Vedi Corea, Repubblica Democratica Popolare di dell'anno: 2012 - 2013 - 2015 - 2016
La Repubblica Democratica Popolare di Corea, o Corea del Nord, è uno dei paesi più impenetrabili al mondo, tanto che alcuni amano definirla il ‘regno eremita’. La Corea del Nord occupa circa il 55% del volume totale della penisola coreana, confinando a sud con la Repubblica di Corea per 238 chilometri; a nord con la Repubblica Popolare Cinese per 1416 km; a nordest con la Russia per 19 km. Il confine con la Corea del Sud è segnato dalla presenza di una zona smilitarizzata dell’ampiezza di circa quattro km, retaggio della storica divisione tra i due paesi. Anche il confine marittimo tra le due Coree, denominato Northern Limit Line, continua ad essere al centro di dibattiti tra i due paesi: i nordcoreani non hanno mai accettato questo confine fissato alla fine della Guerra di Corea, considerandolo un’imposizione delle Nazioni Unite, e a loro volta ne hanno stabilito uno più a sud che non è mai stato accettato dai sudcoreani. Questa annosa questione è stata spesso la causa di scontri navali tra i due paesi.
La Corea del Nord è una dittatura legata in origine alla dottrina marxista-leninista alla quale vi ha poi sostituito, in qualità di filosofia ufficiale di stato, il concetto di chuch’e, cioè ‘autosufficienza’, che pervade qualunque aspetto della vita del paese. Questo concetto è inestricabilmente legato al culto della famiglia Kim: dopo Kim Il Sung, che ha governato il paese dal 1948 al 1994, e Kim Jong Il, alla morte di quest’ultimo, avvenuta nel dicembre 2011, il potere è passato nelle mani di Kim Jong Un. Quest’ultimo riassume in sé la carica di presidente della Commissione nazionale di difesa, quella di supremo comandante delle forze armate e quella di segretario generale del Partito coreano dei lavoratori. Sebbene questi poteri siano fortemente intrecciati tra loro, a partire dal 1995 la preminenza delle forze armate è andata consolidandosi, in virtù della politica del songun (‘priorità all’esercito’).
Il ramo legislativo è rappresentato dalla Suprema assemblea del popolo, organo unicamerale composto da 687 membri eletti ogni cinque anni. È in vigore il suffragio universale esteso a tutti i cittadini di età maggiore a 17 anni; unico ruolo di quest’assemblea è di ratificare le decisioni prese dal Partito dei lavoratori. All’assemblea spetta il potere di nomina dell’esecutivo, costituito da un premier (attualmente Choe Yong Rim), tre vice premier e dai ministri. La figura del presidente è stata revocata in onore a Kim Il Sung, nel 1994: nominalmente il capo dello stato sarebbe il presidente della Suprema assemblea del popolo. Di fatto, Kim Jong Un esercita un controllo assoluto sul paese e la Commissione nazionale di difesa è stata dichiarata il ‘massimo organo dello stato’.
La Costituzione del dicembre 1972, che era andata a sostituire quella originariamente adottata nel 1948, è stata emendata nel 1992 e ancora nel 1998.
La Corea del Nord ha una popolazione di oltre 24 milioni di abitanti, con un tasso di crescita demografica dello 0,4%. La mortalità infantile rimane ragguardevole (26,3 su 1000 nati). Più della metà della popolazione totale vive nelle aree urbane. Essendo uno dei paesi più chiusi verso l’esterno, non è consentita alcuna forma di migrazione legale dalla Corea del Nord. Nel periodo compreso tra la fine della Guerra di Corea (1950-53) e la fine del 20° secolo solo 5.000 nordcoreani circa sono riusciti a fuggire al sud. Queste cifre hanno subito un incremento significativo tra il 2003 e il 2004, quando un numero compreso tra i 140.000 e i 300.000 cittadini nordcoreani hanno raggiunto la Cina, con l’intenzione di spostarsi in un secondo momento a Seoul. Pochi tra questi riescono effettivamente a raggiungere la Corea del Sud; al 2007 nella capitale sudcoreana erano però censiti più di 10.000 esuli nordcoreani. Ciò è degno di nota, se si pensa che nel 1990 gli esuli del nord che vivevano al sud erano soltanto nove.
A causa della natura isolazionista della Corea del Nord è molto difficile affrontare il discorso relativo alla violazione dei diritti umani. Molti tra quelli che hanno avuto accesso al paese, in particolare alcune organizzazioni non governative, hanno spesso denunciato il controllo totale che il governo esercita su qualunque attività sociale. I media sono strettamente controllati dal regime e sottoposti a una censura e un controllo ferrei: la Corea del Nord è stata indicata come il paese in cui la libertà di stampa è maggiormente violata al mondo. Nessun tipo di opposizione è tollerata: chiunque esprima un’opinione contraria a quella ufficiale del Partito dei lavoratori è perseguibile. Gli oppositori del regime, o presunti tali, possono essere sottoposti a prigionia, tortura, lavori forzati o soppressione.
L’economia nordcoreana, da sempre incentrata sulla nazionalizzazione di tutte le attività industriali e sulla collettivizzazione dell’agricoltura, ha cominciato a mostrare forti segnali di cedimento all’inizio degli anni Novanta, in concomitanza con la disintegrazione dell’Unione Sovietica. L’ampio supporto militare, tecnologico ed economico da parte di sovietici e cinesi era stato vitale per Pyeongyang: l’interruzione nella fornitura di aiuti e materiali a prezzi ribassati contribuì ad aggravare la situazione economica nordcoreana, già non florida. Si stima che il reddito nazionale lordo pro-capite sia diminuito di un terzo tra il 1990 e il 2002. Da quel momento, l’economia sembra sia andata stabilizzandosi, mostrando di recente una modesta crescita, frutto dell’aumentata cooperazione intercoreana. La produttività e le condizioni generali di vita della popolazione rimangono al di sotto dei precedenti livelli del 1990. Alla metà del 2002 il governo ha annunciato l’avvio di alcune ‘misure di miglioramento economico’ che hanno portato a una modesta crescita dei salari e dei prezzi. Il governo a causa del continuo deterioramento nel sistema statale di distribuzione ha cominciato a tollerare alcune forme limitate di commercio privato. Nel 2005, incoraggiato dal miglioramento nel raccolto e dall’entità delle donazioni sudcoreane, il governo ha cercato di tornare sui propri passi, proibendo qualunque forma di commercio privato e ridando vita a un sistema centralizzato di distribuzione del cibo. Sembra che sia il tentativo di ristabilire il controllo centralizzato da parte dello stato così come la lotta all’inflazione si siano rivelati vani. Nell’estate del 2007 delle severe inondazioni hanno messo il paese in ginocchio, com’era già accaduto a metà degli anni Novanta. La mancanza endemica di generi di prima necessità ha aggravato le condizioni generali della popolazione che ha continuato a soffrire di malnutrizione.
L’economia ha cominciato a mostrare dei segni di ripresa nel 2009, come risultato di condizioni climatiche favorevoli e di assistenza energetica da parte di altri paesi. Verso la fine del 2009 il governo ha deciso di rivalutare la moneta, ma questa operazione ha favorito l’aumento dell’inflazione.
Il settore industriale è fortemente limitato e sottosviluppato a causa, soprattutto, della mancanza di combustibile e di parti di ricambio.
Le dotazioni infrastrutturali del paese sono in genere ridotte e antiquate, specialmente fuori dalla capitale, e il settore energetico è virtualmente inesistente.
La Corea del Nord intrattiene la gran parte delle sue relazioni commerciali estere (importazioni e esportazioni) con la Cina e la Corea del Sud. Gli investimenti cinesi nell’industria manifatturiera e nelle infrastrutture lasciano intravedere speranze di risollevamento per la fragile economia nordcoreana; la condizione perché ciò avvenga è che la leadership accantoni, almeno in parte, il rafforzamento a tutti i costi della struttura militare e liberi risorse che possano favorire la crescita economica.
n seguito alla divisione in due parti, la penisola coreana si è trasformata in una delle zone più militarizzate al mondo. La Corea del Nord detiene il record di nazione col più alto tasso di personale militare sulla popolazione totale, oltre ad essere la quarta potenza militare assoluta per disponibilità di uomini dopo Cina, Stati Uniti e India.
Le forze armate nordcoreane, indicate col nome collettivo di Armata popolare della Corea, enumerano circa 1.200.000 uomini in servizio permanente – di cui circa 1.000.000 nell’esercito – e circa 8 milioni di unità tra paramilitari e riservisti. La coscrizione maschile è obbligatoria e in genere ha inizio a 17 anni per una durata di circa dieci; anche dopo il congedo gli uomini sono sottoposti a dei periodi di richiamo, fino all’età di 60 anni. Su base selettiva anche le donne possono essere arruolabili. Secondo quanto dichiarato da Pyeongyang, la spesa militare equivarrebbe a circa il 16% del budget totale dello stato, ma secondo alcune fonti sudcoreane, essa sarebbe pari almeno al 30%.
La Corea del Nord possiede un’eccellente dotazione militare, in cui spicca la potenza e l’ampiezza della sua artiglieria. A partire dagli anni Settanta, Pyeongyang ha cominciato a investire in modo significativo nell’acquisizione e nel perfezionamento di missili balistici e armi di distruzione di massa (chimiche, biologiche e nucleari).
Dal punto di vista della sicurezza interna, fin dalla sua fondazione il regime nordcoreano ha potuto fare affidamento su un sistema pervasivo di controllo totalitario della popolazione. I diritti individuali sono assoggettati ai voleri e alle necessità del regime e coloro che cercano di sottrarsi a questo assunto vengono variamente sanzionati con la pena capitale, i lavori forzati o i campi di rieducazione.
Sebbene l’interesse nordcoreano nei confronti dell’energia nucleare risalga agli inizi degli anni Cinquanta – in virtù della cooperazione con i sovietici – solo dal 1980 la Corea del Nord cominciò la costruzione, sul sito di Yongbyon, di un reattore elettrico da 5 megawatt moderato a grafite, entrato in funzione nel 1986. Già nel dicembre 1985 la Corea del Nord aveva accettato di siglare il Trattato di non-proliferazione nucleare (Tnp) ma, per una serie di vicissitudini, la ratifica dell’Accordo di salvaguardia con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Iaea) avvenne solo all’inizio del 1992. La Corea del Nord si impegnava, con questa mossa, a fornire il quadro completo delle sue dotazioni nucleari aprendosi agli ispettori dell’Iaea. La situazione sembrava procedere verso una sostanziale distensione, visto che pochi giorni prima, il 18 dicembre 1991, le due Coree avevano siglato la Joint Declaration on the Denuclearization of the Korean Peninsula, in cui entrambe prendevano l’impegno di non testare, produrre, ricevere, possedere, accumulare, dispiegare o utilizzare armi nucleari, così come di non dotarsi di impianti destinati all’arricchimento dell’uranio.
Durante il ciclo di ispezioni presso il sito di Yongbyon nel 1992, i tecnici della Iaea scoprirono con preoccupazione che i nordcoreani avevano proceduto al riprocessamento del plutonio in almeno tre occasioni: alla richiesta dell’Iaea di ispezionare due altri siti sospetti la Pyeongyang oppose un secco rifiuto, annunciando poi la volontà di ritirarsi dal Tnp. Questa mossa venne bloccata grazie agli intensi colloqui che furono stabiliti con Washington: Pyeongyang accettò di rimanere sotto l’ombrello del Tnp, senza però concedere all’Iaea la possibilità di investigare sulle attività nucleari pregresse. Nel 1994, i tecnici coreani cominciarono a rimuovere le barre di combustibile esaurite dal reattore di Yongbyon, senza alcuna supervisione da parte della Iaea: ciò non fece altro che acuire la montante crisi perché lo stoccaggio attuato dai nordcoreani avrebbe impedito definitivamente qualsiasi ricostruzione storica delle operazioni del reattore. L’amministrazione Clinton si rivolse al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite chiedendo l’imposizione di sanzioni economiche a Pyeongyang; i nordcoreani dichiararono che tali sanzioni sarebbero state considerate un ‘atto di guerra’. La crisi venne in qualche modo risolta dalla visita dell’ex presidente statunitense Jimmy Carter a Pyeongyang nel giugno 1994, durante la quale fu presentato al leader nordcoreano Kim Il Sung il documento che di lì a poco sarebbe diventato l’‘Accordo quadro’.
In base a questo accordo i nordcoreani avrebbero congelato in maniera verificabile le attività del reattore di Yongbyon e fatto passi concreti verso la denuclearizzazione; gli americani, a capo di un consorzio internazionale, avrebbero fornito ai nordcoreani due reattori ad acqua leggera – la cui costruzione sarebbe dovuta essere ultimata entro il 2003 – oltre a un’adeguata fornitura energetica. Gli Usa, inoltre, avrebbero dovuto rassicurare Pyeongyang di non avere alcuna intenzione di attaccarli militarmente. Il sottile filo sul quale si teneva la relazione tra nordcoreani e americani si spezzò quando George W. Bush divenne presidente nel 2001. Egli cercò di rendere più stringente il controllo sulla Corea del Nord, anche perché gli americani avevano cominciato a sospettare che i nordcoreani avessero dato inizio a un programma di arricchimento dell’uranio (Heu), un percorso differente per giungere comunque alla produzione di materiale fissile per la realizzazione di bombe nucleari. Nell’ottobre 2002 i colloqui bilaterali tra americani e nordcoreani ripresero con la visita a Pyeongyang di James Kelly, Assistente segretario di stato per l’Asia orientale e il Pacifico: durante l’incontro Kelly accusò i nordcoreani di avere confermato i sospetti relativi all’arricchimento dell’uranio, ma quest’ultimi respinsero le accuse. Gli americani risposero bloccando tutti gli aiuti e le forniture, mentre Pyeongyang espelleva gli ispettori ritirandosi dal Tnp.
Nella primavera del 2003 si ebbe notizia che la Corea del Nord aveva completato il riprocessamento di 8000 barre di combustibile, accumulando così abbastanza plutonio per la realizzazione di diverse bombe. In un estremo sforzo di spingere Pyeongyang alla denuclearizzazione si diede vita ai Six-Party Talks, una serie di dialoghi multilaterali tra gli attori maggiormente coinvolti. Il quarto round dei Six-Party Talks, nel settembre 2005, si concluse con la ratifica di una ‘Dichiarazione di principi’, in cui si stabiliva che la Corea del Nord avrebbe abbandonato il suo programma nucleare per ritornare sotto l’ombrello del Tnp al più presto; in cambio gli americani assicurarono di non avere alcuna intenzione di lanciare un attacco militare a Pyeongyang. I buoni propositi furono abbandonati presto da entrambi, a causa della mancata fornitura dei reattori ad acqua leggera alla Corea del Nord prevista dall’Accordo quadro del 1994: per Washington ciò sarebbe potuto avvenire solo al completo smantellamento del programma nucleare nordcoreano.
La crisi nucleare continuò ad acuirsi, fino a raggiungere lo zenit il 3 ottobre 2006, quando i nordcoreani procedettero ad un test nucleare sotterraneo, che produsse l’imposizione di immediate sanzioni. Dopo questo avvenimento, tuttavia, la situazione migliorò sensibilmente, dato che i nordcoreani accettarono di abbandonare i programmi nucleari in cambio di aiuti, soprattutto energetici. Tale distensione spinse l’amministrazione statunitense a rimuovere la Corea del Nord dalla lista dei paesi sostenitori del terrorismo; i nordcoreani risposero distruggendo la torre di raffreddamento del reattore di Yongbyon. Di lì a poco, tuttavia, le tensioni ripresero per l’impossibilità di fissare un protocollo di verifica del programma nucleare nordcoreano. Questa nuova rottura ha portato direttamente al secondo test nucleare sotterraneo nordcoreano, il 25 maggio 2009, più violento del primo, condannato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite attraverso la risoluzione n. 1874. Da quel momento ogni tentativo di riportare i nordcoreani al tavolo dei colloqui è risultato vano, anche se la costante attività di raccordo diplomatico lascia sperare che in futuro possano esserci degli spiragli di apertura.