razionalita
razionalità Principio imposto alle scelte degli agenti economici, supponendo che l’individuo ponga a confronto costi e benefici di tutte le possibili azioni e che venga scelta l’azione ritenuta migliore.
La r. diviene il principio cardine della teoria economica tradizionale nella definizione che ne ha dato l’economista inglese L. Robbins (➔): «L’economia è la scienza che studia la condotta umana nel momento in cui, data una graduatoria di obiettivi, si devono operare scelte su mezzi scarsi applicabili ad usi alternativi». In questa definizione emergono gli elementi costitutivi della r. nella teoria economica. In primo luogo, gli operatori economici sono motivati da fini personali: in particolare sono in grado di valutare tutti i possibili esiti e di ordinarli secondo le proprie preferenze. In secondo luogo, ciascun agente dispone di risorse (materiali, di tempo, di capacità e altre ancora); le dotazioni di queste risorse possono variare da individuo a individuo, ma sono per tutti date in quantità limitata. Infine, tali risorse possono essere impiegate per diversi usi, e il decisore economico sceglie l’esatto utilizzo delle proprie allo scopo di raggiungere in massimo grado gli obiettivi prefissati. La limitazione delle risorse determina l’esistenza di costi opportunità, ovvero la necessità di ridurre la quantità di risorse destinate ad altri impieghi al fine di poter incrementare quella destinata a un certo uso. Formalmente, il problema della scelta razionale prende la forma di massimizzazione dell’utilità soggetta a vincoli che dipendono dalle risorse a disposizione.
Il paradigma della r. individuale ha subito critiche, in particolare dall’economista e psicologo statunitense H. Simon (➔). Il processo di scelta razionale può infatti risultare particolarmente impegnativo. Ciò è specialmente vero in contesti caratterizzati da incertezza, in cui una stessa scelta può portare a differenti esiti. In tali casi, la teoria prevalente è quella dell’utilità attesa (➔ utilità, funzione di), secondo cui il decisore sceglie massimizzando la media ponderata delle utilità, usando come pesi le probabilità soggettivamente stimate con cui ritiene si possa risolvere l’incertezza. La teoria della scelta razionale ha mostrato scarsa capacità descrittiva nei problemi di scelta, come mostrato nell’esperimento noto come paradosso di Allais (➔ Allais, Maurice). In risposta a ciò, crescente attenzione hanno ricevuto in economia modelli di r. limitata, nei quali gli agenti economici sono limitati nella loro capacità di prendere decisioni razionali da vincoli di tipo cognitivo e computazionale (➔ anche economia comportamentale). L’inclusione di questi vincoli all’interno di un modello di scelta può essere pensata come il completamento naturale della definizione di economia di Robbins. Il processo decisionale consuma infatti risorse, che devono essere spese al fine di poter calcolare correttamente costi e benefici di tutte le scelte possibili. Se gli agenti economici hanno risorse cognitive e computazionali limitate, come appare naturale che sia, allora potrebbero trovarsi impossibilitati a valutare perfettamente ogni alternativa, o potrebbero comunque preferire non farlo, trovandolo troppo costoso e time-consuming. Il tentativo di applicare la r. nella decisione di quante risorse dedicare al problema di massimizzazione originario determina un problema di massimizzazione di secondo ordine, per risolvere il quale si potrebbe ragionevolmente immaginare la necessità di un problema di terzo ordine, e così avanti in un infinito regresso. Questa difficoltà suggerisce la necessità di una definizione di r. radicalmente diversa. Simon ha proposto di spostare l’oggetto di cui si predica la r. dalla scelta effettuata (r. sostanziale) alla procedura adottata per la scelta (r. procedurale), contrapponendo al comportamento massimizzante il concetto di satisficing (➔), ovvero di comportamento che garantisce il raggiungimento di un livello soddisfacente di utilità.