LAMBRUSCHINI, Raffaello
Nato a Genova il 14 agosto 1788, morto a Figline Valdarno l'8 marzo 1873. Iniziati gli studî nella città natale, li proseguì a Roma avviandosi al sacerdozio, e li compì nel seminario di Orvieto, di cui era vescovo un suo zio paterno, Giovanni Battista. Durante le vicende politiche degli anni 1809-1814, essendo stato confinato a Belley lo zio vescovo e soppressa da Napoleone la diocesi di Orvieto, il L. in qualità di provicario generale occulto seppe reggerla, quantunque giovanissimo, dal 22 settembre 1810 al 18 febbraio 1812, finché, scoperto, fu arrestato e deportato in Corsica. Liberato nel 1814, entrava l'anno dopo nella carriera prelatizia delle congregazioni romane; ma, non approvando il nuovo indirizzo del governo centrale della Chiesa, se ne ritrasse presto e nel 1816 fissò la sua dimora a Figline Valdarno nella paterna tenuta di S. Cerbone. Quel ritiro e le nuove amicizie ch'esso gli procurò con G. P. Vieusseux, G. Capponi, C. Ridolfi, N. Tommaseo, B. Ricasoli, V. Salvagnoli, orientarono la sua attività verso ogni impresa che valesse a migliorare il popolo e a destare lo spirito Pubblico: scuole di mutuo insegnamento, d'arti e mestieri, casse di risparmio, asili infantili, stampa periodica. Nel 1827 fondò con Ridolfi e con Lapo de' Ricci il Giornale agrario toscano; dal '30 al '47 diresse in casa sua a S. Cerbone un Istituto d'educazione; dal '36 al '45 compilò la Guida dell'Educatore, la prima rivista pedagogica che si pubblicasse in Italia nel sec. XIX, e vi affiancò le Letture per i fanciulli e le Letture per la gioventù. Fondò e diresse col Ricasoli e col Salvagnoli il giornale fiorentino La Patria (2 luglio 1847-30 novembre 1848), nel quale, come anche nello Statuto (22 maggio 1849-1 giugno 1851), propugnò la causa d'Italia e la rinnovazione della Chiesa e dei suoi istituti. Deputato di Figline al parlamento toscano nelle due legislature del '48-'49 ma liberale moderato, incontrò le ire della plebe demagogica trionfante col ministero Montanelli-Guerrazzi. Dopo il 27 aprile 1859 è nominato membro e vice-presidente della Consulta di stato; il 7 agosto deputato di Figline all'Assemblea nazionale toscana, il 12 ottobre ispettore generale delle scuole in Toscana. Fonda il periodico La Famiglia e la Scuola (Firenze 1860-61), a cui fa seguire La Gioventù (Firenze 1862-1869). Il 23 marzo 1860 vien fatto senatore; nel 1865 acclamato presidente dell'Accademia dei Georgofili; nel 1867 nominato professore di pedagogia e sovrintendente del R. Istituto di studî superiori di Firenze; nel 1868 vicepresidente della commissione governativa, presieduta da A. Manzoni, "per ricercare i modi più facili di diffondere in tutti gli ordini del popolo la notizia della buona lingua e della buona pronunzia"; nel 1869 eletto arciconsolo dell'Accademia della Crusca. Figura caratteristica del Risorgimento, ispirò la sua vita agl'ideali del liberalismo italiano e il suo pensiero a un concetto concreto della libertà, che egli pose a fondamento della vita economica, politica, pedagogica, religiosa.
In economia afferma la necessità del libero scambio; vuole soppressa ogni forma di servitù nel lavoro; è contrario all'intervento monopolizzatore dello stato; rileva per tutti gli abbienti il dovere di cooperare al miglioramento morale e materiale delle classi umili. In politica, combatte ogni forma di tirannide, propugna la libertà di stampa e d'insegnamento, il regime rappresentativo, l'indipendenza d'Italia e l'unità nazionale. La parentesi federalista che si nota nella sua vita risponde piuttosto a ragione tattica, tant'è vero che nell'agosto 1859 votò per l'annessione della Toscana al Piemonte. Avversò il potere temporale dei papi, principalmente per motivi religiosi. Nelle relazioni tra lo Stato e la Chiesa invoca l'indipendenza reciproca delle due potestà, secondo la formula cavouriana, ma interpretata nel senso non di una libertà di separazione, bensì d'una libertà di concordia. Nel campo delle idee pedagogiche, ponendo che l'autorità è la "legge che rispetta la coscienza, e la libertà è la coscienza che rispetta la legge", il L. risolve l'ufficio dell'educatore in una vera maieutica che nulla innesta e nulla crea, ma che libera e fomenta i germi preesistenti dell'educando; del quale basta svegliare la vita intima in modo che riconosca nella voce dell'educatore la voce stessa della legge che parla in lui. Emerge dunque il principio dell'autonomia spirituale dell'educando e il rispetto della dignità umana. Non vi sono norme valide per sé e in sé: l'educatore stesso è metodo vivente nell'atto educativo, nella cui concretezza deve continuamente rifondere i trovati del senno e dell'esperienza altrui e le proprie opinioni ed esperienze al fuoco della religione, immedesimantesi all'educazione tutta, all'istruzione stessa scientifica. Ma educare religiosamente non significa soggiogare le coscienze spegnendo la libertà, bensì rigenerare lo spirito. La religione infatti è fermento interiore che pervade l'intera attività umana. Certo si ammettono riti, credenze, precetti, Chiesa: ma i riti in funzione del sentimento, le credenze in aiuto della ragione e a guida nell'indirizzo morale, i precetti in sussidio alle varie condizioni in cui s'adempie la legge, l'autorità della Chiesa in servizio della coscienza di cui rafforza la direzione e l'impero. In altre parole il culto, le dottrine, l'autorità esteriore, la tradizione, il costume sono per l'uomo, non l'uomo per essi: ecco il criterio per adeguare tutta la fenomenologia religiosa all'attualita dello spirito sempre in progresso. A tale criterio s'ispira il riformismo del L., il quale anticipa parecchie tesi fondamentali del modernismo cattolico.
Le opere principali del L. sono: Dell'educazione, Firenze 1849; Dell'Istruzione elementare e di secondo grado, ivi 1850; Della istruzione, ivi 1871; Elogi e biografie, ivi 1872; Delle virtù e dei vizi, Milano 1873; Primi scritti religiosi, a cura di A. Gambaro, Firenze 1918; Conferenze religiose e preghiere inedite, a cura di A. Gambaro, Venezia 1926; Dell'autorità e della libertà, ed. critica a cura di A. Gambaro, Firenze 1932. - Per l'epistolario, v.: Lettere di Gino Capponi e di altri a lui, Firenze 1884 segg., passim; Lettere e documenti del barone B. Ricasoli, Firenze 1887 segg., passim; A. Linacher, Tre grandi educatori nella loro intima corrispondenza, in Levana, 1923, n. 3; A. Gambaro, Carteggio L.-Gioberti, in Levana, 1924, nn. 3-4; id., Carteggio L.-Rosmini, in Levana, 1924, n. 5; id., Carteggio L.-Aporti, in Levana, 1927, pp. 106-138; id., Riforma religiosa nel carteggio inedito di R. L., Torino 1926, II.
Bibl.: M. D'Andrea, Le idee pedagogiche di R. L., Noci 1905; G. Vannini, La vita e le opere di R. L., Empoli 1907; A. Gambaro, In margine alla storia del modernismo, in La Voce, 2 gennaio 1913; id., introduzioni ai citati volumi Primi scritti religiosi e Conferenze religiose e preghiere inedite, nonché ai carteggi citati; id., R. L. riformatore religioso, in Riforma religiosa nel carteggio inedito di R. L., I; id., Profilo biografico di R. L., Torino 1923; id., La modernità di R. L., in Levana, 1924, n. 6; id., Un episodio di vita accademica tra il L. e il Trezza, in Levana, a. III, n. 6; id., I due apostoli degli asili infantili in Italia, in Levana, 1927, nn. 1-2 e 6; 1928, nn. 2-3; E. Formiggini Santamaria, in La Pedagogia italiana nella seconda metà del sec. XIX, Roma 1920, pp. 73-130; G. Calò, introduz. e bibl. premessa alla 2a edizione Dell'Istruzione di R. L., Firenze 1923; A. Tron, R. L. educatore con l'aggiunta di lettere inedite, Pinerolo 1923; G. Gentile, G. Capponi e la cult. tosc. nel secolo decimonono, Firenze 1926, 2ª ed., pp. 34-57, 64-70, 113-117, 326-343; E. Codignola, Il concetto di educazione nel L., in Educatori moderni, Firenze 1926, pp. 119-126; M. Casotti, La pedagogia di R. L., Milano 1930.