RICCOBALDO DA FERRARA
Nato a Ferrara fra il 1243 e il 1245, probabilmente da una famiglia di notai, R. fu condotto fanciullo ad ascoltare Innocenzo IV predicare, durante la visita del papa alla città nel 1251. Non conosciamo altro della sua giovinezza, trascorsa verosimilmente a Ferrara, ma è possibile che abbia ottenuto a Bologna il titolo di notaio. In questa veste fu infatti presente a una riunione conciliare di Obizzo II d'Este nel 1274, fu a Faenza nel 1282 e notaio per il vicario di Obizzo a Reggio nel 1290.
La sua carriera fu tuttavia interrotta dall'esilio: nel 1293, lo troviamo a Padova, conseguenza probabile degli eventi che accompagnarono la morte di Obizzo, che egli avrebbe in seguito attribuito all'assassinio da parte del figlio e successore di questi, Azzo VIII. Da Padova, R. si trasferì a Ravenna, dove svolse alcune mansioni per il capitolo della cattedrale, avendo modo di esplorarne la biblioteca e derivandone un interesse per la storia. Dal 1297 intraprese la carriera di scrittore, forse incaricandosi della continuazione della storia di Agnello, e di certo come autore della sua prima storia universale, il Pomerium. Fra il 1297 e il 1302 non si limitò a rivedere due volte il testo del Pomerium, ma scrisse una breve cronaca, questa pure dedicata alla storia universale, che rivedette poi sostanzialmente e ripetutamente; entrambe le opere, tuttavia, dopo il 1150 trattano esclusivamente di fatti italiani.
R. lasciò Ravenna per fare ritorno a Padova nel 1303 o 1304, e qui compose una storia universale assai più estesa, le Historie, proseguendola fino al 1308 o 1310. Di quest'opera sono venute finora alla luce solo la prima metà e parte della seconda (ancora inedite); tuttavia, l'ampio uso che ne hanno fatto alcuni autori del sec. XIV, principalmente fra Pipino da Bologna, ha reso possibile stabilire molti particolari della sua storia del Duecento e in particolare i punti principali del suo resoconto del regno di Federico II.
All'incirca all'epoca della morte di Azzo VIII, nel 1308, R. fece ritorno a Ferrara, e questo lo spinse probabilmente ad abbandonare l'aggiornamento delle Historie per dedicarsi invece alla composizione della sua storia locale, la Chronica parva Ferrariensis, e a un'altra revisione della sua cronaca breve. Egli tornò in esilio nel 1313 all'incirca, quando Ferrara finì sotto il controllo papale, questa volta dirigendosi a Verona. Qui riscrisse da cima a fondo l'ultima parte della cronaca breve, facendone un'opera nuova, a noi nota come Compilatio Chronologica. Probabilmente nello stesso periodo scrisse anche una dotta compilazione geografica, il De Locis Orbis. Nel 1318 ultimò un Compendium delle Historie, in risposta, come spiega nella prefazione, alla pressione derivante dall'eccessiva lunghezza di quest'ultima opera. Il Compendium è infatti assai più breve dell'opera da cui deriva: se il primo consta di centotrentacinque pagine fino al 1318, la prima metà superstite dell'opera maggiore ne riempie trecentosettantacinque fino all'assunzione del potere da parte di Cesare. Nella prefazione al Compendium l'autore dichiara di avere allora settantatré anni, ed è probabile che egli sia morto quello stesso anno.
Durante la sua infanzia e giovinezza trascorse a Ferrara R. dovette sentire molto parlare dagli anziani degli eventi dell'Italia centrale che precedettero e seguirono l'assedio della città nel 1240 da parte degli Estensi e dei loro alleati, fra i quali figurava il legato papale, Gregorio da Montelongo (v.). Tali racconti non potevano mancare di fare riferimento ai cattivi rapporti di Federico tanto con Gregorio IX che con Innocenzo IV, e il resoconto del regno del sovrano svevo fatto da R. mostra infatti le imprecisioni e i dettagli, a tratti vividi, tipici della conoscenza trasmessa in questo modo. Tanto gli anni della sua associazione al capitolo della cattedrale di Ravenna, all'epoca in cui Bonifacio VIII aveva imposto l'impopolare Obizzo di S. Vitale come arcivescovo, quanto il fatto di aver assistito al modo in cui Clemente V s'impadronì di Ferrara, determinarono, o almeno contribuirono a creare, l'intensa ostilità verso entrambi i papi che egli mostra nelle sue opere più tarde, e che ha probabilmente influenzato la sua interpretazione retrospettiva delle difficoltà di Federico.
Esiste in effetti un forte contrasto fra l'uso accurato delle fonti nelle sezioni delle opere storiche di R. relative ai periodi più antichi e il suo approccio all'epoca a lui contemporanea. Tranne che nella sezione geografica e in quella sulla storia papale del Pomerium (ciascuna delle quali è basata solo su una o due fonti), egli attinse a una grande varietà di fonti classiche, citandone gli autori in accordo con le consuetudini del suo tempo, ma aggiungendo a volte, soprattutto nelle Historie, i suoi commenti, per esempio sul loro grado di affidabilità o su dove avesse trovato il testo; per l'epoca postclassica, egli usò in primo luogo Paolo Diacono, quindi (nel Compendium) Eginardo, aggiungendo a entrambi i dati tratti dalle numerose cronache medievali che, dopo Eginardo, sarebbero divenute le sue sole fonti. L'origine di alcuni particolari del resoconto del regno di Enrico VI e di quello di Ottone IV non è stata identificata; nel caso di Federico II, il fatto di fondarsi su informazioni orali, come si è già accennato, è probabilmente responsabile di un contrasto singolare: mentre il suo racconto della carriera dell'imperatore è invariabilmente antipapale, quello dei papi contemporanei nel Pomerium (la sola delle sue opere nella quale essi si trovino in una sezione distinta), copiato da Martin Polono e dai suoi continuatori, diventa critica dei papi solo quando queste fonti si esauriscono. È anche degno di nota che la selezione dei fatti di storia locale, il rovesciamento di un tiranno, un assedio o una recente alleanza in Emilia e Romagna, appare diversa dall'una all'altra delle cronache minori, e da queste alle storie, il che suggerisce che R. riesaminasse costantemente la loro rispettiva importanza. Viceversa, la selezione dei materiali, gli errori e i pregiudizi che caratterizzano il suo racconto dei rapporti fra Federico, Gregorio IX e Innocenzo IV permangono invariati nelle tre opere storiche, ma soprattutto nel Pomerium e nelle Historie, laddove il Compendium omette parte di questo materiale, conservando alcuni aneddoti e talvolta espandendoli, senza invece riportare taluni eventi trattati brevemente in precedenza.
A tale proposito, si può osservare che Pomerium, Compendium e tutte le cronache brevi si riferiscono all'elezione di Federico nel 1211 come "suffragio Ecclesie", mentre il Compendium aggiunge "et opera"; tutte continuano "a principibus Alemanie imperator eligitur" (poiché R. non accetta la pretesa al titolo imperiale di quanti non regnino in Italia, egli data invariabilmente gli anni di regno di Federico solo a partire dalla sua incoronazione a Roma nel 1220). L'enfasi sul sostegno papale potrebbe voler significare tanto la successiva ingratitudine di Federico a questo riguardo, quanto la perfidia papale. Quest'ultima interpretazione sembra confermata dal resoconto concorde nelle storie di R. degli eventi seguiti all'elezione di Gregorio IX. Non si fa mai menzione dei precedenti voti crociati di Federico; il primo evento è una "discordia" che "magnarum cladium fuit initium", provocata dal desiderio di Gregorio di far sposare uno dei figli di Federico a sua nipote (Pomerium) o a qualche altra sua consanguinea (Historie, Compendium); Federico non riesce a ottenere il consenso di uno dei suoi figli, al che Gregorio gli ingiunge di partire per la crociata (questo racconto è forse basato sulla diceria secondo la quale Federico avrebbe proposto, nel 1244, che Corrado sposasse una nipote di Innocenzo IV). Federico parte e, mentre è impegnato a fare la guerra ai nemici di Cristo (Pomerium), o è in Siria (Historie, Compendium), il papa invade quasi tutta la Puglia e se ne impadronisce. Federico si affretta allora a fare la pace con i saraceni e ritorna con un'unica nave per riconquistare le proprie terre; le tre opere concordano sul fatto che da questo momento egli diventa il nemico del pontefice romano. Tale versione degli eventi è prudentemente introdotta, in tutte e tre le opere, da "aiunt quidam", "suggerunt quidam", senza però che sia offerta nessun'altra spiegazione, laddove Pipino vi fa seguire una versione più accurata, introdotta da "dissone ab aliis dicitur". La ribellione di re Enrico si discosta ancora di più dalla verità storica: nel Pomerium e nelle Historie, egli avrebbe trattato con il papa per rovesciare suo padre e ottenere l'Impero; le cronache minori concordano unanimemente sul fatto che la ribellione avvenne "suggestione Ecclesie". Le Historie aggiungono che il dolore di Federico per la morte di Enrico fu altrettanto grande di quello di Davide per Assalonne. Il Compendium non ne parla affatto.
All'anno 1239, Pomerium e Historie menzionano la scomunica di Federico da parte di Gregorio, insieme all'autorizzazione data ai sudditi di rompere il giuramento di fedeltà, e dichiarano che la scelta di Gregorio da Montelongo come legato fu fatta per creare ostacoli all'imperatore, "totis nisibus" secondo il Pomerium, modificato dalle Historie "in omnibus conatibus", accusa che l'autore reitera nel descrivere l'assedio di Ferrara del 1240: Gregorio da Montelongo è nominato legato "ut imperatoris et fautorum eius obviaret conatibus". Il coinvolgimento della Chiesa è dovuto, secondo le Historie, al fatto che Salinguerra Torelli era diventato l'alleato di Federico e ne aveva ricevuto truppe; entrambi questi fatti sono citati nel Pomerium, ma senza commento. Nel Pomerium e nelle Historie, il legato è interamente responsabile di quel che è descritto come lo sleale trattamento di Salinguerra, mentre il Compendium si limita a menzionare la presenza del legato e l'alleanza di Salinguerra con Federico come motivazione della Chiesa.
Due opere entrambe fortemente dipendenti dalle Historie di R., il Chronicon di Francesco Pipino e le aggiunte al Chronicon Placentinum attribuite a Giovanni de' Mussi (Massera, 1915, pp. 176-177), comprendono un brano apparentemente autentico nel quale Federico, durante il suo assedio di Faenza del 1241, è avvicinato da due catari della città che gli offrono la loro fedeltà. Egli li respinge, commentando "utinam rectores Ecclesie, qui michi adversantur, sic recte agerent quemadmodum recte credunt". Questo aneddoto, derivato probabilmente dal soggiorno di R. a Faenza, sarebbe da collegare al cambiamento di una frase dal Pomerium alle Historie: mentre la prima opera dice che la condanna di Federico a Lione avvenne in quanto "male de fide sentiens", l'altra afferma perché "de multis calumniatum".
Tanto il Pomerium che le Historie parlano dei due cardinali già detenuti da Federico prima dell'elezione di Innocenzo IV, dell'imperatore che dice a questo proposito "hodie amicum perdidi" e dell'ostilità di Innocenzo, in una frase ripetuta nel Compendium; tutt'e tre affermano che Federico "ire contempsit" a Lione dove Innocenzo provvede alla sua deposizione dal trono imperiale, ma sia le Historie che il Compendium continuano a chiamarlo imperatore, a differenza del Pomerium; le cronache brevi non danno invece indicazioni coerenti a questo riguardo, ma tutte, storie e cronache, affermano che i suoi anni di regno furono trenta, ossia fino al 1250. Le tre storie terminano con la descrizione delle buone qualità di Federico, introdotte nel Pomerium dalla rubrica "de moribus et gloria Federici", con la menzione delle sue numerose amanti e l'elogio dei suoi figli.
Le Historie sembrano essere la fonte di una breve biografia di Pier della Vigna, comprendente la descrizione di un affresco con un'iscrizione in versi in un palazzo napoletano, che ritrae Federico insieme al cancelliere come dispensatore di giustizia imperiale. Il testo, che attribuisce la caduta di Pier della Vigna alla gelosia dei curiali, si ritrova in un'identica forma in Pipino, nel commentario dantesco di Benvenuto da Imola e nel Fons Memorabilium Universi di Domenico di Bandino, opere che presentano tutte molte citazioni da Riccobaldo.
Il passaggio più noto nel resoconto di R. del regno federiciano è, senza dubbio alcuno, quello "de moribus antiquis", che ricorre, in forma più o meno lunga, in tutte le opere di Riccobaldo. Spesso citati furono anche i suoi aneddoti su Niccolò Pesce e Michele Scoto, e l'affermazione secondo cui la disfatta di Milano fu seguita dall'impiccagione di Pietro Tiepolo (di contro alle descrizioni che lo vedono camminare in processione con una corda intorno al collo). Sovente ripetuta è anche l'affermazione che si trova nelle cronache brevi, secondo cui i faentini annegarono in un pozzo un barone da loro scambiato per Federico. L'interesse di questi brani nel contesto presente risiede nella prova che essi offrono della notorietà delle opere di R., un dato che è ulteriormente confermato dalle numerose cronache che citano parola per parola il suo resoconto degli eventi locali.
Difficile è stabilire quanto abbia influito il pregiudizio filoimperiale di R.: sembra che nessuno abbia studiato il testo di Pipino, che lo cita più estesamente degli altri, e che comunque offre anche versioni alternative degli stessi fatti. Benvenuto da Imola cita in parte la "causa discordie" e presenta, nel suo commento dantesco, l'analisi finale di Federico fatta da R., come pure se ne serve nel suo più noto Liber Augustalis. Domenico di Bandino cita ugualmente del materiale federiciano. Marino Sanudo il Vecchio ricavò estratti del Compendium, ivi compreso il Duecento; Niccolò da Ferrara menziona il Pomerium nel suo Polistorio a proposito dei rapporti di Federico con Gregorio IX e con re Enrico VII e dei figli di Federico. Giovanni Sozomeno nel suo Chronicon ricopiò alcuni fatti relativi al regno di Federico dalle Historie. Fra gli altri, citano l'uno o l'altro evento Pietro Patrizio di Ravenna e le cronache manoscritte qui elencate tra le fonti.
Fonti e Bibl.: codici ed edizioni delle opere di R.: Historie, prima metà in Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Vat. Lat. 1961; altra sezione in Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, ms. B.R. 50, e in Trento, Sovrintendenza alle Belle Arti, ms. 1385; Pomerium Ravennatis ecclesiae (700-1297), in R.I.S., IX, 1726, coll. 105-192, in partic. 116C, 117A-132C, 179B-180D; Chronica parva Ferrariensis, a cura di G. Zanella, Ferrara 1983; Compendium Romanae Historiae, a cura di A.T. Hankey, Roma 1984, in partic. pp. 721-727; De Locis Orbis, a cura di G. Zanella, Ferrara 1986; Compilatio Chronologica, a cura di A.T. Hankey, Roma 2000, in partic. pp. 179-190. Cronache anonime in Venezia, Biblioteca Marciana, mss. Zan. Lat. 402 (= 1734) e 387 (= 1489); Niccolò da Ferrara, Polistorio, ivi, ms. Zan. Ital. 37 (= 4773), c. 273v; Marino Sanudo il Vecchio, Miscellanea, ivi, ms. Lat. X 290 (= 3800); Domenico di Bandino, Fons Memorabilium Universi, in Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Chig. G. VIII. 236, in partic. cc. 177v, 339v-340r; Giovanni Sozomeno, Chronicon Universale, ivi, ms. Vat. Lat. 7271. Benvenuto Rambaldi da Imola, Liber Augustalis, in F. Petrarca, Opera omnia, Basileae 1581, p. 530; Fra Francesco Pipino, Chronicon (1176-1314), in R.I.S., IX, 1726, coll. 587-752A, in partic. coll. 651, 657A-661C, 669-672; Giovanni de' Mussi, Chronicon Placentinum (222-1402), ibid., XVI, 1730, coll. 578C-579B, 592D-593B; Benvenuto Rambaldi da Imola, Commentum in Dantis Comoediam, a cura di G.F. Lacaita, I-V, Florentiae 1887: I, pp. 432-433, 442-443 e V, p. 166; Pietro Patrizio, Cronica, in Forlì e i suoi vescovi. App. IX, a cura di A. Calandrini-G.M. Fusconi, Forlì 1985, pp. 1143-1175. A.F. Massera, Dante e Riccobaldo da Ferrara, "Bullettino della Società Dantesca Italiana", n. ser., 22, 1915, pp. 168-200; G. Zanella, Riccobaldo e dintorni. Studi di storiografia medievale ferrarese, Ferrara 1980; Id., Ferrara, in Repertorio della cronachistica emiliano-romagnola (saec. IX-XV), a cura di A. Vasina, Roma 1991, pp. 163-181, 183-184; A.T. Hankey, Riccobaldo of Ferrara: his Life, Works and Influence, ivi 1996.
Traduzione di Bruna Soravia