Lingue, regno d'Arles
Nel Duecento, la linea di separazione tra lingue germaniche e lingue romanze non corrispondeva in nessun caso al confine tra Regno di Germania e Impero, a est, e Regno di Francia, a ovest. Nella zona più settentrionale, la contea delle Fiandre (essa stessa bilingue, per la maggior parte di parlata fiamminga, ma a ovest in piccola parte di parlata piccarda) rientrava nel Regno di Francia. Tuttavia subito verso sud erano terre d'Impero ma di lingua gallo-romanza lo Hainaut, l'intera regione vallone con Liegi e Cambrai, il ducato di Lorena, con Metz, Toul e Verdun, la contea di Borgogna (quella che sarà poi la Franca Contea), l'attuale Svizzera romanda, il Lionese, il Delfinato e tutta la riva sinistra del Rodano, non senza qualche testa di ponte sulla riva destra. La frontiera linguistica romanzo-germanica, attorno al 1200, si era probabilmente assestata su una linea non troppo differente da quella moderna, ma solo pochi decenni prima resisteva ancora un'area residuale di lingua romanza nella valle della Mosella, attorno a Treviri.
Anche in epoca molto posteriore, chi dalla riva occidentale della Saône e del Rodano si trasferiva sulla riva orientale diceva di andare 'nell'Impero' e chi faceva il tragitto inverso andava 'nel Regno', anche se dall'una parte e dall'altra si usava lo stesso dialetto. Il fatto è che le costruzioni statuali di epoca medievale non annettono alcuna importanza alla lingua e gli abitanti del Regno di Germania, e ancor meno gli imperiali, non si identificano come genti di lingua tedesca. Le identità sociopolitiche sono feudali o dinastiche, non linguistiche. La circostanza che l'amministrazione imperiale, per quel tanto che esisteva, usasse il latino, così come faceva la Chiesa, evitava ogni problema pratico.
Questa ampia fascia di territori che da nord a sud andavano dai confini delle Fiandre fino al Mediterraneo, i cui abitanti erano formalmente sudditi dell'imperatore tedesco ma parlavano lingue romanze, non era affatto linguisticamente compatta. Essa veniva attraversata longitudinalmente dalle tre principali isoglosse che allora, e ancora oggi, articolano l'area gallo-romanza in tre settori: francese, francoprovenzale e occitano (o provenzale). A sua volta l'area francese comprendeva un piccolo settore piccardo (parte dello Hainaut e il Cambrésis), l'intero dialetto vallone, l'intero dialetto lorenese e la parte orientale del borgognone. L'area franco-provenzale era allora più ampia di quanto non sia ora, soprattutto verso nord. Essa includeva il Lionese e il Delfinato, nonché l'attuale Svizzera romanda, la Valle d'Aosta e le valli di Orco, Stura, Viù e l'alta Val di Susa. A sud cominciavano le parlate occitaniche, qui propriamente provenzali, usate oltre che tra Rodano e Alpi anche nelle alte valli più meridionali a oriente delle creste. La distinzione delle tre aree comincia dal sistema delle vocali e dal dittongamento ma si estende a numerosi aspetti della fonetica, della morfologia, della sintassi e del lessico.
Le varietà volgari della zona erano giunte o stavano giungendo all'uso scritto, letterario o amministrativo, in tempi molto diversi, in rapporto non tanto a fattori propriamente linguistici, ma alla forza delle tradizioni locali e all'iniziativa delle corti e dei comuni. Certo è che Valenciennes, uno dei centri principali dello Hainaut, di parlata piccarda, è la località da cui provengono alcuni tra i più antichi testi antico-francesi come, già del sec. IX, la Ste-Eulalie e la Vie de St-Léger. Anche l'uso letterario del vallone è assai vitale almeno fin dal sec. XII: degli ultimi decenni di questo secolo abbiamo numerosi manoscritti di opere religiose. La scrittura letteraria del lorenese è già documentata alla fine del sec. XII e attorno al 1200 qui fu scritta una copia del Roman d'Eneas; qualche anno dopo vi fu composta la canzone di Herviz de Metz; più tardi, entro la prima metà del sec. XIII, vi abbiamo copie del Foucon de Candie, del Perceval, del Lancelot-Graal. Nulla sembra esserci pervenuto in questo campo, invece, dalla Franca Contea (là è difficile distinguere tra borgognone occidentale e orientale). Diversa la situazione dell'area franco-provenzale, dove abbiamo già alla metà del sec. XII l'Alexandre laurenziano di Alberic de Pisançon, e poi nella prima metà del XIII due copie del Girart de Roussillon e due raccolte di testi narrativi. Quanto alla Provenza, non vi mancano trovatori e poesie già dopo il 1150.
Più nette sono le date di inizio dell'uso del volgare nei documenti. Il regno di Federico II certamente non rallenta il processo, tanto più che nelle regioni germaniche dell'Impero esso era più avanzato. In ogni caso alcune serie documentali volgari hanno inizio o negli anni immediatamente precedenti alla sua ascesa al trono o poco dopo: a Cambrai il primo documento volgare a noi giunto è già del sec. XII, a Tournai del 1206, a Saint-Quentin del 1214, a Metz del 1219 (ma lo statuto cittadino è in volgare già nel 1215), a Mons del 1222, a Liegi del 1233, a Lussemburgo del 1225, a Verdun del 1226. Un po' più tardi si comincia in area borgognona orientale: un documento non localizzato è del 1238, il primo di Besançon del 1242. Segue di poco l'area franco-provenzale: a Lione il primo documento volgare è del 1246. L'area svizzero-romanda è invece più lenta in questo passaggio. Non possiamo datare (ma è certo del nostro secolo) un'iscrizione in franco-provenzale nel palazzo episcopale di Die (Drôme), che mostra un diffuso uso pratico del volgare (si tratta di un'indicazione di uso comune). Molto prima aveva invece cominciato a usare il volgare nei documenti giuridici l'area occitana, per la quale abbiamo già testi dei primi anni del sec. XII. Ma qui siamo in piena area di diritto scritto e l'anticipazione si giustifica bene. Comunque i documenti dell'area occitana orientale sono assai più scarsi di quelli a ovest del Rodano.
Non è possibile escludere del tutto che, nell'ambito dei territori imperiali in origine latini, ma successivamente germanizzati, sussistessero sacche isolate di resistenza del romanzo anche a sud del Danubio. In ogni caso, nel margine meridionale del Regno di Germania c'era una larga fascia di popolazioni ancora romanze, gli antenati degli attuali retoromanzi del Canton Grigioni, dei ladini della zona dolomitica e, ma siamo già nel Regno d'Italia, dei friuliani. La documentazione volgare di queste parlate alpine è per l'epoca medievale minima: nessuna per l'area dolomitica, mentre per quella altorenana abbiamo una misera prova di penna con cinque sole parole in un codice di S. Gallo del 1100 ca. e la cosiddetta versione interlineare di qualche frase di un testo attribuito a s. Agostino in un codice di Einsedeln di cento anni più recente, quindi all'inizio dell'epoca federiciana (meglio documentato è il friulano). Poiché ambedue le aree in questione sono state esposte nei secoli a una forte pressione delle vicine parlate germaniche, è pressoché sicuro che esse fossero ai tempi di Federico II assai più estese che oggi. Il romanzo grigionese si parlava fino a Coira e oltre e dall'Engandina fino al Voralberg; quello dolomitico doveva essere esteso a valli che poi divennero romanze.
Senza entrare nella dibattuta questione dell'origine, queste varietà romanze rappresentavano senza dubbio, da un lato, la continuazione di fenomeni (come la conservazione di -s finale: tres 〈 tres) che erano stati un tempo comuni anche ai dialetti dell'Italia padana e, dall'altro, si caratterizzavano per tratti (come la palatalizzazione di c+a: chan 〈 cane) che a noi sembrano molto più settentrionali, analoghi a quelli del francese. Poiché non sappiamo nulla dell'incipiente romanzo della Raetia danubiana e del Norico all'inizio del Medioevo, è impossibile giudicare se invece si tratti di residui di quest'area presto sommersa dal germanesimo.
fonti e bibliografia
M. Pfister, L'area galloromanza, in Lo spazio letterario del Medioevo, II, Il Medioevo volgare, a cura di P. Boitani-M. Mancini-A. Varvaro, Roma 2002, pp. 13-96. Lexikon der romanistischen Linguistik, II, 2, Die einzelnen romanischen Sprachen und Sprachgebiete vom Mittelalter bis zur Renaissance, a cura di G. Holtus-M. Metzeltin-Chr. Schmitt, Tübingen 1995.
Inventaire systématique des premiers documents des langues romanes, a cura di B. Frank-J. Hartmann, ivi 1997.