regionalismo
Corrente del pensiero politico-amministrativo che mira all’istituzione di circoscrizioni amministrative (regioni) territorialmente ampie, dotate di autonomia, intermedie tra lo Stato e gli enti locali tradizionali (comune e provincia). Si differenzia dal federalismo perché prevede un rapporto di soggezione tra lo Stato e gli enti intermedi. Dalla rivalutazione della regione come fattore di territorialità scaturisce la progressiva riaffermazione del regionalismo. Alla base del r. vi è, da un lato, la constatazione che lo Stato moderno, avendo assunto numerosi e complessi compiti, non è in grado di assolverli efficacemente se non delegandoli parzialmente ad altri enti che ne fanno parte, dall’altro l’impossibilità strutturale degli enti locali tradizionali ad assumere i compiti, in particolare quelli di pianificazione economica, che lo Stato dovrebbe decentrare per assicurare un loro migliore espletamento. Il r. ha tra i propri motivi ispiratori, oltre all’esigenza di decentramento propria dello Stato moderno, anche la tendenza di popolazioni locali, dotate di una più sicura tradizione autonomistica, a sottrarsi all’accentramento politico e amministrativo dello Stato. Il problema è particolarmente avvertito in Italia, dove, negli anni Novanta, il dibattito sulla riforma dello Stato ha preso a base la regione come entità geografica fondamentale, tuttavia trascendendo spesso la valutazione dei dati ambientali, socioculturali e funzionali per assumere carattere meramente giuridico o politico, fino a sboccare in tensioni secessioniste (da parte della Lega Nord).