Ricerca
Ricerca educativa
La r. nel campo della pedagogia e delle scienze dell'educazione è stata a lungo influenzata, negli Stati Uniti e in Europa, in primo luogo dai diversi indirizzi di psicologia sperimentale, poi anche dalla sociologia interessata ai processi formativi, infine dai riflessi sull'economia e lo sviluppo. Sul versante psicologico, a guidare maggiormente le linee della r. sono stati, all'inizio, gli studi di psicologia genetica di J. Piaget; il comportamentismo di B.F. Skinner; la cosiddetta psicologia umanistica di A.H. Maslow, seguito in parte da C. Rogers; le analisi di psicologia cognitiva e di teoria dell'istruzione di J.S. Bruner; le posizioni di N. Chomsky sull'origine del linguaggio. Particolare rilievo hanno avuto gli studi di Bruner, il quale, fra l'altro, ha posto l'attenzione sul problema formativo della conoscenza piuttosto che sul versante formale dell'intelligenza, e ha proposto con forza l'esigenza di rinnovare i curricoli dell'istruzione in modo da tenere conto delle nuove conoscenze scientifiche. Sulla base di tali orientamenti teorici, le numerose r. applicate svolte tra la fine del 20° e gli inizi del 21° sec. hanno dato preminente interesse all'analisi del soggetto nella fase dell'apprendimento, alle condizioni psicologiche dello sviluppo cognitivo e affettivo, alla motivazione degli interessi, alle procedure della formazione individuale. Nonostante lmole del lavoro prodotto, la ricaduta sul piano didattico di tali r. è risultata tuttavia limitata, anche perché esse sono rimaste in larga misura confinate nelle sedi scientifiche istituzionali e non sempre hanno saputo coinvolgere in forme adeguate gli insegnanti, che dei processi educativi restano comunque i principali attori. Tuttavia docenti e organi scolastici, direttamente o in collaborazione con ricercatori ed esperti, hanno cercato di sperimentare alcune linee di r. più concretamente utilizzabili. Uno di questi terreni d'incontro ha riguardato il tentativo di determinare obiettivi operativi specifici di apprendimento, partendo dalle tassonomie elaborate in precedenza da vari studiosi e cercando di adattarle per individuare esiti ponderabili dell'azione didattica (v. obiettivo). Un altro terreno d'incontro ha riguardato i problemi della valutazione, con riferimento sia alla misurazione del profitto individuale degli studenti sia alla ponderazione d'insieme delle forme dell'intervento formativo. Anche in questo campo si è cercato di utilizzare in una chiave più concreta e operativa l'ampio lavoro svolto dalla r. docimologica (v. valutazione). Inoltre, sia la teoria sia la prassi didattica della scuola (ma anche dell'organizzazione degli studi universitari) sono state influenzate in varia misura dalla r. psicopedagogica contemporanea, peraltro con risultati non sempre apprezzabili sul piano della qualità dell'insegnamento, del rigore degli studi, dell'effettivo avanzamento dei livelli di istruzione. Sollecitazioni sono venute, per es., dalla procedura tecnologica del mastery learnig (studiata inizialmente da B.S. Bloom e J.B. Carroll), dalla sperimentazione delle teorie di progettazione curricolare, dalla proposta di nuovi modelli di organizzazione dell'insegnamento-apprendimento, dalla rivisitazione in chiave unitaria e più aggiornata delle tecnologie dell'educazione all'interno della cosiddetta didattica laboratoriale (v. didattica).
Sul versante ispirato dagli studi di psicologia sociale e di sociologia, l'attenzione della r. educativa si è andata orientando e sempre più estendendo dalla dimensione soggettiva dell'apprendimento a quella relativa alle condizioni socio-ambientali in cui si svolgono i processi di istruzione e di formazione. Vari sono stati gli indirizzi che hanno influenzato gli orientamenti della ricerca. Un particolare segno ha lasciato la psicologia sociale di K. Lewin, fra i primi a porre al centro delle sue r. i processi cognitivi e dell'apprendimento in relazione agli effetti sull'ambiente politico-sociale, nonché sulla dinamica dei comportamenti individuali all'interno dei gruppi. L'indirizzo di 'ricerca operazionale' ha segnalato l'opportunità della presenza di osservatori specializzati all'interno delle istituzioni scolastiche, a sostegno dell'azione educativa. Molte delle sperimentazioni scolastiche realizzate hanno tenuto conto di questo suggerimento. Nel quadro del neofunzionalismo si segnalano le posizioni di W. Buckley e soprattutto di N. Luhmann, che individua una intrinseca autonomia del sistema educativo rispetto agli altri sistemi sociali, mettendo al centro la 'capacità ad apprendere' ovvero 'apprendere l'apprendimento'. Maggiore interesse presenta la sociologia neoweberiana, che tiene conto contemporaneamente di più fattori, da quello economico a quello simbolico. Il merito principale dell'analisi sociologica è di avere evidenziato l'incidenza dei fattori, interni ed esterni, condizionanti l'accesso e la riuscita scolastica. La sociologia dell'educazione, pur con riferimenti teorici diversi, si è sviluppata soprattutto a livello di microanalisi, che hanno in comune l'attenzione al soggetto agente e ai rapporti interattivi in educazione. Se nella società preindustriale i soggetti erano sostanzialmente monocollocati e in quella industriale erano pluricollocati, ma in modo rigido, nelle società postindustriali, e probabilmente ancor più in futuro, lo stesso individuo viene ad assumere contemporaneamente posizioni esistenziali e operative più numerose in differenti strutture sociali, posizioni da conciliare fra loro e altresì da cambiare nel tempo. Esistono ormai molteplici riscontri empirici che mostrano la tendenza a superare la rigida unidimensionalità della vita umana scandita nelle tre fasi successive della formazione, del lavoro e del pensionamento. Aumenta di conseguenza, come rivelano altre analisi, la discrezionalità personale nella gestione del tempo, con la diminuzione dei tempi eteroregolati e l'aumento di quelli autoregolati, fenomeni che presentano implicazioni e potenzialità nuove sia in campo economico-sociale sia in campo educativo-culturale. Se, come è ormai dimostrato dalle tendenze in atto, avevano torto le tesi estreme di I.D. Illich e di altri in merito alla prospettiva di una 'descolarizzazione' di massa e all'avvento di una 'società educante' che facesse a meno di insegnanti, istituzioni e programmi, è però vero che la scuola tende ormai di fatto a perdere la sua funzione quasi di monopolio dell'istruzione all'interno di un sistema che prevede una molteplicità di poli formativi.
D'altra parte, le analisi comparative internazionali, come, per es., le r. valutative PISA (Program for International Student Assessment) nell'ambito dell'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), relative ai primi anni del 21° sec., non danno risultati generali tranquillizzanti sul profitto dei giovani allievi dei sistemi scolastici in ordine a discipline fondamentali quali le competenze in lettura, in matematica, in scienze. È significativo il fatto che P. Bourdieu, già nel 1970 (in un libro scritto con J.-C. Passeron), nell'analizzare i risultati della scolarizzazione di massa, aveva osservato che, mentre si innalza il livello quantitativo di scolarità, si abbassa quello qualitativo dell'istruzione. I problemi non si riducono tuttavia a quello della selezione, ma coinvolgono anche la ridefinizione aggiornata dei contenuti d'insegnamento e una migliore preparazione dei docenti.
Altro importante settore di r. riguarda la cosiddetta economia dell'educazione, che fa riferimento ai riflessi dei processi formativi sul mercato del lavoro, sugli sviluppi dell'economia, sui costi dei sistemi di istruzione. In passato ha avuto un certo peso la teoria del 'capitale umano': i lavoratori che hanno 'accumulato' maggiore istruzione, avranno maggiore possibilità di inserimento e di avanzamento nel processo produttivo; le società che incrementano l'investimento nel settore ne beneficeranno in termini sociali e di sviluppo economico. L'ottimismo di queste ipotesi è stato in seguito ridimensionato (C. Jencks, R. Boudon). Si è potuto osservare, fra l'altro, che ciò che vale per le fasi di espansione economica, vale molto meno per le fasi di recessione, dove i costi dei sistemi di istruzione tendono a superare i benefici. Gli esperti dell'OCSE riuniti nel CERI (Center for Educational Research and Innovation) designavano nel 1997 il possibile scenario futuro affermando che nel 21° sec. il diploma conseguito non sarà più un passaporto valido per tutta la vita. Al contrario, ci si aspetta che gli studenti seguano con successo itinerari di apprendimento differenziati e siano disposti ad acquisire nuove competenze lungo l'intero arco della vita. La tendenza che emerge fra gli esperti è di considerare il rapporto fra istruzione e sviluppo economico in termini meno rigidi o unidirezionali, cercando di fare attenzione per quanto possibile alle dinamiche delle diverse variabili dei processi sociali ed economici in corso.
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