ANICHINO, Raimondo
Appartenente ad una famiglia tradizionalmente legata ai Caldora - il padre dell'A., un tedesco di nome Anichino, era stato anche egli al servizio dei Caldora - compare per la prima volta nel 1424, durante la guerra tra Alfonso d'Aragona e la regina Giovanna II e Luigi III d'Angiò. Già allora doveva essere un personaggio di notevole importanza, in quanto, fatto prigioniero dagli Angioini, fu liberato ed inviato a Iacopo Caldora, per proporgli di abbandonare la parte aragonese e di schierarsi per gli Angioini.
Quindici anni più tardi vediamo comparire l'A., come figura di un certo rilievo, nella guerra tra Alfonso V e Renato d'Angiò.
Quando il 15 nov. 1439 morì Iacopo Caldora, suo figlio Antonio inviò l'A. a Napoli dal re Renato, per informarlo degli ultimi avvenimenti e per indurlo a passare in Abruzzo, per cercare di risollevare con la sua presenza la situazione, che andava precipitando. Sembra che l'A. avesse avuto anche l'incarico di indurre, possibilmente, Renato ed Alfonso a stipulare la pace; ma in ogni modo Renato si decise ad uscire da Napoli assediata ed a raggiungere, sotto la guida dell'A., l'Abruzzo. Ciò avvenne il 28 genn. 1440; il 31 gennaio, a tarda ora, essi giunsero con una piccola scorta sotto le mura di Benevento, tenuta dagli Sforzeschi, e solo con uno stratagemma ordito dall'A. e da altri il re poté entrare in città e pernottare nell'arcivescovato.
Nel 1442 egli era sempre al servizio di Antonio Caldora; quando quest'ultimo si alleò con Francesco Sforza contro Alfonso V, uno dei primi provvedimenti dell'Aragonese fu di privare l'A. del comando della sua compagnia. Ma dopo la definitiva vittoria di Alfonso l'A. passò al suo servizio e nel 1449 fu inviato con 500 cavalieri a Colorno, in aiuto di Niccolò Terzi, che combatteva per la Repubblica ambrosiana contro Francesco Sforza, ma fu sconfitto da Alessandro Sforza.
Nel 1459, allo scoppio della nuova guerra per la successione al Regno di Napoli tra Giovanni d'Angiò e Ferrante, l'A., sempre al seguito di Antonio Caldora, si schierò dalla parte del pretendente francese. In verità il 10 dic. 1459 Ferrante gli aveva inviato Placido de Sangro per convincerlo a schierarsi dalla sua parte, ed ancora nel febbraio del 1460 il re era convinto che ciò sarebbe accaduto, ma quando Iacopo Piccinino penetrò nel regno l'A. non ebbe alcun dubbio e con i Caldora fu al suo fianco. Partecipò quindi alla battaglia di S. Flaviano, combattuta nel luglio e terminata con la vittoria del Piccinino, ed in cui egli ebbe una parte notevole come comandante di un'ala dell'esercito vincitore.
A partire da questo momento non abbiamo più sue notizie, ma sappiamo che alla sua morte egli era signore, in Abruzzo, di un vasto dominio, comprendente quindici fra terre e castelli, che furono poi acquistati da suo fratello Cola, e alla morte di questo dal nipote Antonio.
Fonti e Bibl.: Documenti diplomatici tratti dagli Archivj milanesi, a cura di L. Osio, III, Milano 1872, n. CCI, pp. 196-197; Le "Codice Aragonese", a cura di A.-A. Messer, Paris 1912, nn. 277 e 328, pp. 351, 431;J. J. Pontani Historia Neapolitana, a cura di G. Gravier, Napoli 1769, p. 42; Domenico de Lello, Istoria del regno di Napoli, a cura di G. de Blasiis, in Arch. stor. per le prov. napol., XVI(1891), p. 806; Diurnali detti del Duca di Monteleone, a cura di N. F. Faraglia, Napoli 1895, p. 110; G. Simonetta, Commentarii, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XXI, 3, p. 301; Cronaca di Ser Guerriero da Gubbio, ibid., 2 ediz., XXI, 4, pp. 70-71; P.Collenuccio, Compendio de le istorie del Regno di Napoli, a cura di A. Saviotti, Bari 1929, pp. 280; N. F. Faraglia, Storia della regina Giovanna d'Angiò, Lanciano 1904, p. 293; Id., Storia della lotta tra Alfonso V d'Aragona e Renato d'Angiò, ibid. 1908, pp. 192-204, 273-274; Regis Ferdinandi Primi Instructionum Liber, a cura di L. Volpicella, Napoli 1916, p. 222; B. Croce, Il conte di Campobasso Cola di Monforte, in Vite di avventure, di fede e di passione, Bari 1953, p. 71.