RIETTI, Domenico, detto lo Zaga
RIETTI, Domenico, detto lo Zaga. – Nacque a Figline Valdarno da Francesco. La sua nascita è stata collocata intorno al 1505 (Rossi, 1993, p. 140), ma mancano notizie che possano permettere una precisa ricostruzione dei suoi primi anni di vita e della sua formazione.
Grazie al confronto tra la popolazione romana elencata nel censimento del dicembre 1526-gennaio 1527 (Gnoli, 1894, p. 513) e il libro degli introiti dell’Università dei pittori (poi Accademia di S. Luca), dove «Domenico detto el Zaga fiorentino» (soprannome con il quale fu sempre ricordato) si iscrisse il 3 luglio 1541 dietro versamento di uno scudo, si è ipotizzato che il pittore fosse giunto a Roma entro il primo quarto del Cinquecento (Rossi, 1993, p. 140). Nel riprendere i libri contabili della Compagnia nel 1534 si decise infatti che i pittori che erano stati iscritti all’istituzione prima del Sacco potessero nuovamente immatricolarsi dietro versamento di un solo scudo, invece dei due normalmente richiesti. La presenza di un «Menico» nei libri dei conti di Giovanni da Udine per la manifattura di dieci pennoni «per il Campidoglio», tra il 1525 e il 1526 (Giovanni da Udine, 1987, pp. 164 s.), ha fatto ipotizzare suoi legami con la bottega del celebre collaboratore di Raffaello, spiegando così la sua specializzazione nel genere della grottesca (Rossi, 2004, pp. 387 s.).
Secondo Nicole Dacos la mancanza di documentazione sulla presenza di Rietti a Roma negli anni Trenta sarebbe da imputare alla sua partenza per Genova nel 1527 al seguito di Perin del Vaga, con il quale avrebbe collaborato alla decorazione di palazzo Doria. La studiosa (1992, pp. 37-44) avrebbe identificato la mano di Rietti nel soffitto della sala dello Zodiaco, in particolare nelle scene della Primavera e dell’Estate, i cui disegni preparatori sono conservati nel codice Resta della Biblioteca Ambrosiana, caratterizzati da un largo impiego della biacca stesa con il pennello, a sottili filamenti, tecnica vicina a esempi perineschi.
La prima testimonianza certa dell’attività di Rietti risale al periodo compreso tra il 31 marzo 1543 e il 15 marzo 1544, quando collaborò con Perin del Vaga alla perduta decorazione a stucco e a fresco della cappella del Sacramento in San Pietro (Gaudioso, 1976a, p. 39).
Sempre a Perin del Vaga è legata l’impresa che dovette dargli grande notorietà. Il nome di Rietti compare, infatti, tra il 1547 e il 1548 fra i conti relativi alla decorazione dell’appartamento di Paolo III Farnese in Castel Sant’Angelo, in cui Perin del Vaga e la sua équipe furono impegnati a dipingere un’elaborata e raffinata celebrazione del pontefice quale principe rinascimentale, con esiti che si protrassero a lungo nell’ambiente artistico romano.
Poiché Rietti compare nei pagamenti subito dopo la morte del maestro, inizialmente senza riferimenti agli affreschi compiuti (29 ottobre-31 dicembre 1547), poi in relazione alla decorazione della sala di Apollo (6 gennaio-4 marzo 1548), Filippa Maria Aliberti Gaudioso e Eraldo Gaudioso hanno concluso che il pittore, già presente nella bottega di Perin del Vaga, dovette subentrargli nella direzione dei lavori nella sala di Apollo assumendo «una parte preponderante nella decorazione», ed eseguendo «non solo la maggior parte delle grottesche ma anche quasi tutte le scene figurate» con uno stile rapido e corsivo, insieme a Pellegrino Tibaldi (Gli affreschi di Paolo III a Castel Sant’Angelo, 1981, II, p. 176). A partire dai documenti, i Gaudioso hanno rintracciato la mano di Rietti in altri ambienti dell’appartamento farnesiano: la sala di Perseo, quella di Amore e Psiche, la Paolina, il Corridoio pompeiano, e gli hanno attribuito un nutrito gruppo di disegni preparatori, respinti però da Dacos (1992, p. 39) che sottolinea la difficoltà di «riscontrare i germi di un talento autonomo» nell’operato del pittore, il quale avrebbe utilizzato i progetti del maestro «senza tradirne lo spirito, forse proprio data la sua scarsa creatività»; ciò spiegherebbe anche il silenzio di Giorgio Vasari, che non lo cita nelle Vite (Dacos, 1982, p. 146).
A partire dal 1548 si intensificano le citazioni del pittore in documenti legati alla vita artistica romana, ma, se si eccettua un pagamento del dicembre del 1557 per alcune pitture eseguite in una piccola stanza situata al Belvedere, nei palazzi Vaticani (Ackerman, 1954, p. 170), nei documenti non viene mai citata alcuna sua opera d’arte. Rietti presenziò ininterrottamente alle congregazioni dell’Università dei pittori tra il 1548 e il 1574, ricoprendo le cariche più alte: fu eletto due volte console generale (nel 1549, ma rifiutò, e nel 1562-63), console pro tempore (1563-64), sindaco (1551-53), camerlengo quasi senza soluzione di continuità per il ventennio compreso fra il 1553 e il 1573, incarico assunto in maniera del tutto eccezionale e in deroga alle disposizioni statutarie, che imponevano cinque anni di pausa per ciascun anno di camerlengato, e a più riprese esattore per la fabbrica della chiesa di S. Luca (Salvagni, 2012, pp. 408-410).
Dal 1554 Rietti è elencato anche fra gli iscritti alla Congregazione dei Virtuosi del Pantheon, dove partecipò con regolarità alle adunanze fino al 1572 (La Compagnia di S. Giuseppe di Terrasanta nel XVI secolo, 2000, pp. 109-120). Come si desume dai documenti, in questi anni egli intrecciò fittissimi rapporti con gli altri pittori membri delle due associazioni artistiche: fu esecutore testamentario del pittore e architetto Antonio Dupré (1557; Bertolotti, 1886, p. 32) e del pittore romano Giovan Battista d’Ippolito (1560; Redín Michaus, 2007, p. 44), ebbe rapporti continuativi con i pittori spagnoli Francesco Credenza e Pietro Pisa, e quest’ultimo lo nominò anche erede universale nel suo testamento del 1581 (pp. 263 s.). Nel 1574, insieme a Pandolfo del Grande, stimò il soffitto ligneo di S. Maria in Aracoeli, commissionato dai Conservatori del popolo romano per celebrare la vittoria di Lepanto (p. 261); infine fu nominato perito in alcune cause dibattute tra il 1556 e il 1563 (Leproux, 1991, pp. 126, 128 s.).
Un tentativo di ricostruire la carriera pittorica di Rietti dopo l’impresa farnesiana, carriera totalmente taciuta dalle fonti documentarie e storico-artistiche, è stato compiuto da Dacos. La studiosa avrebbe riconosciuto la sua mano in due opere pressoché contemporanee di Francesco Salviati, che avrebbe acquisito nella propria bottega pittori già al lavoro in quella di Perin del Vaga: le grottesche dipinte nella parte inferiore della cappella del Margravio in S. Maria dell’Anima, forse in collaborazione con Luzio Luzi (con il quale avrebbe già collaborato alla decorazione di una sala al piano terra di palazzo Mattei Paganica tra il 1545 e il 1546), e la Vergine e l’Angelo dell’Annunciazione dipinta nella cappella del Pallio nel palazzo della Cancelleria, entrambi riecheggianti modelli decorativi della sala di Apollo e della Paolina (Dacos, 1982, p. 146; Ead., 1992, p. 41; Ead., 2001, pp. 197 s.); infine alcune grottesche dipinte in palazzo Farnese a Caprarola sotto la supervisione di Taddeo Zuccari (1560-62). Dopo Castel Sant’Angelo, dunque, Rietti sarebbe diventato un semplice pittore di grottesche, prima nella bottega di Salviati e poi in quella di Taddeo Zuccari.
Morì a Roma il 20 settembre 1584 (La Compagnia di S. Giuseppe di Terrasanta nel XVI secolo, 2000, p. 109, n. 60).
Fonti e Bibl.: A. Bertolotti, Artisti belgi e olandesi a Roma nei secoli XVI e XVII. Notizie e documenti raccolti negli archivi romani, Firenze 1880, p. 61; Id., Einige unbekannte Familiennamen berühmter Künstler, in Repertorium für Kunstwissenschaft, IV (1881), pp. 73-77; Id., Artisti subalpini in Roma nei secoli XV, XVI, XVII. Ricerche e studi negli archivi romani, Mantova 1884, pp. 78-80; Id., Artisti francesi in Roma nei secoli XV, XVI, XVII. Ricerche e studi negli archivi romani, Mantova 1886, pp. 32 s.; D. Gnoli, Descriptio Urbis o censimento della popolazione romana avanti il sacco borbonico, in Archivio della Società romana di storia patria, XVII (1894), pp. 375-520; U. Thieme - F. Becker, Allgemeines Lexikon der Bildenden Künstler, XXVIII, Leipzig 1934, p. 75; J.S. Ackerman, The cortile del Belvedere, Città del Vaticano 1954; E. Gaudioso, I lavori farnesiani a Castel Sant’Angelo. Precisazioni ed ipotesi, in Bollettino d’arte, LXI (1976a), 1-2, pp. 21-42; Id., I lavori farnesiani a Castel Sant’Angelo: documenti contabili (1544-1548), ibid. (1976b), 3-4, pp. 228-262; Gli affreschi di Paolo III a Castel Sant’Angelo. Progetto ed esecuzione. 1543-1548 (catal.), a cura di F.M. Aliberti Gaudioso - E. Gaudioso, I-II, Roma 1981, ad ind.; N. Dacos, Perino, Luzio, Zaga e Tibaldi: la mostra dell’appartamento di Paolo III a Castel Sant’Angelo, in Bollettino d’arte, LXVII (1982), 13, pp. 142-148; R. Guerrini, Artisti senesi, ed alcuni altri, del secolo XVI in Roma (dall’archivio dell’Accademia nazionale di S. Luca), in Bullettino senese di storia patria, XC (1983), pp. 152 s., 161-164; Giovanni da Udine. I libri dei conti, a cura di L. Cargnelutti, Udine 1987, pp. 164 s.; G.M. Leproux, Les peintres romains devant le tribunal du sénateur 1544-1564, in Monuments et mémoires, LXXII (1991), pp. 115-131; N. Dacos, Lo Zaga a Genova, in Disegni genovesi dal Cinquecento al Settecento, Giornate di studio... 1989, Firenze 1992, pp. 37-44; S. Rossi, Il fuoco di Prometeo. Metodi e problemi della storia dell’arte, Roma 1993, pp. 121-143; N. Dacos, La volta di Luzio e dello Zaga, in Palazzo Mattei di Paganica e l’Enciclopedia Italiana, a cura di G. Spagnesi, Roma 1996, pp. 259-280; La Compagnia di S. Giuseppe di Terrasanta nel XVI secolo, a cura di V. Tiberia, Gelatina 2000, ad ind.; N. Dacos, Italiens et espagnols dans l’atelier de Salviati. La chapelle du Pallio à la Chancellerie, in Francesco Salviati et la Bella Maniera, Atti del Convegno, Roma- Parigi 1998, a cura di C. Monbeig Goguel - Ph. Costamagna, Roma 2001, pp. 195-213; S. Rossi, Quanti erano e dove vivevano i pittori a Roma prima del Sacco, in Roma nella svolta tra Quattro e Cinquecento, Atti del Convegno, ... 1996, a cura di S. Colonna, Roma 2004, pp. 375-390; G. Redín Michaus, Pedro Rubiales, Gaspar Becerra y los pintores españoles en Roma, 1527-1600, Madrid 2007, pp. 44, 129, 256 s., 261-264, 341; I. Salvagni, Da Universitas ad Academia. La corporazione dei Pittori nella chiesa di San Luca a Roma, 1478-1588, Roma 2012, ad indicem.