Abstract
La voce analizza il sistema pubblicitario imperniato sul registro delle imprese, descrivendone i lineamenti generali e soffermandosi, in particolare, sui soggetti tenuti all’iscrizione, sugli atti da pubblicizzare e sulla disciplina dei diversi adempimenti pubblicitari.
Il registro delle imprese è lo strumento mediante il quale si attua la pubblicità legale delle imprese. Esso, con modalità pienamente informatizzate, raccoglie e mette a disposizione dei terzi – anche per via telematica – una serie predeterminata di informazioni relative a ciascun soggetto iscritto.
Formalmente istituito dal codice civile del ’42 con riferimento alle imprese commerciali non piccole ed alle altre imprese soggette a registrazione (art. 2188 ss.), è rimasto sostanzialmente inattuato per oltre cinquanta anni, nei quali si è applicato un regime transitorio che, pur anticipando alcuni aspetti della nuova disciplina, era imperniato sui registri delle società già tenuti dalle cancellerie dei tribunali nel vigore del codice di commercio del 1882 e, conseguentemente, escludeva dal sistema di pubblicità tutti gli imprenditori individuali (artt. 99 ss. disp. att. c.c.).
L’attuazione del registro delle imprese è passata attraverso la l. 29.12.1993, n. 580, il cui art. 8, fra l’altro, ne ha affidato la tenuta alle Camere di commercio, ha disposto che esso venisse predisposto e gestito secondo tecniche informatiche ed ha esteso gli obblighi pubblicitari a imprenditori agricoli, piccoli imprenditori, società semplici e imprese artigiane, che in precedenza ne erano esentati (cfr. in particolare gli artt. 2136, 2200 e 2202 c.c.); ma è stato solo con l’entrata in vigore del regolamento di attuazione contenuto nel d.P.R. 7.12.1995, n. 581, avvenuta il 19 febbraio 1996, che il registro è concretamente entrato in funzione.
Il sistema di pubblicità riguarda oggi qualunque soggetto titolare d’impresa, a prescindere dall’oggetto, dalle dimensioni e dalla forma giuridica (ed anzi, nel caso di enti di forma societaria, a prescindere dalla natura imprenditoriale o non dell’attività).
Ne deriva una maggiore estensione della categoria codicistica delle «imprese soggette a registrazione», originariamente ristretta ai soli soggetti per i quali l’iscrizione era prevista dalle disposizioni del codice civile ed oggi, almeno in linea di principio, comprensiva anche dei soggetti cui l’obbligo di iscrizione è stato imposto dalla l. 29.12.1993, n. 580 o da norme successive. Da ciò discendono conseguenze applicative, in particolare, in ordine al campo di applicazione degli obblighi pubblicitari previsti per le cessioni d’azienda dall’art. 2556 c.c. e ulteriori, possibili risvolti nell’interpretazione degli artt. 2559 (efficacia verso i terzi della cessione dei crediti aziendali), 2564 (obbligo di differenziazione della ditta), 2709 (efficacia probatoria delle scritture contabili contro l’imprenditore) e 2949 c.c. (applicabilità della prescrizione breve alle società semplici iscritte: ma v. Cass. 16.2.2012, n. 2286, in Giur. it., 2013, 78 ss., con nota critica di R. Rivaro).
Più precisamente, sono tenuti all’iscrizione:
a) gli imprenditori commerciali non piccoli (artt. 2195 e 2202 c.c.), le società di forma commerciale (art. 2200 c.c.), le società estere con sede secondaria in Italia (artt. 2508 s. c.c.), gli enti pubblici economici con oggetto commerciale (art. 2201 c.c.), i consorzi con attività esterna (art. 2612 c.c.), i gruppi europei di interesse economico (Geie; art. 6 ss. reg. Cee 25.7.1985, n. 2137, e art. 3 s. d.lgs. 23.7.1991, n. 240), le reti di imprese soggettivizzate (art. 3, co. 4-quater, d.l. 10.2.2009, n. 5) ed ogni altro ente (associazione, fondazione, ecc.) titolare d’impresa commerciale;
b) i piccoli imprenditori, gli imprenditori artigiani (per i quali a dire il vero la l. n. 580/1993 prevede, successivamente all’iscrizione nel relativo albo, una «annotazione» nel registro delle imprese), gli imprenditori agricoli e le società semplici (art. 8, co. 4, l. n. 580/1993, nel testo anteriore all’art. 1, co. 10, d.lgs. 15.2.2010, n. 23), gli enti pubblici economici con oggetto agricolo ed ogni altro ente titolare d’impresa agricola;
c) le società tra avvocati (art. 16 d. lgs. 2.2.2001, n. 96) e le società tra professionisti (art. 7 d.m. 8.2.2013, n. 34);
d) le società o gli enti che esercitano attività di direzione e coordinamento e quelli che vi sono soggetti (d’ora in avanti, per brevità, società controllanti e controllate; art. 2497 bis c.c.);
e) le organizzazioni che esercitano un’impresa sociale (artt. 5 e 6 d.lgs. 24.3.2006, n. 155);
f) le start-up innovative e gli incubatori certificati (art. 25, co. 8, d.l. 18.10.2012, n. 179, conv. in l. 17.12.2012, n. 221).
Per i soggetti indicati sub a) – per i quali l’obbligo di registrazione discende (o è ricavato in via interpretativa) dalle previsioni originarie del codice civile o comunque da previsioni anteriori a quelle della l. n. 580/1993 – l’iscrizione deve avvenire nella sezione del registro oggi convenzionalmente chiamata ‘ordinaria’. Per i soggetti indicati sub b) – per i quali le previsioni della l. n 580/1993 inizialmente imposero l’istituzione di quatto distinte sezioni speciali – l’iscrizione deve avvenire in una (unica) sezione speciale ad essi destinata (artt. 2 e 15 d.P.R. n. 558/1999). Quanto ai soggetti indicati sub c), d), e) ed f), sulla base delle disposizioni ivi citate, le società tra avvocati e quelle tra professionisti devono iscriversi nella sezione speciale riservata alle società tra professionisti (ma le seconde, con ogni probabilità, anche nella sezione speciale delle società semplici qualora adottino tale modello e nella sezione ordinaria in tutti gli altri casi: cfr. Ibba, C., La partecipazione sociale nelle società tra professionisti e nelle società tra avvocati, in Nuove leggi civ., 2014, 630); società controllate e controllanti da una parte e imprese sociali dall’altra devono essere iscritte in due «apposite» sezioni; start-up innovative e incubatori certificati in una «apposita sezione speciale». In una ulteriore, apposita sezione è poi previsto che avvenga l’iscrizione – facoltativa – degli atti delle società di capitali tradotti in una lingua ufficiale dell’Unione europea diversa dall’italiano (art. 2250 c.c., così come modificato dall’art. 42 l. 7.7.2009, n. 88).
Il registro, dunque, è oggi articolato in una sezione convenzionalmente chiamata ordinaria e in sei sezioni speciali (tali essendo anche quelle definite come «apposite»), pur se questa struttura complessa appare priva di ogni utilità e non priva di controindicazioni.
L’informatizzazione del registro, infatti, consente di reperire rapidamente i dati relativi a qualunque soggetto senza che la ripartizione in più sezioni agevoli la ricerca. La pluralità delle sezioni, d’altra parte, moltiplica gli adempimenti pubblicitari da eseguire. La sua inutilità è particolarmente evidente là dove le sezioni diverse da quella ordinaria sono destinate ad accogliere non categorie di soggetti diversi da quelli già tenuti all’iscrizione (come potrebbe essere per le società tra avvocati), bensì particolari atti, situazioni o qualificazioni relativi a soggetti già iscritti o iscrivibili in altra sezione (come gli atti in lingua straniera, le situazioni di controllo attivo o passivo o la natura di impresa sociale); atti, situazioni o qualificazioni che avrebbero ben potuto essere pubblicizzati semplicemente indicandoli, in aggiunta agli altri dati già assoggettati ad iscrizione, nella posizione del registro intestata al soggetto cui si riferiscono. Non essendo stato previsto questo, ad esempio, una s.p.a. che ne controlli un’altra e che abbia la natura di impresa sociale è obbligata a iscriversi non solo nella sezione ordinaria ma anche nelle due sezioni appositamente istituite per le società controllate e controllanti e per le imprese sociali; con conseguente incremento di costi e col rischio che una visura ad essa relativa, se ‘mirata’ sui dati iscritti nella sezione ordinaria, non sia in grado di rivelare l’esistenza della situazione di controllo o la natura di impresa sociale.
Il sistema del registro delle imprese si basa su due distinte modalità di attuazione della pubblicità: l’iscrizione e il semplice deposito (non finalizzato all’iscrizione). Allo scadimento della più recente produzione normativa si deve la previsione di «pubblicazioni» (diffusissima, ad esempio, nella riformata legge fallimentare) che il sistema non conosce e che occorre dunque ricondurre in via interpretativa, di volta in volta, all’una o all’altra delle citate modalità.
Di queste, quella di gran lunga più rilevante è l’iscrizione, sia per i significativi effetti che ad essa – e non al deposito – in via generale sono ricollegati (cfr. Registro delle imprese 2. Effetti), sia perché statisticamente assai più frequente, tanto da potersi considerare l’adempimento pubblicitario ‘normale’ (essendo il deposito circoscritto, fondamentalmente, ai bilanci delle società di capitali ed a pochi altri atti, quali il testo aggiornato dello statuto dopo ogni modifica nonché, nelle s.p.a., il rendiconto finale della gestione di un patrimonio destinato a uno specifico affare e la delibera che autorizza acquisti da promotori, fondatori, ecc: artt. 2435 e 2478 bis; artt. 2436 e 2480; art. 2447 novies; art. 2343 bis c.c.).
Sia l’iscrizione che il deposito sono preceduti da un controllo a cura dell’Ufficio del registro delle imprese, volto ad accertare la presenza delle condizioni richieste per l’adempimento pubblicitario, con possibilità di ricorso al Giudice del registro delle imprese e, in seconda istanza, al Tribunale nel caso in cui l’iscrizione o il deposito siano stati rifiutati (artt. 2189 e 2192 c.c.; artt. 11 e 14 d.P.R. n. 581/1995).
Là dove i soggetti obbligati non abbiano presentato la domanda d’iscrizione (con ciò esponendosi alle sanzioni di cui agli artt. 2194 e 2630 c.c.), è prevista l’attivazione di un procedimento d’iscrizione d’ufficio; così come, simmetricamente, è prevista la cancellazione d’ufficio per le iscrizioni che siano avvenute in assenza delle condizioni richieste dalla legge (artt. 2190-2191 c.c., testualmente riferiti alle sole iscrizioni ma verosimilmente applicabili anche ai depositi: contra, però, Donativi, V., La pubblicità legale delle società di capitali - Tensioni evolutive e nuove fattispecie, Milano, 2006, 369).
Mira a escludere o fortemente limitare il controllo preventivo la norma – non applicabile alle società per azioni – secondo cui «quando l’iscrizione è richiesta sulla base di un atto pubblico o di una scrittura privata autenticata», «il conservatore del registro procede all’iscrizione immediata dell’atto», ferma restando la possibilità di una cancellazione d’ufficio qualora successivamente si accerti la mancanza delle condizioni richieste per l’iscrizione (art. 20, co. 7 bis, d.l. 24.6.2014, n. 91, conv. in l. 11.8.2014, n. 116); norma di scarsa utilità, considerando la normale rapidità del controllo preventivo, e non priva di controindicazioni, fra le quali il rischio di creare una corsia preferenziale per le iscrizioni da essa regolate rispetto a quelle al di fuori del suo campo di applicazione, così alterando l’ordine naturale delle iscrizioni.
Non ogni atto o fatto relativo ai soggetti tenuti all’iscrizione è assoggettato a pubblicità.
Gli adempimenti pubblicitari previsti dalla legge variano a seconda della diversa struttura soggettiva dell’impresa. Essi comprendono, in particolare, per gli imprenditori individuali gli elementi identificativi dell’impresa e del suo titolare; per gli imprenditori diversi dalle persone fisiche l’atto costitutivo e una serie di dati, atti, situazioni e vicende organizzative rilevanti per i terzi; per gli uni e gli altri tutta una serie di provvedimenti o altri atti relativi a procedure concorsuali o soluzioni negoziali della crisi dell’impresa (una elencazione, peraltro non esaustiva, è in Ibba, C., La pubblicità delle imprese, II ed.,Padova, 2012, 7 ss.).
Naturalmente i terzi potrebbero avere interesse a conoscere numerose altre vicende relative a un determinato imprenditore (tutte le sue operazioni imprenditoriali, ad esempio, o quelle più significative dal punto di vista patrimoniale), ma su queste ulteriori aspettative d’informazione sono considerate prevalenti esigenze di riservatezza (oltre che di risparmio di oneri) dell’impresa. Così, ad esempio, l’attività contrattuale di un qualunque imprenditore non è assoggettata a pubblicità, fatte salve alcune eccezioni giustificate dall’interesse a rendere pubbliche, per diverse ragioni, determinate operazioni negoziali (penso ai contratti di trasferimento dell’azienda e agli accordi di ristrutturazione dei debiti: artt. 2556, co. 2, c.c.; e 182 bis l. fall.), e altre assai meno giustificate (mi riferisco ai contratti di rete privi di rilevanza esterna: art. 3, co. 4-quater, prima parte, d.l. n. 5/2009: e v. Ibba, C., Contratto di rete e pubblicità delle imprese (con qualche divagazione in tema di soggettività), di prossima pubblicazione in Liber Amicorum Giorgio De Nova).
Se nella prospettiva dell’informazione potrebbero in astratto ammettersi anche adempimenti pubblicitari aggiuntivi rispetto a quelli previsti dalla legge, liberamente richiesti dagli imprenditori, la correlazione con gli effetti dichiarativi (cfr. Registro delle imprese 2. Effetti) esclude che ciò possa avvenire, essendo troppo penalizzante per i terzi dover subire l’efficacia dichiarativa rispetto ad iscrizioni effettuate a discrezione degli interessati.
È così codificato il principio di tipicità degli adempimenti pubblicitari – sancito nell’art. 2188, co. 1, con riferimento alle iscrizioni ma comunemente esteso, per ragioni di ordinata gestione del sistema pubblicitario, ai depositi –, che dà ai terzi la possibilità di sapere in anticipo di quali situazioni essi possono venire a conoscenza consultando il registro e, in particolare, rispetto a quali situazioni essi hanno l’onere di consultare il registro per venire a conoscenza di quegli atti o fatti che potrebbero essere loro opposti da chi li ha iscritti. In base ad esso sono iscrivibili solo quegli atti o fatti la cui iscrizione è prevista dalla legge (quasi sempre obbligando gli imprenditori a farne richiesta; per un caso di iscrizione facoltativa si veda il co. 5 del già citato art. 2250, concernente gli atti in lingua straniera).
La mancanza di una specifica previsione di legge che testualmente sancisca l’obbligo di registrazione, tuttavia, non esclude la possibilità che questo sia ricavabile mediante interpretazione sistematica delle disposizioni legislative sul registro delle imprese, rimanendo anche in tal modo soddisfatto il principio di tipicità. In questa prospettiva, la presenza nel sistema di numerose disposizioni di legge che prescrivono l’iscrizione di eventi che incidono su situazioni iscritte determinandone la modifica o la cessazione (cfr. in particolare gli arttt. 2196, ult. co.; 2300; 2332, ult. co.; 2385, ult. co.; 2400, penult. co.; 2436; 2487 bis; 2497 bis, e co. 1 e 3; 2612, ult. co.) appare espressiva di un principio generale in virtù del quale devono essere iscritti, pur in assenza di apposite previsioni, tutti gli eventi modificativi o estintivi di situazioni iscritte (la cui mancata iscrizione, del resto, implicherebbe la diffusione di dati non più rispondenti al vero, con conseguente inganno dell’affidamento dei terzi).
Il principio di tipicità, in definitiva, si coordina con un principio di completezza, in applicazione del quale, ad esempio, devono essere iscritti (malgrado il silenzio sul punto dell’art. 2471bis relativamente a usufrutto, pegno e sequestro, cui si contrappone l’espresso assoggettamento a pubblicità sancito dall’art. 2471 per il pignoramento) gli atti costitutivi di diritti su quote di s.r.l., così completando l’informazione sulla situazione proprietaria delle partecipazioni di società a responsabilità limitata. Non appare invece fondata la tendenza, pur diffusa in giurisprudenza (da ultimo Trib. Milano, decr. 4.7.2014, in RDS, 2014, con nota critica di Ibba, C., Domande giudiziali aventi ad oggetto quote di s.r.l., funzione “prenotativa” e principio di uguaglianza), ad argomentare dal principio di completezza l’iscrivibilità delle domande giudiziali volte a far dichiarare l’invalidità o l’inefficacia di cessioni di quote di s.r.l., posto che solo le sentenze che eventualmente accolgano tali domande possono dirsi ‘modificative o estintive’ dell’atto su cui incidono e, conseguentemente, soggette a iscrizione (mentre, d’altra parte, è senz’altro da escludere l’applicazione analogica di norme eccezionali quali gli artt. 2652 e 2690 c.c.).
Là dove le finalità siano meramente informative, l’eventuale pluralità di fonti di cognizione delle informazioni su imprese e imprenditori non presenta controindicazioni per i terzi, i quali possono anzi essere agevolati nel reperimento delle informazioni stesse dalla loro diffusione anche tramite la Gazzetta ufficiale ovvero tramite quotidiani o siti internet o altro mezzo (e v. ad esempio quanto previsto negli artt. 2250, ult. co., 2463 bis, co. 3, e 2501 septies c.c.; per le società quotate nell’art. 125 bis t.u.f.; e per le start-up innovative nell’art. 25, co. 11, d.l. 18.10.2012, n. 179).
Diverso discorso va fatto, invece, in relazione a tutte le ipotesi in cui l’adempimento pubblicitario sia suscettibile di produrre effetti dichiarativi, costitutivi e/o sananti (cfr. Registro delle imprese 2. Effetti), nel qual caso ovvie ragioni di tutela dei terzi esigono che sia rispettato il principio dell’unicità dello strumento pubblicitario: solo così, infatti, chi lo consulti è certo di non dover subire gli effetti di atti che non siano stati pubblicizzati tramite quello strumento (tanto che, negli anni in cui all’iscrizione nel registro delle imprese doveva seguire la pubblicazione nel Busarl, il primo adempimento non era da solo sufficiente a produrre l’effetto della conoscenza legale, individuandosi nel Busarl, appunto, lo strumento di opponibilità rilevante per i terzi).
In qualche caso, tuttavia, questo principio viene disatteso. In particolare, fino all’intervento legislativo del 2012 di cui si dirà appresso, gli adempimenti pubblicitari previsti nell’ambito del procedimento di fusione (ma il discorso vale integralmente anche in tema di scissione) venivano attuati tutti tramite il registro delle imprese (cfr. gli artt. 2501 ter, 2502 bis e 2504 c.c., relativi rispettivamente alla pubblicità del progetto, della decisione e dell’atto di fusione), fatta eccezione per l’avviso circa la facoltà di conversione delle obbligazioni convertibili, da pubblicarsi nella Gazzetta ufficiale (art. 2503 bis); eccezione, questa, che tuttora costringe i possessori di obbligazioni convertibili a consultare periodicamente sia il registro delle imprese, ai fini dell’esercizio del diritto di opposizione (combinato disposto degli artt. 2502 bis, 2503 e 2503 bis, co. 1), sia la Gazzetta ufficiale, ai fini dell’esercizio della facoltà di conversione (art. 2503 bis, co. 2).
La situazione è peggiorata per effetto del d.lgs. 22.6.2012, n. 123, che per il progetto di fusione ha previsto una forma di pubblicità alternativa rispetto all’iscrizione nel registro delle imprese, costituita dalla pubblicazione nel sito internet della società (purché «con modalità atte a garantire la sicurezza del sito medesimo, l’autenticità dei documenti e la certezza della data di pubblicazione»: nuovo testo dell’art. 2501 ter, co. 3); e ciò con effetti rilevanti per i terzi, dal momento che, ai sensi dell’art. 2503, sono legittimati a fare opposizione solo i creditori «anteriori all’iscrizione o alla pubblicazione».
In proposito non può che ripetersi che la razionalità del sistema pubblicitario, e una benintesa considerazione degli interessi dei terzi, esigono che ulteriori strumenti pubblicitari di volta in volta attivabili siano aggiuntivi (e non già alternativi o sostitutivi) rispetto al registro delle imprese ed abbiano finalità esclusivamente informative, riconoscendosi effetti legali solo alla pubblicità attuata tramite il registro delle imprese.
Artt. 2188 ss. c.c.; art. 8 l. 29.12.1993, n. 580; d.P.R. 7.12.1995, n. 581.
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