RATISBONA
(lat. Castra Regina; ted. Regensburg; Ratispona, Radaspona, Radasbona nei docc. medievali)
Città della Germania meridionale, in Baviera, capoluogo dell'Oberpfalz, situata lungo l'alto corso del Danubio, in prossimità dell'immissione di tre affluenti: Schwarze Laaber, Naab e Regen.Nonostante l'area fosse insediata senza soluzione di continuità sin dal Paleolitico, fu solo con il costituirsi della provincia Rezia e con il consolidamento del limes danubiano che, in epoca protoflavia, in una posizione dominante sul Königsberg a Kumpfmühl, sorse un castello ausiliario per una coorte con accanto, in prossimità della sponda, un vicus. Sotto Marco Aurelio (161-180), sulla sponda meridionale del Danubio, di fronte al punto di immissione del fiume Regen, venne fondato un accampamento (Castra Regina) per la legio III Italica. Contemporaneamente sorse a Grossprüfening un piccolo castello di fronte al punto di immissione del Naab, mentre a O dell'accampamento della legione si sviluppò un grande insediamento di civili (dal nome Reginum) che non raggiunse tuttavia giuridicamente il rango di città.Determinante per il successivo sviluppo urbanistico fu la cinta del campo legionario in possenti conci di pietra, oggi ancora in parte visibile, in origine alta m 8 e spessa m 2, con una lunghezza di m 540450, quattro torri angolari, diciotto torri intermedie e quattro porte che racchiudono un'area di ha 24,6. La Porta Praetoria a N, la più importante architettura romana conservata in Baviera, fu chiamata, a partire dal 932, porta Aquarum, mentre la porta Decumana a S divenne Weih-St.-Peters-Tor, la porta Principalis dextra a E divenne lo Schwarze Burgtor. Delle strade principali del campo legionario si distinguono in modo chiarissimo nell'insieme della città il corso della via Principalis a O (od. Gesandtenstrasse) e quello della via Decumana a S (od. Fröhliche-Türken-Strasse). Per quanto riguarda la topografia relativamente sconosciuta degli edifici all'interno, gli scavi effettuati a N-E (Schwarz, 1972-1973) e a S-E (Fischer, Rieckhoff-Pauli, 1982) hanno individuato gli alloggi militari; la discussa ipotesi di una continuità costruttivo-topografica e funzionale tra il comando romano (principia) al centro del campo legionario, il palazzo altomedievale e, a partire dal sec. 13°, l'isolato del Latron (Lateran) necessita di ulteriori conferme (Strobel, Sydow, 1964).Come capoluogo amministrativo fortificato della Rezia, R. ebbe un ruolo chiave nella complessa etnogenesi della popolazione mista romano-germanica dei Bavari (v.), citata per la prima volta nelle fonti scritte alla metà del sec. 6°; dal punto di vista archeologico gettano luce su questa fase un ritrovamento di ceramiche del tipo Friedenhain-Prestovice (sec. 4°-6°) e il concentrarsi nell'area circostante di sepolture a fila bavare.R. divenne, già nel sec. 6°, residenza dei duchi bavari della stirpe degli Agilolfingi; il loro palazzo, la cui esistenza non è stata confermata né dal punto di vista archeologico né da quello documentario, doveva trovarsi nell'angolo nordorientale del campo legionario, tra Niedermünster e la porta orientale della città. La metropolis della Baviera agilolfingia nella affascinante continuità dell'antica cerchia muraria viene descritta, intorno al 765, dal vescovo Arbeo di Frisinga (m. nel 783) nella Vita sancti Emmerami, come "Radaspona inexpugnabilis, quadris aedificata lapidibus, turrium exaltata magnitudine, puteis abundans".Il cristianesimo è attestato con sicurezza già per l'epoca tardoantica (pietra tombale della Sarmannina, del sec. 5°-6°; Ratisbona, Mus. der Stadt); tuttavia soltanto con l'organizzazione ecclesiastica della Baviera a opera di Bonifacio nel 739 R. - dopo una serie di vescovi itineranti presso le corti ducali, come Emmerano (m. nel 685) ed Erardo (m. dopo il 700) - divenne diocesi canonica. Risalgono già all'epoca degli Agilolfingi i primi grandi edifici ecclesiastici: Niedermünster, St. Emmeram e la cattedrale.La prima chiesa di Niedermünster sorse intorno al 700, a N-E del campo legionario (Niedermünster I): si trattava di un edificio ad aula con coro rettangolare incassato, con funzioni di cappella palatina degli Agilolfingi, con la sepoltura di s. Erardo sulla parete nord, il punto fermo che determinò anche tutte le costruzioni successive (Schwarz, 1972-1973). All'inizio del sec. 9° seguirono una chiesa ad aula carolingia (Niedermünster II) collegata a una fondazione femminile - attestata soltanto a partire dall'889-891 - e, nel 950, come fondazione e luogo di sepoltura del duca di Baviera Enrico I (m. nel 955) e della consorte Giuditta (m. nel 987), una basilica a pilastri ottoniana con transetto orientale e tre absidi (Niedermünster III). L'elevazione delle reliquie di s. Erardo nel 1052 in seguito alla canonizzazione effettuata personalmente da papa Leone IX fu determinante anche per l'ultima ricostruzione, avvenuta a partire dal 1146 (Niedermünster IV). Intorno all'area orientale della fondazione si dispose, lungo il muro romano settentrionale, una corona di cappelle: nel sec. 10° St. Martin e la Erhardikapelle a tre navate, quindi St. Georg und Afra (dopo il 1152) e la parrocchiale di St. Peter und Paul, della prima età gotica.Nel corso del sec. 8°, davanti al tratto sudorientale delle mura della città, si sviluppò, intorno alla tomba di s. Emmerano, l'abbazia benedettina omonima, che nell'Alto e nel pieno Medioevo divenne il più eminente centro di scrittura e di vita spirituale della Germania meridionale, retta fino al 975 dai vescovi di R., che assumevano anche la carica di abati, e, fino al sec. 12°, luogo della loro sepoltura. Nucleo originario della chiesa monastica, il più significativo edificio ecclesiastico precarolingio e preromanico nella Germania meridionale, fu il sepolcro del santo, eretto dal vescovo Garibaldo (739-761), dopo una traslazione dalla chiesa funeraria, che si deve ritenere situata al di sotto dell'attuale coro laterale meridionale. Risale al più tardi alla ricostruzione iniziata nel 783 dal vescovo Simperto (768-791; Arnold di St. Emmeram, De miraculis beati Emmerami; PL, CXLI, col. 1043), già probabilmente nelle forme di una basilica a pilastri a tre navate con tre absidi (St. Emmeram I), la cripta anulare - sicuramente testimoniata nel 791 - realizzata all'esterno, intorno all'abside centrale, con copertura a botte, e una confessio al vertice interno. L'indipendenza del monastero concessa dal vescovo Volfango (972-994), il quale vi insediò come primo abate Ramuoldo (975-1001), proveniente dal monastero di St. Maximin a Treviri, che aveva adottato la riforma di Gorze, diede il via a una nuova attività architettonica: secondo il modello di Treviri non soltanto si realizzò una cripta esterna, consacrata nel 980, in origine a due piani, la c.d. Ramwoldkrypta, posta a E, al di là dell'abside, collegata alla cripta carolingia tramite un passaggio a due piani, ma recentemente è stata ipotizzata, almeno per le parti orientali, un'estesa ricostruzione nelle forme di basilica a pilastri con conclusione triabsidata (St. Emmeram II; Zink, 1989). L'abate Reginward (1048-1060) ampliò la basilica (St. Emmeram III) con un possente corpo occidentale con transetto e coro al di sopra della Hallenkrypta a cinque navate, la c.d. Wolfgangskrypta, che nel 1052, in occasione della traslazione del vescovo Volfango, venne consacrata da papa Leone IX. La consacrazione a s. Dionigi del nuovo coro occidentale si dovette alla pretesa - a partire dalla metà del sec. 11° - da parte del monastero di St. Emmeram di essere giunto in possesso delle reliquie del santo protettore di Parigi, pretesa fondata sull'agiografia e sulla falsificazione dei documenti, e che aveva lo scopo di dare rilievo alla richiesta di esenzione presentata dal monastero. Alla coeva progettazione di due torri a lato del coro occidentale rimanda il tronco di torre settentrionale, con la Magdalenenkapelle. Al nuovo corpo occidentale e all'edificio di Ramuoldo sopraelevato e modificato ugualmente da Reginward si aggiunge, lungo il lato nord, il monumentale doppio portale, tramite il quale si accede all'edificio. Il successore di Reginward, l'abate Everardo (1060-1068), restaurò l'edificio dopo un incendio scoppiato nel 1062 e fornì una copertura a volta per i due cori laterali (St. Emmeram IV). Dopo un devastante incendio verificatosi nel 1166, ebbe luogo, quale ultimo intervento di epoca medievale alla chiesa monastica, un'estesa ricostruzione della navata a copertura piana secondo l'antica struttura, ma con una nuova articolazione della parete in forma di alte arcate cieche, secondo un sistema analogo a quello utilizzato nel duomo di Spira (St. Emmeram V). A essa si aggiunse negli anni successivi, davanti al portale a due fornici a N, la costruzione di un atrio a due navate, attualmente di due campate, ma in origine costruito, o per lo meno progettato, in sette campate, che la parrocchiale del monastero, St. Rupertus, sorta nel sec. 12° lungo la navata laterale nord, andò a integrare. La conclusione settentrionale era costituita fino al 1892 dalla Michaelskapelle, edificata nel 993 sotto l'abate Ramuoldo e rinnovata nel 1189, collegata a una Torhalle, al cui posto, a partire dal 1250 ca., venne inserito un portale-facciata protogotico.Subito dopo il costituirsi della diocesi nel 739, i duchi agilolfingi dovettero concedere ai vescovi uno stretto terreno lungo le mura romane settentrionali, presso Porta Praetoria, cioè nelle immediate vicinanze del loro palazzo. Dopo esordi confusi fa chiaramente la sua apparizione la chiesa cattedrale carolingia di St. Peter - forse iniziata ancora all'epoca dell'ultimo degli Agilolfingi, Tassilone III (m. nel 794 ca.), e citata nelle fonti dal tardo sec. 8° -, che sicuramente costituiva la risposta al St. Emmeram I. La facciata di questa basilica a tre navate era orientata verso l'antica strada del campo legionario che conduceva verso Porta Praetoria. La citazione dei canonici nell'840-846 fa supporre l'esistenza di un nucleo dell'attuale doppio chiostro, situato a N tra la cattedrale e il muro romano. L'ampliamento dell'edificio all'inizio del sec. 11° tramite un transetto occidentale con coro e due torri - quella settentrionale è conservata nella c.d. torre dell'Asino - si rispecchia nel corpo occidentale di St. Emmeram III, che nel segno di una forte contrapposizione ai vescovi, a causa dell'indipendenza di recente acquisita, rivaleggiava coscientemente con la cattedrale. Contemporaneamente, la cappella battesimale vescovile dedicata a s. Giovanni Battista - a partire dal 1127 trasformata in una fondazione di Canonici regolari -, posta trasversalmente rispetto alla cattedrale, e l'atrio a essa collegato dovevano aver dato forma all'intero complesso della chiesa, forma che si mantenne sostanzialmente fino alla ricostruzione gotica. Nel sec. 12° subì infine dei restauri il chiostro della cattedrale, al quale, a partire dal 1410, vennero date forme gotiche; a esso si aggiunsero, a N, direttamente appoggiata al muro romano, intorno al 1070-1080, la Stephanskapelle, come cappella privata del vescovo, e, a E del tratto mediano, il piccolo edificio a pianta centrale della Allerheiligenkapelle, come chiesa sepolcrale del vescovo Artwico II (1155-1164), il quale, per primo, ruppe la tradizione che voleva i vescovi sepolti a St. Emmeram.Dopo la deposizione degli Agilolfingi a opera di Carlo Magno nel 788, R. divenne una delle residenze preferite dei Franchi. Carlo, il quale aveva tenuto a R. quattro diete imperiali e nel 792 aveva fatto disporre un ponte di barche attraverso il Danubio (Annales veteres), si appropriò anche del palazzo degli Agilolfingi. Soltanto il nipote di Carlo, Ludovico II il Germanico (826-876), intorno all'850 reagì alla crescente richiesta di autonomia della sua parte dell'impero dei Franchi orientali con la costruzione di un nuovo palazzo posto intorno alla zona dell'Alter Kornmarkt; dalla cappella palatina di questo palazzo deriva la Alte Kapelle. Secondo il racconto di Notkero Balbulo (m. nel 912; Gesta Karoli Magni) vennero riutilizzate come elementi di spoglio le mura romane. Come parrocchiale per i ministeriali del palazzo sorse nei pressi la chiesa di St. Kassian, citata per la prima volta nell'885. Tuttavia già l'imperatore Arnolfo di Carinzia (887-899), sotto il quale la presenza carolingia a R. raggiunse il culmine, aveva eretto prima dell'891, al di fuori delle mura presso St. Emmeram (in vicinitate monasterii), un nuovo palazzo, che, secondo Arnold di St. Emmeram (m. nel 1050; De miraculis beati Emmerami; MGH. SS, IV, 1841, p. 551), era stato motivato dalla sua particolare venerazione nei confronti del santo patrono del monastero. Discussa è l'ubicazione di tale palazzo monastico (Piendl, 1962; Strobel, 1976b), che venne distrutto nel 1251 dopo l'attentato a Corrado IV, figlio dell'imperatore Federico II.Sono databili con certezza all'epoca carolingia anche gli esordi delle due fondazioni femminili, che la propria tradizione fa risalire a epoca agilolfingia: Niedermünster all'angolo N-E e Obermünster a quello S-O del campo legionario romano. Esse sono strettamente legate l'una all'altra non soltanto per questo singolare rapporto topografico, ma anche per la loro struttura e per la loro storia architettonica. L'insediamento delle canonichesse - testimoniato soltanto nell'889-891 - nell'antica cappella palatina di Niedermünster, che avvenne presumibilmente all'inizio del sec. 9°, ebbe un riflesso nella ricostruzione carolingia e nell'impianto di un edificio monastico, in parte scavato nel 1988, che giungeva fino al muro romano. Obermünster, sorta anch'essa probabilmente all'inizio del sec. 9° come corrispondente femminile del vicino monastero di St. Emmeram, passò nell'833 a Ludovico II il Germanico, la cui sposa Emma (m. nel 876) vi istituì una fondazione canonicale. Contro il rifiuto di riforma delle due fondazioni di nobili femminili si rivolse in seguito la decisione del vescovo Volfango, che nel 983, nelle immediate vicinanze di Obermünster, fondò il monastero benedettino femminile di Mittelmünster-St. Paul.Con il duca Arnolfo I di Baviera (907-938), che lottò per assicurarsi l'eredità carolingia in Baviera, ebbe inizio a R. l'epoca, che durò fino al sec. 13°, in cui il potere fu suddiviso tra impero e ducato di Baviera; soltanto tardi, nella prima metà del sec. 13°, fecero la loro comparsa, come pericolosi concorrenti nella lotta per il potere, anche i vescovi. Intorno al 920 il duca Arnolfo compì un passo importante, dotando il sobborgo dei mercanti, la nova urbs, posto a O, di fronte alle mura, di una fortificazione che probabilmente giungeva a N fino al Danubio e che comprendeva a S il St. Emmeram (Arnold di St. Emmeram, De miraculis beati Emmerami; MGH. SS, IV, 1841, p. 552) e il cui ingresso occidentale era costituito dal Ruozanburgtor. Individuato archeologicamente solo in modo parziale, questo primo ampliamento, che almeno raddoppiò l'area della città, è tra i primi testimoniati a N delle Alpi.Nonostante la contrapposizione con i duchi, anche in epoca successiva gli imperatori tedeschi, dagli Ottoni a Federico I Barbarossa, non sostarono in alcuna città della Germania meridionale con la stessa frequenza che a R., dove regolavano tutte le questioni concernenti la politica dell'area orientale nel corso di diete imperiali. Sotto Enrico II (1002-1024), che univa nella propria persona sia l'impero sia il ducato di Baviera, R. conobbe una nuova e accresciuta importanza nel processo di consolidamento di un'amministrazione centrale. Il risultato più evidente degli sforzi fatti in questo senso da Enrico II è nel fatto che egli intensificò una prassi, risalente all'epoca tardocarolingia, che consisteva nell'affidare sedi nelle immediate vicinanze del palazzo a quei vescovi e a quei monasteri che erano obbligati a recarsi a corte. Residenze di tal genere sono testimoniate, oltre che a R., soltanto a Pavia e ad Aquisgrana oppure nelle capitali medievali di epoca successiva, quali Parigi e Londra.Ampliate, soprattutto tra i secc. 11° e 13°, come residenze di rappresentanza, sette corti vescovili (Salisburgo, Bressanone, Frisinga, Augusta, Bamberga, Eichstätt, Passau) e diciotto corti monastiche si trovavano infine riunite in un loro quartiere intorno al palazzo del Latron (Lateran) al centro di Ratisbona. Lo straordinario interesse di Enrico nei confronti di R. è testimoniato anche dal fatto che egli innalzò la Alte Kapelle e il Niedermünster a fondazioni imperiali. Si devono all'attività architettonica da lui promossa sia la basilica a pilastri a tre navate della Alte Kapelle, il cui coro fu rinnovato in forme tardogotiche a partire dal 1441, sia quella di Obermünster, in buona misura distrutta nel 1945, che considerava Enrico II come suo secondo fondatore. Per tutto il sec. 11° il potere dominante a R. fu quello imperiale, a fianco del quale la città restò anche nel corso delle lotte per le investiture.Oltre che alla sua posizione geografica sul Danubio e al suo carattere di capitale, R. deve la propria crescente importanza nel corso dell'Alto e del pieno Medioevo al commercio a lunga distanza da parte della classe mercantile cittadina. A partire dal sec. 11°, R. fu la più importante piazza di transito del traffico commerciale con l'Italia e con l'Europa orientale e lo pfennig di R. divenne una valuta di scambio di carattere internazionale, soprattutto nell'Europa meridionale. La classe dei mercanti fu anche il tramite che determinò il velocissimo sviluppo urbano a E e a O del castrum, cioè lungo una linea parallela al corso del Danubio e alle strade di commercio su lunga distanza, ben oltre l'area dell'ampliamento arnolfiano. Nel 1080-1090 un anonimo autore di St. Emmeram (Translatio s. Dionysii Areopagitae) distinse in un'accurata descrizione topografica tra il pagus regius e il pagus cleri nella città vecchia e il pagus mercatorum nella urbs nova a O (Kraus, 1972, p. 111ss.). Intorno al 1160 la Vita Eberhardi archiepiscopi Salisburgensis indicava R. come populissima urbs, che superava per dimensioni e numero di abitanti ogni altra città tedesca. Grazie alle indagini archeologiche è stata individuata una nuova cinta urbana che si estendeva verso O, risalente presumibilmente a quest'epoca (Codreanu-Windauer, 1996, p. 26 ss.).I privilegi di Federico I Barbarossa nel 1182, di Filippo di Svevia nel 1207 e di Federico II nel 1230 e nel 1245 rappresentarono le pietre miliari sulla via del costituirsi di R. come libera città dell'impero. L'accresciuta forza politica, così come la potenza economica della nuova classe borghese ebbero il riflesso più significativo nell'ondata edilizia che interessò i palazzi patrizi di rappresentanza dei secc. 12° e 13° lungo la piazza del Mercato presso il Danubio, nella città nuova e lungo l'asse stradale O-E. Con le loro ca. quaranta torri signorili conservate che tuttora caratterizzano l'immagine urbana di R., tali edifici costituiscono un singolare insieme di architettura civile romanica e gotica.Un settore significativo della città era costituito dalla comunità giudaica, una delle più antiche in area tedesca. Al più tardi a partire dal sec. 11° esisteva già, in quella che era la parte occidentale dell'impianto romano, cioè al centro della città spostatasi a O, un ghetto, densamente abitato forse già dall'inizio del sec. 13°, circondato da un muro (od. Neupfarrplatz). Con la sua famosa scuola di Talmud esso costituiva un centro culturale del giudaismo che andava ben oltre i confini della Germania meridionale. Due acqueforti del pittore Albrecht Altdorfer (Ratisbona, Mus. der Stadt), realizzate subito prima della distruzione della sinagoga nel 1519, ne documentano l'aspetto interno di sala a due navate della prima età gotica, i cui resti, così come i precedenti romanici, sono stati scavati nel 1995.R. trovò l'espressione più significativa del proprio rango come centro di traffici commerciali nella costruzione della Steinerne Brücke, nel 1135-1146, il più antico ponte in pietra conservato della Germania. Lungo m 336 e sviluppato per sedici arcate a pieno centro, esso non soltanto collegava la città vecchia con il recente sobborgo di Stadtamhof, dove negli anni successivi al 1138 sorse una fondazione di Canonici regolari di s. Agostino, St. Mang, ma, come unico passaggio fortificato al di sopra del Danubio tra Ulma e Vienna, attraeva i flussi commerciali verso Ratisbona. Fiancheggiato su entrambi i lati da due cappelle, St. Margareta e St. Johannes, il ponte, che compare come autonoma istituzione con il proprio sigillo, fu in seguito dotato di tre torri, che ne fecero un monumento dei diritti civici di R.: la torre Nera a N, della seconda metà del sec. 12°, demolita nel 1810; la torre Mediana, del 1200 ca., abbattuta nel 1784; la torre della Porta del ponte a S, con la scultura del re Filippo di Svevia dell'inizio del sec. 13° (Ratisbona, Mus. der Stadt, Kunst- und Kulturhistorische Sammlungen) e quella dell'imperatore Federico II del 1300 ca. (Ratisbona, Mus. der Stadt, Kunst- und Kulturhistorische Sammlungen). Dal momento in cui, nel sec. 13° lo Stadtamhof divenne possedimento dei duchi di Baviera, i Wittelsbach, il ponte costituì anche una frontiera.I movimenti di riforma monastici, così come la prosperità economica, condussero nel sec. 12° a una nuova ondata di costruzioni monastiche all'esterno delle mura e nei sobborghi. La prima fondazione benedettina della riforma di Hirsau a R. fu il monastero di Prüfening (v.), fondato nel 1109 da Ottone I, vescovo di Bamberga (1102-1139) a O della città nei possedimenti di St. Emmeram, sulla strada per Norimberga, come monastero privato dei vescovi di Bamberga. Sotto il segno della riforma di Hirsau si ebbero, con il vescovo Artwico I (1105-1125), la ricostruzione e, allo stesso tempo, un nuovo insediamento del monastero benedettino di Prüll, distrutto nel corso delle lotte per le investiture e nel 1483 passato alla Certosa. Il monastero privato vescovile, posto su un'antica area appartenente al palazzo carolingio, la Brühl, dalla quale prende il nome, venne fondato già tra il 997 e il 1003, quasi in sostituzione del monastero di St. Emmeram, dal 975 sottratto ai vescovi. Per lo meno a partire dal sec. 12° il monastero mantenne sulla strada verso Augusta un ospizio e un ospedale.Nello Schottenkloster di St. Jakob ci si trova invece di fronte a una nuova fondazione posta all'interno della città di impronta propriamente benedettina, nella fattispecie benedettino-irlandese. Secondo una tradizione locale, una prima comunità di tali monaci raggruppata intorno al beato Mariano Scoto, ricevuto nel corso di un viaggio verso Roma l'ordine divino di fermarsi a R., si era insediata, all'incirca tra il 1070 e il 1080, nella chiesa di Weih-St.Peter, davanti alla porta meridionale della città. Con l'appoggio determinante della cittadinanza, il monastero, che cresceva velocemente, si trasferì intorno al 1090 in un terreno antistante il Ruozanburgtor nel sobborgo occidentale, densamente abitato ma privo di chiese. Una prima basilica a tre navate con tre absidi e torri orientali (St. Jakob I), consacrata nel 1111 oppure nel 1120, fu sostituita, sotto l'abate Gregorio I (1156-1193), da un edificio in pietra squadrata di grande qualità che riprese le torri orientali e lo schema basilicale nell'edificio prolungato, ma fu arricchito da un transetto occidentale con tribune (St. Jakob II). Sul lato della città erano rivolti la parrocchiale di St. Nikolaus (distrutta nel 1560), a esso appartenente, e soprattutto il portale nord, articolato come un arco trionfale e ricco di sculture. Dal St. Jakob di R., che divenne abbazia-madre di tutti gli Schottenklöster in area tedesca, partì ancora nel sec. 12° un impulso che vide diffondersi fondazioni benedettino-irlandesi fino a Costanza e a Kiev.Anche due dei nuovi ordini cavallereschi presero velocemente piede a R., che costituiva uno dei punti più importanti di partenza dei crociati. Al centro del sobborgo occidentale si trova la commenda di St. Leonhard, testimoniata nelle fonti scritte soltanto nel 1264, dell'Ordine dei Giovanniti, che deve tuttavia le proprie forme architettoniche - una Hallenkirche a tre navate - alla metà del 12° secolo. All'appena fondato Ordine dei Cavalieri Teutonici, il duca di Baviera Ludovico I (m. nel 1231) fece dono nel 1210 della già esistente Aegidienkirche, consacrata nel 1152 - che ricevette tra i secc. 13° e 14° forme gotiche -, insieme agli edifici a essa appartenenti, nei quali l'Ordine eresse la sua prima commenda in Baviera.Accanto a questi, esisteva già in epoca romanica una grande quantità di edifici sacri minori, in parte pubblici, in parte cappelle private, nelle residenze cittadine. Così gli Annales Ratisponenses già nel 1176 potevano elencare trentatré cappelle andate distrutte da un incendio, senza contare i complessi monastici.La veloce urbanizzazione e la crescita politica della borghesia favorirono nel sec. 13° una rapida diffusione dei recenti Ordini mendicanti, i quali si insediarono nei sobborghi più densamente popolati. Ai Francescani, giunti nel 1221, il vescovo Corrado IV (1204-1226) concesse nel 1226, dopo un interim nella cappella di St. Margareta, la Salvatorkapelle, direttamente a E della città vecchia, nel sobborgo orientale. Grazie a cospicue donazioni, a partire dal 1260 ca. sorse la chiesa di St. Salvator, una basilica a pilastri di grandi dimensioni e di proporzioni slanciate, il cui coro fu rinnovato nel sec. 14°, nella quale, già nel 1272, poté essere sepolto il predicatore Bertoldo da Ratisbona. Di fronte ai Frati Minori, direttamente presso la porta orientale della città vecchia, si costituì, a partire dal 1233, un convento di Clarisse, St. Klara, al quale la città concesse, nel 1329, il permesso di abbattere l'antico muro romano per costruire i suoi edifici. All'estremità opposta della città, a O, il vescovo Siegfried (1227-1246) fondò il convento domenicano di St. Blasius, la cui chiesa, sorta tra il 1240 e il 1300 ca. in pure forme gotiche, è, insieme a quella dei Frati Minori, una delle maggiori chiese conventuali mendicanti della Germania meridionale. Anche in questo caso sorse nelle vicinanze un convento di monache, finché nel 1233 fu concesso alle Domenicane un terreno un po' più a O per la loro chiesa, Heilig Kreuz, eretta nel 1237-1244. Tarda e situata in una posizione insolita, cioè al centro, accanto al ghetto, è la fondazione degli Eremiti di s. Agostino, ai quali la città concesse, nel 1267, una cappella dedicata al Salvatore; i lavori dovettero essere conclusi alla data del 1290, in occasione del primo Capitolo generale in territorio tedesco.Testimonianza della sfida sociale e dell'emancipazione politica della borghesia sono oltre a ciò i ca. ventisei ospizi e fondazioni private. L'importante ospedale intitolato a s. Caterina sorse quando il vescovo Corrado IV nel 1217-1224 spostò l'antico ospedale del duomo con la collaborazione paritetica di una confraternita cittadina sulla sponda settentrionale del Danubio, presso la Steinerne Brücke; l'ospedale del ponte, con la Spitalkirche St. Katharina a pianta esagona (1226) al suo centro, doveva anche servire come avamposto territoriale contro i Wittelsbach. Tra i più importanti enti assistenziali si annoverano l'ospedale nuovo di St. Oswald, all'angolo S-O della cinta muraria arnolfiana, e la confraternita presso St. Emmeram, ampliatasi nel corso del 15° secolo.Dopo il 1245, la costruzione del Rathaus e quella della cinta muraria comprendente anche i sobborghi costituirono il segno evidente della libertà della città. Proprio al centro della città e del quartiere del mercato, al punto di incontro tra la città vecchia e la parte orientale della città nuova, sul luogo di un mercatum citato nel 934 (Widemann, 1912) e della Ahakirche, sorse successivamente nei secc. 14° e 15° un complesso di diversi edifici che si aggiunse all'impianto a più ali del Rathaus. Negli anni intorno al 1300 una nuova cinta muraria racchiuse, in un ultimo ampliamento della città, prima il sobborgo occidentale (Prebrunntor: 1284; Jakobstor: 1301), infine, fino al 1340, quello orientale (Ostentor, 1300 ca.).Sotto il vescovo Leo Thundorfer (1262-1277) si ebbe la completa ricostruzione dell'ormai antiquato duomo, secondo le forme del Gotico da cattedrale di stampo francese, in particolare secondo il modello di Saint-Urbain di Troyes. Spostata verso O, corrispondentemente allo sviluppo della città, la costruzione ebbe inizio al di sopra di un ampio e alto podio a partire dalla zona orientale del coro scalare tripartito; soltanto nel 1280-1290 tuttavia, con un mutamento di progetto, aggiornato sul più moderno stile rayonnant, dovuto a un nuovo capocantiere, si costituì il modello poi seguito fino alla chiusura del cantiere nel 16° secolo. Grazie alla rapida esecuzione, intorno al 1340, con l'area del coro, il transetto e le due campate orientali del corpo longitudinale - senza la progettata e mai realizzata torre d'incrocio -, si era edificata più di metà della superficie totale del duomo attuale. All'ostacolo costituito dalla posizione trasversale della chiesa di St. Johann si ovviò con la ricostruzione della sola navata laterale sud e del piano inferiore della torre meridionale di facciata. Soltanto il consenso, a lungo differito, del Capitolo di St. Johann, alla distruzione della chiesa, che avvenne nel 1380, diede il via libera alla ricostruzione e ai complessi lavori di fondazione della torre settentrionale, fino a che, intorno al 1420, non fu concluso il piano inferiore della facciata insieme al portale principale e all'atrio. La famiglia dei Roritzer, i cui membri furono capomastri della costruzione senza interruzione dal 1417 al 1514, realizzò successivamente la parte superiore della facciata e il primo piano della torre settentrionale, fino a che l'edificio - completato soltanto nel 1859-1872 - non si fermò a causa delle agitazioni dell'epoca della Riforma.Nonostante il patrimonio architettonico di R. sia considerevole, della pittura murale si conservano solo pochi resti, soprattutto a St. Emmeram (decorazione a intreccio della fine del sec. 8°; frammento di un Giudizio universale del 980 ca.; Vita di s. Maria Egiziaca, del 1050 ca.); è inoltre tramandata una serie di tituli relativi alle raffigurazioni, testimonianza della ricchezza della perduta decorazione architettonica dell'abbazia. Un ciclo significativo di affreschi romanici del secondo quarto del sec. 12° è offerto dall'abbazia riformata di St. Georg a Prüfening. Oltre all'ossario di Perschen, presso R. (ca. 1165-1170), gli affreschi della sala capitolare di St. Emmeram (ca. 1170-1175) e in Prüll (fine del sec. 12°) testimoniano lo sviluppo della pittura romanica.Diversamente da quanto accade con i dipinti murali, che sono a malapena conservati, in seguito, con il procedere della costruzione del duomo, la pittura gotica di R. è documentata dalle vetrate (Hubel, 1981; Fritzsche, 1987). A cominciare con la nuovamente utilizzata vetrata tardoromanica della Genealogia di Cristo (1230 ca.), le vetrate del coro (primo quarto del sec. 14°) e un altro gruppo di vetrate del terzo quarto del sec. 14°, che presentano influssi altorenani e boemi - da porre in relazione con il nome del pittore Heinrich Menger, attestato nel 1372 -, costituiscono qualitativamente il punto più alto. Ugualmente del terzo quarto del sec 14° sono le vetrate del coro della chiesa dei Frati Minori, in gran parte conservate a Monaco (Bayer. Nationalmus.; Drexler, 1988). Sono meno conservate e hanno subìto interventi successivi la pittura murale e quella su tavola del 15° secolo.Degli incunaboli della plastica monumentale, quali le figure dei portali, fa parte il rilievo con Cristo in trono tra i ss. Emmerano e Dionigi sul portale settentrionale di St. Emmeram: le figure, rese con forza plastica - realizzate prima del 1052 nel contesto della falsificazione di St. Emmeram relativa a s. Dionigi, all'epoca dell'abate Reginward indicato dalle iscrizioni e raffigurato -, collegano dal punto di vista iconografico la confessio di s. Emmerano a E e il coro di s. Dionigi a O. Un esempio tra i più coerenti della plastica romanica è offerto dall'enigmatico portale settentrionale (Schottenportal) di St. Jakob (1190 ca.), con le sue figure dal carattere in parte massiccio, in parte ornamentale, inserite all'interno di una scena teatrale che si sviluppa su tre registri. Ancora più enigmatica del suo stile grossolano, commisto di elementi anglosassoni, normanni e lombardi, è l'iconografia di questo mondo figurativo demonizzato, che probabilmente presenta in forma antitetica la lotta del bene e del male sotto il segno del ritorno di Cristo per il Giudizio universale. Un primo culmine venne raggiunto dalla scultura gotica a R. nell'opera del Maestro di Erminoldo - formatosi probabilmente a Reims e a Parigi e attivo dapprima al duomo di Basilea -, il quale deve il proprio nome al monumento funebre di s. Erminoldo Abate, nell'abbazia benedettina di Prüfening, da lui realizzato nel 1283. Presumibilmente in stretta connessione con la prima fase del Gotico classico nel cantiere del duomo sono da porre le figure in pietra a grandezza superiore al naturale del gruppo dell'Annunciazione (1280-1285) nel duomo e di un S. Pietro in trono (1290 ca.; Ratisbona, Mus. der Stadt). Un gruppo di rilievi gotici, all'incirca coevi (1290), che si distingue in modo particolare per la sua tematica profana, è costituito dalle monumentali sculture in stucco provenienti da una sala del palazzo patrizio dei Dollinger (Ratisbona, Altes Rathaus, Dollingersaal): il tema è la leggendaria lotta cavalleresca del vittorioso patrizio di R., Hans Dollinger, con il pagano Krako, presumibilmente nel 930, assistito dalla figura di cavaliere del re Enrico I e dalla figura stante di S. Osvaldo.Nel sec. 14° e all'inizio del 15° il centro della scultura di R. fu il cantiere del duomo, con varie botteghe che vi si avvicendarono; sono da segnalare il gruppo di sculture di influenza italiana (secondo quarto del sec. 14°), una serie di figure di santi che proviene inconfondibilmente dalla cerchia di Peter Parler (ca. 1370-1380) e infine la ricchissima decorazione plastica di tipo figurativo del portale maggiore (ca. 1390-1410), un capolavoro del Gotico internazionale, ugualmente indebitato con l'ambiente artistico di Praga.Come avviene per la miniatura, anche per l'oreficeria il periodo di maggior splendore è costituito dall'epoca ottoniana, alla quale risalgono la croce della regina Gisella di Ungheria (dopo il 1006; Monaco, Schatzkammer der Residenz), la custodia dell'Evangelistario di Uta (1020 ca.; Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 13601), così come il c.d. Sternmantel dell'imperatore Enrico II e il manto di Cunegonda (primo quarto del sec. 11°), entrambi a Bamberga (Diözesanmus.).Nell'ambito dei Mus. der Stadt Regensburg, Kunst- und Kulturhistorische Sammlungen, ospitati nel convento dei Frati Minori, si custodiscono, accanto ai ritrovamenti di epoca romana e a raccolte relative alla storia della città, sculture soprattutto provenienti da R. dall'epoca preromanica all'epoca tardogotica, tra cui originali della Steinerne Brücke, del Dollingersaal e del duomo; è da citare il monumentale astrolabio da datare a prima del 1069, proveniente da St. Emmeram, di Guglielmo di Hirsau (m. nel 1091), con la figura di Arato di Soli sulla parte posteriore di una sfera. Del patrimonio del museo fanno inoltre parte arazzi figurati dei secc. 14° e 15° e una raccolta di pittura su tavola tardogotica, soprattutto di scuola bavarese (Regensburg im Mittelalter, 1995, II).Il Domschatzmus. nel Bischofshof raccoglie oggetti liturgici, reliquiari e paramenti soprattutto gotici e tardogotici, come i disegni su pergamena relativi al duomo (Der Regensburger Domschatz, 1976), mentre il Diözesanmus. St. Ulrich conserva oggetti liturgici, vetrate e soprattutto sculture dal Romanico al Tardo Gotico provenienti dalle raccolte d'arte della diocesi.
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La produzione libraria decorata di R. è in massima parte legata alle vicende dell'abbazia benedettina di St. Emmeram. Le origini della scuola grafica rimontano al tempo del vescovo Simperto (768-791). A questo periodo sono riferibili una raccolta dei profeti Isaia e Geremia e il Commentarius in Iohannis Evangelium di s. Agostino (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 14080; Clm 14653). Come accade in altri centri grafici tedeschi, i più antichi codici di St. Emmeram rivelano una forte impronta insulare, tanto nella scrittura quanto nelle forme, relativamente sobrie, della decorazione. Le Le poche iniziali decorate mostrano i motivi a intreccio e la tavolozza scarna giocata su tre colori - giallo, rosso e viola - tipica dei manoscritti di tradizione insulare.In epoca carolingia il monastero ospitò uno degli scriptoria più attivi della regione bavarese, come attesta - insieme ai cataloghi coevi - il numero relativamente alto dei manoscritti conservati, ca. novanta. Nella veste grafica dei codici copiati in questo periodo si riconosce una certa continuità con i documenti prodotti nella prima fase della scuola. Si tratta di manoscritti confezionati con cura, ma dotati di forme decorative molto semplici (Bierbrauer, 1987). I manufatti di lusso sembrano, in generale, piuttosto rari. I documenti di maggior qualità presenti nelle collezioni librarie della città sono spesso prodotti altrove. Tra questi spicca un salterio pertinente alla più antica dotazione del vescovado (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 29315/3; Ratisbona, Bischöfliche Zentralbibl., s.n.), manoscritto databile intorno alla prima metà del sec. 9°, probabilmente eseguito nell'officina grafica del monastero di San Gallo al tempo dell'abate Grimaldo (841-872; Bischoff, 1980). L'influsso della scuola di San Gallo si manifesta in diversi manoscritti carolingi di St. Emmeram; se ne rivela permeata l'ornamentazione di un omiliario riferibile al terzo quarto del sec. 9° (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 14386).Il momento di massima fioritura dell'arte libraria dello scriptorium di R. intervenne tuttavia nel periodo ottoniano. All'origine di questa rinascita sembra trovarsi l'acquisizione ai fondi della biblioteca del Codex Aureus di St. Emmeram (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 14000), un grande evangeliario per uso liturgico prodotto nell'ambito della scuola palatina di Carlo il Calvo intorno all'870, i cui caratteri grafici e gli ornati esercitarono una profonda influenza sulla nascente scuola ottoniana. Nel frontespizio che l'abate Ramuoldo (975-1001) fece aggiungere a memoria del restauro operato sul manoscritto (c. 1r) sono visibili molti elementi propri agli sviluppi più maturi della miniatura di Ratisbona. Il grande rombo centrale con il ritratto dell'abate prefigura le complicate strutture geometriche che articolano la pagina, isolando donatori e santi titolari. All'opulenza decorativa del grande modello carolingio si ispirano gli accenti antiquari e la tavolozza brillante, a colore saturo, del foglio aggiunto. Preludio a una cifra caratteristica della scuola è anche l'iscrizione dedicatoria distesa, come un nastro, all'interno della banda decorativa che racchiude il ritratto dell'abate.Forme assai prossime a quelle del frontespizio di Ramuoldo sembrano divenire una costante dei manoscritti di lusso prodotti nello scriptorium di St. Emmeram nei decenni seguenti, tra i quali vanno ricordati il c.d. Regelbuch, contenente la Regola benedettina e quella di s. Cesario di Arles, copiato per il monastero di Niedermünster (ca. 987-990, Bamberga, Staatsbibl., Lit. 142), il Sacramentario di s. Volfango, (ca. 992-994, Verona, Bibl. Capitolare, LXXXVII) e il sacramentario che Enrico II fece eseguire per la cattedrale di Bamberga (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 4456). Il volume, quasi certamente realizzato per una cerimonia di consacrazione - quella regale (1002) o quella imperiale (1014) - è arricchito da un grande ritratto di Enrico II in trono (c. 11v), vistosamente esemplato sulla rappresentazione di Carlo il Calvo che orna il Codex Aureus (c. 5v).Appartiene a questo gruppo di manoscritti il piccolo Liber Evangelii, che la Chronica monasterii Casinensis (III, 74) ricorda presente nella biblioteca dell'abbazia di Montecassino al tempo dell'abate Desiderio (Roma, BAV, Ottob. lat. 74). Il manoscritto, identificabile nel codice denominato dalla Chronica come Evangelium imperatoris, sarebbe stato offerto all'abbazia da Enrico II in occasione di una visita effettuata nel corso della spedizione contro Pandolfo IV Braccio di Ferro (ca. 1022; Campana, 1958). La notizia sembra trovare conferma in una possibile lettura politica del ritratto imperiale (c. 193v; Bloch, 1946; 1986). Nella punizione del tiranno che si svolge nella parte inferiore della composizione sarebbe stato evocato il castigo inflitto dall'imperatore al principe di Capua. Un recentissimo saggio di Keller (1996) ha invece proposto di riconoscere nell'immagine del sovrano rappresentato un ritratto di Enrico III (1039-1056). Secondo quest'ipotesi, il manoscritto potrebbe essere giunto a Montecassino solo nel corso dell'abbaziato di Richerio di Niederalteich (m. nel 1055). Ciò spiegherebbe perché l'influenza del codice sia percettibile solo nella produzione più matura della scuola cassinese, che coincide con l'abbaziato di Desiderio (1058-1086; Speciale, 1991).Ai sontuosi codici d'apparato del periodo ottoniano subentrò, nella fase romanica, una modesta produzione di libri di studio: commenti alle scritture, cronache, testi enciclopedici. Lo stile di questi manoscritti assume caratteri sempre meno distinguibili dalla produzione libraria di altri centri bavaresi. I sobri disegni ad acquarello e le iniziali a tralcio di questi manufatti mostrano un'evidente dipendenza dai codici prodotti nell'officina grafica del monastero di St. Georg a Prüfening, allora nel suo momento di massima espansione. Tra le testimonianze più significative di questo periodo è da segnalare una rara copia illustrata dell'Hexaemeron di s. Ambrogio (1160-1165, Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 14399).A partire dalla metà del sec. 13° il panorama culturale di R. è dominato dalle fondazioni dei nuovi Ordini mendicanti, attraverso i quali penetrarono in città gli usi grafici e i caratteri decorativi imposti dallo studium universitario parigino (Suckale, 1987a). L'ornamentazione dei manoscritti realizzati per queste nuove fondazioni è spesso affidata ad artisti laici, come quelli che decorarono il lezionario del convento domenicano di Heilig Kreuz (ca. 1270; Oxford, Keble College Lib., 49). Fra il sec. 13° e il 14°, l'attività di queste botteghe ebbe modo di estendersi anche a una discreta produzione di testi profani.
Bibl.:
Fonti. - Arnold di St. Emmeram, De miraculis beati Emmerami libri II, a cura di D.G. Weitz, in MGH. SS, IV, 1841, pp. 543-574: 551; Chronica monasterii Casinensis, a cura di H. Hoffmann, ivi, XXXIV, 1980; Chronica fratris Salimbene de Adam ordinis minorum, a cura di O. Holder-Hegger, ivi, XXXII, 1905-1913, p. 213.
Letteratura critica. - H. Swarzenski, Die Regensburger Buchmalerei des X. und XI. Jahrhunderts. Studien zur Geschichte der deutschen Malerei des frühen Mittelalters (Denkmäler der süddeutschen Malerei des frühen Mittelalters, 1), Leipzig 1901; A. Boeckler, Die Regensburg-Prüfeninger Buchmalerei des XII. und XIII. Jahrhunderts, München 1924; P.E. Schramm, Die deutschen Kaiser und Könige in Bildern ihrer Zeit, 751-1152 (Veröffentlichungen der Forschungsinstitute an der Universität Leipzig, 1), 2 voll., Leipzig 1928 (nuova ed. a cura di F. Mütherich, München 1983); H. Swarzenski, Die lateinischen illuminierten Handschriften des 13. Jahrhunderts in den Ländern an Rhein, Mein und Donau, 2 voll., Berlin 1936; H. Bloch, Monte Cassino, Byzantium and the West in the Earlier Middle Ages, DOP 3, 1946, pp. 163-224; A. Campana, Per il ''Textus Evangelii'' donato da Enrico II a Montecassino (vat. Ottob. lat. 74), La Bibliofilia 40, 1958, pp. 34-47; B. Bischoff, Literarisches und Künstlerisches Leben in Sankt Emmeram (Regensburg) während des frühen und hohen Mittelalters, Mittelalterliche Studien 2, 1967, pp. 77-115; id., Studien zur Geschichte des Klosters Sankt Emmeram im Spätmittelalter, ivi, pp. 115-155; id., Die mittelalterlichen Bibliotheken Regensburgs, Verhandlungen des historischen Vereines für Oberpfalz und Regensburg 113, 1973, pp. 49-59; K. Bierbrauer, Die Ornamentik frühkarolingischer Handschriften aus Bayern (Bayerische Akademie der Wissenschaften. Philosophisch-historische Klasse, Abhandlungen, n.s., 84), München 1979; B. Bischoff, Die südostdeutschen Schreibschulen und Bibliotheken in der Karolingerzeit, I, Die bayerischen Diözesen, Wiesbaden 1980, pp. 258-261; E. Klemm, Die romanischen Handschriften der Bayerischen Staatsbibliothek, I, Wiesbaden 1980; H. Bloch, Monte Cassino in the Middle Ages, I, Roma 1986, pp. 5-136: 19-30; Das Evangeliar Heinrichs des Löwen und das mittelalterliche Herrscherbild, a cura di H. Fürmann, F. Mütherich, München 1986; H. Hoffmann, Buchkunst und Königtum im ottonischen und frühsalischen Reich III, in MGH. Schriften, XXX, 1, 1986, pp. 276-303; K. Bierbrauer, Die Regensburger Buchmalerei des 8. und 9. Jahrhunderts, in Regensburger Buchmalerei. Von frühkarolingischer Zeit bis zum Ausgang des Mittelalters, cat. (Regensburg 1987), München 1987, pp. 15-22; F. Mütherich, Die Regensburger Buchmalerei des 10. und 11. Jahrhunderts, ivi, pp. 23-38; E. Klemm, Die Regensburger Buchmalerei des 12. Jahrhunderts, ivi, pp. 39-58; E.J. Beer, Regensburger liturgische Handschriften zwischen 1220 und 1260, ivi, pp. 59-68; id., Die Bilderzyklen mittelhochdeutscher Handschriften aus Regensburg und seinem Umkreis, ivi, pp. 69-78; R. Suckale, Die Regensburger Buchmalerei von 1250 bis 1350, ivi, 1987a, pp. 79-92; id., Die Regensburger Buchmalerei von 1350 bis 1450, ivi, 1987b, pp. 93-110; J. Wollesen, A pictorial Speculum Principis: the Image of Henry II in cod. Bibl. Vat. Ottobonensis lat. 74, fol. 139v, Word and Image 5, 1, 1989, pp. 85-110; K. Bierbrauer, Die vorkarolingischen und karolingischen Handschriften der Bayerischen Staatsbibliothek, 2 voll., Wiesbaden 1990; H. Mayr-Harting, Ottonian Book Illumination. An Historical Study, 2 voll., New York 1991; L. Speciale, Montecassino e la Riforma gregoriana. L'Exultet Vat. Barb. lat. 592 (Studi di arte medievale, 3), Roma 1991; H. Keller, Das Bildnis Heinrichs im Regensburger Evangeliar aus Montecassino (Bibl. Vat., Ottob. lat. 74): zugleich ein Beitrag zu Wipo 'Tetralogus', FS 30, 1996, pp. 173-214.L. Speciale