Realtà virtuale
In informatica, la locuzione realtà virtuale (virtual reality, conio linguistico, negli anni Ottanta del 20° secolo, dello statunitense J. Lanier) sta a indicare la simulazione all'elaboratore di situazioni reali, oppure create ex novo, con le quali il soggetto umano può interagire, 'entrando' nel modello di ambiente simulato e operando, quindi, in una condizione virtuale sempre più prossima alla realtà mimata. Lo sviluppo delle tecnologie e quello dei sistemi informatici hanno consentito la diffusione di attività di tipo virtuale in vari ambiti: aziendale, finanziario, militare, medico, cinematografico.
L'innovazione semantica della locuzione realtà virtuale emerge dall'analisi dei due termini che la compongono, ambedue derivati dal latino medievale della Scolastica: la novità scaturisce dall'aver congiunto due significati fino a questo momento disgiunti, realizzandone un terzo prima inesistente. Dal punto di vista della costruzione linguistica, realtà virtuale corrisponde a un ossimoro, figura retorica che consiste nell'accostare parole che esprimono concetti opposti, trasformando una contrapposizione terminologica in analogia concettuale. Alla locuzione corrisponde una nuova prospettiva logica e semantica nella nostra considerazione del mondo. La logica classica, di derivazione aristotelica, è basata sul cosiddetto principio del terzo escluso: 'o A o non-A', non c'è una terza alternativa possibile (tertium non datur). Questo equivale ad affermare nel medesimo istante l'esistenza di qualcosa e l'inesistenza del suo opposto, e da ciò deriva anche il principio di identità ('A è A'). Dunque, se a una realtà, cioè a una qualsiasi cosa esistente, si dà l'attributo di virtuale, ossia gli si attribuisce un'esistenza possibile ma non attuale, si finisce con l'asserire l'attualità di qualcosa che ancora non c'è. La realtà virtuale attesterebbe qualcosa che c'è e non c'è nello stesso tempo: in questo modo essa costituirebbe la terza alternativa esclusa, invece, dal principio della logica aristotelica. Ciò implica un potente cambiamento degli schemi logici del nostro conoscere: che cosa vuol dire affermare contemporaneamente 'A e non-A', asserire la consistenza 'di A e di non-A'? Per rispondere a questo quesito è inevitabile compiere un passo indietro metodologico e considerare il significato di costruzione di una realtà. Costruire una realtà significa adoperare la fisiologia che abbiamo in comune con tutto il mondo animale e che è formata da un insieme di organi sensoriali organizzati da un sistema nervoso.
Nell'organismo umano i sistemi sensoriali che realizzano il rapporto interno/esterno in un insieme ordinato sono: il tatto, l'udito, la vista, l'odorato e il gusto; la funzionalità fisiologica dei cinque sensi opera con modalità diversificate che poi vengono coordinate dal cervello in un complesso unitario di sensazioni, secondo un meccanismo fisiologico messo a punto dalla selezione naturale delle specie. Ciò che importa sottolineare è l'esistenza di organi sensoriali, ossia l'esistenza di 'soglie di passaggio' dello stimolo nervoso dall'interno all'esterno del corpo di ciascun organismo animale. Senza un tale portello di comunicazione fisiologica non esiste organo sensoriale, ed è la presenza e la funzionalità di questo tipo di organi che fondamentalmente contraddistingue il mondo del vivente da quello del non vivente. Infatti, anche nelle piante, che non hanno un sistema nervoso, esiste però una soglia di scambio interno/esterno tra i tessuti vegetali e gli elementi fisico-chimici dell'ambiente naturale circostante. Tale rapporto si può schematicamente chiamare circuito stimolo-risposta. Per quanto riguarda la fisiologia animale si può dire che la sensazione si organizza in un circuito stimolo-risposta di passaggio dell'impulso nervoso, da (e per) l'interno dell'organismo animale (v. nervoso, sistema). Oltre a questo primo livello di organizzazione dell'esistente, ve ne è un secondo, quello della percezione (v.). Al contrario della sensazione, che esprime un contatto immediato tra l'organo di senso e l'ambiente esterno, la percezione presuppone una mediazione nel rapporto con il mondo esterno. La preponderanza della percezione visiva nell'organizzazione cognitiva dell'essere umano ha probabilmente la sua ragione nella maggiore distanza che tale sensorialità pone tra l'organo di senso e l'ambiente a esso esterno. Il circuito stimolo-risposta nel caso della sensazione visiva esige un'elaborazione maggiore e meno immediata per impadronirsi degli oggetti di senso rispetto al percorso operato dal tatto, dal gusto e dall'olfatto: tutte, in definitiva, forme dell'essere tattile. La tattilità, infatti, è la modalità sensoriale primaria dell'organismo animale già allo stato fetale, ed è quindi quella più immediata, mentre la modalità visuale sopravviene in un secondo tempo, a individuo nato, ed è perciò più mediata. La percezione, essendo mediata dal lasso di tempo maggiore nell'elaborazione del circuito sensoriale stimolo-risposta, necessita dell'intervento di un circuito ulteriore rispetto a quello strettamente individuale dello stimolo-risposta, che è il circuito comunicazionale della trasmissione di un messaggio informativo sociale. Lo schema stimolo-risposta si trasforma nello schema domanda-risposta quando la relazione individuo/ambiente viene mediata da altri individui e diventa la relazione individuo/individuo+ambiente.
La percezione implica un messaggio, una codificazione sociale dell'informazione sensoriale: nella percezione interviene una serialità ordinata di organizzazione circuitale stimolo-risposta, nel senso che, per avere un comportamento comunicativo sociale di risposta a un comportamento comunicativo sociale di domanda, risulta necessario mettere in ordine ciò che si vuole esprimere. In rapporto alle funzioni corticali superiori dell'essere umano, cui va di necessità ascritto il fenomeno della realtà virtuale, è opportuno fare riferimento a ciò che I.P. Pavlov e A.R. Lurija chiamano il primo sistema di segnalazione dell'attività organizzata e finalizzata, che richiede il mantenimento di un livello ottimale del tono corticale cerebrale, essenziale, appunto, allo sviluppo organizzato dell'attività mentale. Le strutture che mantengono e regolano il tono corticale stanno al di sotto della corteccia, nei nuclei sottocorticali e nel tronco cerebrale. Diversamente dalla corteccia, questa formazione non consiste di neuroni isolati, capaci di inviare impulsi singoli e, operando in accordo con la legge del 'tutto o niente', 'aperto o chiuso', 'sì o no', di generare scariche elettriche e condurre all'innervazione dei muscoli. Tale formazione ha la struttura di una rete nervosa, detta formazione reticolare, che trasmette in andata gli impulsi nervosi dalla corteccia alla periferia del corpo e li riceve di ritorno con una modalità graduale, non discreta, cambiando il suo assetto un po' alla volta e modulando così lo stato di tutto il sistema nervoso. La formazione reticolare è lo strumento fisiologico con il quale si articola il primo sistema di segnalazione cui si ritiene faccia capo l'organizzazione sensoriale nel suo complesso. Invece, per l'organizzazione percettiva si pensa sia necessario l'intervento di quello che viene denominato secondo sistema di segnalazione, ossia del sistema del linguaggio verbale, la cui struttura si origina nello scambio della comunicazione sociale e la cui funzione cerebrale è operata dalla globale sinergia dei sistemi funzionali della corteccia. Ovvero, se la funzionalità primaria del cervello risponde alla necessità di mantenere in vita l'intero organismo animale, la funzionalità cerebrale secondaria è quella di organizzare un codice comunicativo tra differenti individualità biologiche separate: il primo sistema di segnalazione coordina la sopravvivenza e l'adattamento organico mediante un codice biochimico interno; il secondo sistema di segnalazione coordina la sopravvivenza e l'adattamento sociale mediante un codice simbolico esterno all'organismo.
La codificazione fisiologica dà forma al primo sistema di segnalazione del nostro cervello e la codificazione linguistica al secondo. L'operare continuamente intrecciato di questi due sistemi produce l'adattatività biosociale della specie umana, che nel corso dell'evoluzione si è conformata in un 'soma' anatomofisiologico, in una psiche sensoriale-percettiva e in una mente prettamente simbolica di raccordo tra soma e psiche. La speciazione dell'essere umano passa cioè attraverso la simbolizzazione linguistica sia del codice fisiologico della sensorialità somatica sia del codice sociale della percettività psichica. Da una plurimillenaria storia di evoluzione biologica e culturale si è giunti all'invenzione totalmente simbolica di un macchinario estensivo dei nostri organi di senso come il video o il computer, che rappresenta per il momento l'ultima tappa dell'esteriorizzazione della comunicabilità del messaggio percettivo. Si pone a questo proposito il problema del rapporto tra mappa e territorio: l'epistemologia di G. Bateson (1979) sottolinea come la mappa non sia il territorio, così come il nome non è la cosa, e afferma che le nostre mappe cognitive contengono termini linguistici e non oggetti materiali. Ma - si può aggiungere - perché sia possibile costruire una mappa nominale occorre transitare per l'esperienza concreta sensoriale dell'interazione con la materialità empirica e dell'interazione sociale con la verbalità. Pertanto, il territorio è di pertinenza della sensazione e la mappa è di pertinenza della percezione: il territorio è relativo all'agire dell'organismo nello spazio circostante e all'organizzazione sensoriale di questo suo agire per la sopravvivenza; la mappa pertiene invece alla comunicabilità dell'esperienza del territorio ad altri e pertanto alla conoscenza. Ciò equivale a dire che la mappa è l'immagine percettiva del territorio. Per definire meglio il concetto di 'mappa cognitiva' è utile fare ancora una distinzione tra l'immagine percettiva e quella sensoriale. L'immagine sensoriale è lo schema disposizionale dei neuroni che rispondono simultaneamente in una certa configurazione a una certa stimolazione fisiologica: essa dunque è una strutturazione spaziotemporale dell'impulso nervoso. L'immagine percettiva è propriamente una mappa, cioè una simbolizzazione linguistico-sintattica della nostra pratica sensitiva: con essa si passa da un livello esperienziale del territorio-sensazione a un livello cognitivo della mappa-percezione. La cognizione è guadagnata unicamente dalla presenza di un sistema simbolico sintatticamente ordinato come è quello linguistico; di contro, l'immagine sensoriale realizza l'esperienza del territorio, senza conoscerla. La formulazione ultima di un sistema simbolico è costituita dal linguaggio altamente matematico che sta a fondamento del computer, del video e del complesso della tecnologia contemporanea. Tutte le macchine, fin dai primordi della storia umana, sono state costruite sulla base di una logica matematica e tanto più lo sono le macchine contemporanee, che costituiscono l'espressione più evidentemente sintattica della nostra capacità di simbolizzare. Paradossalmente attraverso questa massima astrazione sintattica, si è riguadagnata la possibilità di riflettere sul primo livello costituito dal circuito stimolo-risposta di tipo fisiologico, che con la matematica non ha nulla a che fare. La nostra fisiologia non funziona con modalità matematiche, a differenza della nostra percezione che procede da una matematica basilare, com'è quella della sintassi linguistica, a una matematica complessa com'è quella della tecnologia, intendendo con il termine matematica un sistema di logica simbolica coerente e lineare, ossia un sistema in cui ogni elemento è inserito in una successione in modo ordinato, definito e consequenziale. Su una tale modalità di correlare elementi discreti si fonda la realtà virtuale, che è un'immagine totalmente simbolica, e quindi percettivo-cognitiva, che imita il processo fisiologico della sensazione proponendone una rappresentazione oggettivata e manipolabile.
È possibile compiere questa operazione rendendo esplicita la formazione stereoscopica della visione binoculare dei nostri occhi. Sappiamo che nella normale percezione visiva sulle retine dei due occhi le immagini figurali sono leggermente diverse l'una dall'altra: è l'attività neuronale del cervello a sovrapporle e a comporle in un'immagine singola, in modo tale che noi vediamo un contorno figurale unitario. La tecnologia della realtà virtuale ripropone questo processo attraverso due microtelevisori fissati sul casco visore in corrispondenza degli occhi del soggetto che lo indossa, il quale quindi vede su due piccolissimi monitor il formarsi di un'immagine percettiva fatta secondo algoritmi che rieffettuano la minima diversità fra occhio destro e occhio sinistro. L'applicazione più recente sostituisce ai due microtelevisori due microproiettori laser che inviano le due immagini computerizzate direttamente sulle retine, e quindi questa volta è il nostro cervello, non un computer centrale, a elaborare gli impulsi laser, che sono, però, comunque già strutturati da un programma computerizzato. Nel primo caso la differenza percettiva tra occhio destro e occhio sinistro viene ricomposta dal computer centrale (esterno al casco visore), che unifica le due diverse immagini per dare al fruitore della realtà virtuale un'immagine unitaria che prende forma sul virtuale unico monitor, mentre egli, di fatto, ne ha due dinanzi agli occhi. Nel secondo caso si sfrutta la naturale capacità compositiva del nostro sistema nervoso centrale per unificare le due diverse figure, che tuttavia in entrambe le modalità tecniche sono ottenute da una sintesi matematica predefinita. Un simile artefatto evidenzia la distanza procedurale tra la formazione e la percezione dell'immagine visiva, consentendoci di rilevare uno scarto concettuale tra immagine e rappresentazione, tra la formazione di un contorno unitario e la proposizione ultimata di un siffatto contorno: la rappresentazione consiste nel riproporre l'immagine una seconda volta, nel ripresentarla, per l'appunto. Dunque, la rappresentazione è la possibilità di memorizzare un'immagine, di renderla oggetto indipendente dalla sua momentanea sensazione-percezione e, quindi, di manipolarla come oggetto, distaccandola dall'esperienza immediata per farla diventare un'esperienza mediata di memorizzazione. Realizziamo, in questo modo, un''immagine figurale unitaria' che in termini contemporanei, in contrapposizione all'immagine del computer, digitale, viene chiamata immagine analogica e la cui definizione attiene a tutte e cinque le tipologie di senso. Quindi la nostra fisiologia procede con modalità di composizione continua degli stimoli-risposte, mediante la quale realizziamo, formiamo in senso letterale, perimetriamo un insieme di stimoli-risposte sensoriali strutturandoli in un'immagine sensoriale (visiva, tattile, olfattiva o gustativa), che è l'unità della sensazione: percettivamente non possiamo frantumarla in elementi primi o secondi per ricomporla preventivamente, nella fisiologia, in un altro modo. È però possibile raggiungere questo risultato con un sistema di scansione e di formazione della rappresentazione dell'immagine che non sia continuo, analogico, ma che sia discontinuo, discreto, ovvero composto di parti minime componibili: per la scansione di tipo digitale, articolata numericamente e quindi linguisticamente, la composizione dell'immagine 'percettuale' è ottenuta dalla giustapposizione successiva seriale di elementi minimi in numero finito.
Avendo reso descrittivamente numerica, digitale, l'immagine fisiologica, analogica, con la tecnologia del computer è stato possibile 'mimare', simulare il nostro meccanismo sensoriale-percettivo con la scansione in elementi primi di quello che fisiologicamente non si può fare. In definitiva, il meccanismo della realtà virtuale rende linguistica, e quindi comunicabile, un'immagine sensoriale che non lo è: l'operazione determinante è la trasformazione della configurazione neuronale in rappresentazione percettiva tramite la fissazione dell'insieme delle relazioni fisiologiche corrispondenti alle singole sensazioni. La fissazione degli insiemi sensoriali può avvenire solo con l'intervento di un codice di memorizzazione relativo all'azione dell'organismo individuale nell'ambiente esterno e con altri individui, relativo, cioè, a rapporti non di stretta fisiologia ma di scambio comunicativo: al trasferimento di informazione biochimica si aggiunge quello di informazione ambientale e sociale, attraverso un sistema di indici codificati.
Da quanto si è detto e tornando al quesito iniziale, perché la rappresentazione della realtà virtuale modificherebbe lo schema logico-concettuale del terzo escluso? Perché la realtà virtuale trasformerebbe 'A o non-A' in 'A e non-A'? Ciò avviene perché, attuando una simulazione linguistico-numerica del meccanismo fisiologico della sensazione-percezione, si è prodotta una situazione nella quale si ha contemporaneamente A (ossia il processo percettivo dell'immagine sensoriale) e non-A (ossia la rappresentazione-memorizzazione dell'immagine del processo percettivo). Nel medesimo stato d'esperienza si realizza cioè una doppia immagine: quella del processo percettivo, che è simulato, e quella dell'oggetto di sensazione, che è pura apparenza, mero ricordo simbolizzato. Essendo la realtà fatta dalla strutturazione dei nostri meccanismi percettivi, ed essendo l'immagine fatta non da tale strutturazione ma dalla proposta di rendere comunicativa la percezione, nel momento in cui con l'apparecchiatura della realtà virtuale si può contemporaneamente costruire l'immagine e agirla, non ci si trova più davanti alle immagini, bensì dentro al fare immagini. Con una differita quasi immediata si realizzano il farsi e il fatto sensoriale-percettivo, che danno la possibilità di costruire l'immagine e di agirla nello stesso tempo. Una tale realtà si dice virtuale perché, appunto, non è formata dalle sensazioni ma dalle immagini simboliche di queste: non si agiscono oggetti ma discorsi. Ci si muove solo sulla mappa, prescindendo completamente dal territorio, perché il computer non può conoscere il territorio che invece appartiene all'attività degli organi di senso.
Certamente si può fare una simulazione degli organi di senso, ma in quanto tale è sempre una mappa. Fare una simulazione significa rendere comunicabile la sensazione, perché la simulazione appartiene all'immagine compiuta e al suo uso, non appartiene all'uso della corporeità fisiologica operante nelle sensazioni. La simulazione ci rende avvertiti del primo gradino nella composizione del mondo, cioè quello della registrazione di differenze. Il circuito stimolo-risposta della sensazione indica la registrazione di una differenza di struttura materiale rispetto a un'altra. Il primo approccio con l'esterno è questa soglia minimale di registrazione di differenze. Restando nel campo della visione, si può dire che la funzionalità sensoriale dell'occhio è filogeneticamente predisposta a registrare le differenze di lunghezza d'onda della luce, che dal nostro meccanismo fisiologico sono recepite come bande di colore senza forma né confini. Il sovrapporsi di una specificazione sociale e linguistica provvede di contorni la luce nominandola, e la frastaglia in arcobaleno. Solo quando interviene la frammentazione linguistica si crea una mappa e, solo allora, si definisce il limite tra un insieme di differenze sensoriali e un altro, mettendo in reciproca contrapposizione diversi tipi di relazioni tra gli oggetti sensoriali. Solo costruendo una mappa spaziotemporale di movimento nel territorio e di aggiustamento percettivo di comunicabilità di questo movimento sul territorio, si opera la trasformazione della sensazione in percezione, fino alle sue estreme conseguenze, quelle della realtà virtuale, che assurdamente propongono una percezione assoluta come simulazione di sensazione empirica. In conclusione, dunque, la realtà virtuale è un'opportunità per riflettere sui modi di conoscere il mondo e, quindi, su come costruiamo la realtà e, ancora, su come strumentalizzare al meglio il video e il computer - arnesi di indagine cognitiva, potenti quanto pochi possono esserlo - per aumentare le capacità di apprendimento. Fare idealmente a pezzi un macchinario di simulazione di realtà da noi stessi inventato dà la possibilità d'impadronirsi dei meccanismi che mettono in relazione le parti in modo da definire un tutto coerente e organizzato; significa potersi guardare allo specchio e intervenire sulla costituzione stessa dell'immagine, quasi si trattasse di una superficie riflettente il processo immaginativo e non solo il prodotto dell'immaginazione.
Si può forse affermare che la realtà virtuale è la macrometafora per operare un controllo del procedimento cognitivo della simbolizzazione, così da non cadere né in deleterie confusioni né in svianti separatezze tra immagine e oggetto, tra corporeità e intellettività, tra territorio e mappa, tra cosa e nome; per evitare estremismi distruttivi, in quanto incomprensivi, di una Body art irrispettosa, fino alla demenza patologica, del senso del limite sancito dalla selezione naturale, e di una realtà virtuale veicolata come delirio di onnipotenza, irrispettosa del senso del limite posto dalla forma del pensiero linguistico. Alla realtà dell'uomo appartengono cose e nomi, materie e pensieri, ma la nostra conoscenza non può farsi che nella reciprocità dello scambio comunicativo: nulla esiste fuori dall'effettivo rapporto materico tra le cose e comunicazionale tra i nomi. Occorre fondare l'analogia per poterne distinguere le componenti, poiché la similarità può porsi solamente attraverso la differenziazione. Questo è il fondamento del pensiero e della conoscenza, e, quindi, di qualsiasi forma di realtà da essi formulabile.
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