SUDAFRICANA, REPUBBLICA.
– Condizioni economiche. Politica economica e finanziaria. Storia. Bibliografia. Architettura. Letteratura. Bibliografia. Cinema. Bibliografia
Demografia e geografia economica di Lina Maria Calandra. – Stato dell’Africa australe. La popolazione, in base al censimento del 2001, contava 44.819.778 ab.; in base al censimento del 2011, invece, contava 51.770.560 ab., di cui il 30% sotto i 15 anni. Stime nazionali, poi, indicano circa 54.002.000 ab. nel 2014, con un ritmo di crescita dell’1,5% annuo negli ultimi dieci anni. Una stima UNDESA (United Nations Depart ment of Economic and Social Affairs), infine, indica per il 2014 53.139.528 abitanti.
Con un tasso di urbanizzazione del 64%, la popolazione si concentra soprattutto nella provincia di Gauteng (23,7%), con le municipalità metropolitane di Pretoria, capitale amministrativa e sede del governo (2.921.488 ab.) e di Johannesburg (4.434.827 ab. nel 2011, di cui 1.271.000 nella sola Soweto), e nella provincia di KwaZulu-Natal (19,8%), soprattutto con Durban (3.442.361 ab.). Altre municipalità metropolitane demograficamente importanti sono: Città del Capo, capitale legislativa (3.740.026 ab.), Port Elizabeth (1.152.115 ab.), Bloemfontein, capitale giudiziaria (747.431 ab.). L’immigrazione da altri Paesi africani (Zimbabwe, Angola, Lesotho, Malawi, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Ghana, Camerun) è un fenomeno significativo per la R. S., la cui reale portata, però, al di là delle statistiche ufficiali, risulta di difficile quantificazione. Consistenti sono anche le comunità di lavoratori asiatici (Cina, India, Pakistan). Risultano inoltre 300.000 tra rifugiati e richiedenti asilo da Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Somalia, Zimbabwe, sebbene in calo rispetto al passato. Significativi sono poi i flussi interni, soprattutto dalle province del Capo Orientale (−278.261 ab. nel periodo 2001-11) e di Limpopo (−152.261 ab.) verso quelle di Gauteng e del Capo Occidentale.
Le condizioni di vita della popolazione, per certi aspetti, sono tra le migliori dell’Africa subsahariana: l’89% degli abitanti dispone di un telefono cellulare, il 77% è fornito di cucina elettrica o a gas, il 68% di frigorifero, il 48,9% di accesso a Internet (2013). La speranza di vita, dopo il calo registrato nel periodo 1992-2010 (da 62 a 53 anni), si attesta su 56,9 anni (2013), sebbene continui a pesare la diffusione dell’AIDS/HIV (Acquired Immune Deficiency Syndrome/Human Immunodeficiency Virus): con 6.300.000 persone affette (ossia il 12% della popolazione), la R. S. rimane al primo posto al mondo per numero di malati. Alcuni risultati sono però stati raggiunti: il numero di nuovi affetti per anno è passato da 720.000 nel 1999 a 340.000 nel 2013, con una diminuzione dei decessi del 50% dal 2010 al 2013 (200.000 morti). Anche l’alfabetizzazione è cresciuta (dall’88% del 2007 al 92% del 2012), sebbene continui a interessare in misura diversa i vari gruppi: per la popolazione nera essa è al 78%, per i coloured all’84%, per gli asiatici al 91% e per i bianchi al 98%. Quello delle disuguaglianze (tra aree rurali e urbane e tra i vari gruppi di popolazione) è un problema irrisolto: la R. S. registra uno dei tassi di disuguaglianza tra i più alti al mondo. Tra i Paesi a medio sviluppo (118° posto dell’Indice di sviluppo umano), la R. S. ha un PIL pro capite a parità di potere d’acquisto (PPA) di 12.722 $ (2014), ma con profonde differenze a seconda della provincia (per es., il reddito medio annuo nel 2011 di Gauteng è stato tre volte quello di Limpopo) e a seconda del gruppo di popolazione (il reddito medio annuo dei bianchi è di 56 volte superiore a quello della popolazione nera). Per l’incidenza pro capite di omicidi, rapine a mano armata e stupri, il Sudafrica risulta ai primi posti al mondo.
Condizioni economiche. – Dopo la crisi del 2009 (−2%), il PIL sudafricano è tornato a crescere del 2-3% l’anno, troppo poco per far fronte alla disoccupazione: al 21,9 % nel 2009 e al 25,2% nel 2014, con il 50% dei giovani compresi tra i 15 e i 34 anni senza occupazione. La disoccupazione rappresenta uno dei più importanti problemi sociali e politici della R. S., che si manifesta anche con proteste, scioperi, scontri violenti, e con tensioni tra le diverse forze politiche e i movimenti dei lavoratori. Tra le cause della disoccupazione in questo Paese, che ha uno dei tassi di partecipazione al lavoro più bassi al mondo (41%), risultano le non adeguate competenze della forza lavoro, alcune carenze infrastrutturali ed energetiche e gli strascichi della crisi internazionale. Per far fronte a tale situazione, il governo ha predisposto tutta una serie di provvedimenti: un esteso programma di lavori pubblici con sovvenzioni alle municipalità per la creazione di posti di lavoro; un piano nazionale di sviluppo; misure di incentivazione fiscale per chi assume giovani. Nel settore energetico, poi, il governo persegue l’ultimazione della centrale a carbone di Medupi, tra le più grandi al mondo.
Quella sudafricana resta in ogni caso la principale economia dell’Africa, con un PIL di 341,2 miliardi di $ nel 2014, sebbene superata nel PIL dalla Nigeria ufficialmente dal 2010. Il primo settore è rappresentato dal terziario, con il 70% della forza lavoro e il 68% del PIL. I servizi contano per il 25% del PIL; particolarmente dinamici sono i settori finanziari, assicurativi e immobiliari. Ma la R. S. è anche tra i leader mondiali per i servizi minerari di gestione, prospezione, ventilazione, sicurezza, scavo pozzi. E grande peso ha anche il settore turistico, con 9.188.000 ingressi (2012); mete importanti sono, oltre alle principali città, anche i parchi nazionali e transfrontalieri.
A livello commerciale, il Paese rappresenta un hub importante sia alla scala regionale (facendo parte della Common monetary area, della Southern African customs union e della Southern African development community) sia a quella mondiale (la R. S. risulta tra i BRICS, v.).
Per il settore minerario, il Paese fornisce spirali di lavaggio, locomotive sotterranee, pompe, attrezzature idroelettriche; per quello automobilistico, soprattutto componenti (sedili e convertitori catalitici). Ma il peso di questi due settori riguarda anche altri aspetti. Quello minerario (10% del PIL, 16% della forza lavoro), con consistenti investimenti esteri, alimenta per il 43% l’export (verso Cina, Giappone, Germania, India) e buona parte del manifatturiero (alluminio, piombo, ghisa). Relativamente al 2013, il Sudafrica è stato il primo produttore di platino (140.000 kg) e tra i primi di: carbone (259 milioni di t), con il 69% della produzione energetica; uranio (540 t), in parte fonte di energia nucleare; oro (145.000 kg, 2013); diamanti (2,8 milioni di carati); ferro (67 milioni di t). Anche il settore automobilistico (6% del PIL, 12% dei prodotti manifatturieri esportati) ha conosciuto una costante crescita degli investimenti esteri da parte di gruppi quali BMW, Ford, General motors e Toyota. Nel 2013, poi, il governo ha approvato il Piano di sviluppo della produzione automobilistica per attrarre ulteriori investimenti, promuovere l’utilizzo delle componenti locali e aumentare la produzione di autovetture. Tra le produzioni industriali, a livello mondiale risultano significative anche quelle di vino, birra e tessuti di cotone. Il settore primario (2-3% del PIL) riguarda soprattutto le colture di mais (11,8 milioni di t), canna da zucchero (17,2 milioni di t), agrumi (5,5 milioni di t), l’allevamento di ovini (24 milioni di capi) e la pesca (dati relativi al 2012).
Politica economica e finanziaria di Giulia Nunziante. – La crescita economica protrattasi fino alla prima metà del 2008 è stata il risultato di una combinazione di politiche economiche rivolte al controllo della pressione inflazionistica, rese più efficaci dalla maggiore credibilità acquisita dall’istituto centrale. Inoltre è stata adottata una politica fiscale espansiva con una spesa pubblica indirizzata verso i settori delle infrastrutture, dell’istruzione, della salute, del welfare e dell’edilizia, la promozione dell’efficienza amministrativa e della qualità dei servizi erogati dallo Stato e, dal lato delle entrate, la rimozione di alcune distorsioni del sistema fiscale municipale.
Sul mercato del lavoro, le autorità sudafricane hanno posto in essere diverse misure volte a ridurre l’elevata disoccupazione, incentivando la flessibilità dei contratti di lavoro, promuovendo l’addestramento e la formazione, supportando lo sviluppo di piccole e medie imprese tipicamente labour intensive. Altri interventi hanno riguardato il commercio con l’estero, in particolare la semplificazione del regime tariffario vista nella prospettiva di una graduale liberalizzazione degli scambi con l’estero. Nel corso della crisi economica e finanziaria globale, le autorità di governo hanno adottato una politica fiscale espansiva sia con l’incremento della spesa corrente, rivolta principalmente a sostenere l’aumento dei salari pubblici in termini reali, sia con investimenti in infrastrutture. In questo periodo, caratterizzato dall’indebolimento generale dell’attività economica, è stata adottata una politica monetaria antinflazionistica per far fronte alle pressioni interne generate dalla volatilità della valuta nazionale e dei prezzi dei prodotti energetici, e dall’indicizzazione salariale. Il protrarsi della crisi ha costretto il governo a posticipare il consolidamento fiscale e a mantenere gli stimoli all’economia garantiti da manovre anticicliche fino alla prima metà del decennio. In questo periodo sono state rinvigorite le politiche a sostegno delle infrastrutture pubbliche, in particolare per la produzione elettrica, il trasporto e i porti, ed è stato avviato il processo di graduale estensione della copertura del sistema sanitario all’intera popolazione. Il governo insediatosi nel 2014 ha fissato un significativo cambiamento nella politica fiscale, ponendo maggiore attenzione alle criticità dell’economia sudafricana, perseguendo una crescita sostenibile di lungo periodo e avviando programmi di contrasto alle principali piaghe sociali, quali la disoccupazione e la povertà. Al fine di rendere più efficace l’azione di consolidamento fiscale, le autorità hanno espresso l’intenzione di incoraggiare un piano di bilanciamento equilibrato tra i consumi, considerati fino ad allora il motore trainante dell’economia nazionale, gli investimenti e le esportazioni. Per quanto concerne infine il settore finanziario, sono state realizzate misure volte a promuovere lo sviluppo di un mercato stabile e sicuro, con il rafforzamento delle modalità di supervisione micro e macroprudenziali.
Storia di Emma Ansovini. – Nell’aprile 2009 si svolsero le elezioni legislative, che videro ancora una volta la vittoria dell’African national congress (ANC) con il 65,9% dei voti. Alla Demo cratic alliance (DA) andò il 16,6% e al Congress of the people (COPE) il 7,6%. In maggio Jacob Zuma (v.) fu eletto dal Parlamento alla presidenza della Repubblica. Il suo governo, però, mostrò precocemente segni di instabilità: nel giugno 2012 attuava il suo terzo rimpasto, mentre l’ANC era percorso da conflitti interni, che portarono alla sospensione (2011) e poi all’espulsione (2012) del controverso presidente dell’organizzazione giovanile del partito Julius Malema.
Pur avendo dato una grande prova di efficienza nell’ospitare la Coppa del mondo di calcio nel giugno-luglio 2010, il Paese mostrava sempre più i segni di una situazione economica difficile, soprattutto a causa della crisi mondiale, e di un profondo disagio sociale che trovava espressione in manifestazioni e scioperi, a volte con esito drammatico, come quello dell’agosto 2012 in cui le forze dell’ordine aprirono il fuoco uccidendo 34 minatori. Nonostante la nascita di un vasto ceto di borghesia nera, uno dei successi della politica di ‘discriminazione positiva’, il Sudafrica rimaneva infatti un Paese con un altissimo indice di diseguaglianza e con un’elevata concentrazione della ricchezza, ancora nelle mani di una minoranza. Paradossalmente, proprio la modernità della sua struttura economica – il bilanciamento tra agricoltura, industria e servizi, l’infrastruttura finanziaria, la presenza di un sindacato forte e di programmi di welfare – aveva impedito al Paese di competere con le ‘tigri asiatiche’ e con la Cina sul terreno del costo del lavoro, subendone la concorrenza anche all’interno, in settori importanti come l’industria meccanica, tessile e alimentare. In politica estera il Sudafrica continuava a svolgere un ruolo molto attivo sia come elemento di mediazione in diversi conflitti africani, sia, a livello internazionale, con la partecipazione al G20 (v. G7-G8-G20), di cui la R. S. – unico Paese africano – era membro, all’IBSA (India Brazil South Africa) e al G5 (gruppo delle economie emergenti).
Nelle elezioni del maggio 2014, cui partecipò il 73% degli aventi diritto, l’ANC si aggiudicò la quinta vittoria consecutiva, con il 62,2% dei voti, e Zuma venne eletto di nuovo alla presidenza. La DA, che, guidata da Helen Zille, aveva conquistato Città del Capo e manteneva il controllo della provincia del Western Cape, si confermava come il principale partito di opposizione con il 22,2% dei voti, mentre la nuova formazione fondata da Malema nel 2013, Economic freedom fighters (EFF), otteneva il 6,3% dei voti, raccogliendo, con un programma dagli accenti fortemente populisti, il favore di molti giovani born free (cioè nati dopo l’apartheid) e disoccupati, nonché di una parte della classe operaia, come i minatori in sciopero da mesi. L’ANC, dunque, rappresentava ancora la principale forza politica della R. S., ma rispetto al 2009 aveva registrato un calo dei consensi di quattro punti percentuali. Su questo risultato pesava l’inefficienza del governo, ma anche la diminuita popolarità di Zuma, coinvolto in scandali che mettevano in luce i legami poco chiari con imprenditori e faccendieri senza scrupoli, fino allo scalpore suscitato dall’enorme spesa sostenuta, con i soldi dei contribuenti, per la costruzione di una faraonica residenza nel suo villaggio natale. Ma in campagna elettorale l’ANC aveva saputo sfruttare abilmente gli indubbi successi raggiunti e soprattutto la memoria di Nelson Mandela, morto il 5 dicembre 2013 e pianto da tutta la nazione. Inoltre poteva contare ancora sull’appoggio di gran parte della popolazione povera, che sopravviveva grazie ai sussidi mensili erogati dallo Stato. Il partito aveva poi eletto vicepresidente, nel dicembre 2013, Cyril Ramaphosa, grande negoziatore nelle trattative che avevano portato alla fine dell’apartheid, la cui reputazione era indiscussa e che, tornato in politica, dopo essersene allontanato per divenire un imprenditore di successo, si apprestava ad assumere la carica di primo ministro di fatto.
Nel giugno 2014, appena vinte le elezioni, il governo chiudeva la lunga vertenza con il sindacato dei minatori, riconoscendo ai lavoratori meno qualificati un consistente aumento salariale. Nel giugno 2015 la commissione d’inchiesta nominata dal governo dopo l’uccisione dei 34 minatori in sciopero avvenuta nel 2012 concludeva, dopo tre anni, i suoi lavori, riconoscendo le responsabilità della polizia, ma escludendo qualsiasi coinvolgimento dello stesso governo.
Architettura di Livio Sacchi. – La scena architettonica sudafricana è certamente fra le più vivaci e interessanti dell’intero continente. Johannesburg (v.), Durban e, forse ancor più, Cape Town, negli ultimi anni si sono rivelati centri molto significativi per l’elaborazione progettuale contemporanea, riconoscibili e apprezzati a livello internazionale. Nel settore delle case unifamiliari, la sperimentazione in atto, soprattutto a Cape Town e nei suoi dintorni, è stata fra le più innovative dal punto di vista delle scelte linguistiche e tecnologiche. Lo studio SAOTA, Stefan Olmesdahl Truen Architects, per es., che si rivolge a una clientela internazionale, ha realizzato un gran numero di spettacolari ville poste lungo la costa e affacciate sugli oceani Atlantico e Indiano. Fra queste si ricorda quella a Clifton, pregiata area residenziale appena a sud di Cape Town, realizzata nel 2014. Molto interessanti sono anche le semplici case (2013) costruite da Wolff Architects fra le montagne di Cederberg, sulla costa occidentale del Paese. Analoghe considerazioni valgono per le ville progettate da studi quali Gass Architecture (si pensi alla casa a Stellenbosch, del 2013); Gavin Maddock Design (con la Pearl Bay residence a Yzerfontein del 2013); Daffonchio and Associates (con la casa Liebmann a Johannesburg, del 2014); Metropole Architects (con la Aloe Ridge House a Pennington, del 2013).
Significativa resta la produzione commerciale di gusto internazionale, che nella R. S. da molti decenni ha raggiunto livelli paragonabili a quelli occidentali. Si segnala il Proud Heritage clothing campus (2006) a Durban, di Don Albert and Partners, e la sede della Morvest (2013), realizzata da Anthrop Architects a Noordwyk, nel Midrand. Molto interessante è infine la sperimentazione architettonica in atto nelle zone più povere e socialmente degradate, prevedibilmente attenta alla sostenibilità economica e ambientale. È il caso della scuola secondaria Inkwenkwezi (2007) di Noero Wolff Architects a Cape Town o della scuola elementare di Gangouroubouro (2013), progettata da LEVS architecten: struttura elementare quanto sensibile alle condizioni climatiche, realizzata con l’attiva partecipazione della comunità locale. Qualificata appare infine la produzione paesaggistica: si pensi, per es., ai percorsi lignei (2013), in gran parte sospesi, realizzati con gusto da Mark Thomas, in collaborazione con l’ingegnere Henry Fagan, all’interno dei celebri Kirstenbosch botanical gardens di Cape Town in occasione del loro centenario.
Letteratura di Maria Paola Guarducci. – La letteratura della R. S. riflette la storia di occupazioni e incroci nel Paese che generarono un’eterogeneità etnica e linguistica testimoniata dagli undici idiomi ufficiali in cui è formulata la Costituzione (1994). Non è possibile ricostruire un filo che raccordi le varie tradizioni letterarie, orali e scritte, diverse nelle radici e sviluppatesi per tutto il Novecento tra gli ostacoli della censura e della segregazione che in particolare il regime dell’apartheid (1948-1994) impose ai gruppi di cui esse erano espressione. La letteratura in inglese e quella in afrikaans, le più note internazionalmente, hanno raggiunto livelli alti nella poesia (si ricordano almeno Dennis Brutus, Breyten Breytenbach, Jeremy Cronin, Ingrid Jonker, Ingrid de Kok, Antjie Krog, Karen Press) e nel teatro (Athol Fugard, William Kentridge), ma soprattutto nel romanzo, dando alla R. S. due premi Nobel (Nadine Gordimer nel 1991 e John M. Coetzee nel 2003) e autori tradotti e premiati ovunque.
Con l’eccezione del romanzo d’avventura e delle prime scritture pastorali di matrice europea, la letteratura della
R. S. testimonia la violenza vissuta ed esprime la resistenza alla discriminazione istituzionalizzata che ha caratterizzato il rapporto tra etnie. Nella prospettiva occidentale, la letteratura del Paese coincide con quella di espressione inglese, con incursioni di autori afrikaner, sebbene sia Chaka (1925; trad. ingl. Chaka. An historical romance, 1931; trad. it. Chaka zulu, 1959), cronistoria romanzata dell’eponimo condottiero zulu redatta da Thomas Mofolo (1876-1948) in lingua sesotho, una delle prime e più importanti opere a fungere da modello per tutto il continente. Capostipite del romanzo sudafricano di lingua inglese è The story of an African farm(1883; trad. it. Storia di una fattoria africana, 1986) di Olive Schreiner (1855-1920), tessuto attorno a personaggi di varie etnie in una fattoria del Karoo. Fattoria e paesaggio naturale, emblematici del binomio cultura/natura, si intrecciano anche nel modello afrikaner del plaasroman (romanzo rurale) e riaffiorano in tutta la letteratura bianca a venire come luoghi distopici in opposizione alla loro mistificazione nella storiografia boera. Essi ritornano nelle opere di Pauline Smith (1882-1959), Daphne Rooke (1914-2009), Nadine Gordimer (v.), André Brink (1935-2015), Karel Schoeman (n. 1939), John M. Coetzee (v.), Marlene van Niekerk (n. 1954), Damon Galgut (n. 1963), Mark Behr (n. 1963).
Se vi è una permanente ansia di collocazione geografica e culturale presso gli scrittori bianchi, la scrittura nera appare concentrata su tutt’altro. Mhudi (1930; trad it. 2010) di Solomon T. Plaatje (1876-1932) sposta il focus sulle conflittualità precoloniali, prefigurazione della storia sudafricana a venire. La narrativa nera e coloured è in prevalenza politicizzata e urbana; il villaggio entra in scena, semmai, per marcare il contrasto con il degrado esistenziale della metropoli. Spiccano qui i nomi della generazione legata alla rivista «Drum», come Can Themba (1924-1968), Nat Nakasa (1937-1965), Lewis Nkosi (1936-2010), Bloke Modisane (1923-1986), Es’kia Mphahlele (1919-2008), Richard Rive (1931-1989), Alex La Guma (1925-1985), James Matthews (n. 1929), intellettuali che pagarono con carcere, esilio, malattia mentale l’impegno politico. Analoghe ambientazioni urbane, ma con un accento sulla di scriminazione razzista e di genere subita dalla donna nera, coloured e asiatica, si rintracciano nelle opere di Bessie Head (19371986), Miriam Tlali (n. 1933), Sindiwe Magona (n. 1943), Farida Karodia (n. 1942).
Nel post-apartheid la R. S. ha dato luogo a una fioritura letteraria in cui si confermano, nella disamina del passato recente, autori sofisticati come Zoë Wicomb (n. 1948), Achmat Dangor (n. 1948), Ivan Vladislavić (n. 1957), accanto a talenti più recenti tra cui Zakes Mda (v.), Rayda Jacobs (n. 1947), Sello Duiker (1974-2005), Phaswane Mpe (1970-2004), Imraan Coovadia (n. 1970), Niq Mhlongo (m. 1973), Kgebeti Moele (n. 1978). Nella narrativa del nuovo millennio prevale la rappresentazione problematica della frammentarietà urbana, esacerbata da rinnovate discriminazioni di tipo economico e sociale. Recentemente, la letteratura della R. S. ha manifestato una particolare impennata in generi quali il giallo, il noir, il romanzo poliziesco. Si tratta spesso di una riformulazione del discorso politico sotto nuove spoglie, che prende avvio, infatti, dalla persistenza della violenza nella quotidianità del Paese. La produzione è di alto livello e ottiene riconoscimenti prestigiosi in patria e fuori. Di espressione afrikaans, inglese, zulu, si ricordano qui i nomi di Deon Meyer (n. 1958), Roger Smith (n. 1960), Gillian Slovo (n. 1952), Meshack Ma-sondo (1961-2013), Mike Nicol (n. 1951), Karin Brynard (n. 1957), Sifizo Mzobe (n. 1978), François Bloemhof (n. 1962), Carel van der Merwe (n. 1963). Una particolare rielaborazione dei temi oscuri pertinenti al genere gotico è al centro della produzione della celebre drammaturga afrikaner Reza de Wet (1952-2012). Nella science fiction si segnala l’opera della pluripremiata Lauren Beukes (n. 1976) nei cui romanzi futuristici e cyberpunk Moxyland (2008) e Zoo City(2010) si cela il ritratto inquietante del presente sudafricano.
Bibliografia: C. Heywood, A history of South African literature, Cambridge 2004; M.P. Guarducci, Dopo l’interregno. Il romanzo sudafricano e la transizione, Roma 2008; S. Graham, South African literature after the Truth Commission: mapping loss, New York 2009; SA lit: beyond 2000, ed. M. Chapman, M. Lenta, Scottsville 2011; The Cambridge history of South African literature, ed. D. Attwell, D. Attridge, Cambridge 2012.
Cinema di Giuseppe Gariazzo. – La cinematografia sudafricana, dagli anni Dieci agli anni Ottanta del Novecento, fu caratterizzata da una produzione realizzata quasi esclusivamente da afrikaner a causa della politica segregazionista dell’apartheid. Solo negli anni Novanta si assistette alla nascita di un cinema sudafricano nero tramite il quale riflettere sui cambiamenti politici e sociali di un Paese dove le tensioni non terminarono con la fine del regime razzista.
Il discorso venne affrontato anche da cineasti bianchi che ampliarono i punti di vista di un cinema in rapido sviluppo. Una trasformazione che, dai primi anni del 21° sec., ha portato la cinematografia della R. S. verso la realizzazione di pregevoli film d’autore, di opere di genere, spesso di non eccelsa qualità, e di un numero sempre più consistente di documentari esemplari.
Kalo Matabane ha ben rappresentato con i suoi lavori tale ricerca narrativa ed estetica. In Conversations on a sunday afternoon (2005) raccoglie, intrecciando documentario e finzione per le strade di Johannesburg, le voci di rifugiati e immigrati; in State of violence (2010) descrive la reazione di un uomo che ha assistito all’omicidio della moglie; in Nelson Mandela. The mith & me (2014) disegna un ritratto intimo del leader dell’African national congress (ANC). Le contraddizioni della nuova R. S. sono state raccontate da John Kani, celebre attore e pioniere del teatro sudafricano, nel suo film d’esordio Nothing but the truth(2008), dove descrive la rivalità che divide due fratelli, e da registi affermati come Darrell J. Roodt e Oliver Schmitz, rispettivamente in Zimbabwe (2008), sullo sfruttamento delle persone che quotidianamente passano la frontiera fra Zimbabwe e R. S., e in Life above all (2010), uno dei film sudafricani più significativi del decennio, che, con i toni del melodramma, narra il rapporto tra una madre e una figlia e affronta la questione dell’AIDS. Gavin Hood, dopo Tsotsi (2005; Il suo nome è Tsotsi), vincitore del premio Oscar nel 2005 come miglior film straniero, ha avviato una carriera a Hollywood dirigendo il drammatico Rendition (2007; Rendition - Detenzione illegale) e i film di fantascienza X-Men origins: Wolverine (2009; X-Men: le origini - Wolverine) ed Ender’s game (2013). Ian Gabriel ha girato Four corners (2013), solido film di genere in cui due gang si contendono un territorio a Città del Capo.
Aryan Kaganof (conosciuto fino al 1999 con il nome di Ian Kerkhof, regista e artista sperimentale fuori dal coro), Francois Verster e Rehad Desai si sono distinti per l’approccio originale al documentario, genere nel quale occupa un posto a sé Jeppe on a friday (2013) della sudafricana Arya Lalloo e della canadese Shannon Walsh, esperimento di film partecipato con un gruppo di giovani donne filmmakers guidate dalle due registe al lavoro nel quartiere Jeppe di Johannesburg.
Bibliografia: J. Maingard, South African national cinema, London-New York 2007; L. Saks, Cinema in a democratic South Africa. The race for representation, Bloomington 2010; M. Botha, South African cinema 1896-2010, Bristol 2012.