Puglia
Regione dell’Italia meridionale. Tra gli inizi dell’età del Ferro e la conquista romana, la P. fu abitata dal complesso di popolazioni indigene che vanno sotto il nome di iapigi. Questi erano ripartiti territorialmente, da N a S, in tre grandi gruppi etnici: dauni, peucezi, messapi. Sul finire dell’8° sec. a.C., con la fondazione della colonia dorica di Taranto, si ebbe pure la presenza greca. Dopo le guerre sannitiche e pirriche, conquistata Taranto (272 a.C.), Roma ridusse a città federate i centri della P., molti dei quali si ribellarono durante la guerra annibalica e poi durante la guerra sociale. Nell’ordinamento augusteo, l’odierna P. fu compresa nella II regio, Apulia et Calabria. La P. raggiunse durante l’impero un notevole grado di floridezza economica, soprattutto in quanto la sua posizione geografica ne fece un centro di comunicazioni di grandissima importanza, cui facevano capo, attraverso i porti, le grandi vie verso l’Oriente; Brindisi era al termine della via Appia, che, insieme alla via Traiana, congiungeva la P. a Roma. Con la caduta dell’impero d’Occidente, la regione fu contesa da bizantini, longobardi e franchi e insidiata dai saraceni. Avviate verso un’autonoma organizzazione civile e militare, alcune città, con una grande insurrezione (11° sec.), tentarono di liberarsi dal dominio bizantino. Ma proprio l’aiuto di avventurieri normanni decise della loro sorte e, con Roberto il Guiscardo, tutta la P. entrò nell’orbita della nuova monarchia normanna (1071). Soprattutto con Guglielmo II i traffici commerciali con l’Oriente dettero alla P. un periodo di prosperità; con Federico II (1220-50) sorsero cattedrali e fortezze e furono favoriti gli scali alle navi veneziane e anche genovesi. Ma, durante il dominio degli Angioini, l’accresciuta pressione fiscale e l’ostilità per i vantaggi accordati alle flotte forestiere causarono diverse ribellioni da parte delle città pugliesi, soprattutto quando gli Aragonesi disputarono la P. agli Angioini. Dopo la vittoria aragonese, la speranza di sfuggire all’avidità dei baroni facendo parte del regio demanio mantenne fedeli le città, minacciate anche dai turchi, che si impadronirono di Otranto (1479-80). Ma Ferrante II, per far fronte alla guerra contro Carlo VIII di Francia, dette in pegno alcune città a Venezia, che ben presto trasformò il temporaneo possesso in conquista. La pace tra francesi e spagnoli (1529) riportò quasi tutta la P. sotto l’unico dominio spagnolo che stremò la P., ormai desolata da carestie, dalla malaria e dalla peste, dalla piaga di un inerte latifondismo e dalle speculazioni di avidi profittatori. Tuttavia, nel 18° sec., anche la P. contribuì al moto per il rinnovamento civile del regno, così come alla preparazione giacobina della rivoluzione napoletana. Dopo la dura occupazione militare del cardinale Ruffo, le riforme del decennio francese parvero migliorare le condizioni della regione, ma la Restaurazione borbonica del 1815 vanificò la maggior parte dei risultati raggiunti. Il malcontento della popolazione si tradusse nella proliferazione di sette massoniche e carbonare. Annessa all’Italia con il plebiscito del 1860, la P. vide ben presto deluse le aspettative alimentate dalla propaganda piemontese e garibaldina. La mancata ripartizione delle terre demaniali, l’imposizione della coscrizione militare, insieme alla propaganda legittimista e clericale, suscitarono una violenta ribellione contadina da cui prese le mosse il brigantaggio. La vendita dei beni dell’asse ecclesiastico non intaccò il latifondo e non si tradusse in un miglioramento delle colture. Durante il ventennio fascista, malgrado la creazione di alcune importanti infrastrutture, quali il porto di Bari, e l’incentivazione dei commerci con la costituzione della Fiera del Levante, crebbe il divario con le regioni del Nord e rimase insoluta la questione agraria. Caratteri di depressione e arretratezza contraddistinsero anche nel dopoguerra l’economia della P., nonostante l’avvio di una politica di industrializzazione.