CALBOLI, Ranieri (Rinieri) da
Figlio di Guido, appartenente a una nobile famiglia che traeva il nome dal castello omonimo nell'Appennino Romagnolo nei pressi di Rocca San Casciano, dovette nascere intorno al 1226, visto che a partire dal 1250 esercitava podesterie in varie città della Valle Padana. I fratelli Francesco, Guido, Fulcieri, Giovanni e Niccolò erano tutti saldamente legati alla fazione guelfa di Romagna. L'assedio di Faenza del 1240-41, nel corso del quale Fulcieri cadde in mano alle truppe di Federico II, dovette indurli a schierarsi apertamente dalla parte della Chiesa contro l'Impero. Infatti, il 28 genn. 1244 Innocenzo IV rilasciò al C. ed ai fratelli una bolla con la quale riconosceva loro il possesso dei loro beni, dichiarando nulle le sentenze, le pene e le confische emanate da Federico II.
Il C. stesso fu podestà di Faenza nel 1250, di Parma nel 1253, di Cesena nel 1255 e di Ravenna dieci anni dopo. Particolare importanza ebbe la podesteria parmense, durante la quale dispiegò attitudini di valoroso capitano, riconquistando, con gli aiuti del legato pontificio Gregorio da Montelongo, il castello di Medesano. Fu ancora capitano del popolo a Modena nel 1282 e podestà di Faenza nel 1292.
Ma soprattutto ebbe una parte di rilievo nelle lotte interne del Comune di Forlì, dove la sua famiglia lottava con gli Orgogliosi e gli Ordelaffi per il predominio della città. Nel 1277 partecipò a una congiura contro Guido da Montefeltro capitano del popolo e signore effettivo di Forlì. Scoperti, i congiurati dovettero riparare a Firenze. Messo insieme un migliaio di cavalieri al comando di Guido Salvatico conte di Dovadola e di Baschiera della Tosa, il C. e Lizio da Valbona occuparono i distretti montani del Forlivese con Civitella, Pianetto, Valdappio, Val Capra, Montevecchio e altre castella. Ma il 14 nov. 1277 furono sconfitti a Civitella da Guido da Montefeltro, che nella primavera seguente pose l'assedio al castello di Calboli difeso dal C. e dai suoi fratelli Fulcieri, Francesco e Guido. Dopo ostinata difesa si arresero il 1º giugno; il castello fu raso al suolo.
La venuta in Romagna di Bertoldo Orsini nipote di Niccolò III, che da Rodolfo d'Asburgo aveva ottenuto la cessione dei diritti imperiali sulla Romagna, dovette agevolare il ritorno in patria del C. e dei fratelli: figura infatti a Faenza quale teste in un atto rogato il 29 genn. 1279 col quale i capi delle opposte fazioni promettevano a Guglielino Durand di osservare la pace bandita pochi giorni prima a Imola. Dopo la cacciata di Guido da ntefeltro e dei ghibellini e il ritorno di Forlì all'obbedienza della Chiesa (1283) vediamo il C. di nuovo immischiato nelle vicende interne del Comune forlivese: il 24 marzo 1285, giorno di Pasqua, prese parte all'uccisione di Aldobrandino degli Orgogliosi. Il 27 genn. 1291, insieme con Malatesta da Verucchio, Maghinardo da Susinana e Alberico Manfredi, fu tra i fideiussori di un accordo a tacitazione dei danni subiti da Stefano Colonna, conte di Romagna, concluso a Forlì. L'anno seguente fu uno dei promotori della cacciata degli Orgogliosi. Ma il 24 ag. 1294 Calbolesi ed Ordelaffi vennero alle armi con la conseguenza che i Calboli furono banditi dalla città. Il 21giugno dell'anno successivo Galasso da Montefeltro e Maghinardo da Susinana, con l'aiuto di milizie cesenati, forlivesi e faentine posero l'assedio a Castel Nuovo tenuto dai Calbolesi. Poco dopo, il 15 luglio, il C. con altri della sua famiglia rientrò in Forlì, uccidendo quanti s'opponevano, tra questi due Ordelaffi e Giovanni degli Orgogliosi. Alla notizia quelli che assediavano Castel Nuovo ritornarono precipitosamente e affrontarono i nemici con estrema decisione. Nel combattimento il C. cadde, insieme con suo fratello Giovanni e molti altri. E forse anche per questa sua eroica fine Dante lo esaltò con i versi famosi: "Questi è Rinier, questi è il pregio e l'onore la casa da Calboli…" (Purg., XIV, 88-89).
Già il 29 marzo 1290 a Rocca San Casciano, il C. aveva fatto testamento, lasciando "totam partem suam de Calbulo" alla moglie Imilia, che a quanto sembra era sorella di Malatesta da Verucchio (il dantesco "mastin vecchio": Inf. XXVII, 46). Rimasto vedovo, si era risposato a quanto pare con una Adelasia, non sappiamo di quale famiglia. Aveva un figlio di nome Nicoluccio.
Fonti e Bibl.: Ravenna, Bibl. Classense, Regesti Bernicoli, perg. del 3 marzo 1255 e docc. in data 6 marzo e 27 nov. 1265; Faenza, Bibl. comunale, perg. del 29 genn. 1279; Annales Caesenates, in L. A. Muratori. Rer. Italic. Scritt., XIV, Mediolani 1729, coll.1109-1114; Statuta Faventiae, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXVIII, s, a cura di G. Rossini, pp. 256, 265; Petri Cantinelli Chronicon, ibid., XXVIII, 2, a cura di F. Torraca, pp. VII, 25, 27, 67, 68, 181; Annales Forolivienses, ibid., XXII, 2, a cura di G. Mazzatinti, pp. 29, 31, 32, 46, 48, 54; Chronicon Parmense, ibid., IX, 9, a cura di G. Bonazzi, p. 20; L. Tonini, Rimini nel sec. XIII, III, Rimini 1862, pp. 145 s., 645; L. Cobelli, Cronache forlivesi, Bologna 1872, p. XXIV; G. Biagi, Le novelle antiche dei codici Panciatichiano-Palatino 138 e Laurenziano-Gaddiano 198…, Firenze 1880, p. 223; L. A. Astolfi, Una perggmena del 1280contenente un codicillo al testamento di R. da C., Roma 1901; F. Torraca, Studidanteschi, Napoli 1912, pp. 90-92; G. Zaccagni, Personaggi danteschi, in Giornale dantesco, XXV(1923), pp. 117 s.; E. P. Vicini, I podestà di Modena, I, Roma 1913, p. 214; G. Pecci, La casa da Calboli, Roma 1934, pp. 13-39; A. Vasina, I Romagnoli fra autonomie cittadine e accentramento papale nell'età di Dante, Firenze 1964, ad Indicem; J.Larner, The lords of Romagna, London 1965, ad Indicem; Enc. dantesca, I, p. 760.