RIETI
(lat. Reate)
Città del Lazio, capoluogo di provincia, situata alle falde sudoccidentali del monte Terminillo, lungo il corso del fiume Velino.Fondata dai Sabini, nel 290 a.C. fu conquistata dai Romani. Nell'Alto Medioevo, in seguito allo stanziamento dei Longobardi, pienamente compiuto nell'ultimo quarto del sec. 6°, la città divenne sede di un potente gastaldato, dipendente dal ducato di Spoleto. Durante la lotta per le investiture si schierò a favore dei papi e nel 1198, quando già godeva di autonomie comunali, stipulò con Innocenzo III (1198-1216) i patti di sottomissione. Nel sec. 13° fu teatro di importanti eventi, tra cui nel 1223 l'incontro di Onorio III (1216-1226) con s. Francesco e nel 1234 la canonizzazione di s. Domenico. Se gli stretti rapporti con il papato, confermati nel secolo successivo dall'atto di obbedienza dei Reatini al cardinale Egidio Albornoz, costituiscono un dato fondamentale per la storia di R., è solo alla luce della lunga permanenza nell'area di influenza spoletina che si possono comprendere in pieno i fenomeni artistici di una città che ha condiviso a lungo le sorti dell'Umbria, essendo passata al Lazio soltanto nel 1923.Fin dal sec. 8° R. iniziò a espandersi al di là della cinta muraria romana, con un'acquisizione progressiva di aree, a S fino al Velino e a E fuori porta Interocrina. Della città antica furono conservate le mura e la rete viaria, il cui asse principale era costituito dalla Salaria, che, superato il fiume per mezzo di un ponte, raggiungeva il foro e piegava verso E, seguendo quasi esattamente il tracciato delle od. via Roma e via Garibaldi. In epoca altomedievale alcune torri dell'antica cinta, che aveva ormai perso la funzione difensiva, furono trasformate in abitazioni private di potenti laici (Leggio, 1989). Dal 1252 fu attuata una vera e propria espansione pianificata della città, con una complessa acquisizione, da parte del Comune, di aree a N dell'abitato. A tale ampliamento, su tracciato rettilineo, si accompagnarono la risistemazione della rete stradale preesistente, che consistette principalmente in una rettificazione dell'originario impianto curvilineo (Guidoni, 1985), e la costruzione di mura, con torri quadrangolari e cilindriche, a protezione dell'addizione urbana: se ne conservano diversi tratti, nonostante i restauri e gli sventramenti di età moderna (Rosatelli, 1991). Aspetto caratteristico del paesaggio urbano che si venne delineando tra il sec. 13° e il 14° è la copertura a crociere nervate di incroci viari o tratti di strade, con chiare valenze simboliche, il cui esempio più significativo è il c.d. arco del Vescovo o di Bonifacio VIII (post 1298), monumentale espressione del potere vescovile sulla città.L'antica cattedrale, dedicata a s. Maria, fu fondata nel sec. 5° nei pressi del foro. Alcuni dei monasteri o dei complessi chiesastici urbani e suburbani ricordati dalle fonti per il periodo compreso tra il sec. 6° e il 12° sono stati radicalmente trasformati, altri sono andati completamente perduti, ma se ne sono formulate, in base all'analisi documentaria, diverse ipotesi di localizzazione (Colasanti, 1910-1911; Pani Ermini, 1983; Consiglio, 1990; Saladino, Somma, 1993; Leggio, 1995).La costruzione della nuova cattedrale, sul sito della precedente, fu avviata nel 1109: si conservano - insieme alla cripta, consacrata nel 1157 e che occupa lo spazio sottostante - il transetto, l'alzato della navata centrale, due finestre del transetto destro e parte della facciata della chiesa superiore (consacrata soltanto nel 1225), con un elegante portale a girali di ascendenza classica, affine a esempi umbri e abruzzesi. Il campanile fu costruito dagli architetti Pietro, Andrea ed Enrico nel 1252. Di particolare rilievo sono inoltre quattro capitelli, oggi a palazzo Cappelletti, che originariamente componevano il ciborio del duomo: ispirati a esempi romani del sec. 3° e databili alla seconda metà del 12°, sembrano ascrivibili a lapicidi romani o meridionali (Mortari, 1985). La chiesa di S. Pietro Apostolo, da identificarsi con la parrocchiale di S. Pietro ricordata dalle fonti sin dal 1153, conserva la zona inferiore della facciata e il portale duecentesco. Alla riedificazione del palazzo Vescovile, promossa nel 1283 dal vescovo Pietro II Gerra, si devono il salone del primo piano e il sottostante portico a crociera su piloni a fascio, al quale nel 1288 veniva aggiunto l'avancorpo con la loggia, 'restituito' dai lavori di ripristino degli anni Trenta (Palmegiani, 1932).Tra il 1245 e il 1253 fu edificata la chiesa di S. Francesco, con pianta a croce latina e coro rettilineo. Le due cappelle ai lati della tribuna, che - come il transetto - dovevano essere voltate a crociera (a differenza della navata, già in origine a capriate lignee), sono state ricondotte da Mortari (1985) al progetto originario e da Raspi Serra (1984) a un momento di poco posteriore alla costruzione dell'edificio e spiegate con un riferimento diretto a modelli cistercensi (Mortari, 1985) o mediato dall'aula unica di S. Francesco a Cortona (Raspi Serra, 1984). Dagli ambienti absidali provengono gli affreschi con storie francescane oggi conservati nel palazzo Vescovile, palesemente esemplati su quelli della basilica superiore assisiate e plausibilmente databili agli inizi del Trecento (Romano, 1992). Per la compresenza di elementi stilistici umbri e romani, è stato ipotizzato l'operato di due distinte personalità (Blume, 1984; Romano, 1992) o di un unico artista, la cui formazione romano-laziale emergerebbe nelle scene non riferibili al modello iconografico assisiate (Mortari, 1985; Mercurelli Salari, 1993).Per la fabbrica di S. Domenico, la critica è divisa tra sostenitori di una datazione precoce, tra la metà del secolo e il 1270 (Mortari, 1985), e difensori di una cronologia più tarda, tra gli anni settanta del sec. 13° e il quarto decennio del 14° (Villetti, 1986) o tra la fine del Duecento e il 1315 (Raspi Serra, 1984). L'impianto mononave, concluso da un transetto su cui si aprono cinque cappelle a terminazione rettilinea, costituisce un importante precedente per la soluzione icnografica adottata nel S. Domenico a Siena e nel contempo denuncia puntuali richiami ad abbaziali cistercensi francesi (Raspi Serra, 1984).S. Agostino, a croce latina, sembra riferibile, soprattutto per alcune forme di dettaglio, agli inizi del sec. 14° (Raspi Serra, 1984). Per le imponenti absidi poligonali è accostabile al S. Francesco di Amatrice e al S. Agostino di Cittaducale, secondo un'evoluzione del tipo proposto dalla basilica di S. Francesco di Assisi (Righetti Tosti-Croce, 1985). Recentemente, sulla parete destra della chiesa in prossimità dell'ingresso, sono stati messi in luce notevoli brani di affreschi, appartenenti a diverse fasi decorative.Le chiese di S. Francesco, S. Domenico e S. Agostino sono ubicate rispettivamente negli angoli sud-est, nord-ovest e nord-est della città, in una composizione triangolare le cui mediane si intersecano nei monumenti-fulcro della vita cittadina: la cattedrale e il palazzo Comunale (Bove, 1983). Di quest'ultimo (già palazzo dei Priori), risalente al sec. 13°, resta il fianco orientale sull'od. via della Pescheria.Significative tangenze con l'architettura cistercense si possono rilevare, oltre che per l'edilizia mendicante, per tutto il 'rimodellamento' duecentesco di R. e in particolare per alcune strutture - palazzo Vescovile, arco del Vescovo e una sala del convento di S. Chiara (fondato nel 1289) - per le quali è verosimile ipotizzare un diretto intervento di maestranze dell'Ordine, forse provenienti dalla vicina abbazia di S. Pastore (Righetti Tosti-Croce, 1985).Il palazzo del Podestà, di datazione oscillante tra l'ultimo quarto del Duecento e la prima metà del Trecento, poi stravolto e ingrandito per ospitare il seminario Vescovile, conserva il portico a crociera originario.Il Mus. Civ. custodisce, tra le opere di più alta qualità, una raffinata croce processionale a tempera su tavola della metà del Trecento (proveniente da S. Francesco a Posta), il pregevole polittico realizzato da Luca di Tommè nel 1370 per la chiesa reatina di S. Domenico e il trittico di Zanino di Pietro, già nel convento di Fonte Colombo, databile agli inizi del 15° secolo.Nel Mus. Diocesano, già Mus. del tesoro del Duomo, oltre agli affreschi staccati dalla citata chiesa di S. Domenico, si segnalano alcune croci in argento dorato e sbalzato: la croce della parrocchiale di Sant'Elpidio (fine secondo-inizio terzo decennio del sec. 14°), arricchita da smalti riferibili al milieu artistico francesizzante del regno angioino di Napoli (Romano, 1987), e la croce di S. Anastasia a Borgorose (1397), che, soprattutto per la resa volumetrica dei corpi, costituisce un momento importante della storia dell'oreficeria locale, preannunciando l'opera di Nicola di Guardiagrele (Mortari, 1985).
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