BAUER, Riccardo
Nacque a Milano il 6 genn. 1896 da Francesco, boemo di nascita, e da Giuseppina Cairoli. Allo scoppio della prima guerra mondiale affrettò le pratiche per ottenere la cittadinanza italiana in modo da potersi arruolare. Non essendogli tuttavia stato concesso d'indossare l'uniforme da volontario, dovette attendere la normale chiamata di leva.
Dopo aver frequentato il corso ufficiali all'Accademia di Torino il B. fu inviato al fronte nell'artiglieria da montagna. Il 26 giugno 1916 riportò in combattimento una ferita alla testa, ma volle subito rientrare in trincea, partecipando, tra l'altro, all'azione dell'Ortigara. Il 17 nov. 1917 fu ancora ferito da un proiettile che gli procurò la frattura della scapola. Ritornò al fronte nell'estate del 1918 e rimase sotto le armi fino al giugno 1919.
La coraggiosa partecipazione ai combattimenti, che gli fece meritare una medaglia di bronzo, due croci di guerra ed un encomio solenne, non impedì al B. di denunciare le gravi responsabilità dello Stato Maggiore per la cattiva condotta della guerra. Dopo il congedo definitivo fece ritorno a Milano, dove terminò gli studi conseguendo, nel dicembre 1920, la laurea in scienze economiche presso l'università "Bocconi". Sempre nel 1920 divenne segretario del Museo sociale della Società umanitaria. Era un momento in cui la questione operaia si poneva in termini nuovi e dirompenti e il giovane B. rivolgeva grande attenzione all'opera "di promozione e di sviluppo a sostegno di quella emancipazione operaia" che era l'obiettivo principale dell'Umanitaria (Colombo, 1979, p. 9).
Nel 1922 iniziò a collaborare alla Rivoluzione liberale di P. Gobetti, al quale suggerì gli strumenti idonei a passare dal dibattito culturalee politico all'azione concreta. A tale scopo si era fatto promotore a Milano del gruppo di Rivoluzione liberale, ma, di fronte al diffondersi tra gli Italiani di un atteggiamento di passività e di connivenza con il fascismo, avvertì l'urgenza di rivolgersi ad un pubblico ben più vasto di quello cui faceva riferimento la rivista gobettiana.Nacque così l'idea di dar vita ad una pubblicazione a più ampia diffusione che si realizzò nel luglio 1924 con la nascita del Caffè.
Questo periodico, che riprendeva la testata dell'antico foglio dei fratelli Verri, nacque per iniziativa, oltre che del B., che ne fu direttore, di F. Parri e si avvaleva della collaborazione, tra gli altri, di G. Arpesani, G. Mira e F. Sacchi. Il B., che era stato intanto allontanato per motivi politici dall'Umanitaria, poté dedicare le sue energie al giornale facendone un battagliero strumento di opposizione al fascismo. Sulle pagine del Caffè venivano denunciate tutte le connivenze nei confronti dei regime, comprese quelle della Chiesa ormai avviata verso l'accordo con il fascismo. Dopo le leggi eccezionali del 3 genn. 1925 il giornale, divenuto settimanale, intensificò il suo sforzo teso a "serrare le file" tra gli oppositori del regime.
Nel febbraio 1925 uscì a Milano l'opuscolo Casi d'Italia, i cui autori, dietro lo pseudonimo Demetrio, erano Parri e il B.: il fascismo veniva definito "un'immane coalizione di tutti i vizi della politica italiana", ma venivano anche denunciate ambiguità compromissorie in seno alla coalizione aventiniana. La coraggiosa e breve esperienza del Caffè ebbe termine nel maggio di quello stesso anno. Sempre nel 1925 toccò al B. di subire l'aggressione di un gruppo di fascisti mentre partecipava ai funerali di Anna Kuliscioff. Questo fatto contribuì a convincerlo dei rischio al quale si esponeva Filippo Turati restando a Milano e ad indurlo a predisporre la fuga dall'Italia del dirigente socialista. Insieme con C. Rosselli e F. Parri, il B. ebbe parte decisiva nel far allontanare da Milano Turati il 26 nov. 1926 per poi consentirgli, il 12 dicembre, di fuggire definitivamente dall'Italia. Egli aiutò nell'espatrio anche i giornalisti Carlo Silvestri e Giovanni Ansaldo.
Per questa attività cospirativa il B. fu preso di mira dalla polizia e, nel novembre 1926, venne arrestato. Trattenuto in carcere per sette mesi, fu processato e condannato a due anni di confino. Nel maggio 1927 fu inviato nell'isola di Ustica, dove incontrò C. Rosselli ed altri esponenti antifascisti. Con Rosselli e Parri indirizzò una lettera a Mussolini per rivendicare orgogliosamente l'opposizione al regime. Nel gennaio 1928 venne trasferito a Lipari, dove restò fino al io aprile. Rientrato a Milano, benché sottoposto alla vigilanza della polizia, il B. riprese l'attività cospirativa frequentando soprattutto Emesto Rossi, insieme con il quale cominciò a tessere la rete organizzativa di un nuovo movimento che fu poi Giustizia e Libertà.
Il 1929 fu un anno particolarmente intenso nell'attività politica del Bauer. Dopo la firma dei Patti lateranensi pubblicò un opuscolo contro l'intesa tra la Chiesa ed il fascismo e, nella primavera di quell'anno, insieme a Nello Rosselli diede vita alla rivista La Lotta politica. Collaborò alla preparazione della fuga di Carlo Rosselli da Lipari, che ebbe poi luogo a luglio. Rifugiatosi a Parigi C. Rosselli costituì con altri fuorusciti il primo nucleo di Giustizia e Libertà, mentre il B. e il Rossi divennero gli animatori di questo movimento in Italia. Gli aderenti a Giustizia e Libertà si proponevano di dar vita ad una serie di azioni dimostrative ed alla lotta armata contro il fascismo. L'attività cospirativa dei B. e di altri esponenti giellisti fu interrotta il 30 nov. 1930, allorché essi furono arrestati in seguito ad una delazione.
Rinchiuso in carcere, prima a Brescia e quindi a Roma, il B. indirizzò, alla vigilia dei processo, una lettera al presidente del Tribunale speciale nella quale rivendicava "la piena responsabilità delle (sue) opinioni e della (sua) attività avverse al regime", denunciava l'"atmosfera d'intimidazione" che gravava sull'Italia ed auspicava l'avvento di "giorni di libertà e di vera dignità morale" (Enc. dell'antifascismo…, p. 264). Il processo agli esponenti giellisti ebbe inizio a Roma il 29 maggio 1931 e si concluse rapidamente con una dura sentenza. Il B. venne condannato a venti anni di reclusione.
Dopo aver trascorso buona parte della pena nelle carceri di Brescia, Genova, Alessandria e Roma, nel dicembre 1939 egli venne trasferito al confino di Ventotene. Qui scrisse alcune pagine di riflessioni politiche nelle quali ribadiva la propria adesione ad un'idea di "integrale democrazia liberale" aperta alle attese delle masse lavoratrici ed affrontava il rapporto con i comunisti, auspicando nei loro confronti, al di là del dissenso ideologico, la ricerca di "motivi di pratica coincidenza" (Colombo, 1979, p. 37). Nel giugno 1943 il B. venne nuovamente trasferito nel carcere romano di Regina Coeli e messo in isolamento fino al 25 luglio, allorché, in seguito alla caduta del fascismo, venne liberato.
Aderì quindi all'appena costituito Partito d'azione, che si proponeva di raccogliere l'eredità ideale e politica di Giustizia e Libertà. Egli stesso con le sue note fatte uscire clandestinamente dal carcere aveva dato un contributo importante alla formazione del partito. Il B. prese parte al primo congresso clandestino del Partito d'azione, tenutosi a Firenze il 5 e 6 sett. 1943, nel quale venne eletto membro dell'esecutivo centrale. Nella stessa occasione gli fu affidata la responsabilità di organizzare e guidare la partecipazione del partito alla lotta armata nell'Italia centrale. A Roma fu membro del Comitato centrale di liberazione nazionale e del più ristretto comitato militare, con Luigi Longo e Sandro Pertini.
Oltre a dirigere la lotta armata il B. partecipava attivamente al dibattito che si era sviluppato in seno al Partito d'azione. In contrasto con chi voleva imprimere al partito un orientamento decisamente socialista, egli rivendicava la permanente validità della concezione liberaldemocratica. Pur assegnando al partito un'originale collocazione a sinistra, era infatti convinto che esso non avrebbe dovuto essere "un partito classista né un partito proletario", ma un polo di aggregazione di ceti medi e di raccordo tra le varie forze democratiche, marxiste e non marxiste. A questa posizione faceva riferimento la rivista Realtà politica, da lui fondata nel dicembre 1944, con il concorso di altri esponenti azionisti, tra cui Ugo La Malfa e F. Parri.
Nel luglio 1945 il B. venne nominato membro della Consulta nazionale, quando già maturavano le condizioni che lo avrebbero indotto a lasciare la politica attiva. In scritti ed interventi esprimeva la propria amara delusione per l'evoluzione del Partito d'azione in una direzione diversa da quella da lui auspicata. Nel febbraio 1946, mentre la radicalizzazione dei contrasti-interni portava alla scissione ed alla crisi del partito, il B. annunciò le proprie dimissioni lasciando anche il seggio alla Consulta.
Dopo avere già nel 1943 rifiutato un incarico ministeriale nel governo Bonomi - non avrebbe mai ricoperto cariche pubbliche- il B. si risolse a staccarsi completamente dalla politica attiva. Da allora si dedicò con grande passione all'opera di educazione civile e sociale, riprendendo le redini della Società umanitaria. di cui fu commissario straordinario e quindi presidente fino al 1971, rilanciandone l'attività. Fu altresì presidente della Lega italiana per i diritti dell'uomo ed impegnato in attività pubblicistica. I suoi interventi su vari giornali erano caratterizzati da un forte richiamo a quei valori morali che avevano sempre ispirato il suo impegno politico.
Il B. morì a Milano il 14 ott. 1982.
Opere: Alla ricerca della libertà, Firenze 1957; Kermesse italiana, Milano 1960; La Società umanitaria, ibid. 1960; Il senso della libertà, Manduria 1967; L'antifascismo e la Resistenza. Origini, realtà, significato, Milano 1973; Il dramma dei giovani, ibid. 1977; Breviario della democrazia, ibid. 1978; ABC della democrazia, ibid. 1980; Le radici della democrazia, Antologia di scritti 1944-1946, a cura di A. Colombo, Firenze 1983 (con testimonianze di A. Colombo, A. Garosci, C. L. Ragghianti, M. Salvadori, G. Spadolini, L. Valiani, N. Bobbio); Quello che ho fatto. Trent'anni di lotte e ricordi, a cura di A. Colombo-P. Malvezzi-M. Melino, Milano-Bari 1987.
Fonti e Bibl.: Le carte del B. sono conservate presso il prof. Arturo Colombo, suo esecutore testamentario; Roma, Arch. centrale dello Stato, Casellario politico centrale, b. 417, fasc. 75505; B. Allason, Memorie di un'antifascista 1919-1940, Firenze s.d. (ma 1946), pp. 22 s., 99-103, 143; A. Garosci, Storia dei fuorusciti, Bari 1953, pp. 295., 57, 72, 123; Una lotta nel suo corso, a cura di S. Contini Bonacossi e L. Ragghianti Collobi, Venezia 1954, ad Indicem; C. L. Ragghianti, Disegno della liberazione italiana, Pisa 1954, ad Indicem; Antologia del "Caffè": giornale dell'antifascismo 1924-25, con una testimonianza di R. Bauer, Milano 1961; E. Piscitelli, Storia della Resist. romana, Bari 1965, pp. 60, 83, 87 s., 120; Encicl. dell'antifascismo e della Resistenza, I, Milano 1968, ad vocem; E. Lussu, Sul Partito d'azione e gli altri, Milano 1968, ad Indicem; L. Valiani - G. Bianchi - E. Ragionieri, Azionisti, cattolici e comunisti nella Resistenza, Milano 1971, ad Indicem; S. Zavoli, Nascita di una dittatura, Torino 1973, ad Indicem; M. Salvadori, Breve storia della Resistenza italia, Firenze 1974, pp. 45, 64, 66, 179; F. Parri, Scritti 1915-1975, a cura di E. Collotti. G. Rochat, G. Solaro Pelazza, P. Speziale, Milano 1976, pp. 9, 17 s., 21, 113, 518, 542; G. Amendola, Intervista sull'antifascismo, a cura di P. Melograni, Bari 1976, ad Indicem; U. La Malfa, Intervista sul non governo, a cura di A. Ronchey, Bari 1977, pp. 7, 10, 22; Giustizia e Libertà nella lotta antifascista e nella storia d'Italia, Firenze 1978, ad Indicem; A. Colombo, R. B. e le radici ideologiche dell'antifascismo democratico, Bologna 1979; F. Solari, L'armonia discutibile della Resistenza, Milano 1979, pp. 25 s., 109, 128, 159 s.; G. Spadolini, L'Italiadei laici, Firenze 1980, pp. 378-383; N. Bobbio, Le ideologie e il potere in crisi, Firenze 1981, pp. 196, 206-211; G. De Luna, Storia del Partito d'azione 1942-1947, Milano 1982, ad Indicem; R. B. testimone del nostro tempo, in Nuova Antologia, gennaio-marzo 1983, fasc. monografico; C. Ceccuti, Mussolini nel giudizio dei primi antifascisti (1921-1925), Firenze 1983, pp. XVI, 9, 19, 226-229, 243, 254, 260 ss.; G. Spadolini, Italia di minoranza, Firenze 1983, pp. 40, 151-158, 175, 178, 225, 397 s., 400 s.; G. Tartaglia, I congressi del Partito d'azione 1944/1946/1947, Roma 1984, ad Indicem; R. B., a cura di M. Melino, Milano 1985; A. Colombo, Padri della patria, Milano 1985, ad Indicem.