LAMBRUSCHINI, Raffaello
Nacque a Genova il 14 ag. 1788 da Luigi e da Antonietta Levrero. Visse a Genova fino al 1801, quando si trasferì con la famiglia a Livorno. Nel 1805 accompagnò lo zio paterno, mons. Giovanni Battista, a Roma, dove risiedeva anche un altro zio, il barnabita Luigi, futuro arcivescovo di Genova, nunzio apostolico a Parigi, e poi cardinale e segretario di Stato di Gregorio XVI. Sempre nel 1805 seguì a Orvieto Giovanni Battista, che vi era stato inviato in veste di amministratore apostolico e dal 1807 di vescovo ordinario, e nel locale seminario diocesano completò i suoi studi (lingue e lettere classiche, ebraico, teologia) e venne consacrato sacerdote.
Ebbe tra gli altri quale compagno e amico A. Mai, mentre fra i suoi maestri vi furono gli ex gesuiti J.B. Aguirre, R. Menchaca e L. Fortis e il barnabita F. Fontana. Costoro ebbero un peso particolare nella sua formazione religiosa e culturale, avvicinandolo alle posizioni del cattolicesimo illuminato e riformatore del tardo Settecento e introducendolo agli scritti del gesuita G.V. Bolgeni, acceso antigiansenista, autorevole esponente delle correnti cattoliche più influenzate dalle teorie razionalistiche e sensistiche del pensiero illuminista.
Nel 1810, quando lo zio Giovanni Battista fu arrestato e confinato a Belley, in Francia, per non aver voluto prestare giuramento di fedeltà a Napoleone, il L. divenne provicario della diocesi di Orvieto, che resse clandestinamente dal 22 sett. 1810 al 18 febbr. 1812. Arrestato a sua volta per essersi opposto alla prescrizione di cantare nelle chiese parrocchiali il Te Deum per la festa di S. Napoleone e per l'anniversario dell'incoronazione imperiale, fu deportato a Bastia, in Corsica. Qui trascorse due anni di esilio, durante i quali ampliò e approfondì i suoi studi, leggendo le opere di alcuni scienziati francesi e ginevrini e restando impressionato in modo particolare da A.-P. de Candolle, autore della Théorie élémentaire de la botanique (Paris 1813). Negli scritti di questo botanico egli trovò "il tipo esemplare di un metodo scientifico nuovo, moderno, contrario a ogni astratta classificazione e fondato sulla osservazione diretta, volto a scoprire con l'osservazione la legge che dà ordine e armonia al mondo naturale" (G. Verucci, Introduzione a R. Lambruschini, Scritti pedagogici, p. 10). Tale metodo egli avrebbe poi eretto a principio ispiratore della sua concezione morale e religiosa e delle sue teorie pedagogiche.
Negli stessi anni entrò in contatto col pensiero degli idéologues, cioè di quegli intellettuali, perlopiù francesi, che fra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento si fecero continuatori della tradizione illuministica e sostennero l'idea di una scienza dell'educazione, fondata sull'esperienza e sull'osservazione, che avesse per fine la felicità dell'uomo e il progresso della società (notevole, in particolare, fu l'influenza che su di lui esercitarono gli scritti di A. Destutt de Tracy). Da questo insieme di suggestioni fu spinto a maturare l'idea di una riforma morale e culturale del cattolicesimo, che lo portò più avanti, fra la fine degli anni Venti e l'inizio degli anni Trenta, ad accostarsi a talune posizioni dell'evangelismo e del sansimonismo e comunque a trovarsi non in piena sintonia con le tesi ortodosse e conservatrici della Chiesa della Restaurazione.
Tale disagio cominciò a manifestarsi in lui già dopo il ritorno dall'esilio, avvenuto nel 1814, e dopo una fase transitoria della sua vita, che lo vide dapprima insegnare teologia e filologia nel seminario diocesano di Orvieto, quindi nel 1815, trasferitosi a Roma, intraprendere la carriera prelatizia lavorando presso la congregazione "per gli affari del mondo cattolico". Nel 1816, maturato ormai il dissenso con le posizioni del governo centrale della Chiesa, decise di ritirarsi a Figline Valdarno, nella tenuta paterna di San Cerbone, e di dedicarsi agli studi e all'amministrazione dell'azienda agricola. Fu qui, in una Toscana granducale ricca di fermenti culturali e aperta alle istanze di rinnovamento di alcuni settori della nobiltà e della borghesia terriera, che il L. trovò un ambiente fecondo per sviluppare i propri interessi e per mettere in pratica le proprie teorie etiche e pedagogiche.
In particolare, dopo alcuni anni di vita relativamente appartata, strinse rapporti di amicizia e di collaborazione con gli esponenti del liberalismo moderato toscano che ruotavano intorno a G.P. Vieusseux (G. Capponi, C. Ridolfi, N. Tommaseo, B. Ricasoli, V. Salvagnoli, ecc.) e che, nell'ambito di un progetto di riforma della mezzadria, sostennero la necessità di introdurre migliorie nelle tecniche agricole e di elevare le conoscenze e le condizioni di vita dei contadini. Si trattava di un progetto di impronta paternalistica, che non intendeva scalfire gli equilibri sociali e politici esistenti e che per alcuni di essi doveva inevitabilmente implicare il passaggio dal sistema mezzadrile a quello capitalistico, cui invece il L. fu sempre tenacemente avverso.
I primi contatti con questi ambienti avvennero nel 1820, quando il L. prese a frequentare le lezioni di botanica e di fisica tenute a Firenze dai professori C. Passerini e O. Targioni Tozzetti. Decisivo fu poi l'incontro con Vieusseux, avvenuto nel 1826, che segnò l'inizio di una feconda amicizia, protrattasi per tutta la vita. Il primo frutto della collaborazione che si instaurò fra i due fu la nascita di un periodico, il Giornale agrario toscano, le cui linee ispiratrici furono in larga parte dettate proprio dal L. che ne fu il compilatore insieme con C. Ridolfi e L. de' Ricci. Apparso nel 1827, il giornale divenne lo strumento principale di affermazione del progetto di rinnovamento dell'agricoltura e di elevazione delle condizioni morali e materiali dei contadini concepito dalle classi dirigenti toscane.
Alla realizzazione di questo disegno il L. contribuì poi con altre specifiche iniziative. Nel 1829, per esempio, fu tra i fondatori della Cassa di risparmio di Firenze, mentre nel 1830, dando inizio alla sua vera e propria attività pedagogica, aprì nella villa di San Cerbone un istituto di educazione per i giovanetti di buona famiglia, dove, in linea con gli orientamenti del promotore, si insegnavano non solo le materie umanistiche e scientifiche, ma anche quelle artistiche e si completava la formazione con la pratica di attività manuali, sportive e agricole.
A partire dal 1831 il L. organizzò inoltre a Figline la "scuola delle feste", una scuola d'istruzione professionale rivolta ai giovani artigiani, ai quali venivano impartite nozioni di disegno, di geometria e di meccanica utili per il loro lavoro. Sempre nel 1831 entrò a far parte dell'Accademia dei Georgofili, dove negli anni seguenti lesse importanti memorie per sostenere la diffusione degli asili infantili e delle scuole di mutuo insegnamento.
In questo interesse pedagogico per i ceti popolari ebbero una parte di rilievo la conoscenza della dottrina sansimoniana, che il L. venne affinando nei primi anni Trenta, e l'influenza del mondo protestante ginevrino, con cui entrò in contatto soprattutto tramite Vieusseux. Da queste correnti di pensiero trasse ulteriore alimento il suo disegno di riforma religiosa, che ebbe alla base il concetto della libera coscienza dell'individuo e l'idea che il rapporto fra l'uomo e la divinità fosse caratterizzato da un vincolo d'amore. Alla Chiesa spettava il compito non già di coartare il libero avvicinarsi dell'uomo alla dimensione religiosa, bensì quello di aiutarlo a dissipare ostacoli e pregiudizi, illuminandolo sulla via della fede. Essa doveva perciò tornare a una dimensione più intima, meno esteriore e mondana, con pratiche del culto più semplici, che egli suggeriva di svolgere in lingua volgare per favorirne la comprensione da parte delle classi più umili.
Le sue tesi in materia religiosa, che secondo taluni studiosi anticiparono quelle del modernismo cattolico, e in particolare il tentativo di conciliare libertà e autorità, ebbero un diretto riflesso anche in altri ambiti della sua attività, anzitutto in quella pedagogica, poi in quella politica. Un importante esempio è offerto dalla Guida dell'educatore, la prima rivista pedagogica pubblicata in Italia nel secolo XIX, che fu da lui fondata nel gennaio 1836 e si avvalse della collaborazione, fra gli altri, di E. Mayer, S. Bianciardi, C. Ridolfi, M. Tabarrini, P. Thouar, Bianca Milesi Mojon. Alla Guida furono affiancate dapprima le Letture per i fanciulli (redatte perlopiù da P. Thouar), quindi, nel 1844-45, le Letture per la gioventù, fra le quali spiccarono quelle compilate da A. Vannucci.
L'ultimo numero del periodico, dopo un'interruzione delle pubblicazioni nel 1843 dovuta a una grave malattia del L., vide la luce nell'aprile 1845. Due anni dopo, nel clima inaugurato dall'ascesa al soglio pontificio di Pio IX e dal varo delle prime riforme civili e politiche, il L. decise di sciogliere anche l'istituto di San Cerbone e di trasferirsi a Firenze. Qui, con B. Ricasoli e V. Salvagnoli, fondò e diresse il giornale La Patria (2 luglio 1847 - 30 nov. 1848), in cui sostenne posizioni neoguelfe, auspicando il rinnovamento della Chiesa e dei suoi organi, propugnando l'unione degli Stati italiani e la guerra contro l'Austria, impegnandosi per la concessione dello statuto e per l'affermazione dei principî liberali.
Dopo la promulgazione dello statuto, il 15 giugno 1848, fu eletto in rappresentanza di Figline al Consiglio generale toscano, dove ricoprì la carica di vicepresidente. Confermato per la seconda legislatura nelle elezioni del novembre 1848, non condivise la linea del governo provvisorio instaurato dai democratici dopo la fuga del granduca Leopoldo II e non ripresentò la propria candidatura alle elezioni del marzo 1849. Dopo la restaurazione della monarchia lorenese collaborò al quotidiano Lo Statuto, che si pubblicò a Firenze dal maggio 1849 al maggio 1851 e, sotto la guida di M. Tabarrini, L. Galeotti e G.B. Giorgini, si batté per difendere le franchigie costituzionali e sostenere la causa dell'indipendenza nazionale.
L'abrogazione dello statuto nel 1852 e il ritorno, da parte del governo toscano, a un indirizzo politico autoritario indussero il L. ad abbandonare la scena pubblica e a dedicarsi nuovamente alla scuola di San Cerbone, alla conduzione dell'azienda agricola e agli studi. Partecipò inoltre intensamente all'attività dell'Accademia dei Georgofili e di quella della Crusca, di cui divenne socio nel 1854. Il ritorno all'impegno politico avvenne dopo il 27 apr. 1859, che segnò la partenza definitiva dalla Toscana di Leopoldo II e la costituzione di una Consulta di Stato, di cui egli fu membro e vicepresidente. Il 7 ag. 1859 fu eletto deputato all'Assemblea toscana e il successivo 12 ottobre nominato ispettore generale delle scuole, carica che conservò anche dopo l'annessione della Toscana al Regno di Sardegna, prodigandosi in una intensa opera di fondazione e riordinamento degli istituti scolastici e di formazione degli insegnanti. Elaborò anche un progetto di nuovo ordinamento dalle scuole inferiori all'Università, che però venne respinto dal governo provvisorio presieduto dal Ricasoli a causa dei suoi orientamenti troppo avanzati e dell'assoluta libertà d'insegnamento in esso contemplata.
Nominato senatore il 23 marzo 1860 e nel 1861 chiamato a ricoprire l'incarico di provveditore delle scuole di Toscana, il L. ebbe modo di sostenere le sue idee in materia scolastica e pedagogica negli articoli pubblicati in La Famiglia e la scuola, un periodico da lui fondato (nel gennaio 1860) e diretto, che si stampò fino al dicembre 1861. In particolare in questa rivista e quindi in La Gioventù, che ne rappresentò la continuazione dal 1863 al 1871, il L. ribadì l'importanza di estendere l'istruzione ai ceti popolari affermando il principio della scuola gratuita e obbligatoria, organizzata dallo Stato e dai Comuni. Si dichiarò quindi favorevole all'istruzione delle donne, pur sottolineando la necessità che fossero loro impartiti insegnamenti diversi da quelli previsti per gli uomini ed escludendo scuole comuni per i due sessi.
Figura ormai di grande prestigio nel mondo politico e culturale italiano, nel primo decennio unitario il L. si vide tributare molti riconoscimenti e conferire incarichi prestigiosi. Nel 1865 venne eletto presidente dell'Accademia dei Georgofili e nel 1867 nominato professore di pedagogia all'Istituto di studi superiori di Firenze, dove ebbe anche la carica di sovrintendente. Nel 1868 fu vicepresidente della commissione governativa, presieduta da A. Manzoni, che ebbe il compito di "ricercare i modi più facili di diffondere in tutti gli ordini del popolo la notizia della buona lingua e della buona pronunzia". In questa sede, contro la tesi manzoniana che la lingua italiana dovesse assumere a modello la lingua parlata dai fiorentini colti, il L. propose di adottare quella toscana parlata dal popolo e controllata dagli scrittori. Nel 1869, infine, fu nominato arciconsolo dell'Accademia della Crusca.
Il L. morì a San Cerbone l'8 marzo 1873.
Un elenco dettagliato degli scritti del L. si trova in G. Calò, Pedagogia del Risorgimento, pp. 267-280. Opere: Dell'educazione, Firenze 1849; Dell'istruzione elementare e di secondo grado, ibid. 1850; Della istruzione, ibid. 1871; Elogi e biografie, ibid. 1872; Delle virtù e dei vizi, Milano 1873; Pensieri d'un solitario: opera postuma, a cura di M. Tabarrini, Firenze 1887. Fra le maggiori raccolte si vedano, a cura di A. Gambaro, Primi scritti religiosi, ibid. 1918; Dell'autorità e della libertà. Pensieri d'un solitario, ibid. 1932; Scritti politici e di istruzione pubblica, ibid. 1936; Scritti di varia filosofia e di religione, ibid. 1939; nonché Scritti pedagogici, a cura di G. Verucci, Torino 1974.
Fonti e Bibl.: Il nucleo principale dell'archivio del L., che consta di un carteggio di circa 3500 lettere e di nove cassette di documenti, si conserva presso la Biblioteca nazionale di Firenze. Un altro gruppo di documenti, con minute di lettere e altri manoscritti, è depositato presso la Biblioteca di documentazione pedagogica di Firenze. Per una succinta descrizione di entrambi i fondi cfr. Guida agli archivi delle personalità della cultura in Toscana tra '800 e '900. L'area fiorentina, a cura di E. Capannelli - E. Insabato, Firenze 1996, pp. 316-318. La corrispondenza del L. con alcuni autorevoli personaggi del suo tempo è stata pubblicata: oltre ai carteggi con Gioberti, Rosmini, Tommaseo, F. Aporti, J.-B. Girard, F.-M.-L. Naville e altri, apparsi in vari fascicoli della rivista Levana fra il 1923 e il 1927, si vedano fra le raccolte più significative G. Baccini, Lettere inedite di N. Tommaseo al sen. abate R. L., in Riv. delle biblioteche e degli archivi, XIV (1903), pp. 11-124; XV (1904), pp. 8-15; A. Gambaro, Riforma religiosa nel carteggio inedito di R. L., I-II, Torino 1924; R. Ciampini, Due campagnoli dell'Ottocento. L. e Ridolfi (con lettere e documenti inediti), Firenze 1947; N. Tommaseo, Delle innovazioni religiose e politiche buone all'Italia. Lettere inedite a R. L. (1831-32), a cura di R. Ciampini, Brescia 1963; G. Capponi - R. Lambruschini, Carteggio, 1828-73, a cura di V. Gabbrielli, Firenze 1996; Carteggio Lambruschini - Vieusseux, 1826-63, a cura di V. Gabbrielli - A. Paoletti - M. Pignotti, I-VI, Firenze 1998-2000.
Ampi riferimenti agli studi sul L. si trovano nell'ed. dei suoi Scritti pedagogici, cit., a cura di G. Verucci, pp. 61-65, e nelle voci a lui dedicate da A. Gambaro in Diz. enciclopedico di pedagogia, III, Torino 1969, pp. 8-10; E. Petrini, in Enc. pedagogica, diretta da M. Laeng, IV, Brescia 1990, coll. 6517-6526; A. Gaudio, Diz. di scienze dell'educazione, Torino 1997, pp. 591 s. Fra i contributi più significativi rammentiamo: G. Vannini, La vita e le opere di R. L., Empoli 1907; M. Motta, L'opera educativa del p. Girard e del L. e loro intendimenti politici e religiosi nella scuola, Messina 1921; I. Bonardi, R. L.: sua parte nel movimento pedagogico italiano, Torino 1921; G. Gentile, R. L. e il problema religioso, in Id., G. Capponi e la cultura toscana nel secolo decimonono, Firenze 1926, pp. 29-55; E. Codignola, Il concetto di educazione nel L., in Id., Educatori moderni, Firenze 1926, pp. 119-126; A. Omodeo, R. L. e la riforma cattolica, in Leonardo, III (1927), poi in Id., Difesa del Risorgimento, Torino 1951, pp. 63-73; M. Casotti, La pedagogia di R. L., Milano 1930; L. Salvatorelli, La vocazione di R. L., in Pegaso, IV (1932), pp. 650-668; A. Gambaro, Schizzo biografico di R. L., Torino 1939; G. Sofri, Ricerche sulla formazione religiosa e culturale di R. L., in Annali della Scuola normale superiore di Pisa. Lettere, storia e filosofia, s. 2, XXIX (1960), pp. 150-189; Il giornale della scuola di San Cerbone "L'Aurora", Brescia 1961; A. Gambaro, La pedagogia italiana nell'età del Risorgimento, in Questioni di storia della pedagogia, Brescia 1963, pp. 517-533, 566-573 e passim; M. Casotti, R. L. e la pedagogia italiana dell'Ottocento, Brescia 1964 (1ª ed., 1929); G. Calò, Pedagogia del Risorgimento, Firenze 1965, pp. 138-307 e passim; R. Gentili, L.: un liberale cattolico dell'800, Firenze 1967; F. Pitocco, Ricerche sul sansimonismo in Italia. L.: la sua formazione culturale e il sansimonismo nella sua idea di riforma religiosa, in Studi e materiali di storia delle religioni, XXXIX (1968), pp. 321-364; XL (1969), pp. 283-329; G. Giraldi, R. L.: un uomo, una pedagogia, Roma 1969; Centenario di R. L., 1873-1973, numero speciale de Il Centro, XXI-XXII, novembre 1973; M. Sancipriano, R. L.: la libertà di coscienza, in Id., Lamennais in Italia, Milano 1973, pp. 193-210; U. Carpi, Letteratura e società nella Toscana del Risorgimento. Gli intellettuali dell'"Antologia", Bari 1974, ad ind.; R. Gentili, R. L., in Rass. stor. toscana, XX (1974), pp. 3-18; I. Imberciadori, R. L., il "romantico della mezzeria", in Riv. di storia dell'agricoltura, XIV (1974), 3, pp. 89-110; M. Themelly, Tre riformatori: R. L., N. Tommaseo, A. Rosmini, in La letteratura italiana (Laterza), VII, 2, Roma-Bari 1975, pp. 387-412; S. Bucci, La scuola di arti e mestieri di R. L., in Storia dell'educazione, I (1977), 3, pp. 19-45; E. Passerin d'Entrèves, R. L. e gli evangelisti ginevrini: un tentativo di collaborazione interconfessionale, in Colloquio italo-elvetico. Le relazioni del pensiero italiano risorgimentale con i centri del movimento liberale di Ginevra e Coppet, Roma 1979, pp. 141-162; T. Matarrese, "Città" e "campagna" nell'antifiorentinismo di L., in Cultura neolatina, XLI (1981), pp. 465-483; A. Carrannante, La posizione linguistica di R. L., in Lingua nostra, XLIII (1982), pp. 16-20; S. Bucci, Guida dell'educatore, in Enc. pedagogica, cit., III, Brescia 1989, coll. 5693-5698; G. Monsagrati, R. L., in Il Parlamento italiano, 1861-1988, III, Milano 1989, pp. 317 s.; A. Gaudio, La "Guida dell'educatore" di R. L., in Scuola e stampa nel Risorgimento. Giornali e riviste per l'educazione prima dell'Unità, a cura di G. Chiosso, Milano 1989, pp. 119-145; Id., "La famiglia e la scuola" e la tradizione moderata fiorentina, in Scuola e stampa nell'Italia liberale. Giornali e riviste per l'educazione dall'Unità a fine secolo, a cura di G. Chiosso, Brescia 1993, pp. 67-71; G. Landucci, R. L. e la "sperimentazione", in Il Vieusseux, VI (1993), 17, pp. 36-63; R.P. Coppini, Il Granducato di Toscana. Dagli "anni francesi" all'Unità, Torino 1993, ad ind.; C. Ridolfi - G.P. Vieusseux, Carteggio, 1821-1863, I-III, a cura di F. Conti - M. Pignotti, Firenze 1994-96, ad ind.; Lettere inedite a C. Ridolfi nell'archivio di Meleto, I-II, a cura di R.P. Coppini - A. Volpi, Firenze 1994-99, ad indicem.