Rianimazione
La rianimazione comprende l'insieme dei provvedimenti che sono finalizzati a controllare, sostenere e riattivare funzioni vitali di base depresse o appena cessate. Il traguardo principale della rianimazione cardiopolmonare è quello di garantire un'adeguata ossigenazione del sangue con conservazione della circolazione sistemica e mantenimento della perfusione degli organi vitali, sino al ripristino di un'efficiente autonomia di circolo.
1. Supporto delle funzioni vitali
L'arresto cardiorespiratorio, cioè la cessazione brutale della circolazione e della ventilazione, può verificarsi in corso di numerose patologie ed essere determinato da cause diverse. Il suo pronto riconoscimento è subordinante per le caratteristiche della rianimazione da iniziare con assoluta tempestività. La rianimazione cardiopolmonare deve essere intrapresa allorché risultino pregiudicate l'ossigenazione e la perfusione degli organi vitali. Le sue fasi - supporto, ripristino e mantenimento delle funzioni vitali di base - vengono suddivise in nove livelli, indicati dalle prime nove lettere dell'alfabeto, come riportato in tab. 2. Il primo atto consiste nel liberare le alte vie aeree ricorrendo a iperestensione della testa (fatta eccezione per i neurolesi), apertura della bocca, sublussazione della mandibola, respirazione artificiale. In caso di paziente politraumatizzato, prima di mettere in atto le manovre del supporto delle funzioni vitali si dovrà procedere all'immobilizzazione del tratto vertebrale cervicale, onde evitare possibili lesioni neurologiche aggiuntive. Attualmente esistono strumenti che, nel soggetto in coma, evitano la retrocaduta della lingua, impediscono l'ostruzione delle prime vie aeree, limitano l'inalazione di materiale gastrico rigurgitato e la distensione gassosa dello stomaco in corso di ventilazione artificiale a pressione positiva. Peraltro, prima di procedere all'intubazione endotracheale si può far ricorso alla maschera facciale o a quella laringea, ventilando il soggetto con ossigeno tramite un pallone espansibile dotato di valvola unidirezionale. La fase successiva è rappresentata dal posizionamento di un tubo di materiale adatto nella trachea del soggetto, per consentire una più razionale assistenza ventilatoria. L'intubazione deve essere seguita dal controllo del corretto posizionamento del tubo mediante auscultazione del torace e misurazione dell'anidride carbonica di fine espirazione con capnometro o tecnica colorimetrica. L'American society of anesthesiologists ha formulato un algoritmo per la gestione dei casi di difficile controllo delle vie aeree. In caso di difficile intubazione, viene suggerito il ricorso alla tracheotomia eseguita all'altezza della cartilagine cricoide, (cricotirotomia) con successiva insufflazione translaringea a getto d'ossigeno. Durante la rianimazione cardiopolmonare la perfusione degli organi vitali viene garantita dal massaggio cardiaco esterno che va ripetuto alla frequenza di 80 compressioni per minuto, se effettuato da un solo operatore, e di 60 al minuto quando collaborano due soccorritori, con spostamenti ventrodorsali della porzione sternale caudale di 4-5 cm e un rapporto compressione-decompressione di 50/50. Nel contempo vanno attuate opportune tecniche di monitoraggio, quali la misurazione della pressione arteriosa, l'emogasanalisi arteriosa e venosa, nonché la registrazione dell'anidride carbonica di fine espirazione.
2. Ripristino delle funzioni vitali di base
La sopravvivenza dopo arresto cardiaco è in funzione della tempestiva attuazione dei seguenti interventi: riconoscimento dei sintomi premonitori; attivazione del sistema di soccorso sanitario; immediato supporto delle funzioni vitali; defibrillazione, se opportuna; trattamento avanzato (ripristino delle funzioni vitali di base) con intubazione, ventilazione, nonché somministrazione per via endovenosa di farmaci. Gli interventi terapeutici proposti dalla American heart association vengono suddivisi in classi di utilità, sulla base dell'evidenza scientifica circa la loro efficacia. In situazioni di emergenza è fondamentale disporre di uno schema teorico-pratico di valutazione e di intervento semplice e facilmente memorizzabile: valutazione e terapie primarie, seguite da valutazione e terapie secondarie. Si potrà procedere alla valutazione secondaria, solo dopo aver messo in atto le misure sopra descritte. In caso di impossibilità di incannulare una via venosa, i farmaci di emergenza possono essere somministrati anche per via endotracheale, mentre nel bambino può essere presa in considerazione la via ossea. L'elettrocardiogramma consente la diagnosi dei diversi disturbi del ritmo associati ad arresto meccanico del cuore: fibrillazione ventricolare, tachicardia ventricolare senza polso, asistolia e attività elettrica senza polso. A questi diversi quadri corrispondono degli algoritmi di trattamento formulati dall'American heart association, i quali devono essere applicati proseguendo nel contempo le manovre di supporto delle funzioni vitali: defibrillazione in caso di fibrillazione ventricolare in corso di rianimazione cardiopolmonare; sostegno farmacologico con adrenalina per ottimizzare la perfusione cerebrale; possibile ricorso, in caso di perduranti disturbi di ritmo, a trattamenti antiaritmici oppure mirati alla correzione delle cause di tali disturbi (anomalie elettrolitiche di potassio, calcio e magnesio).
3. Mantenimento delle funzioni vitali
Obiettivo finale della rianimazione è il ritorno del paziente alle condizioni precedenti all'evento acuto, una situazione che prevede normale livello di coscienza, assenza di deficit neurologici, respiro spontaneo e ritmo cardiaco stabile con perfusione d'organo adeguata. Il trattamento rianimatorio, se ha successo, deve prevedere un trattamento postrianimatorio, distinto in due fasi principali: una prima fase, immediatamente successiva al ripristino del circolo (30 min-1 h), che viene abitualmente gestita da chi ha effettuato la rianimazione, e una seconda fase di cure intensive a lungo termine, riservata al personale del reparto dove il paziente viene ricoverato. Una volta recuperata la circolazione spontanea, l'obiettivo è limitare la progressione delle lesioni neurologiche evitando ogni sbalzo pressorio, mantenendo una normale tensione di ossigeno nel sangue e diminuendo quella dell'anidride carbonica attraverso l'iperventilazione (pCO₂=35mmHg), evitando l'iperglicemia, l'iperosmolarità, l'ipertermia e le crisi comiziali. Il trattamento orientato alla protezione cerebrale deve essere mantenuto per tutto il periodo di possibile instaurazione del danno neuronale, durante la fase di riperfusione (almeno 72 ore dopo il ripristino del circolo). La prognosi di un arresto cardiorespiratorio dopo il ritorno alla normalità dell'attività cardiocircolatoria è sempre difficile da valutare individualmente. Metodiche diagnostiche, quali elettroencefalogramma, potenziali evocati e i tradizionali indici di valutazione neurologica, come il Glasgow coma score e il Pittsburgh brain stem score (v. coma), consentono di esprimere un giudizio prognostico abbastanza accurato. Per converso, non esistono regole formali che permettano di decidere l'interruzione della rianimazione cardiopolmonare. Il determinante maggiore del giudizio prognostico è l'intervallo di tempo che separa l'arresto cardiorespiratorio dall'inizio della rianimazione cardiopolmonare. Sfortunatamente, tale intervallo non è sempre ricostruibile con precisione, e alcune circostanze (ipotermia) possono modificare la durata critica dell'arresto cardiorespiratorio. è comunque consigliabile sospendere la rianimazione cardiopolmonare in caso di asistolia (mancanza del battito cardiaco) persistente dopo più di 30 min di rianimazione cardiopolmonare, quando i gesti di rianimazione non sono stati realizzati in condizioni favorevoli, come l'ipotermia (per es., in caso di annegamento o di incidente in montagna). Un problema spinoso è talvolta quello di iniziare o meno la rianimazione cardiopolmonare di fronte a un arresto cardiaco. In assenza di criteri evidenti (ritardo importante tra arresto cardiorespiratorio e allarme, rigidità cadaverica), è preferibile iniziare la rianimazione cardiopolmonare e in seguito raccogliere elementi anamnestici ed effettuare un elettrocardiogramma, che permetta di deciderne la sospensione. Inoltre, se il paziente è relativamente giovane (meno di 65 anni) la rianimazione cardiopolmonare può essere proseguita anche quando non appaiono recuperabili le funzioni cerebrali, al fine di consentire un'eventuale donazione di organi a scopo di trapianto.
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