Respirazione
Il termine respirazione indica il meccanismo mediante il quale viene fornito ossigeno (O₂) alle cellule dell'organismo e da esse viene eliminata anidride carbonica (CO₂). L'ossigeno atmosferico potrebbe mantenere in vita per diffusione solo un organismo unicellulare del diametro di 0,5 mm immerso in un liquido saturo di aria. Ogni essere umano, costituito da molti miliardi di cellule, necessita di meccanismi che introducano nel suo organismo l'ossigeno e lo portino a intimo contatto con ogni cellula. L'apparato che assume l'aria dall'ambiente esterno è quello respiratorio che consta di un sistema di condutture (bronchi) e di un'ampia superficie di diffusione (membrana alveolare) a contatto con un ricco sistema di vasi ematici (capillari del circolo polmonare) attraversati dal sangue dell'intera portata circolatoria. Il sangue, dopo aver ceduto l'anidride carbonica trasportata dalla periferia, capta l'ossigeno il quale, tramite la rete capillare del circolo sistemico, raggiunge tutti gli organi e tutti i tessuti. è evidente pertanto come allo scambio gassoso tessutale, fine ultimo della respirazione, partecipino non soltanto il polmone con le sue strutture bronchiali e alveolari, ma anche l'apparato cardiovascolare mediante sia la circolazione polmonare, sia la circolazione sistemica. La respirazione (v. vol. 1°, II, cap. 6: Torace, Trachea, bronchi, polmoni) si realizza con il concorso di quattro processi strettamente integrati: la ventilazione polmonare; la diffusione alveolocapillare; la circolazione cardiovascolare; lo scambio gassoso tra capillari del circolo sistemico e cellule tessutali.
1. Ventilazione polmonare
Nell'uomo a riposo un quantitativo di aria di 400-600 ml entra ed esce dai polmoni 10-20 volte al minuto e va a ricambiare l'aria contenuta negli alveoli polmonari. L'aria penetra nei polmoni dalla bocca e dal naso per l'instaurarsi di un gradiente pressorio fra l'ambiente esterno e lo spazio alveolare. Dopo un'espirazione tranquilla, la pressione alveolare eguaglia quella atmosferica e nei bronchi non vi è alcun flusso aereo. La contrazione dei muscoli inspiratori, ampliando la gabbia toracica, determina una riduzione delle pressioni intratoracica e intrapleurica e un'espansione del gas alveolare che raggiunge una pressione subatmosferica. Sospinta dalla differenza di pressione, l'aria attraversa velocemente la faringe, la laringe, la trachea e i bronchi e raggiunge l'ampio spazio alveolare dei polmoni. L'inspirazione normale espande il torace e di conseguenza il polmone, in quanto la pleura, viscerale e parietale, con l'interposizione di un sottile strato di fluido, lo mette in contatto con la superficie interna della gabbia toracica. L'inspirazione richiede l'integrità anatomofunzionale delle formazioni nervose dei centri del tronco encefalico e di tutti quelli sottostanti. I centri del tronco encefalico hanno una ritmicità intrinseca e integrano numerosi segnali estrinseci capaci di modificare la frequenza e la profondità del respiro. I segnali provengono da chemocettori centrali e periferici, da meccanocettori siti nelle vie respiratorie e nel parenchima polmonare (recettori irritativi, iuxtacapillari, di stiramento), da propriocettori della gabbia toracica, dei fusi muscolari, delle articolazioni. Infine, i centri respiratori ricevono impulsi dalla corteccia cerebrale che rendono possibile la coordinazione del respiro automatico con atti respiratori volontari. Interrompendosi l'azione dei muscoli inspiratori, il polmone, organo elastico, resistente alla deformazione e capace di riacquistare il volume primitivo quando cessa la forza (pressione) che lo dilata, espelle l'aria introdotta nella precedente inspirazione. Nel respiro tranquillo l'espirazione è quindi un fenomeno passivo, determinato dal ritorno elastico del polmone. La quantità di aria entrata (o uscita) dal polmone con ogni inspirazione (o espirazione) è detta volume corrente; il numero delle inspirazioni (o espirazioni) in un minuto si chiama frequenza respiratoria. Il prodotto del volume corrente per la frequenza respiratoria dà la misura della ventilazione polmonare totale (5-7 l/min). Questa tuttavia non corrisponde alla ventilazione alveolare, in quanto circa 1/3 del volume corrente rimane nella faringe, nella laringe, nella trachea e nei bronchi, che sono formazioni non idonee anatomicamente allo scambio gassoso con il sangue: tale spazio, che ha funzione esclusivamente conduttiva, viene definito spazio morto respiratorio (pari circa a 2 ml/kg di peso ideale del soggetto).
Per spazio morto funzionale si intende, invece, quello spazio che comprende non solo lo spazio morto respiratorio, ma tutti quegli alveoli che, per alterazioni anatomopatologiche del circolo polmonare (embolia, trombosi) o per atteggiamento funzionale dei vasi polmonari (collasso, vasospasmo), non sono irrorati e quindi non possono cedere ossigeno né assumere anidride carbonica. Se lo spazio morto funzionale è esteso, può verificarsi ipoventilazione alveolare in quanto più di 1/3 del volume corrente viene sprecato, cioè sottratto al ricambio di aria negli alveoli. L'ipoventilazione alveolare determina nel sangue arterioso sia ipossiemia, cioè riduzione dei valori di pressione di O₂, sia ipercapnia, cioè aumento dei valori di pressione di CO₂ (paO₂ normale = 100 mmHg; diminuisce con l'età in base alla formula: 109-0,43/anni di età; paCO₂ normale = 36-44 mmHg, dove con pa si indica la pressione del gas nel sangue arterioso). Il valore di paCO₂ indica l'efficienza, l'eccesso o il difetto della ventilazione, dato che l'eliminazione della CO₂ dipende dall'entità della ventilazione. Un valore elevato di paCO₂ indica ipoventilazione, un valore ridotto iperventilazione che può realizzarsi per incremento sia della frequenza respiratoria, sia del volume corrente sia di entrambi. Il volume corrente aumenta a spese degli altri due volumi in cui è stata suddivisa la capacità polmonare totale, il volume di riserva inspiratoria e il volume di riserva espiratoria. Nel polmone, a seconda del suo grado di espansione, si possono definire 4 volumi. Dopo un'espirazione massima ottenuta con la contrazione dei muscoli espiratori (intercostali interni e addominali), che consente di espirare forzatamente la massima quantità di aria, cioè anche il volume di riserva espiratoria, nel polmone rimane il volume residuo. Questo volume di aria è sempre presente nel polmone e consente di mantenere gli scambi gassosi con il sangue che fluisce in modo continuo anche nella fase espiratoria. Dopo un'espirazione tranquilla sono contenuti nel polmone il volume residuo e il volume di riserva espiratoria. Dopo un'inspirazione tranquilla, dovuta principalmente alla contrazione del diaframma, penetra nel polmone il volume corrente. Con un'inspirazione massima, dovuta alla contrazione anche dei muscoli accessori dell'inspirazione (scaleno e sternocleidomastoideo) viene introdotto nel polmone il volume di riserva inspiratoria. Si distinguono quindi nel polmone 4 volumi che sono classicamente raggruppati in 4 capacità. La capacità inspiratoria comprende il volume corrente e il volume di riserva inspiratoria. La capacità residua funzionale comprende il volume residuo e il volume di riserva espiratoria. La capacità vitale comprende il volume di riserva espiratoria, il volume corrente e il volume di riserva inspiratoria. La capacità polmonare totale comprende i 4 volumi. L'importanza delle suddivisioni arbitrarie dell'intero volume di aria che può essere introdotto nei polmoni deriva dalla possibilità di misurare ciascun volume e capacità con semplici esami spirografici, e di confrontare i valori ottenuti con valori teorici normali che sono stati elaborati sui dati ricavati da vasti strati di popolazione e che tengono conto delle variazioni dovute alla razza, al sesso, all'età, alla statura, al peso, alla superficie corporea. Le deviazioni dalla norma di uno o più volumi definiscono quadri funzionali caratteristici di broncopneumopatie primitive o secondarie ad affezioni di altri organi o apparati. Tutti i volumi polmonari, per es., sono ridotti quando la compliance polmonare (compliance = ΔV/ΔP è il reciproco dell'indice di elasticità degli organi cavi, cioè dell'elastanza = ΔP/ΔV, dove P = pressione e V = volume) è ridotta per una fibrosi polmonare diffusa o esiste una difficoltà all'espansione del torace a causa di alterazioni scheletriche (cifoscoliosi, fratture costali), o perché parte dello spazio intratoracico è occupato da una cardiomegalia o da un tumore mediastinico o da un versamento pleurico.
La capacità residua funzionale è aumentata, nel caso di enfisema polmonare, soprattutto per aumento del volume residuo, determinato dal prevalere delle forze elastiche della parete toracica che agiscono in senso centrifugo sulle ridotte forze elastiche polmonari, le quali invece agiscono in senso centripeto (nell'enfisema la compliance polmonare è più elevata). In tale condizione la gabbia toracica aumenta i suoi diametri, specie l'anteroposteriore e, al termine dell'espirazione, rimane un maggior quantitativo di aria nei polmoni che predispone all'ipoventilazione alveolare, in quanto per poter compiere una ventilazione adeguata è necessario un maggior lavoro respiratorio non facilmente sostenibile dal soggetto enfisematoso. Le determinazioni volumetriche polmonari sono insufficienti a delineare quadri funzionali patologici, poiché non contemplano gli eventi dinamici della ventilazione, cioè i fattori che determinano la velocità dei flussi aerei inspiratori ed espiratori. I flussi aerei bronchiali sono direttamente proporzionali alla differenza di pressione (ΔP) fra ambiente esterno e spazio alveolare. Quindi, più intensa sarà l'azione dei muscoli inspiratori, maggiore sarà il gradiente pressorio inspiratorio fra ambiente esterno e spazio alveolare; più pronto sarà il ritorno elastico del polmone e maggiore sarà il gradiente pressorio espiratorio fra alveoli e ambiente esterno. I flussi sono inversamente proporzionali alle resistenze che si oppongono al passaggio del gas nei bronchi; minore è il calibro del bronco, maggiore risulterà la resistenza. Il calibro del bronco può ridursi per spasmo della muscolatura liscia bronchiale (asma, flogosi bronchiali), per presenza di secrezioni nel lume (bronchiti) e ispessimento delle pareti (bronchiti croniche), per precoce chiusura, nell'espirazione, dei piccoli bronchi senza sostegno cartilagineo i quali, per alterazione delle pareti (allungamento, distorsione, perdita di connessioni elastiche con il resto del parenchima polmonare: come nell'enfisema), si collassano quando aumenta, anche di poco, la pressione endotoracica. Le resistenze legate al calibro dei bronchi agiscono soprattutto sui flussi espiratori, in quanto durante l'inspirazione l'espansione polmonare tende a mantenere i bronchi beanti. Normalmente, nel primo secondo di espirazione forzata, dopo un'inspirazione massima, il 70-80% della capacità vitale, cioè della quantità massima di aria che può essere espirata, viene espulso (VEMS, volume espiratorio massimo al secondo).
I flussi aerei espiratori sono massimi (circa 10 l/s) nei primi istanti dell'espirazione e decrescono gradualmente con il progredire della stessa. Una brusca caduta del flusso poco dopo l'inizio dell'espirazione è indice di ostruzione delle vie bronchiali più periferiche che si svuotano del contenuto di aria per ultime. Le alterazioni della ventilazione polmonare, legate essenzialmente alla meccanica toracopolmonare, sono classicamente suddivise in tre gruppi: insufficienza ventilatoria di tipo restrittivo, di tipo ostruttivo, o di tipo misto. Il quadro fisiopatologico delle forme di tipo restrittivo è dominato dalla riduzione dei volumi polmonari, con normale rapporto volume residuo/capacità polmonare totale, e dalla riduzione della compliance polmonare e/o toracica senza particolari variazioni delle resistenze ai flussi, per cui vengono introdotti nel polmone ed espulsi volumi minori di aria, ma a normale velocità. Il quadro fisiopatologico delle forme di tipo ostruttivo (asma, bronchite, enfisema) sarà dominato dall'incremento delle resistenze espiratorie, dall'aumento della compliance polmonare nell'enfisema (per perdita delle forze elastiche del parenchima polmonare che normalmente si oppongono alla distensione), dalla riduzione dei flussi aerei espiratori e dei volumi mobilizzabili (capacità vitale), dall'incremento del volume residuo, della capacità residua funzionale, del rapporto volume residuo/capacità polmonare totale. Nelle forme di tipo misto saranno presenti una riduzione globale dei volumi e dei flussi espiratori, e un incremento del rapporto volume residuo/capacità polmonare totale. Le insufficienze ventilatorie dovute ad alterazione della meccanica polmonare possono protrarsi per anni senza che si manifesti l'insufficienza respiratoria, ossia una variazione patologica dei gas ematici arteriosi; l'insufficienza si presenta con vari gradi di intensità che vanno dalla sola ipossia, che compare sotto sforzo, al quadro funzionale che comprende, a riposo, ipossia, ipercapnia e acidosi respiratoria.
2. Diffusione
La diffusione è un processo insito nella natura dei gas, che tendono a occupare tutto lo spazio che hanno a disposizione migrando da zone di maggior concentrazione (o pressione) a quelle di minor concentrazione. La diffusione è direttamente proporzionale al gradiente di concentrazione, alla superficie di diffusione, alla solubilità del gas ed è inversamente proporzionale alla distanza. Il polmone normale interviene nel processo di diffusione dell'O₂ e della CO₂ offrendo alla migrazione delle molecole gassose una membrana alveolocapillare (superficie) sufficientemente ampia (70-100 m2) e sufficientemente sottile (distanza ⟨ 1 μm). Nell'alveolo l'O₂ ha una pressione parziale di circa 100 mmHg, in quanto l'aria inspirata si satura con vapore acqueo nello spazio sottoglottideo (47 mmHg) e nello spazio alveolare è presente la CO₂ con pressione parziale di 40 mmHg. Dato che in condizioni di normalità e riposo il sangue venoso misto che giunge ai polmoni ha una paO₂ di circa 40 mmHg, esiste per l'O₂ un gradiente di 60 mmHg che ne consentirà il passaggio dall'alveolo al sangue. Il sangue venoso misto che giunge al polmone ha una paCO₂ di 46 mmHg. Il gradiente di soli 6 mmHg è sufficiente a indurre il passaggio della CO₂ dal sangue all'alveolo data la grande diffusibilità del gas, 20 volte superiore a quella dell'O₂. Per questa proprietà, un ispessimento della membrana alveolocapillare (aumento della distanza), come si verifica per es. nell'incremento del liquido interstiziale, nella sua sostituzione con tessuto fibroso, nelle infiltrazioni cellulari, non interferirà minimamente sulla diffusione della CO₂, mentre ostacolerà quella dell'O₂ generando ipossiemia arteriosa. Se in questi casi l'ipossiemia è tale da stimolare per via chemocettoriale un incremento della ventilazione, vi sarà addirittura ipocapnia (riduzione della paCO₂), dato che l'eliminazione della CO₂ è ventilazione-dipendente. L'ipercapnia si verificherà invece assieme all'ipossia quando numerosi alveoli saranno ventilati ma non perfusi e altri perfusi ma non ventilati (alterato rapporto ventilazione/perfusione) con conseguente riduzione della superficie di scambio.
3. Perfusione
Il polmone è l'unico organo perfuso dall'intera portata circolatoria. Le arterie polmonari portano il sangue venoso refluo da tutti i distretti corporei nella estesa rete capillare del piccolo circolo a contatto con l'aria alveolare. La pressione media arteriosa del circolo polmonare è circa 1/6 di quella del circolo sistemico. Ne consegue, in posizione eretta e a riposo, per influenza della forza di gravità, un'ipoperfusione degli apici polmonari, dove la pressione endoalveolare, superiore a quella vascolare, collassa i piccoli vasi perialveolari, e un'iperperfusione delle basi, dove le pressioni vascolari superano quella endoalveolare (West 1970). Gli apici sono relativamente iperventilati e le basi relativamente ipoventilate. Quando le portate cardiaca e ventilatoria aumentano, la distribuzione della perfusione e della ventilazione divengono più omogenee. Il migliore rapporto ventilazione/perfusione che ne deriva consente l'incremento degli scambi gassosi, necessario per l'aumento del metabolismo tessutale. Oltre alla distribuzione del sangue di tipo passivo, legata alle variazioni posturali e determinata da forze gravitazionali, nel polmone esiste una regolazione attiva del tono vasale, di cui la più importante manifestazione è la vasocostrizione ipossica, che consiste nella capacità dei vasi precapillari polmonari di occludersi, per contrazione della muscolatura liscia della loro parete, quando vengono a contatto con alveoli ipoventilati, provocando così uno smistamento del sangue verso alveoli ben ventilati. Il sangue della circolazione sistemica trasporta i gas respiratori. L'O₂ è presente nel plasma in soluzione fisica in quantità del tutto insufficienti alle necessità metaboliche dell'organismo che sono invece assolte dall'O₂ trasportato, in combinazione chimica, dall'emoglobina (HbO₂). Nel sangue arterioso con quantità normale di emoglobina all'interno dei globuli rossi, saturata al 97,5% con O₂, viene trasportato un quantitativo di O₂ 65 volte superiore a quello trasportato dal plasma in soluzione fisica. La saturazione dell'emoglobina (valore normale circa 15 g/100 ml) dipende dalla paO₂ con cui ha un rapporto diretto ma lineare solo per valori di paO₂ inferiori a 60 mmHg (parte ripida della curva di associazione e dissociazione dell'emoglobina), quando per modeste variazioni di paO₂ si ottengono grandi variazioni di saturazione. Per valori di paO₂ superiori a 60 mmHg (parte pianeggiante della curva) la saturazione aumenta di poco in quanto già con paO₂ di 60 mmHg l'emoglobina è saturata al 90%. L'8% della CO₂ prodotta dal metabolismo cellulare viene trasportata tramite il plasma dai tessuti al polmone in soluzione fisica (paCO₂), il 12% come composti carboaminici (CO₂ in combinazione con proteine) e l'80% sotto forma di bicarbonati (HCO₃‒) che si formano nel globulo rosso dove sono presenti l'anidrasi carbonica, che accelera l'idratazione della CO₂, e l'emoglobina (Hb‒), che tampona gli ioni H+ derivanti dalla scissione dell'acido carbonico (H₂CO₃).
4. Scambio gassoso a livello tessutale
La quantità di O₂ che perviene ai tessuti dipende dalla portata cardiaca e dal contenuto di O₂ del sangue che, a sua volta, dipende dal tasso di emoglobina e dal suo grado di saturazione e dalla distanza che intercorre fra la cellula e il capillare che la rifornisce. Il sangue arterioso con 15 g di emoglobina saturata al 98% contiene 20 vol% di O₂. Il sangue venoso misto 15 vol%, ma la differenza arterovenosa in O₂ non è 5 vol% per tutti gli organi: infatti essa è, per es., di 11 vol% di O₂ per il miocardio, di 1 vol% per il rene e la cute, e varia grandemente dallo stato di riposo a quello di attività nei muscoli scheletrici. Il flusso ematico diretto a un organo è sempre della stessa entità in alcuni distretti (encefalo), mentre cambia enormemente per variazioni del tono arteriolare (che ha un sistema di regolazione centrale e locale) in altri (muscolo scheletrico). Un insufficiente apporto di O₂ porta all'ipossia tessutale. L'O₂ è indispensabile per la fosforilazione ossidativa nei mitocondri cellulari (nel ciclo di Krebs) con produzione di 36 molecole di ATP, 6 di H₂O e 6 di CO₂ da 1 molecola di glucosio. Il quoziente respiratorio misura il rapporto fra la produzione di CO₂ e il consumo di O₂. Nel metabolismo dei carboidrati il quoziente respiratorio è uguale a 1, in quello dei lipidi a 0,7, in quello delle proteine a circa 0,8. Un insufficiente apporto di O₂ può essere: generalizzato, come per es. nel caso di ipossia arteriosa, riduzione della portata cardiaca, anemia, presenza di Hb anomale, intossicazione da CO ecc.; oppure localizzato, come per es. per embolia, trombosi, spasmo prolungato dei vasi afferenti al tessuto il quale, quando è particolarmente sensibile all'ipossia (encefalo, miocardio), va rapidamente incontro a danno cellulare (necrosi-infarto).
bibliografia
j.h. comroe, Physiology of respiration, Chicago, Year Book Medical Publishers, 19772.
w.j. malley, Clinical blood gases, Philadelphia, Saunders, 1990.
j.b. west, Ventilation/blood flow and gas exchanges, Oxford, Blackwell, 19702.