alle scelte sia strategiche che economiche di gestione del territorio e di riorganizzazione dei servizi pubblici. Ma forse la proposta che in Italia ha suscitato il maggiore interesse, avviando una stimolante discussione, che si è tradotta pure in interessanti forme di sperimentazione, è quella che ha per oggetto la gestione condivisa e partecipata dei beni comuni. Queste esperienze hanno trovato terreno fertile soprattutto tra le giovani generazioni; la valorizzazione della gestione dei beni comuni ha trovato il suo fondamento nel principio fondamentale della sovranità popolare e nella rivitalizzazione della cittadinanza, seguendo una linea riconosciuta anche dalla Corte costituzionale che, infatti, già nella sentenza n. 87/1975 evidenziò il legame tra cittadinanza e titolarità dei poteri politici definendo la stessa come «stato giuridico costituzionalmente protetto»16.
Note
1 … consentendo ad alcuni attenti osservatori di parlare di uno strisciante colpo di Stato ai danni dello stato costituzionale nazionale, per un così duro giudizio si veda Guarino, G., Saggio di verità sull’Unione e sull’euro, Firenze, 2014.
2 In proposito Saskia Sassen parla di «strategie di desovranizzazione» in Sassen, S., Territorio, autorità, diritti, Milano, 2008 e Massimo Luciani già nel 1998 parlava di antisovrano nel suo saggio L’Antisovrano e la crisi delle istituzioni, Padova, 1998.
3 Cfr. per tutti Laclau, E., La ragione populista, Bari, 2006, nonché l’ampia indagine nel volume collettaneo a cura di R. Chiarelli, Il populismo tra storia, politica e diritto, Soveria Mannelli, 2015.
4 …concetto già ribadito da Sassen, S., in Territorio, cit.
5 Un fenomeno rilevato già da Badie, B., La fin des territoires. Essais sur le désordre international et sur l’utilité sociale du respect, Paris, 1995.
6 Si veda in proposito la sentenza della C. giust. UE in causa C-34/09, 44 ed il Reg. UE n. 1302/2013.
7 Cfr. tra i primi Häberle, e Pernice: Pernice, I., Constitutional Law Implications for a State Participating in a Process of Regional Integration: German Constitution and “Multilevel Constitutionalism”, in Reidel, E., a cura di, German Reports on Public Law, 1998 e Haeberle, P., Rechtsvergleichung im Kraftfeld des Verfassungsstaates, Berlin, 1992.
8 Per maggiori riferimenti cfr. l’ampia ed esauriente analisi storica e teorica di Di Martino, A., Il territorio: dallo Stato-Nazione alla globalizzazione: sfide e prospettive dello Stato costituzionale aperto, Milano, 2010.
9 Cfr. Amirante, C., Costituzionalizzazione del diritto internazionale e de-costituzionalizzazione dell’ordinamento interno?, in Cerri, A.-Donnarumma, M.R., Il costituzionalismo multilivello. Profili sostanziali e processuali, Roma, 2013 e Bifulco, R., La c.d. costituzionalizzazione del diritto internazionale: un esame del dibattito, in RIFD, 2014
10 Baumann, Z., Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, Roma-Bari, 2001.
11 Baumann, Z., Dentro la globalizzazione, cit., 75.
12 Si parla infatti di natural economic territories, sulla questione, per un approfondimento, si rinvia a Ciolli, I., Il territorio rappresentato. Profili costituzionali, Napoli, 2010.
13 Per un approfondimento si rinvia a Amirante, C., Cittadinanza (teoria generale), in Enc. giur. Treccani, Roma, 2003, nonché Azzariti, G., La cittadinanza. Appartenenza, partecipazione, diritti delle persone in Costituzione, Economia, Globalizzazione. Liber amicorum in onore di Carlo Amirante, Napoli, 2013.
14 Cfr. Cerrone, F., La cittadinanza europea: integrazione economica e identità, in Politica del diritto, 2000.
15 Per maggiori approfondimenti si rinvia allo stimolante saggio monografico del premio Nobel per l’economia Akerof, G.A.-Kranton, E., Economia dell’identità. Come le nostre identità determinano lavoro, salari e benessere, Roma-Bari, 2012.
16 Posizione questa da ultimo ribadita nelle note sentenze in materia elettorale, 13.1.2014, n. 1 e 9.2.2017, n. 35 e sottolineata da Bianco, G., I diritti politici, in Diritto on line Treccani, 2017.