Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Le attestazioni delle varie lingue d’Europa e le loro prime elaborazioni letterarie sono diverse per data e qualità delle testimonianze: velocità differenti si registrano nell’approdo alla scrittura delle lingue nate dal latino o dagli altri ceppi dell’indoeuropeo o risalenti ad altre origini. L’osservazione di tali differenze, nei loro gradi di definizione, permette di comprendere meglio le stesse scelte espressive e letterarie di culture e popoli diversi.
Le attestazioni delle varie tradizioni linguistiche e letterarie d’Europa appaiono fra loro differenziate per i tempi e le stesse tipologie testuali attraverso cui giungono sino a noi: a fasi in cui le testimonianze, pure diverse per storia e geografia, costituiscono apparizioni rare e isolate subentrano fasi in cui le documentazioni si infittiscono per giungere all’espressione letteraria e alla sua compiuta rappresentazione.
Il più antico “documento” a noi pervenuto scritto in una varietà romanza giunge dalla Francia. Si tratta dei celebri Giuramenti di Strasburgo dell’842 che lo storico Nitardo riporta nella sua Historia latina. I Giuramenti suggellavano il patto difensivo stretto dai fratelli Carlo il Calvo – sovrano della Francia occidentale, che giura appunto in francese antico o lingua d’ oïl – e Ludovico il Germanico – sovrano della regione più orientale, poi Germania, che giura in una varietà di francone – contro il terzo dei fratelli, Lotario. Carlo, Ludovico e Lotario erano figli di Ludovico il Pio, figlio a sua volta di Carlo Magno: la storia del primo documento romanzo si fissa così all’alba del nuovo mondo nato dalla frantumazione dell’impero carolingio. Il trattato di Verdun trasferirà poi sul piano della spartizione territoriale la differenziazione linguistico-culturale riconosciuta e affermata a Strasburgo.
Il primo testo letterario francese è invece la Sequenza di Santa Eulalia dell’880 ca., una composizione poetica che fa uso però di una forma (la sequenza) tipicamente latina. Fra IX e XI secolo infine, si annoverano ben otto testi per la lingua d’ oïl e nove per la lingua d’ oc più, in franco-provenzale, il frammento del Roman d’Alexandre.
Le varietà italiane, già differenziate dal X secolo, si attestano per la prima volta nei cosiddetti Placiti. Il più antico, redatto a Capua nel 960, riporta una sentenza emessa da un giudice circa il possesso di alcune terre rivendicate dagli abati di Montecassino. Il documento è in latino, ma tre persone testificano a favore del monastero pronunciando ognuna una frase in volgare. Fra le prime attestazioni si ricorderanno, nel filone documentario, il Conto navale pisano, la Postilla amiatina, le Testimonianze di Travale ma anche il volgare esposto del Graffito della catacomba di Commodilla (Non dicere ille secrita a bboce, “Non pronunciare a voce alta le secrete ”) e la celeberrima iscrizione della basilica di San Clemente a Roma.
I primi testi letterari cominciano ad apparire invece dopo il 1100: della metà del XII secolo il frammento del Pianto della Vergine di Montecassino e, della fine del XII, i Ritmi e le strofe italiane del trovatore provenzale Raimbaut de Vaqueiras. Poi, ma ormai nel XIII secolo, il Cantico delle Creature di san Francesco, i versi dei frammenti ravennati e piacentini, la forma zurighese di una poesia della scuola poetica di Federico II.
Per l’area iberica si ricorderà la lista del 980 ca. che registra i consumi del formaggio del monastero di San Justo y Pastor, nel León. Da due monasteri benedettini provengono poi le prime attestazioni organiche di varietà spagnole: le glosse (Glosas Emilianenses, X sec.) conservate nel ms. 60 del monastero di San Millán de la Cogolla e le Glosas Silenses (sempre del X secolo) copiate in un ms. del monastero di Santo Domingo de Silos.
A partire dal quarto decennio dell’XI secolo si hanno inoltre le hargat. Nel XII secolo si redigono infine vari testi giuridici (fueros), ma occorrerà attendere il XIII per avere romanzi antichi come il Libro de Alexandre e il Libro de Apolonio o poi il celebre Poema de mio Cid. Altri relitti della fine del XII sono la Disputa del alma i del cuerpo e l’Auto de los Reyes magos, precoce esempio di teatro religioso. Anche i più antichi testi in portoghese e in catalano non sono anteriori alla fine del XII secolo: la più antica cantiga galego-portoghese è del 1196.
Il primo testo romeno conservato è invece una lettera in caratteri cirillici del 1521, mentre il primo libro a stampa in romeno è un catechismo luterano stampato a Sibiu nel 1544. Come il romeno, anche l’albanese, lingua “isolata”, è di recente attestazione: solo del 1555 il Missale di Giovanni Buzuku, primo libro stampato in dialetto ghego. Infine le prime attestazioni scritte del romancio consistono in una frase vergata come prova di penna su un codice di San Gallo del X-XI secolo e la versione interlineare delle prime frasi di una predica dell’XI secolo conservata nel monastero di Einsiedeln.
Dopo il periodo delle grandi migrazioni (dal 375 al 568) e dopo le spedizioni vichinghe, nel X secolo si assiste a un processo di stabilizzazione e organizzazione delle genti germaniche in entità statali. L’area geografica in cui si collocano le lingue germaniche si distingue in tre zone ossia la Scandinavia (Svezia, Danimarca, Norvegia, Islanda e Fær Øer), l’Inghilterra e l’Europa centro-settentrionale.
Le prime attestazioni scritte germaniche sono le iscrizioni runiche, una tradizione sostanzialmente epigrafica e solo sporadicamente manoscritta. La tradizione epigrafica runica cessa in Germania con l’VIII secolo, in Inghilterra col IX-X e resta in area scandinava sino al XIV secolo: la fine della produzione coincide sia con la fine della tradizione orale sia con la penetrazione sempre più massiccia della cristianizzazione e dell’alfabeto latino.
Fortemente influenzata dalla contiguità con la tradizione latina è infatti la documentazione alto tedesca antica (nelle sue diverse varietà: francone medio, renano – si vedano ad esempio già gli stessi Giuramenti – e orientale, con alamanno, bavarese e longobardo) che principia appunto con glossari (Vocabularium Sancti Galli e Abrogans del VII-VIII) e continua con traduzioni (ad esempio l’Armonia evangelica di Taziano redatta a Fulda nel X sec.), soprattutto a opera di Notker III di San Gallo. Fra le opere poetiche più significative si segnalano l’Ildebrandslied (“Canto d’Ildebrando”), un carme eroico in versi allitteranti e il Muspilli di carattere religioso.
Proprio grazie al centro scrittorio francone di Fulda nasce, fra IX e X secolo, la letteratura sassone antica i cui principali monumenti sono due componimenti d’argomento religioso: l’Heliand (il “Salvatore”) e il Genesis e poi, grazie all’opera di Alfredo il Grande, si avrà l’affermazione della letteratura in dialetto sassone occidentale (la lingua del regno del Wessex) che culminerà nell’XI secolo con la prosa agiografica di Ælfrico e Wulfstan e infine nel capolavoro del Beowulf. L’evoluzione di tale letteratura anglosassone, la sola a possedere attorno al Mille le caratteristiche di lingua letteraria, sarà poi fortemente condizionata dall’arrivo sull’isola dei normanni di Guglielmo il Conquistatore nel 1066: da quel momento infatti la lingua di cultura sarà una variante del francese antico nota come anglonormanno.
L’area scandinava, attorno all’anno Mille, presenta la persistenza della tradizione orale e una minore penetrazione del cristianesimo. Le numerose iscrizioni runiche, originariamente redatte con una serie alfabetica di ventiquattro segni, utilizzano ora sedici segni e la lingua che esse rappresentano si è soliti indicarla come “nordico vichingo” ossia quello stato di lingua che giunge sino all’affiorare del norreno come lingua standard (metà XI secolo). Per la nascita delle lingue letterarie in Germania (medio alto tedesco: Minnesang, Nibelungenlied ecc.) e in Scandinavia (norreno: poesia eddica e scaldica, come anche per le attestazioni del basso francone – poi nederlandese: ad esempio il rappresentativo Hendrik von Veldeke –, del frisone e dell’inglese medio, occorrerà attendere la seconda metà del XII secolo.
Le prime testimonianze scritte delle lingue slave risalgono alla fine del Mille. Con il nome di slavo-ecclesiastico antico (o paleoslavo) si intende la più antica lingua slava di cui si hanno testimonianze scritte: dalle origini sino all’intero XI secolo i testi slavi conservati fanno parte del cosiddetto “canone paleoslavo”, sia che provengano dalla Russia, dalla Serbia o dalla Bulgaria: i testi sono tutti scritti in glagolitico o in cirillico antico, a eccezione dei Frammenti di Frisinga – la prima testimonianza dello sloveno –, scritti in alfabeto latino. Dalla conversione nel 988 di san Vladimir-Vasilij, la Slavia orientale, per ben 600 anni, si presenterà come un’unità inscindibile e solo dalla seconda metà del XVIII secolo – ossia dalle riforme di Pietro il Grande – si separerà dal ceppo comune (e dal russo) una lingua e letteratura dell’Ucraina e una della Bielorussia. Nella fase medievale lo slavo-ecclesiastico è insomma lingua comune di cultura dell’intera Slavia ortodossa, e solo recenti, in ogni caso non medievali, sono le attestazioni del bulgaro, macedone, croato, serbo, ceco, slovacco e polacco.
Le prime iscrizioni in una lingua celtica risalgono al VI-V secolo a. C.: le attestazioni più antiche sono costituite dalle iscrizioni appartenenti al ramo celtico continentale.
Tale varietà – chiamata così perché attestata da lingue presenti sul continente europeo – comprende il gallico, il lepontico, il celtibero e il galatico. Il secondo ramo è quello del celtico insulare, sviluppatosi appunto sulle isole britanniche, che comprende a sua volta l’irlandese, lo scozzese, il mannese, il gallese, il cornico e il bretone. All’interno di tale varietà insulare si distingue ancora il goidelico o gaelico, che comprende le prime tre lingue elencate, e il brittonico (o britannico) che raggruppa le tre restanti. Le fasi più antiche del celtico insulare sono documentate in circa 300 iscrizioni redatte in alfabeto ogamico, ossia in un sistema grafico fatto di punti e trattini, retti e obliqui, incisi sugli spigoli delle pietre. L’irlandese è attestato dal primo quarto dell’VIII secolo: si distingue la fase dell’antico irlandese (VIII-IX secolo) e fra i testi più importanti le diverse glosse a testi sacri, il Leabhar Ard-Macha (“Libro di Armagh”), di argomento religioso, composto entro l’864, e soprattutto i vari leabhair (“libri”) ossia manoscritti in uso presso monasteri o famiglie nobili contenenti piccole biblioteche condensate (Il Libro di Breac, Il libro di Ballymote, Il grande libro di Leccan ecc.).
Per il medio irlandese (metà X-fine XII secolo) si ricorderanno fra i testi più importanti il Togail Troí (“La distruzione di Troia” traduzione, della seconda metà dell’XI secolo, di un’opera di Darete Frigio; la Aislinge Meic Con Glinne (“La visione di Mac Conglinne”, dell’ultimo quarto del XII) e l’In Cath Catharda, una traduzione del Bellum civile di Lucano, composta attorno al 1150.
Per il ramo brittonico, le testimonianze più importanti dell’antico gallese (VIII-XII sec.) sono i cosiddetti quattro libri antichi del Galles: il Canu Aneirin (“Canto di Aneirin”), lungo poema che canta le imprese dei Gododdin (l’antico popolo dei Votadini) stanziati nella regione dell’odierna Edimburgo e in lotta contro i Sassoni; il Canu Taliesin (“Canto di Taliesin”), poema celebrativo di Urien, capo di un regno posto fra Scozia e Inghilterra; il Libro nero di Carmarthen, del XII secolo, contenente poesie tratte da saghe perdute (vi compaiono nominati Artù, Merlino e Tristano); infine Ilil Libro rosso di Hergest, che contiene testi di varie epoche. Anche dell’antico cornico e dell’antico bretone si hanno attestazioni datate fra VIII-IX e XII secolo.
Fra le lingue dell’Europa il greco è certamente la lingua di più antica attestazione (il miceneo, in lineare B, è attestato dal 1500 ca. al 1150 a. C.) e quello dalla più lunga continuità documentale. Relativamente al Medioevo si distingue il medio greco, comprendendovi il greco bizantino (300-1100) e il greco medievale (1100-1600).
Tutti i dialetti neogreci e la lingua popolare, la dimotikì – matrice della koiné neogreca basata sul dialetto peloponnesiaco – derivano dall’evoluzione della koiné ellenistico-romana. Attorno all’anno Mille però le condizioni generali dell’area grecofona appaiono ridimensionate rispetto all’età altomedievale: forti sono ormai le componenti alloglotte (balcano-romanze e slave) come pressanti sono le migrazioni degli Sklavini, un insieme di genti diverse (Turchi, Slavi, Avari).
Proprio nelle cosiddette sklavinie, organizzazioni etnico-politiche rette da aristocrazia slava non sempre pacifica nei confronti dell’elemento greco (romeico), si viene a realizzare una nuova commistione linguistico-culturale. La cultura romeica diviene, da bilingue che era (greco-latina), esclusivamente greca, mentre tra l’XI e il XII secolo, i Turchi selgiuchidi assoggettano gran parte dei grecofoni. Successivamente, anche a partire dagli effetti del movimento crociato, elementi ispirati alla cultura delle corti occidentali romanze cominceranno a penetrare in ambiente greco: della metà del XII secolo sono infatti i componimenti poetici di Theòdoros Pròdromos e di Michail Glykas, fortemente aderenti ai nuovi modelli culturali.
Le prime parole di basco scritte si trovano nelle Glosas Emilianenses del X secolo, già citate. Del XII secolo invece è una breve lista di termini elencati in una guida di pellegrinaggio per Santiago di Compostela (Codex Calixtinus). Quanto alle lingue uraliche, il careliano (finnico/careliano karjala, russo karél’karel’skij) è la seconda lingua del gruppo a essere attestata (dopo l’ungherese) e la prima fra le lingue balto-finniche, con un’iscrizione del XIII secolo tracciata su corteccia di betulla. I primi documenti ungheresi sono invece già dell’XI secolo, mentre il primo testo letterario è una lirica magiara, il Pianto di Maria, scritta intorno al 1300 da un monaco che frequentava l’università di Bologna. Fra le varie parlate turche si attesta nell’XI secolo il medio turco karakhanide, tra l’altro già col primo vocabolario turco.