Girolami, Raffaello
Nato a Firenze l’8 marzo 1472 da Francesco di Zanobi e Maddalena di Iacopo Mazzinghi, G. venne avviato all’attività mercantile dal padre, che intestò a suo nome la sede fiorentina del Banco dei Girolami.
Oppositore di Girolamo Savonarola tra le file dei ‘compagnacci’, G. ricoprì il suo primo incarico politico ufficiale solo nel 1507, come priore per il quartiere di S. Croce. In seguito venne eletto membro dei Dodici buonuomini (1510) e dei Sedici gonfalonieri (1513). Dapprima contrario alla restaurazione del potere mediceo, godette poi la fiducia dei signori di Firenze: nominato più volte commissario militare (nel 1517 nella Val di Bagno, nel 1521 e nel 1522 in Valdarno, nel 1526 e nel 1527 a Poggibonsi), fu uno dei tre ambasciatori che alla fine di ottobre del 1522 si recò presso Carlo V. In quella occasione, G. chiese consiglio a M. sul modo migliore di svolgere l’incarico e M. gli scrisse una Istruzione (→ Instruzione d’uno che vada imbasciadore), in cui espose «il succo della sua più che decennale esperienza» (C. Vivanti, in La lingua e le lingue di Machiavelli, 2001, p. 28). Secondo Roberto Ridolfi (1954, 1978, p. 559), l’occasione di un contatto tra M. e G. venne offerta da un incidente: un famiglio di Raffaello aveva ferito il fratello di un lavorante di M. (M. a Francesco Del Nero, 14 ott. 1522, Lettere, p. 383). In effetti, già nel 1500 Agostino Vespucci annoverava «Raphaëlem Girolamum» tra i «familiares et amicos» (Agostino Vespucci a M., 20-29 ott. 1500, Lettere, pp. 28-30) e il tono confidenziale dell’Istruzione conferma un lungo rapporto di amicizia e di collaborazione tra G. e Machiavelli. Nel 1526 G. fu uno dei Cinque procuratori delle mura, magistratura di cui M. venne nominato cancelliere nello stesso anno.
Negli ultimi anni di vita il ruolo politico di G. divenne sempre più importante: reduce da una seconda ambasceria a Carlo V (Genova, 23 agosto 1529), guidò la resistenza come ultimo gonfaloniere della Repubblica (dal 1° gennaio 1530). Tra i suoi provvedimenti, il ripristino di un’antica usanza: la lettura dei dispacci in Consiglio maggiore. Se nell’Istruzione M. suggerisce a G. di «attribuire le valutazioni politiche contenute nei dispacci ufficiali non al proprio giudizio, ma a quello di fantomatici e non meglio specificati “uomini prudenti”» (Bausi 2005, pp. 317-18), G. si preoccupa di esplicitare la funzione politica dei mandatari, garantendo loro di comunicare con i vertici del potere e non solamente con gli addetti agli uffici.
Dopo la resa di Firenze (12 ag. 1530) G. si rifiutò di implorare il perdono del papa, e venne imprigionato, inizialmente nelle carceri fiorentine del Bargello, in seguito nella rocca di Volterra e a Pisa, dove morì, probabilmente avvelenato dai suoi avversari, tra il 22 e il 24 novembre 1532.
Bibliografia: R. Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli, Roma 1954, Firenze 19787, pp. 307, 457 e segg.; F. Gaeta, introduzione a N. Machiavelli, Opere, 3° vol., Lettere, Torino 1984, pp. 9-56; V. Arrighi, Girolami Raffaello, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 56° vol., Roma 2001, ad vocem; La lingua e le lingue di Machiavelli, Atti del Convegno internazionale di studi, Torino 2-4 dicembre 1999, a cura di A. Pontremoli, Torino 2001 (in partic. C. Vivanti, Machiavelli e l’informazione diplomatica, pp. 21-46; J.-J. Marchand, Teatralizzazione dell’incontro diplomatico in Machiavelli: messa in scena e linguaggio dei protagonisti nella prima legazione in Francia, pp. 125-43); A. Guidotti, introduzione a N. Machiavelli, Delle cose di Lucca: testi e documenti, Lucca 2003, pp. 14-17; F. Bausi, Machiavelli, Roma 2005, pp. 316-18.