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RANDAZZO

di Vincenzo EPIFANIO - Enzo MAGANUCO - - Enciclopedia Italiana (1935)
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RANDAZZO (A. T. 27-28-29)

Vincenzo EPIFANIO
Enzo MAGANUCO

Cittadina della provincia di Catania, da cui dista 69 km. Sorge a 754 m. s. m., in posizione dominante la valle del fiume Alcántara. Passaggio quasi obbligato tra la Catena Settentrionale e il cono dell'Etna, fu centro importante sino dall'antichità ed è oggi anche un buon punto di partenza per l'ascensione alla vetta del vulcano, la quale è a soli 15 km. di distanza. L'attuale abitato, costruito in gran parte di scura lava, è ancora di aspetto prevalentemente medievale: ebbe il suo maggiore sviluppo nell'età aragonese. Città demaniale sin da quel tempo, si adornò del titolo di urbs plena per la sua popolazione, che si avvicinava ai 7000 ab. nella seconda metà del sec. XVI. Ma al regresso demografico posteriore certo contribuirono le prime lave che nell'età moderna (sec. XVII) ne minacciarono i dintorni (1714: abitanti 3558; 1748: ab. 4021). Buoni pascoli ed estesi vigneti, con alcune industrie locali, già fiorenti (molini, distillerie, fabbriche di pasta), sono nel suo territorio (kmq. 204,80), che nel 1931 aveva 13.841 ab. (nel centro 13.485).

Gli scavi condotti sul finire dell'Ottocento in contrada Mischj e S. Anastasia, località che si vuole identificare con la necropoli di Tyracia o di Tissa, hanno fruttato notevole materiale ora conservato nel Museo Vagliasindi, e già studiato da G. E. Rizzo: oggetti preistorici, terrecotte siceliote dall'arcaismo maturo, vasi attici di terra a vernice nera e idrie a figure rosse, varî oinocoe del sec. V, due kylikes aurei del sec. V con due teste d'ariete apicali, di rara bellezza e pienamente conservati.

Una recente fortunata ricerca ha portato all'identificazione della prima chiesa che precedette l'erezione della Matrice: la chiesetta normanna degli Agathoi, già detta dello Spirito Santo; in essa si trovano resti di affreschi trecenteschi che si mostrano ben più tardivi della struttura architettonica.

La chiesa di S. Maria è la costruzione sacra più complessa e più interessante: costruita dall'architetto provenzale o lombardo Leo Cumier, dal 1217 al 1239, essa presenta un grandioso sviluppo nell'abside romanica ad archetti ricorrenti poggianti su lesene altissime; l'abside appare staccata dal resto della costruzione in cui forme di gotico catalano e aragonese appaiono nelle porte laterali. Della chiesa di S. Martino, rifatta nel secolo XVI inoltrato, rimane il grandioso campanile trecentesco, gotico, dai capitelli ornati e dalla bella policromia. Irriconoscibili per i rifacimenti subiti, sono la chiesa di S. Nicolò e il castello aragonese ora adibito a carcere.

Intere vie conservano l'aspetto medievale coi portali archiacuti e coi ballatoi prospicienti: Via degli Uffizî, Via dell'Agonia, Casalanza, mostrano chiaro e armonico il sovrapporsi delle tendenze dell'architettura archiacuta dal Duecento al Quattrocento. Non mancano interessanti palazzi del Rinascimento, come palazzo Clarentano e palazzo Spitaleri, che trovano diretto riferimento architettonico e decorativo nei palazzi taorminesi.

Fra le opere di scultura vanno menzionati il S. Nicolò nella chiesa omonima, di Antonello Gagini (1535), opera fra le più solenni ed equilibrate del massimo scultore siciliano, i bassorilievi con scene della passione, di Giacomo Gagini, e infine la Madonna, ora nella chiesa di S. Bartolomeo, di Vincenzo Gagini, una delle più soavi opere uscite dalla bottega gaginesca e ricollegantesi al tipo lauranesco della Madonna di Noto.

La pittura è rappresentata prevalentemente da opere del tardo Cinquecento e da un gruppo di tele riecheggianti la maniera del Preti. Qua e là non manca qualche altra opera di buona mano. Nella chiesetta di S. Gregorio, il trittico Fisauli, di Turino Vanni da Pisa; nella chiesa di S. Martino, una Pietà su tavola; nella chiesa di S. Bartolomeo un polittico di Antonello de Saliba. Il tesoro della cattedrale serba un dittichetto eburneo di scuola francese (sec. XIV), con dentro sei delicate miniature (sec. XV); una cassettina eburnea degli Embriaei; reliquiarî, ostensorî e calici del sec. XV.

Bibl.: V. Amico, Lexicon topographicum, Palermo 1856; G. Di Marzo, I Gagini e la scultura in Sicilia, ivi 1883; G. E. Rizzo, Vasi greci della Sicilia (Monumenti antichi pubblicati per cura della R. Accademia dei Lincei), XIV (1904), pp. 75-106; F. De Roberto, Randazzo e la valle dell'Alcantara, Bergamo 1909; V. Raciti-Romeo, Randazzo, origine e monumenti (Memorie della classe di lettere della R. Accademia degli Zelanti), Acireale 1909; Mandalari, Ricordi di Sicilia, Città di Castello 1911; S. Bottari, Le oreficerie di Randazzo, in Boll. d'arte, n. s., VII (1927-28), pp. 301-308; L. Walter, Sizilianische Bauten des Mittelalters, Berlino 1917; E. Maganuco, La pittura e la miniatura a Randazzo, in Rivista del comune, Catania 1932.

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