PROFETI
Nell'Antico Testamento sono definiti p. coloro che parlano per ispirazione divina, annunciando il futuro o facendosi portavoce e interpreti di Dio.La Bibbia cristiana riconosce sedici libri recanti il nome di un p.: quattro attribuiti ai p. maggiori - Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele - e dodici ai p. minori, i cui libri sono spesso assai più brevi: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria e Malachia. La Bibbia ebraica non riconosce uno dei p. maggiori di quella cristiana, Daniele, e compie una distinzione tra i p. 'posteriori' e i p. 'attivi', i quali, tranne Mosè, sono ricordati nei libri storici. Giovanni Battista, che annuncia la nascita del Messia, rende caduche le profezie precedenti e costituisce elemento di legame tra l'Antico Testamento e il Nuovo, viene a sua volta spesso considerato come profeta.La nozione di p. nella teologia medievale risulta più vasta rispetto a quella cristiana attuale: ingloba assai spesso la concezione ebraica e quella cristiana, aggiungendovi anche altri personaggi. Per questo motivo nell'arte medievale, spesso ispirata da scritti teologici, vennero raffigurati non sedici ma ca. trentacinque profeti. Oltre ai quattro p. maggiori, ai quali occorre aggiungere Baruc, discepolo di Geremia, e ai dodici p. minori, sono spesso citati come p. anche Elia ed Eliseo, che figurano nei Libri dei Re, e ancora Abramo, Mosè, Balaam, Davide e Giovanni Battista. Vengono anche ricordati, più o meno frequentemente, Samuele, Tobia, Natan, Melchisedec, Salomone, Gedeone, Aronne, Giobbe o Adamo. La sibilla Cumana, o altre sibille, e lo stesso Virgilio sono anch'essi in qualche caso annoverati nei ranghi dei profeti.
La Bibbia e in particolare l'Antico Testamento sono all'origine di questo tema iconografico, caratterizzato dalla peculiarità che dal sec. 11° alla fine del Medioevo tale rappresentazione fu spesso accompagnata da un testo, scritto generalmente su di un filatterio o talvolta su di un libro tenuto dal profeta. In qualche caso, soprattutto in opere di oreficeria, un commentario generale completa l'insieme. L'analisi di queste iscrizioni permette di individuare altre fonti, differenti rispetto ai testi della Vulgata e della Vetus Latina: assai spesso si tratta dei testi patristici e dei sermoni Contra Iudaeos, che ebbero un impatto notevole sul tema del p. nell'arte medievale (Mâle, 1922). L'influenza della patristica sull'immagine del p. e sul testo scritto che l'accompagna venne trasmessa, in particolare dai sermoni integrati in un primo tempo nella liturgia, sotto forma per es. di lettura dialogata, che avrebbero conosciuto in seguito un grande sviluppo. Nella liturgia si ritrovano frequentemente i testi che facevano parte di questi drammi, essenzialmente quelli che riguardavano la Natività. I testi scritti dai p. - o da quelli che venivano considerati tali - non compaiono molto frequentemente nel corso dell'anno liturgico, se si fa ovviamente eccezione per i Salmi di Davide. Solo Isaia viene costantemente citato, con ricorrenze maggiori durante l'Avvento, le feste del Natale e la Passione. Geremia ed Ezechiele sono ricordati poco e Osea è il solo p. minore citato al di fuori della settimana che segue la quarta domenica di novembre. Sembra che una preghiera detta degli agonizzanti abbia avuto una grande influenza sulla sopravvivenza ininterrotta del tema di Daniele nella fossa dei leoni (Dn. 6, 17). Questa preghiera, di cui non è nota alcuna attestazione anteriore al sec. 9°, dovette comunque avere a sua volta dei modelli sul tipo delle Orationes Cypriani, dove Daniele viene ricordato. Egli è d'altro canto sempre evocato nell'ufficio dei defunti.Scritti a carattere letterario o testi utilizzati per un pubblico più popolare ebbero anch'essi influenza sul tema iconografico del p.; ciò vale in particolare per alcune opere di Virgilio (Bucoliche, IV) o per i drammi liturgici della Natività dell'11° e 12° secolo.L'apporto epigrafico è importante per una comprensione globale delle rappresentazioni dei p., spesso accompagnate da un testo. L'analisi dei testi consente spesso di dare un senso alla presenza di questi personaggi.
Nei primi secoli del cristianesimo, le pitture delle catacombe e i sarcofagi presentavano p. come Daniele o Giona. Spesso venivano rappresentati anche passi dei loro libri, generalmente quelli che annunciavano la venuta di Cristo - per es. i Tre giovani nella fornace (Dn. 3), tema che compare in particolare a Roma nelle catacombe di Priscilla - o gli episodi che ne prefiguravano la morte, come Giona ingoiato dalla balena (Gio. 2) su un sarcofago conservato a Roma (Mus. Vaticani, Mus. Pio Cristiano). Scene dell'Antico e del Nuovo Testamento erano associate frequentemente nel sec. 4°, come sul sarcofago di Giunio Basso (Roma, Mus. Vaticani, Mus. Pio Cristiano).Nel sec. 6° la presenza dei p. nei manufatti artistici appare spesso inserita in un contesto ben strutturato. Un bellissimo esempio in questo senso è costituito dai p. - nella concezione medievale del termine - raffigurati nel bema di S. Vitale a Ravenna. Il Sacrificio di Abramo e Abramo che riceve i tre angeli da un lato e il Sacrificio di Melchisedec e il Sacrificio di Abele dall'altro occupano la parte principale delle due pareti. Nei campi triangolari compaiono due episodi della Vita di Mosè - il Roveto ardente e la Consegna delle tavole della Legge - e due p. in posizione stante, Isaia e Geremia. Il cartiglio di Geremia è aperto e mostra alcuni segni, mentre quello di Isaia è arrotolato. Si tratta del tipo di rappresentazione che avrebbe avuto una continuità nei secoli. Ancora a Ravenna, in S. Apollinare in Classe i due p. dell'abside, Elia e Mosè, sono invece atipici per situazione e raffigurazione: emergono infatti dalle nubi. Un'altra opera, anch'essa commissionata da Giustiniano (527-565), il mosaico absidale della chiesa del monastero di S. Caterina sul monte Sinai, presenta Cristo in gloria, affiancato da Mosè ed Elia e da Giacomo, Pietro e Giovanni, mentre gli altri apostoli e i p. sono ritratti in alcuni medaglioni che decorano l'incorniciatura. Al di sopra del catino sono raffigurate scene della Vita di Mosè: il Roveto ardente e la Consegna delle tavole della Legge. Sempre nel sec. 6°, il Vangelo di Sinope (Parigi, BN, Suppl. gr. 1286) propone un insieme assai interessante di p. che accompagnano un testo evangelico e presentano sui filatteri un corrispondente passo dei loro libri.Nel corso dei secoli successivi, la rappresentazione dei p. nell'arte occidentale appare piuttosto rara, eccezion fatta per il caso già citato di Daniele nella fossa dei leoni, visibile per es. nel capitello di Daniele a San Pedro de la Nave (Spagna), datato al 7° secolo.La miniatura ottoniana presenta alcune immagini in cui apostoli e p. con un cartiglio si dispongono intorno a Cristo in maestà, come nel Codex Aureus di St. Emmeram di Ratisbona (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 14000). Nel sec. 10°, un'opera purtroppo scomparsa, l'altare maggiore della chiesa di St. Viktor di Xanten (Renania Settentrionale-Vestfalia), mostrava sulla faccia superiore una serie di dodici p. recanti banderuole su cui comparivano iscrizioni: si tratta della prima opera che associa p. a iscrizioni (Kraus, 1890-1894).Nel mondo bizantino, dopo il periodo iconoclasta, molteplici programmi decorativi di chiese presentarono cicli profetici. Nella Santa Sofia di Costantinopoli, nella parte bassa dei timpani della cupola si trovano sei p. e compaiono inoltre a N Ezechiele e Geremia e a S Isaia. Rappresentazioni di p. sono numerose in Cappadocia nei secc. 10° e 11°; vi si notano episodi delle narrazioni profetiche, come Isaia e i carboni ardenti (Is. 6, 6-8), Ezechiele che divora il libro (Ez. 3, 1-3), Daniele nella fossa dei leoni. Il tema che caratterizzò il periodo posticonoclasta fu quello delle visioni: per es. la Visione di Daniele a Ihlara, le Visioni di Isaia ed Ezechiele a Güllü Dere, le Visioni di Ezechiele e di Daniele a Haçlı Kilise. Alcune serie di p. figurano anche negli edifici religiosi di quest'epoca, come i p. ritratti in busto a Güllü Dere e a Direkli Kilise, che presentano o meno dei filatteri.A partire da questo periodo l'arte religiosa del mondo greco e quella del mondo romano andarono sempre più differenziandosi con la rottura definitiva e ufficiale intervenuta tra le due Chiese. Importanti zone di interferenza esistettero tuttavia in Italia e soprattutto in Sicilia, in Campania e a Venezia.Il ciclo profetico che decora i pennacchi delle grandi arcate della navata di Sant'Angelo in Formis (1070-1080) viene generalmente considerato come la prima tra le serie di p. accompagnati da testi pervenute. Le vetrate delle finestre dell'ordine superiore della cattedrale di Augusta sono anteriori di pochissimo (1063). Fu nel corso del sec. 12° che i p. vennero raffigurati più frequentemente, nella scultura, nella pittura monumentale, nella miniatura, nel mosaico e nell'oreficeria. I primi p. da rammentare sono quelli dei portali dei Precursori - Mosè o Balaam nelle cattedrali gotiche - la cui prima formulazione Mâle (1922) attribuisce a Suger. Nella maggior parte dei casi si tratta di serie abbastanza importanti. Sequenze analoghe si trovano anche in miniatura: è il caso della serie che fu modello al perduto Hortus deliciarum di Herrada di Landsberg (già Strasburgo, Bibl. Mun.) o di quella composta dagli incipit di bibbie, come quella di Dover (Cambridge, C.C.C., 3-4) o di Lambeth Palace (Londra, Lamb., 3). I p. non sono mai rappresentati isolati, a esclusione di Daniele, la cui figura è assai spesso posta a decorare capitelli in Francia, a S-O della Loira: per es. sul capitello nella facciata di Saint-Porchaire a Poitiers, accompagnato da un'iscrizione al pari di quello del chiostro di Notre-Dame-la-Daurade di Tolosa. Gli episodi dei libri profetici, dove è rappresentato il p. stesso, fanno generalmente parte di un insieme di scene, come sul piatto di legatura di Chantilly (Mus. Condé), dove sono rappresentati tra gli altri Abramo, Mosè, Melchisedec, Isaia, Davide e Salomone.Anche numerose opere d'arte del sec. 13° presentano raffigurazioni di p., sia che esse siano state realizzate per località relativamente modeste - come nel caso delle pitture murali dell'oratorio di S. Pellegrino a Bominaco (1263) - sia che esse compaiano in edifici prestigiosi, come le pitture della volta dell'incrocio del duomo di St. Blasii a Brunswick o alcuni mosaici di S. Marco a Venezia. Queste opere appaiono generalmente realizzate nello stesso spirito di quelle del secolo precedente; per contro, nel sec. 13° venne introdotta una novità nella rappresentazione dei p. nella Vergine con il Bambino di Cimabue (Firenze, Uffizi). In questo caso la struttura originale dell'opera, in ultima istanza piuttosto vicina a quella delle icone, deriva da una volontà dottrinale, richiamando alcune predizioni del mistero dell'incarnazione e ricollegandosi così allo spirito delle opere anteriori. La parte inferiore della tavola è occupata da quattro p. - Geremia, Abramo, Davide e Isaia - che presentano testi abituali per il 12° secolo. L'albero della Croce di Taddeo Gaddi nel refettorio di Santa Croce a Firenze è un'opera tipica di tale tema iconografico, in cui gli alberi sono spesso utilizzati per esporre summe di conoscenza (Arbor Iuris, albero delle Virtù), eppure la rappresentazione dei p. non è molto differente da quella caratteristica dell'albero di Iesse del sec. 12° e anche i testi non si distanziano molto da quelli di tale secolo. Alcuni p. della prima metà del sec. 14° presentano le stesse caratteristiche; il cofanetto eucaristico di New York (Pierp. Morgan Lib.), opera renana, è realizzato nello stesso spirito delle opere precedenti, così come i p. di Giotto nella cappella degli Scrovegni a Padova, sulla base dei due testi leggibili, mentre si affermano alcune serie basate su di un tema nuovo, il Credo.
I p. sono generalmente rappresentati in piedi, in qualche circostanza a mezzobusto, e in quest'ultimo caso spesso all'interno di medaglioni, come nei pennacchi delle cupole del nartece di S. Marco a Venezia. Anche alcuni capitelli, come quelli del chiostro della collegiata di S. Orso di Aosta, possono presentare busti di profeti. P. ritratti a mezza figura sono visibili nella decorazione pittorica della sala dei Morti di Le Puy o del fregio in facciata di Notre-Dame-la-Grande a Poitiers. I p. appartenenti a una serie sono generalmente assai statici e raramente identificabili, a meno che un cartiglio non ne rechi il nome o il passo biblico relativo, con l'eccezione dei re p. incoronati, che indossano in qualche caso vesti di foggia medievale (Sant'Angelo in Formis; battistero di Parma). Quando in questi contesti compare Giovanni Battista è generalmente identificato dalla capigliatura irsuta e dalla pelle di animale che lo riveste.
Il motivo iconografico dei p. ha costantemente un intento tipologico. È evidente che, nei primi secoli del cristianesimo, la rappresentazione dei p. accanto alla Vergine con il Bambino o accanto a un'evocazione del Nuovo Testamento aveva lo scopo di mostrare la continuità tra il testo del Nuovo e quello dell'Antico Testamento. La tipologia, parzialmente dimenticata nelle manifestazioni artistiche dei secoli immediatamente successivi, fece la sua ricomparsa massiccia nel sec. 11°, come è dimostrato dalle opere citate, anche se si considera generalmente come prima grande realizzazione tipologica l'insieme delle vetrate del coro della basilica parigina di Saint-Denis, commissionate da Suger, che commentò il suo programma con la ben nota formula: "Quod Moyses velat, doctrina Christi revelat" (De administratione). Un certo numero di opere medievali che presenta raffigurazioni di p. reca iscrizioni che attestano la stessa volontà tipologica, come l'altare portatile di Eilberto di Colonia, del 1150-1160: "Doctrina pleni fidei Patres duodeni / testantur ficta non esse prophetica dicta / celitus afflati de Cristo vaticinari / hi predixerunt que post ventura fuerunt" (Berlino, Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz, Kunstgewerbemus.).Questo desiderio di provare la veridicità della religione cristiana attraverso le sue radici veterotestamentarie si ricollega alla lunga e ininterrotta tradizione patristica, che aveva posto in parallelo le citazioni di testi dell'Antico e del Nuovo Testamento al fine di dimostrare la legittimità della religione cristiana annunciata nell'Antico. Gli autori dei primi secoli utilizzarono tale procedimento: tra gli altri Cipriano, Lattanzio e Gregorio Nazianzeno. Parecchi testi di questo tipo erano destinati a convincere i giudei, gli eretici di ogni sorta e i pagani della legittimità della religione cristiana: in quest'ambito il testo più conosciuto era il Sermo contra Iudaeos, Paganos et Arrianos, per lungo tempo attribuito ad Agostino, ma ormai riconosciuto come opera di Quodvultdeus, vescovo di Cartagine e contemporaneo del santo (Corpus Christianorum Lat., LX, 1976, pp. 225-258). Tale sermone è all'origine dei misteri della natività in cui compaiono i p. e questi misteri ispirarono a loro volta un discreto numero di cicli profetici, secondo quanto ha potuto stabilire Mâle (1922). Se nel campo artistico i temi tipologici appaiono raramente tra i secc. 6° e 10°, fiorirono invece nella letteratura religiosa fino al 13° secolo. La tipologia si manifestò attraverso la giustapposizione di personaggi, di avvenimenti o di testi dell'Antico e del Nuovo Testamento; si poteva dunque avere la giustapposizione di personaggi dell'Antico e di scene tratte dai vangeli, il parallelismo tra p. e personaggi del Nuovo, episodi dell'Antico in cui figuravano p. utilizzati come prefigurazioni e anche come simboli: Ezechiele e la porta chiusa (Ez. 44, 1-3), Gedeone e il vello (Gdc. 6, 36-40), simboli della maternità virginale di Maria.
I p. sono nella maggior parte dei casi rappresentati in sequenza, ma la frequenza della comparsa di ciascuno di essi è variabile. Isaia fa parte di tutte le serie importanti, ma anche della maggior parte dei gruppi ristretti, giacché è associato per le sue profezie ai grandi avvenimenti della vita di Cristo: la natività e la passione (Is. 7, 14; 11, 1; 53). Davide, rex et propheta, Daniele, Mosè, Geremia ed Ezechiele figurano anch'essi assai spesso nelle serie, anche se in misura minore rispetto a Isaia. I p. minori sono presenti in tutte le sequenze importanti, mentre altri personaggi - per es. Abramo, Aronne, Gedeone e Samuele - compaiono solo in maniera aneddotica. Gli episodi dei libri dei p. illustrati nell'arte medievale non corrispondono necessariamente alle figure fin qui citate, come nel caso di Daniele nella fossa dei leoni e di Giona e la balena.La rappresentazione statica dei p. è quella che si incontra con maggiore frequenza e occorre sottolineare che il tema scelto dal committente dell'opera, dall'ideatore del programma iconografico o dall'artista è generalmente definibile sulla base del contesto iconografico ed epigrafico o anche in qualche caso sulla base del posto che l'insieme occupa nel contesto dell'opera. Se si prendono in considerazione tutti questi dati si può individuare un certo numero di temi privilegiati nel Medioevo. In primo luogo si debbono considerare insiemi come quelli delle vetrate delle finestre alte delle cattedrali, che solo raramente presentano testi e in cui i p. sono spesso contrapposti agli apostoli. Il tema è dunque in questo caso semplicemente tipologico, anche se a volte esso si precisa, per es. laddove i p. portano gli apostoli sulle spalle. Le vetrate del braccio meridionale del transetto della cattedrale di Chartres rappresentano, intorno alla Vergine con il Bambino, Geremia, Isaia, Ezechiele e Daniele che portano rispettivamente Luca, Matteo, Giovanni e Marco. Tale soggetto iconografico si ritrova in particolare nelle sculture del portale dei Principi della cattedrale di Bamberga, dove dodici p. portano sulle spalle dodici apostoli.Il tema più frequentemente evocato è senza alcun dubbio quello della nascita di Cristo, che si intreccia spesso con la glorificazione della maternità virginale di Maria. La pagina del Messale Stammheim (coll. privata, c. 92r), recante al centro la Natività, presenta sui margini immagini di p. (nel senso ampio del termine) o simboli che rimandano alla verginità di Maria: Gedeone e il vello, una porta chiusa, Ezechiele che reca il testo relativo alla porta del Tempio (Ez. 44, 2), il liocorno che si lascia avvicinare solo da una vergine. Il portale sinistro di Maria-Madre a Laon e la finestra orientale del duomo di Piacenza vennero realizzati nello stesso spirito. I mosaici della cupola della Martorana a Palermo rinviano anch'essi a questo tema. Al passo di Ezechiele che allude alla porta del Tempio si fece riferimento più frequentemente nel mondo bizantino, sotto l'influenza degli scritti di Andrea di Creta (m. nel 740 ca.) e di Giovanni Damasceno (m. nel 749); un esempio assai significativo è visibile nel S. Clemente di Ochrida. Le raffigurazioni dell'albero di Iesse in cui compaiano anche p. evocano sia la natività sia, attraverso i testi, la vita di Cristo, come avviene per es. nella pagina del Liber generationis della Bibbia di Saint-Bertin, detta anche Bibbia dei Cappuccini (Parigi, BN, lat. 16743-16746, c. VIIv).Alcuni raggruppamenti di p. sono incentrati sull'altro momento essenziale della vita di Cristo: la passione. Si tratta di gruppi più rari e i p. raffigurati più frequentemente sono Isaia, Geremia, Osea, Giona e Daniele. Un ciclo completo compare sulla croce in avorio del 1135-1140 di Bury St Edmunds (New York, Metropolitan Mus. of Art, The Cloisters), in cui alcuni p. presentano un passo dei loro libri, con una scelta di testi che, nella maggior parte dei casi, non è quella abituale. La decorazione pittorica della sala dei Morti a Le Puy, eseguita nel primo terzo del sec. 13°, comprende solo quattro personaggi che presentano testi classici, tutti utilizzati nella liturgia del tempo pasquale. Il tema del sacrificio eucaristico è spesso associato con la passione di Cristo, nella maggior parte dei casi attraverso prefigurazioni: il sacrificio di Melchisedec (Gn. 14, 18), l'offerta di Abele (Gn. 4, 4).Temi particolari compaiono talvolta attraverso i testi, come nel caso della 'casa di Dio' nelle finestre superiori della cattedrale di Augusta o quello delle acque nel monastero di San Clemente a Casauria (prov. Pescara).Nel sec. 12° fecero la loro comparsa le prime opere ispirate a un'idea che si pose ben presto all'origine di numerose creazioni più o meno complesse: si continuarono a rappresentare in parallelo (o in opposizione) apostoli e p., ma i dodici apostoli presentavano il testo del Credo. Sul citato altare portatile di Eilberto di Colonia o sulla cassa-reliquiario di s. Eriberto, del 1160-1170 (Deutz, St. Heribert, Schatz), i p. presentano testi che solo in pochi casi hanno un rapporto con il Credo. È nel manoscritto Le vergier de Soulas (Parigi, BN, fr. 9220) che compaiono per la prima volta i dodici p. che furono in seguito sempre contrapposti agli apostoli: Geremia, Davide, Isaia, Zaccaria, Osea, Amos, Malachia, Gioele, Sofonia, Michea, Ezechiele e Daniele, nella maggior parte dei casi in quest'ordine, sia pure con qualche eccezione. La scelta dei testi opposti a versetti del Credo presenta pochissime varianti, eccezion fatta per la manifesta esistenza di un 'modello' errato responsabile dell'inversione delle citazioni in un certo numero di opere. Questo tema si sviluppò nel sec. 14°, per es. in un manoscritto di Londra (BL, Arund., 83/I-II) e in maniera ancora più elaborata nelle miniature dei codici destinati a Jean de Valois, duca di Berry (Grandes Heures, Parigi, BN, lat. 919; Petites Heures, Parigi, BN, lat. 18014)).
Numerosi sono i cicli in cui compaiono i p., soprattutto tra il sec. 10° e il 13°, sia in ambito greco sia latino. In Oriente il maggior numero di rappresentazioni è conservato nelle chiese rupestri della Cappadocia, ove si ritrovano serie di p. e scene cui prendono parte alcuni di essi. In Occidente, oltre ai noti esempi italiani (Ferrara, duomo; Verona, duomo; Cremona, duomo; i cicli del duomo di Piacenza, della cupola del battistero di Parma e i due p. del duomo di Fidenza, e quelli sulle cupole del nartece e su quella dell'Emanuele di S. Marco a Venezia e dell'altare di Torcello; i mosaici palermitani della Martorana e della Cappella Palatina, quelli di Cefalù e di Monreale e infine le opere romane), l'insieme più cospicuo è indubbiamente quello della regione renano-mosana, costituito nella maggior parte dei casi da oreficerie e miniature; in Francia la maggior parte delle raffigurazioni di p. si ritrova, a parte qualche raro caso nelle regioni settentrionali, a S-O della Loira; in Spagna i pochi esempi censiti sono concentrati nella zona settentrionale, attraversata dalle vie di pellegrinaggio, e a Santiago de Compostela. Un ultimo gruppo da menzionare, geograficamente sul continente asiatico anche se deve essere considerato emanazione diretta dell'Occidente latino, è quello costituito dai p. delle chiese di Terra Santa, del Santo Sepolcro a Gerusalemme (sec. 12°) e della chiesa della Natività a Betlemme (sec. 12°).Provare l'esistenza di fonti comuni all'interno di un gruppo di opere risulta assai difficile: gli studi comparativi condotti sulle iscrizioni renane, siciliane o veneziane non hanno mai evidenziato più di tre testi comuni a due opere dello stesso insieme. Al contrario si possono individuare delle costanti nella collocazione delle rappresentazioni profetiche all'interno di un edificio, come appare negli archi trionfali di Roma.
Risulta difficile determinare se i p. siano stati maggiormente raffigurati in un particolare ambito artistico. Il problema si pone soprattutto se si analizza anche la miniatura, che non è ancora possibile valutare in maniera esaustiva. Si può tuttavia notare che tale tema iconografico fu molto importante nella decorazione architettonica, nella pittura, nel mosaico e nella scultura. Il posto dei p. all'interno degli edifici può variare in funzione del programma iconografico, della tecnica artistica impiegata e anche delle tradizioni locali. A Roma, molte chiese posseggono rappresentazioni di p. sui mosaici degli archi trionfali realizzati tra il sec. 9° e il 12°; il caso più noto è quello integrato al programma dell'abside della chiesa romana di S. Clemente: Baruc, discepolo di Geremia, è raffigurato a sinistra, mentre a destra compare Isaia. In altri esempi, compreso il perduto mosaico absidale della cattedrale di Capua, è Geremia a essere contrapposto a Isaia. In Sicilia, i p. sono raffigurati sulle pareti del coro delle cattedrali di Cefalù e Monreale, ma anche su di un capitello del chiostro di Monreale. Per contro i cicli profetici a mosaico di Venezia e di Palermo si dispongono sulle cupole. Le zone superiori degli edifici si prestano bene ai grandi programmi iconografici in cui compaiono spesso i p.: i pennacchi delle grandi arcate della basilica di Sant'Angelo in Formis o dell'abbaziale di Saint-Savin sur Gartempe, il corpo longitudinale di Saint-Martin a Nohant-Vic, della chiesa di St. Peter und Paul a Niederzell (Reichenau) o dell'abbaziale di Prüfening. I soffitti, le volte e le cupole costituiscono spesso il supporto di cicli profetici dipinti (soffitto dell'abbaziale di St. Michael a Hildesheim; volte di S. Pellegrino a Bominaco; volte del palazzo dei Papi ad Avignone; cupola del battistero di Parma). In ambito scultoreo, p. si trovano sui capitelli dei chiostri (cattedrale di Monreale, Saint-Pierre a Moissac, chiostro di S. Orso ad Aosta), sugli archivolti (cattedrale di Laon), sugli strombi dei portali delle cattedrali di Ferrara, Verona e Cremona. Numerose sono anche le raffigurazioni di p. nelle vetrate (cattedrale di Troyes, Saint-Pierre a Jumièges, coro dell'abbaziale a Heiligenkreuz, Notre-Dame a Châlons-sur-Marne, Saint-Denis a Parigi).Si deve rilevare che il posto occupato nella decorazione architettonica dai p. è così vario che occorrerebbe esaminarne una per una le rappresentazioni al fine di definire l'interazione tra il luogo e il tema preso in considerazione, interazione che appare senza dubbio più facilmente evidenziabile nelle opere di oreficeria. Gli oggetti su cui potevano comparire immagini di p. appartengono sia all'arredo liturgico (altari, amboni, piedi di leggii), sia all'oreficeria (reliquiari, altari portatili, legature preziose).Va sottolineato come spesso la funzione dell'oggetto influisca sul tema generale dell'opera: un altare portatile presenta scene tipologiche basate sul sacrificio della messa, come sull'altare, del 1160 ca., della chiesa di St. Vitus a Mönchengladbach. Si può anche notare come su reliquiari o altari portatili i p. siano generalmente posti lateralmente, mentre gli apostoli, le scene cristologiche o i richiami alla messa vengono raffigurati superiormente. Questa collocazione ricorda il tema già citato relativamente a Chartres: l'Antica Legge che sostiene la Nuova.Nella miniatura si riconoscono due tipi di figurazioni: le serie che decorano le iniziali, simili a quelle che si ritrovano nell'arte monumentale e che presentano in qualche caso anche dei testi, e le pagine fuori testo a tema elaborato, in cui si sommano i riferimenti simbolici, come nelle pagine del citato Messale Stammheim: le pagine dedicate alla Natività, alla Crocifissione o all'Allegoria della saggezza divina presentano infatti numerosi profeti.
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