L’italiano di oggi ha ancora in gran parte la stessa grammatica e usa ancora lo stesso lessico del fiorentino letterario del Trecento. Nella Divina Commedia, a cominciare dal I canto dell’Inferno, un italiano [...] interregionale che (come invece voleva l’Alighieri) sovraregionale. Di particolare intelligenza le argomentazioni sul volgare, a cura di G. Patota, Roma, Salerno Editrice.
Bembo, Pietro (1989), Prose della volgar lingua. Gli Asolani. Rime, a cura di C ...
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Con il termine origini ci si riferisce convenzionalmente alla fase aurorale delle lingue romanze (o neolatine), quando testi (o frammenti di testi) scritti in volgare cominciarono a essere conservati su [...] cassinesi, Scongiuri aquinati, Istorie dell’Exultet barberiniano).
Alighieri, Dante (1996), De vulgari eloquentia, in Id langues romanes, Tübingen, Narr.
Serianni, Luca & Trifone, Pietro (a cura di) (1993-1994), Storia della lingua italiana, ...
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L’Italia può vantare il maggior trattato di linguistica dell’Europa medievale, il De vulgari eloquentia di ➔ Dante Alighieri, scritto in latino per definire i caratteri del volgare illustre, in cui, per [...] dell’impiego (una tale concezione del lessico si ritrova in ➔ Pietro Bembo); così l’idea che l’uso letterario sia la Opere, Firenze, Le Monnier, 1934-1938, 6 voll., vol. 6º.
Alighieri, Dante (1968), De vulgari eloquentia, a cura di P.V. Mengaldo, ...
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Dante Alighieri nacque a Firenze nel maggio, o giugno, 1265, l’anno prima della battaglia di Benevento, che segna la distruzione della parte ghibellina in Italia. Di famiglia guelfa, cresce in anni segnati [...] comicità del poema; ma ancora nel XXVII del Paradiso S. Pietro inveisce contro il suo successore che «fatt’ha del cimitero 52-68.
Tavoni, Mirko (in corso di stampa), Introduzione, in Alighieri, Dante, De vulgari eloquentia, a cura di M. Tavoni, in ...
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I primi esempi di uso letterario dell’italiano da parte di uno scrittore straniero sono i due componimenti del trovatore provenzale Raimbaut de Vaqueiras (che tra il 1180 e i primi del Duecento vive e [...] sovra-effetto / Purtroppo troppo …», o di espressioni quali «di Pietro negator’ degni seguaci», «Ma io ebbi la pelle convulsa», «la e il pluristilismo dei due canti che si rifà ad Alighieri, con forme e costrutti arcaizzanti (clamare, vanidade, fé ...
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Con il termine arabismi si intende una particolare classe di esotismi, molti dei quali successivamente integratisi nel vocabolario italiano e allineatisi alla morfologia della nostra lingua (➔ adattamento; [...] storia d’Italia, a cura di L. Serianni, Roma, Società Dante Alighieri, pp. 635-642.
Pozzi, Mario (1994), Le lingue esotiche nella letteratura , «Vox Romanica» 10, pp. 1-62.
Trifone, Pietro (1991), D’Annunzio e il linguaggio dei giornali, in Studi ...
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Alessandro Manzoni nacque a Milano nel 1785 dalla figlia di Cesare Beccaria, Giulia, moglie presto separata del ricco possidente Pietro Manzoni. Dopo un decennio trascorso in collegio dai padri somaschi [...] a Ruggero Bonghi, direttore della «Perseveranza»: la Lettera intorno al libro «De vulgari eloquio di Dante Alighieri», in cui intendeva dimostrare la finalità esclusivamente stilistica del trattatello dantesco («perché in esso non si parla ...
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Con la locuzione lingua cortigiana (o cortegiana o cortesiana) ci si riferisce a un’espressione usata nel dibattito di primo Cinquecento in relazione agli usi linguistici delle corti italiane (Milano, [...] stecchi …»), solo per citare due scrittori inconciliabili per scelte stilistiche.
Alighieri, Dante (1529), De la volgare eloquenzia, trad. G.G. Trissino, Vicenza, Tolomeo Gianicolo.
Bembo, Pietro (1966), Prose della volgar lingua, in Id., Prose e ...
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Per lingua delle cancellerie o cancelleresca può intendersi, in senso stretto, quella della corrispondenza ufficiale delle cancellerie tardomedioevali e rinascimentali e, in senso lato, quella di statuti, [...] il Pontano e il Carafa; per la corte pontificia a ➔ Pietro Bembo), nell’età comunale e signorile i cancellieri erano in genere ), La lingua nella storia d’Italia, Roma, Società Dante Alighieri.
Tavoni, Mirko (1992), Il Quattrocento, in Bruni 1989- ...
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L’infinito è un modo non finito del verbo (➔ coniugazione verbale; ➔ modi del verbo), che nella tradizione grammaticale è considerato forma di base del verbo stesso ed è, di conseguenza, usato come forma [...] (1965), Vita nuova. Rime, a cura di F. Chiappelli, Milano, Mursia
Alighieri, Dante (1988), La Divina Commedia, a cura di di U. Bosco & G. Reggio, Firenze, Le Monnier.
Aretino, Pietro (1990), Lettere, a cura di P. Procaccioli, Milano, Rizzoli, 2 ...
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ragionare
v. intr. [der. di ragione] (io ragióno, ecc.; aus. avere). – 1. a. ant. Discorrere, conversare, parlare: incominciarono a r. delle virtù di diverse pietre (Boccaccio); Né teco le compagne ai dì festivi Ragionavan d’amore (Leopardi);...