Ausiliari (dal lat. auxilium «aiuto» + -āris) si chiamano alcuni verbi che, oltre al loro uso e significato autonomi (➔ modi del verbo), se impiegati in unione con le forme non finite di altri verbi, svolgono [...] ), Commedia, con il commento di A.M. Chiavacci Leonardi, Milano, Mondadori, 1991-1997, 3 voll.
Boccaccio, Giovanni (1980), Decameron, a cura di V. Branca, Torino, Einaudi.
De Amicis, Edmondo (1984), Cuore, introduzione di G. Finzi, Milano, Mondadori ...
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Come indicò Saussure (1916), la lingua si può studiare in due modi: o lungo l’asse della simultaneità, descrivendo il sistema di fenomeni esistente in un momento dato, in una certa comunità di parlanti, [...] + dativo, norma ancora rispettata da Dante («E se non fosse ch’ancor lo mi vieta»: Inf. XIX, 100), mentre già nel Decameron di Boccaccio il tipo arcaico coesiste con il tipo moderno me lo in proporzioni pressoché uguali. Per tutto il Trecento resiste ...
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Il soggetto (dal lat. subiĕctu(m) «che sta sotto», calco del gr. hypókeímenon) indica una funzione grammaticale fondamentale nella frase, insieme a quelle di ➔ oggetto e di predicato (➔ predicato, tipi [...] la prosa letteraria determina, almeno nelle sezioni diegetiche, il decremento del tasso di espressione del soggetto. Nel Decameron il divario tra espressione del soggetto nei dialoghi e nel discorso indiretto, con sintassi più elaborata e periodi ...
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tamagno
agg. [voce settentr., lat. tam magnus], ant. – Tanto grande, così grande; in senso assol., assai grande o, al contrario, molto piccolo. Con quest’ultimo sign. fu usato talvolta il dim. tamagnino, anche come soprannome di persona di...
ventisettana
agg. e s. f. [der. di ventisette, come anno del secolo in riferimento]. – In filologia e nella critica letteraria, l’edizione v. o la v., del Decameron, la famosa edizione del 1527 (Firenze, Giunti) dell’opera di Boccaccio; la...