PROMISCUITÀ
. Questo termine venne adoperato, per la prima volta, dagli etnologi della seconda metà del secolo scorso (Mac Lennan, Bachofen, Morgan, ecc.) per indicare la primitiva e più antica condizione sociale dell'uomo, quando il matrimonio non esisteva e i rapporti fra gl'individui dei due sessi non avevano né regola, né sanzioni. Successivamente esso venne impiegato in maniera meno vaga (Lubbock, Gumplowicz, ecc.) per indicare il matrimonio comune o comunale (altrimenti etairismo), in cui tutti gli uomini di una comunità sono indifferentemente considerati come mariti di tutte le donne del gruppo, una specie di poligamia combinata con la poliandria (v. famiglia; matrimonio).
Ai nostri giorni l'idea della promiscuità primitiva non trova più sostenitori, e il cosiddetto matrimonio comunale degli Australiani, dei Nair e dei Toda è meglio definito e classificato come matrimonio di gruppo in forma poliandrica. Le recenti indagini etnologiche, mentre hanno fatto vedere, da una parte, che i Fuegini, i Boscimani, i Polinesiani, i Techuri dell'Oudh, dati come esempî tipici di popoli viventi in promiscuità sessuale, praticano il matrimonio individuale, fanno pensare, dall'altra, che le notizie raccolte dagli antichi scrittori (Erodoto, Strabone, Solino) circa le costumanze dei Megabaeri, dei Giligammi, ecc., meritino di essere meglio chiarite e interpretate. Allo stato attuale delle nostre conoscenze, le pretese testimonianze sulla promiscuità dei primitivi si riducono agli usi di due o tre popolazioni, per le quali non si hanno precise informazioni, come per quella degli Olo-Ot di Borneo.
Bibl.: Ch. Letourneau, L'évolution du mariage, Parigi 1888; J. Lubbock, I tempi preistorici e l'origine dell'incivilimento, Torino 1875; E. Westermarck, History of human marriage, Londra 1926; E. Crawley, The mystic rose, Londra 1902; J. J. Frazer, Totemism and exogamy, Londra 1910.