FUBINI, Renzo
Nacque a Milano il 30 sett. 1904 da Riccardo e Bice Colombo. Frequentò la facoltà di giurisprudenza dell'università di Torino, ove conobbe e seguì Luigi Einaudi, con il quale si laureò nel luglio del 1926, discutendo una tesi sugli effetti comparati dell'imposizione sul reddito e dell'imposta di successione. Ebbe anche rapporti intensi con altri professori della facoltà torinese, come Giuseppe Prato e Pasquale Jannaccone.
Il tema al quale il F. ha maggiormente dedicato, fin dagli inizi dell'attività scientifica, la sua attenzione nel campo della scienza delle finanze, è stato quello dell'imposta personale sul reddito, sia per quanto riguarda gli effetti sul valore capitale dei beni (teoria dell'ammortamento), sia per quanto riguarda la stessa definizione del concetto di imposta generale, fortemente soggettiva, per cui sarebbe tale soltanto l'imposta che fosse così considerata dai contribuenti. Nella scelta del tema aveva senza dubbio influito Einaudi il quale, ai fini della dimostrazione della sua tesi circa la "doppia imposizione del risparmio" cui darebbe luogo l'imposta sul reddito, si era impegnato personalmente e aveva stimolato una serie di studi sull'imposta generale sul reddito. Il primo lavoro del F. fu dedicato a La teoria dell'ammortamento dell'imposta e l'impostapersonale sul reddito, in Giorn. degli economisti, s. 4, V (1927), pp. 302-321, 436-495. E sullo stesso tema tornò con l'articolo Sulla tassazione del risparmio, ibid., VI (1928), pp. 480-492.
Nel primo ampio scritto si mette in evidenza come l'ammortamento possa essere considerato per un tempo indefinito soltanto se il bene è sottratto all'azione livellatrice della libera concorrenza. Quando, invece, la concorrenza tra i vari impieghi di capitale svolge la sua azione, la diminuzione di valore dei beni capitali tende a essere compensata da un insieme di forze, tra cui l'azione esercitata dai nuovi risparmiatori. Questi ultimi, se l'imposta personale deprime il rendimento, non saranno disponibili a entrare nel settore; e se non entreranno, la minore offerta farà aumentare il rendimento. La tesi dell'ammortamento dell'imposta generale sul reddito (a carattere proporzionale) è accolta dal F. che contrasta le argomentazioni con cui sia Einaudi sia B. Griziotti escludono l'ammortamento dell'imposta personale sul reddito. Secondo il F. anche tale imposta darebbe sempre luogo a fenomeni di ammortamento, pur se non del tutto prevedibili a priori, perché funzione di numerosi elementi, tra cui la posizione economica dei proprietari.
Ancor più strettamente connesso con il pensiero di Einaudi è l'altro tema su cui si è impegnato il F. nei suoi primi scritti, quello della doppia imposizione del risparmio, su cui egli ha pienamente condiviso l'impostazione di Einaudi, a sostegno del verificarsi della doppia imposizione nell'ambito di un sistema di imposizione generale sul reddito, in contrasto con A. De Viti De Marco e U. Ricci.
La teoria finanziaria di De Viti De Marco è stata, sin dai primi anni, oggetto di meditazione da parte del Fubini. Oltre che negli stessi lavori già menzionati, un denso, anche se breve, scritto Sull'influenza dell'imposta sulla domanda e sull'offerta, in Giorn. degli economisti, VII (1929), pp. 12-22, fu da lui dedicato alla teoria della traslazione quale era stata presentata dallo studioso pugliese nei suoi Primi principii dell'economia finanziaria. L'atteggiamento critico nei riguardi di De Viti De Marco rimase una costante nel pensiero del F., che anche nel suo scritto più ampio e più maturo, le sue Lezioni di scienza delle finanze (Padova 1934), non mancò di mettere in evidenza lo scarso realismo delle teorie devitiane.
Completano il primo periodo di studi del F. due ulteriori, brevi scritti di carattere bancario, A proposito di "assegno titoli", in Rivista bancaria, IX (1928), pp. 525-528 e Note in tema di segreto bancario, ibid., X (1929), pp. 1-12, in cui il segreto bancario viene considerato una specie di segreto industriale, non assimilabile, quindi, al "segreto d'ufficio".
Nel 1929-30 il F. compì un lungo viaggio di studio in Inghilterra e negli Stati Uniti, con una "fellowship" della Rockfeller Foundation, di cui Einaudi era "advisor" per l'Italia. Il programma della Rockfeller prevedeva per i "fellows" un soggiorno di alcuni mesi in Inghilterra, presso la London School of Economics, dal settembre al dicembre del 1929 e, alla fine dell'anno, la partenza per New York, dove giunse ai primi di gennaio del 1930. Il F. decise di andare a Harvard, soprattutto per studiare le teorie aziendalistiche americane (che peraltro lo delusero molto). Frequentò lezioni e seminari dei primi mesi del 1930, ed ebbe contatti con economisti come F.W. Taussig, T.N. Carver e C.J. Bullock. L'interesse per le problematiche dell'economia mondiale dopo il crollo di Wall Street lo indusse a scrivere alcune "corrispondenze", dapprima dall'Inghilterra (Lettere dall'Inghilterra, ibid., pp. 900-905) e poi dagli Stati Uniti (Lettere dall'America, ibid., XI [1930], pp. 385-393), con commenti molto interessanti che riflettevano le prime reazioni dell'opinione pubblica internazionale di fronte al "crack" dell'ottobre precedente.
Ritornato in Italia durante l'estate del 1930, il F. conseguì all'inizio del 1931 la libera docenza in scienza delle finanze e diritto finanziario, disciplina di cui iniziò l'insegnamento presso l'istituto superiore di scienze economiche e commerciali dell'università di Bari, dapprima (anno accademico 1930-31) per incarico e poi, a partire dall'anno accademico 1932-33, in qualità di professore straordinario, in seguito al concorso di scienza delle finanze e diritto finanziario dell'università di Messina. Pochi mesi prima della positiva conclusione del concorso, il F. aveva pubblicato due nuovi scritti sull'imposta generale sul reddito, che costituiscono le sue opere più impegnative.
Il primo articolo, Contributo alla determinazione del concetto di imposta generale sul reddito (in Giorn. deglieconomisti, X [1932], pp. 227-297), dopo aver analizzato il concetto di "reddito", ne rifiuta "qualsiasi soluzione univoca", dichiarando "più opportuno, sia per i fini di indagine teorica, sia per i fini di applicazione pratica, accogliere, di volta in volta, il concetto che appaia più consentaneo alla questione, o serie di questioni, prese in esame". Questa impostazione prelude alla scelta di una definizione del concetto di "imposta generale" fortemente soggettiva: deve considerarsi generale l'imposta giudicata tale dai contribuenti attuali e dai contribuenti in fieri. Un aspetto molto interessante della trattazione del F. è l'analisi che egli compie, nella definizione del concetto di imposta "neutrale", dell'ipotesi tendente a collegare il prelievo con la spesa pubblica, giungendo alla conclusione che "nel determinare il concetto di imposta generale, si debba fare astrazione dall'impiego dei proventi fiscali da parte dell'ente politico". Rimane, tuttavia, in certo modo contraddittoria la conclusione dello stesso F.: "A me pare essenziale che l'imposta generale sia intesa quanto più oggettivamente è possibile". E ciò per l'astrattezza di questo concetto, che non potrebbe essere di alcuna utilità.
Di poco successivo è un secondo articolo, Contributo allo studio degli effetti dell'imposta generale sul reddito (ibid., X [1932], pp. 365-404), nel quale si esaminano gli effetti della tassazione sul reddito risparmiato, nonché le ripercussioni sul livello dei prezzi e infine diversi aspetti del problema della traslazione.
Pregevoli inoltre, alcune voci redatte in quegli anni per l'Enciclopedia Italiana, dirette a illustrare concetti di teoria economica (Produzione, Rendita, Teoria dei costi comparati), anche con particolare riguardo agli aspetti monetari e bancari (Banche ordinarie di credito, Moneta).
Il periodo di insegnamento presso l'università di Bari fu breve. Il F. si trasferì, infatti, già a partire dall'anno accademico 1933-34 presso l'università di Trieste, in un primo momento ricoprendo la cattedra di scienza delle finanze e successivamente quella di economia politica. Vi rimase fino a quando, nell'ottobre del 1938, le leggi razziali lo allontanarono dalla cattedra.
Gli anni in cui insegnò a Bari furono quelli in cui F. pubblicò i suoi ultimi lavori di scienza delle finanze. Particolarmente apprezzabile il citato corso Lezioni di scienza delle finanze, pubblicato alla fine del periodo trascorso nell'università pugliese (1934), che, malgrado il carattere di appunti da lezioni, collega in un quadro generale i principali temi su cui il F. aveva già dato contributi, aggiungendovi ulteriori riflessioni e in alcuni casi inserendovi idee ancora non pienamente sviluppate e dati della realtà finanziaria di quel periodo.
Interessante, anche, la dissertazione su I vari tipi di indagine nell'ambito dell'economia finanziaria, che fu il discorso inaugurale dell'anno accademico 1933-34 dell'Istituto superiore di scienze economiche e commerciali dell'università di Bari (in Annuario del R. Istituto Superioredi scienze economiche e commerciali di Bari, Bari 1934, riprodotto, inoltre, con qualche modifica, in Giorn. degli economisti, XI [1933], pp. 883-889). Tale scritto rielaborava e approfondiva concetti già esposti dal F. in La visione dei fenomeni finanziari nell'opera di Gustav Cassel (in Economic Essays in honour of GustavCassel, London 1933, pp. 207-220).
Secondo il F. i "tipi di indagine" per lo studio dell'attività finanziaria sono riducibili a due: quello "economico", nel quale egli individua sia l'impostazione del materialismo storico che quella marginalista (o "edonista"), e quello che considera il fenomeno finanziario come un fenomeno esclusivamente "politico". Per quanto riguarda la prima impostazione, il F. si sofferma soprattutto sugli "edonisti", mostrando scetticismo nei confronti delle costruzioni astratte come quella di De Viti De Marco, ma riconoscendo al tempo stesso a De Viti De Marco il merito di aver inserito lo Stato nei meccanismi dell'economia, non considerandolo quindi più avulso da essa. Più interessante gli appare la seconda impostazione, che "mira a studiare le ripercussioni determinate nel sistema economico dalle interferenze politiche", anche se egli sostiene che sia preferibile "la ricerca di una posizione dottrinale equilibrata, intermedia tra i due atteggiamenti estremi", di cui egli riconosce un esempio nell'opera del Marshall.
In quello stesso periodo emerge (divenendo quasi prevalente negli anni successivi) l'interesse del F. per la storia del pensiero economico. Ne è una prima testimonianza un breve, appassionato articolo su M. Pantaleoni, il cui insegnamento a Bari era ancora ricordato con particolare fierezza. (Figure di economisti: Maffeo Pantaleoni, in La Nuova Italia, V [1934]).
All'università di Trieste il F. passò presto alla cattedra di economia politica, abbandonando quindi la scienza delle finanze anche sotto il profilo scientifico. Pubblicò (in collaborazione con G. Del Vecchio) un volume introduttivo all'economia, Elementi di economia generale e corporativa con cenni di statistica e finanza (Firenze 1937). Si manifestò in quel periodo l'interesse del F. per la storia del pensiero economico e, soprattutto, per il pensiero di F. Ferrara. Nel suo studio dell'opera dell'economista siciliano il F. fu attratto (come ebbe a dichiarare nella corrispondenza con Einaudi) più che dall'obiettivo di compiere una valutazione storica, dalla contrapposizione tra i diversi sistemi economici che caratterizza gran parte dell'opera del Ferrara.
Sono di quel periodo i seguenti scritti: F. Ferrara e David Ricardo, in Giorn. degli economisti, XIII (1935), 2, pp. 85-101; F. Ferrara e H. Dunning Macleod, ibid., 6, pp. 469-487; Ferrara, Marx e i fisiocrati, ibid., 11, pp. 958-971; Rileggendo Ferrara: Ferrara e Proudhon, ibid., XV (1937), 2, pp. 1-17; Una critica di Walras a Proudhon, ibid. Era inoltre intenzione del F. dedicare un articolo alla teoria finanziaria del Ferrara, da lui considerato come un precursore delle teorie "economiche" della finanza pubblica, di cui condivideva la visione del problema finanziario come problema di "limiti".
Una prima esposizione organica del pensiero del F. sulla evoluzione delle teorie economiche è contenuta in un suo breve scritto, Preliminari per una trattazione di storia delle dottrine economiche, Trieste 1937, pp. 1-15, nel quale vengono delineati i principî cui, a suo avviso, si sarebbe dovuta ispirare la storia del pensiero economico. In questo scritto, che in realtà esprimeva soprattutto una visione della scienza economica, di cui egli metteva in evidenza il carattere di scienza positiva, egli insisteva sulla necessità di trattare separatamente sistema politico e sistema economico, malgrado le indubbie interazioni tra di essi.
Nel 1938, in seguito alle leggi razziali, il F. entrò nella tragedia che avrebbe distrutto, dapprima la sua carriera, e poi la sua stessa vita. Con l'aiuto di Einaudi il F. aveva ripreso, già verso la fine del 1937, i contatti con la Fondazione Rockfeller, nella speranza di usufruire di un finanziamento per soggiornare in Francia o in Svizzera, presso l'Institut des Hautes Études Internationales di Ginevra. Le scuole ebraiche di Milano gli avevano offerta una cattedra presso un istituto tecnico, che il F. non aveva accettato, riservandosi di farlo al ritorno dal soggiorno all'estero. Frattanto si diede alla clandestinità.
Il F. tornò ancora a discutere del pensiero di Ferrara in una breve Nota, che introduceva un articolo di F. Oppenheimer ("La teoria obiettiva del valore e la scuola di Carey", Rivista distoria economica, III [1938], pp. 193-196), da lui stesso tradotto. L'anno dopo pubblicò un articolo, Notes au sujet du crédit et de l'épargne, sulla Revue d'économie politique. L'impegno scientifico del F. non venne meno neanche nel periodo della clandestinità, quando continuò a pubblicare, con lo pseudonimo "R.U. Ferrante", recensioni (per es. Value and Capital di J.R. Hicks, in Rivista di storia economica, VI [1941], pp. 139-141) e anche articoli (Variazioni cicliche e storia economica del pensiero di Joseph A. Schumpeter, ibid., pp. 250-254).
L'ultima testimonianza dell'attività scientifica del F. è una lettera del 31 ag. 1943 in cui, dopo essersi congratulato con Einaudi per la nomina a rettore dell'università di Torino, rallegrandosi per i cambiamenti politici in corso, comunicava di aver tradotto gli Elements del Walras e annunciava l'intenzione di pubblicare una raccolta di scritti sulla teoria economica del collettivismo analoga a quella da poco apparsa a cura di F. von Hayek, "fatta però con criteri più larghi di quelli un po' unilaterali, di Hayek e Mises". Altre due traduzioni, l'una dei Principii dieconomia politica e delle imposte di D. Ricardo, e l'altra della Teoria dell'economia politica di W.S. Jevons, furono pubblicate postume (Torino 1947).
Nel gennaio 1944 il F. fu arrestato in seguito a denuncia anonima; dopo essere stato rinchiuso nel carcere di Ivrea, in aprile fu condotto dalle SS nel carcere di Torino, da dove fu deportato qualche tempo dopo in Germania, nel campo di concentramento di Auschwitz, ove scomparve in data non precisabile, sicuramente nello stesso 1944.
Fonti e Bibl.: Torino, Fondazione L. Einaudi, Carte Einaudi (lettere del F. a L. Einaudi); E. D'Albergo, L'opera e il pensiero di R. F., in Rivista di diritto finanziario e scienza dellefinanze, VIII (1949), pp. 8-11. Inoltre: S. Steve, Sul concetto di imposta generale, in Giornale deglieconomisti, n.s., II (1947), pp. 573-626; C. Cosciani, Principii di scienza delle finanze, Torino 1953, passim; R. Faucci, Einaudi, Torino 1986, ad Ind.