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meridionale, questione

di Massimo L. Salvadori - Enciclopedia dei ragazzi (2006)
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Questione meridionale

Massimo L. Salvadori

Il dibattito sull’arretratezza del Sud

La questione meridionale è emersa dopo la nascita del Regno d’Italia nel 1861. Con la costituzione dello Stato unitario, infatti, divenne evidente l’accentuata arretratezza del Sud, tanto da indurre in seguito a parlare di una contrapposizione tra il Nord industriale e il Mezzogiorno, dominato da un’agricoltura povera e soggetto, in maniera determinante, al controllo sociale dei latifondisti

Genesi e sviluppo della questione

L’arretratezza del Sud risaliva alle origini dell’Età moderna. Essa fu aggravata nell’Ottocento dal malgoverno dei Borbone. Nel 1861 la proprietà era nelle mani di grandi latifondisti, che vivevano di rendita, o di piccoli proprietari molto poveri. Le terre coltivate avevano rese bassissime, il commercio era poco sviluppato e i limitati centri industriali non furono in grado di reggere al confronto, una volta inseriti nel quadro di un mercato nazionale.

La conquista garibaldina (Garibaldi) suscitò nelle masse contadine la speranza della sparizione del latifondo e di una ripartizione delle terre, che però andò delusa. Infatti, la classe dirigente settentrionale non intese toccare gli interessi dei grandi proprietari, di cui cercava l’appoggio politico. Il disagio esplose tra il 1861 e il 1865 con il brigantaggio, sanguinosamente represso. La condizione dei contadini fu aggravata dall’introduzione di un duro regime fiscale e della leva obbligatoria, sino ad allora ignota nel Sud. Un colpo ulteriore fu inferto nel 1876 e nel 1887 quando il governo consolidò la legislazione protezionistica intesa a difendere dalla concorrenza estera gli industriali del Nord e i latifondisti del Sud produttori di cereali. Risultarono svantaggiati da questi provvedimenti gli altri settori dell’agricoltura meridionale interessati all’esportazione (agrumi, vino, olio).

Questa situazione fu destinata a durare nei suoi termini essenziali fino alla metà del Novecento. Il profondo malessere delle masse contadine alimentò, specialmente nell’età giolittiana (1901-14), ondate migratorie di vaste proporzioni.

Gli aspetti politici e sociali: la denuncia dei meridionalisti

La questione meridionale non era soltanto economica, ma anche politica e sociale. La classe dirigente del Sud cercava sistematicamente l’appoggio dello Stato per la protezione dei propri interessi e sosteneva la politica dei governi. La piccola borghesia nella sua maggioranza seguiva le direttive della classe alta. Le masse contadine oscillavano tra malcontento, atti di ribellione e passività. In questo contesto, si diffusero disprezzo per la legge e corruzione, così da creare le condizioni favorevoli anche per lo sviluppo di organizzazioni criminali come la mafia e la camorra.

Per un secolo dopo l’unificazione, politici e intellettuali analizzarono ininterrottamente la questione meridionale, formulando proposte per la sua soluzione. Tra questi – definiti meridionalisti – vi furono Pasquale Villari, Sidney Sonnino, Leopoldo Franchetti, Giustino Fortunato, Gaetano Salvemini, Luigi Sturzo, Antonio Gramsci, Guido Dorso. Le loro proposte non furono in grado di modificare la realtà del Sud.

La trasformazione del Mezzogiorno dopo il 1945

Dopo che il fascismo aveva lasciato pressoché intatti i termini della questione meridionale, una svolta nella politica dello Stato verso il Sud la si ebbe a partire dal 1950, con la costituzione della Cassa per il Mezzogiorno, l’avvio di una riforma agraria e la formazione di nuovi nuclei industriali.

La spesa statale fu ingente; e nella seconda metà del 20° secolo il tenore di vita delle masse meridionali è migliorato notevolmente, anche grazie alle rimesse di quanti erano emigrati nel Nord d’Italia e all’estero. Ma l’obiettivo della modernizzazione diffusa delle regioni meridionali non è stato raggiunto.

Tra i segni più gravi del persistente disagio del Mezzogiorno vi è la piaga sempre virulenta costituita dal potere esercitato dalla mafia, dalla camorra e da altre organizzazioni criminali.

Vedi anche
Giustino Fortunato Scrittore e uomo politico italiano (Rionero in Vulture 1848 - Napoli 1932), nipote del precedente; uomo di destra, legato politicamente al Sonnino, fu deputato dal 1880 al 1909, e senatore dal 1909. Prosatore elegante e nitido, si deve a lui principalmente il vasto interesse per la questione meridionale. ... Pasquale Vìllari Vìllari, Pasquale. - Storico e uomo politico (Napoli 1826 - Firenze 1917), fratello di Emilio. Esule a Firenze dopo aver partecipato al moto napoletano del 1848, insegnò storia all'univ. di Pisa (1859) e all'Istituto di studi superiori di Firenze (1865-1913). Socio nazionale dei Lincei (1878), deputato ... Gaetano Salvèmini Salvèmini, Gaetano. - Storico e uomo politico (Molfetta 1873 - Sorrento 1957). Iscritto al PSI, approfondì le sue riflessioni sul nesso tra socialismo e questione meridionale, criticando la tendenza al protezionismo operaio settentrionale. L'attenzione ai problemi del paese lo condusse a polemizzare ... Antonio Gramsci Uomo politico e pensatore (Ales, Cagliari, 1891 - Roma 1937). Membro del PSI e fondatore de L'Ordine Nuovo (1919), fece parte dell'esecutivo dell'Internazionale comunista (1923). Divenuto segretario del Partito comunista d'Italia (PCd'I) e deputato (1924), affrontò la questione meridionale, indirizzando ...
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