Ranuccio Bianchi Bandinelli
Muovendo da Benedetto Croce, Ranuccio Bianchi Bandinelli ha segnato un profondo rinnovamento negli studi sull’arte classica, superando la fase filologica e archeologica con una valutazione storico-estetica, ma legata all’ambiente sociale ed economico, dell’opera d’arte e dell’artista. La sua personalità emerge per il carattere di adesione, mai sconfessata, a una humanitas da lui sempre coltivata. Attraverso la politica, egli cercò di equilibrare la sua vita di studioso e quella di cittadino. Ma i valori che egli volle proporre a sé e all’intera società italiana si andavano sempre più logorando. La sua operazione culturale rimase per questo circoscritta a una minoranza che si identificava nei caratteri positivi della civiltà italiana.
Ranuccio Bianchi Bandinelli nacque a Siena il 19 febbraio 1900 da Mario dei conti Paparoni, di antica famiglia nobiliare, e da Margarete Ottilia von Korn Rudelsdorf di famiglia slesiana. La madre morì nel 1905 e il bambino fu educato privatamente secondo le rigide indicazioni della nonna materna. Dal 1915 frequentò il liceo classico a Siena e, giovanissimo, conobbe Karl Julius Beloch (1854-1929), internato nel 1917, a causa della guerra, nella stessa città. Ebbe consuetudine con Fausto Nicolini, allora direttore dell’Archivio di Stato. Chiamato alle armi nel 1917, frequentò l’Accademia a Torino.
Iscrittosi alla facoltà di Lettere dell’Università di Roma, si orientò verso gli studi di antichità laureandosi nel 1923, relatore Giulio Quirino Giglioli, con una tesi su Chiusi e il suo territorio. Insegnò nel liceo senese, senza trascurare gli interessi archeologici. Nel 1926 partecipò al Convegno etrusco, in quanto particolarmente interessato ai problemi dell’arte etrusca (soprattutto a seguito delle scoperte fatte a Veio un decennio prima).
Professore incaricato nella Università di Cagliari nel 1929-30, insegnò a Groninga, nei Paesi Bassi, nel 1930-31. Nel 1930, ottenuta la libera docenza, frequentò l’Università di Berlino. Nel 1932, a seguito di concorso, fu professore ordinario a Pisa e poi a Firenze (dal 1939). Dimissionario durante la Repubblica di Salò, fu preso come ostaggio dopo l’uccisione di Giovanni Gentile. Chiese e ottenne di iscriversi al Partito comunista italiano nel 1944. Reintegrato nell’Università di Firenze (novembre 1944), esordì con una prolusione dal titolo: A che serve la storia dell’arte antica?, nella quale s’interrogava e discuteva sulla validità degli studi archeologici nel tragico momento attraversato dall’Italia e dall’Europa (pubblicata poi in Archeologia e cultura, 1961, pp. 98-114).
Nel 1945 fu nominato direttore generale alle Antichità e Belle Arti, fiducioso di poter operare in concreto per rinnovare il settore dei beni culturali e avviare una riforma delle strutture di tutela. Da tale carica si dimise nel 1947 per divergenze nella conduzione politica italiana.
Tornato nell’università, insegnò a Cagliari sino al 1950, poi a Firenze sino al 1957, infine a Roma sino al 1964: fu dimissionario nello stesso anno con un anticipo decennale. Dal 1955 diresse l’Enciclopedia dell’arte antica classica e orientale, opera conclusa nel 1966. Gli anni successivi furono dedicati sia all’attività scientifica sia a quella politica. Morì a Roma il 17 gennaio 1975.
L’attività scientifica di Bianchi Bandinelli si rivolse dapprima alla topografia dell’Etruria (con monografie su Chiusi, Clusium. Ricerche archeologiche e topografiche su Chiusi e il suo territorio in età etrusca, «Monumenti antichi dei Lincei», 1925, 30, cc. 205-578, e su Sovana, Sovana. Topografia e arte. Contributo alla conoscenza della architettura etrusca, 1929), successivamente ai problemi dell’originalità dell’arte etrusca e romana, per passare all’interpretazione dell’arte greca durante gli anni Trenta.
Nel 1935 fondò il periodico «La critica d’arte» e alla fine degli anni Trenta affrontò il tema dell’interpretazione storicistica della cultura formale del mondo antico con una serie di saggi che confluirono in Storicità dell’arte classica del 1943, primo esempio di critica crociana applicata all’arte del mondo antico. I limiti di questa critica furono, peraltro, avvertiti da Bianchi Bandinelli già all’inizio del 1943 (prefazione a Quattro opuscoli morali di Luciano di Samosata, 1943) e si accentuarono negli anni successivi sino all’inizio degli anni Cinquanta (Organicità e astrazione, 1956).
Tra il 1950 e il 1955 affrontò temi nuovi: lo studio delle miniature della Iliade ambrosiana lo portò a considerare la durata della tradizione classica attraverso il mondo tardoantico e medievale e le possibilità di sopravvivenza di una civiltà artistica attraverso il tempo. Gli studi sull’origine del ritratto romano, quelli sui sarcofagi del 3° sec. d.C., sulla crisi del 3° sec., sulla validità stessa del mondo classico (editi in Archeologia e cultura, 1961) hanno aperto nuove prospettive alla critica formale del mondo di oggi. Con l’Enciclopedia dell’arte antica classica e orientale Bianchi Bandinelli volle riassumere i dati di una scienza che ormai era entrata in crisi e che egli vedeva come difesa alle spinte irrazionalistiche che iniziavano ad affacciarsi nella civiltà europea.
Attraverso le riviste «Società» (che fondò nel 1945 con Cesare Luporini e Romano Bilenchi e diresse sino al 1952) e poi «Dialoghi di archeologia» (diretta dal 1967) voleva si dibattessero tutti i problemi della ricerca storica e contemporaneamente si effettuasse un tentativo di difesa appassionata dei valori del patrimonio culturale italiano, già compromesso dalla guerra. Dal 1957 al 1970 diresse l’Istituto Gramsci.
Le posizioni già incrinate nel quadro generale della cultura europea lo portarono, negli ultimi anni, a privilegiare la ricerca storica più di quella storico-artistica che egli vedeva ormai irrimediabilmente superata. Da queste constatazioni derivarono l’amarezza e la sfiducia nella sua stessa opera. Gli furono risparmiati la pienezza della contestazione e il crollo degli ideali per i quali aveva voluto e saputo lottare.
Tra le sue opere più significative, si vedano:
Storicità dell’arte classica, Firenze 1943, Bari 19733.
Dal diario di un borghese e altri scritti, Milano 1948; nuova ed. con i diari inediti 1961-1974, a cura di M. Barbanera, Roma 1996.
Hellenistic-byzantine miniatures of the Iliad (Ilias Ambrosiana), Olten 1955.
Organicità e astrazione, Milano 1956.
Enciclopedia dell’arte antica classica orientale, Istituto della Enciclopedia Italiana, Direttore R. Bianchi Bandinelli, 7 voll., Roma 1958-1966.
Archeologia e cultura, Milano-Napoli 1961.
Roma. L’arte romana nel centro del potere, Milano 1969.
Roma. La fine dell’arte antica, Milano 1970.
R. Bianchi Bandinelli, A. Giuliano, Etruschi e Italici prima del dominio di Roma, Milano 1973.
L’arte dell’antichità classica, 2 voll. (R. Bianchi Bandinelli, M.Torelli, Etruria e Roma; R. Bianchi Bandinelli, E. Paribeni, Grecia), Torino 1976.
Dall’ellenismo al Medioevo, a cura di L. Franchi Dell’Orto, Roma 1978.
A. Giuliano, Ranuccio Bianchi Bandinelli, «Gnomon», 1976, 48, pp. 315-17.
I. Baldassarre, Bianchi Bandinelli Ranuccio, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 34° vol., Roma 1988, ad vocem.
M. Barbanera, Ranuccio Bianchi Bandinelli. Biografia ed epistolario di un grande archeologo, Milano 2003.
S. Bruni, Ranuccio Bianchi Bandinelli, in Dizionario biografico dei direttori generali. Direzione generale Accademie e biblioteche. Direzione generale Antichità e belle arti (1904-1974), Bologna 2011, pp. 37 e segg. (con bibl. prec.).
Sulla sua figura di intellettuale di sinistra, si vedano:
N. Ajello, Intellettuali e PCI: 1944-1958, Bari 1979, ad indicem.
P. Alatri, Cultura e politica. Intellettuali e società di massa in Italia: l’area comunista, 1945-1975, «Incontri meridionali», 1980, 2-3, pp. 7 e segg.