Rifiuti
Viene definito rifiuto qualsiasi oggetto o sostanza derivante da attività umana o da cicli naturali di cui il detentore si disfi o debba disfarsi in base alle norme vigenti. Lo sviluppo dell'industria e delle capacità produttive e l'incremento dei consumi hanno via via aggravato il problema dell'eliminazione dei rifiuti, rendendo inadeguate le tecniche tradizionali dell'interramento nelle discariche e dell'incenerimento e orientando le scelte non tanto alla realizzazione di nuovi sistemi di smaltimento, quanto alla riduzione preventiva delle scorie mediante l'adozione di tecnologie pulite e il riciclaggio dei materiali di scarto, opportunamente recuperati attraverso una raccolta differenziata.
L'introduzione nella società umana della nozione di rifiuto è una conseguenza dell'aumento delle sue attività tecnologiche, produttive e di consumo, che ha preso avvio dalla rivoluzione industriale. In effetti, in natura non esiste un corrispondente del rifiuto, poiché nell'ambiente ogni tipo di sostanza e materiale utilizzato dalle popolazioni biologiche degli ecosistemi, quando cessa la propria funzione, viene rimesso in circolazione. Il complesso dei cicli biogeochimici naturali è strutturato in modo da riutilizzare ogni materiale derivante dal termine di ciascuna fase di impiego ecologico specifico. Anche l'uomo, nelle epoche antecedenti la rivoluzione industriale, ha beneficiato di questa funzione di recettore svolta dall'ambiente; la società umana costituiva, infatti, una popolazione relativamente bilanciata con l'ecosistema terrestre e le quote di materiali che prelevava, utilizzava e scartava erano di entità assai modesta. In particolare, per molti materiali di non facile estrazione e produzione (per es., metalli, legno, tessuti) veniva praticato il recupero.
L'incremento della produzione e dei consumi ha dato luogo alla formazione di notevoli quantità di materiali di scarto che, non avendo più alcuna funzione per l'utilizzatore, sia esso un impianto industriale o un individuo, vengono appunto 'scartati': da qui il concetto di rifiuto, corollario specifico della complessità delle attività umane e dell'estesa gamma di materiali e sostanze che esse impiegano, prelevandole dalle riserve naturali e reimmettendole successivamente nell'ambiente in forma diversa. Sul piano giuridico il d. legisl. 15 febbraio 1997, nr. 22, riprende quanto stabilito dalla direttiva CEE 91/156 (in modifica della direttiva 75/442) che definisce come rifiuto "qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi", riferendolo a un elenco di prodotti di scarto (rivedibile e aggiornabile periodicamente) incluso nel testo della norma.
I rifiuti sono classificati, secondo la loro origine, in urbani e speciali.
a) Rifiuti urbani. Rientrano in questa categoria: i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti a uso di civile abitazione nonché quelli, non pericolosi, derivanti da fabbricati e insediamenti con destinazione diversa da civile abitazione; i rifiuti di qualunque natura o origine, giacenti sulle strade e aree pubbliche o sulle strade e aree private comunque soggette a uso della collettività, o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua; i rifiuti provenienti da zone verdi (giardini, parchi, luoghi cimiteriali), da esumazioni ed estumulazioni o da altre attività cimiteriali.
b) Rifiuti speciali. Sono i residui derivanti da attività agricole e agroindustriali, da demolizioni, costruzioni e scavi; i rifiuti conseguenti a lavorazioni industriali e artigianali, ad attività commerciali e di servizi; i rifiuti provenienti dal recupero e smaltimento degli stessi; i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi; i rifiuti connessi con funzioni di tipo sanitario (come, per es., ospedali, case di cura e affini); macchinari e apparecchiature deteriorati e obsoleti; veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti.
Secondo le caratteristiche di nocività e tossicità, i rifiuti speciali sono distinti in non pericolosi e pericolosi. La produzione di residui in Italia, negli ultimi anni del 20° secolo, ammonta a circa: 25.000.000 t/anno per i rifiuti urbani; 20.000.000 t/anno per i rifiuti speciali; 3.000.000 t/anno per i rifiuti pericolosi; 14.000.000 t/anno per i rifiuti inerti; 200.000 t/anno per i rifiuti ospedalieri. La gran parte di essi finisce in discarica, ovvero viene riconsegnata all'ambiente con accorgimenti che dovrebbero consentire di evitare problemi di inquinamento; in misura minore vengono recuperati per ottenerne materiale riciclabile o per la produzione di energia. L'aumento consistente del volume di rifiuti urbani e speciali ha indotto a optare per una strategia orientata anzitutto alla prevenzione dei rifiuti attraverso l'adozione di tecnologie produttive pulite, poi al reimpiego dei materiali presenti nei rifiuti e, infine, allo sviluppo di sistemi di smaltimento con limitato impatto ambientale. In questa ottica, si è rilevata recentemente una sensibile diminuzione dei rifiuti speciali, dovuta all'adozione nei processi produttivi di tecnologie in grado di ridurre gli scarti.
Resta invece costante l'aumento dei rifiuti urbani, che rappresentano un problema di interesse mondiale nella prospettiva di più alti livelli di consumo nei paesi in via di sviluppo. È stato valutato che nei prossimi decenni, anche se la totalità dei sistemi produttivi adottasse le migliori tecnologie pulite, quando in tutti i paesi si raggiungesse una soglia di consumo analoga a quella delle aree più avanzate e industrializzate, l'impatto dei rifiuti urbani sarebbe di proporzioni tali da alterare in modo irreversibile gli equilibri dell'ambiente naturale. Assumono allora grande rilevanza il recupero e riciclaggio dei materiali presenti nei rifiuti urbani, per es. quelli di largo uso come carta, vetro, metalli e plastica. In Italia vengono recuperati circa il 50% della carta e del vetro e il 60% dei metalli; risultano invece di modesta entità il recupero di energia che arriva appena al 4% e la produzione di compost (v. oltre) dalla frazione organica umida. Tuttavia, queste attività sono in netta espansione e si presume che in un breve tempo si potrà pervenire a una situazione vicina a quella di molti paesi europei, dove non meno del 30% dei rifiuti viene avviato al recupero di energia e quasi il 40% al compostaggio.
I rifiuti urbani contengono germi patogeni di origine umana presenti, per es., negli oggetti monouso per l'igiene personale (pannolini per la prima infanzia, fazzoletti di carta ecc.), o germi di altro genere, come quelli che si sviluppano nei residui alimentari, che rappresentano un terreno di coltura particolarmente favorevole, creando notevoli problemi igienici per la sanità pubblica. La raccolta, la gestione e lo smaltimento dei rifiuti urbani devono quindi essere realizzati in modo da evitare ogni possibilità di trasmissione e diffusione degli agenti patogeni, per i quali l'enorme massa di materiali organici costituisce un substrato di sviluppo e trasmissione ad altri animali come topi, mosche, zanzare, scarafaggi e vermi, che sono a loro volta veicoli di trasmissione nei confronti di altri animali e verso l'uomo. Inoltre, nei rifiuti si ritrovano le sostanze pericolose contenute nei beni di consumo, prive però di quelle sicurezze e antidoti che ne impediscono il passaggio all'uomo e, quindi, in condizioni di rischio potenziale per il personale addetto alla gestione dei residui e per la popolazione nel suo complesso.
La materia fecale presente nei rifiuti urbani (si stima che con i pannolini monouso vengano smaltite ogni anno in Italia non meno di 700.000 t di materia fecale) può contenere tutti e quattro i gruppi patogeni di tipo gastrointestinale: virus, batteri, Protozoi ed elminti. I virus di maggiore importanza sono: Adenovirus, Enterovirus (incluso Poliovirus), virus dell'epatite A, Reovirus e virus della diarrea (specialmente Rotavirus). Tra i batteri, risultano più pericolosi quelli della diarrea, della febbre tifoidea e paratifoidea, della salmonella e del colera. I principali Protozoi sono quelli della dissenteria, dell'ameba, degli ascessi epatici e della sindrome da malassorbimento. Tra gli elminti, i vermi piatti (Platelminti) e i Nematodi sono responsabili di alcune malattie parassitarie, quali, per es., ascaridiasi, distomiasi, filariosi, ossiuriasi, teniasi ecc. (v. parassita). È opportuno tuttavia rilevare che alcuni agenti patogeni possono essere trasmessi soltanto attraverso specifici meccanismi infettivi: per es., i batteri del tetano si comunicano unicamente tramite tagli cutanei. Una gestione inadeguata dei rifiuti può lasciare spazio all'invasione di Roditori determinando la diffusione di altri agenti batterici come la leptospirosi, sindrome che nell'uomo può avere anche esiti mortali, o favorire il randagismo canino, che costituisce un veicolo di propagazione del virus della rabbia (v.). La natura specifica dei rifiuti può comportare rischi anche maggiori: i residui di pellami, lana, ossa e similari devono essere trattati come potenzialmente contaminati da antrace, mentre alcune categorie di rifiuti ospedalieri (provenienti da interventi di patologia, chirurgia, trattamento di infezioni ecc.) sono state riconosciute dall'Organizzazione mondiale per la sanità (OMS) tra le più pericolose. La semplice presenza di patogeni nei rifiuti non costituisce di per sé elemento sufficiente allo sviluppo di effetti sanitari: le operazioni per una corretta gestione delle scorie sono appunto finalizzate a impedire ai patogeni di raggiungere una fase di moltiplicazione e di persistenza che, attraverso vettori passivi, esponga l'uomo a una dose di germi così massiccia da provocare, in condizioni di assenza di difese immunitarie, l'insorgenza di una patologia.
Per impedire il contatto dei rifiuti con i principali vettori passivi (mosche, cani ecc.) e il trasporto aeriforme di materiali particolati contaminati nocivi per la popolazione, vengono adottati accorgimenti tecnologici e organizzativi i quali consentono di tenere i rifiuti urbani in spazi confinati durante le fasi di raccolta, deposito temporaneo, trasferimento e smaltimento. I cassonetti stradali, i camion compattatori e altri dispositivi simili sono mezzi tecnologici idonei a mantenere condizioni di igienicità durante le varie operazioni di gestione dei rifiuti, fino al loro smaltimento finale per combustione (negli inceneritori) o per collocamento in discarica. Il recupero a monte di vari materiali, detto anche raccolta differenziata, è una pratica essenziale per la riduzione dei rifiuti. Quando essa è realizzata dall'utente, consente di ottenere i migliori risultati non solo ai fini del recupero di materiali, che se opportunamente selezionati permettono un riciclaggio più economico e tecnologicamente semplice, ma anche per limitare i rischi sanitari connessi con lo smaltimento. Infatti, la commistione di rifiuti contenenti patogeni (residui fecali e cibi guasti) con altri di natura organica (per es. carta) crea condizioni favorevoli per prolungare la latenza, e quindi la moltiplicazione e persistenza dei germi. Inoltre, la presenza di parti solide (vetro e metalli) con bordi taglienti rende più frequente il danneggiamento dei tessuti della persona che ne viene a contatto e la propagazione dei patogeni per tale percorso; allo stesso modo, la presenza di materiali polverosi facilita la propagazione dei patogeni e la possibilità di diffusione per via aeriforme.
L'igienicità dei materiali costituisce allora un fattore sanitario fondamentale per le operazioni di recupero dopo la raccolta: queste possono essere condotte con sistemi più agevoli e veloci su materiali omogenei e non contaminati da altre frazioni. Particolari accorgimenti devono essere posti in atto nella fase di smaltimento in discarica, che in Italia riguarda il 90% dei rifiuti urbani, e in quella di incenerimento. Nel primo caso, infatti, durante le fasi di collocamento dei rifiuti si deve evitare di lasciare estese superfici di residui non compattati esposte all'azione del vento e di animali terrestri e volatili; si deve invece procedere sollecitamente a ricoprire gli strati deposti e compattati. Inoltre, in una discarica di rifiuti urbani deve essere realizzato un sistema di estrazione del gas che si produce al suo interno in seguito alla decomposizione in assenza di ossigeno dei materiali organici; in caso contrario, il gas diffonde nel sottosuolo e può migrare anche a grandi distanze con rischi di esplosione e immissione nell'aria di frazioni particolate dei rifiuti che il vento può trasportare fino a raggiungere la popolazione.
Anche le acque che si raccolgono sul fondo della discarica (percolato) sono altamente contaminate con sostanze chimiche e patogeni e devono essere trattate adeguatamente prima di venire scaricate liberamente nell'ambiente. Il processo di incenerimento dei rifiuti è in grado di distruggere ogni forma patogena data l'elevata temperatura (maggiore di 900 °C) di combustione, e perciò questo tipo di smaltimento è oggi obbligatorio per i rifiuti ospedalieri. In tale ambito, i problemi sanitari sono legati alle emissioni aeriformi del processo di combustione che possono contenere sostanze nocive per la salute umana (metalli pesanti, sostanze acide, diossine ecc.). Per mantenerne le quantità a livelli ambientalmente accettabili, nella progettazione dell'impianto vengono adottati vari accorgimenti (processo di combustione quanto più possibile omogeneo e completo, camere di combustione di particolare forma, sistemi di abbattimento dei fumi) e nella sua gestione (alimentazione con materiali quanto più possibile omogenei, costanza dei parametri di combustione, manutenzione degli stadi di abbattimento dei fumi). In tal modo, lo smaltimento dei rifiuti urbani può avere luogo con una notevole riduzione (90%) del loro volume, ottenendo alla fine ceneri inerti e sterili, innocue dal punto di vista sanitario, che possono essere poste in discarica.
Attualmente la quasi totalità degli inceneritori viene dotata di sistemi di recupero di energia elettrica e termica. Oltre a energia e materiali quali carta, vetro, metalli e plastica, dai rifiuti urbani e da quelli provenienti da attività agricole e industrie alimentari è possibile ottenere anche un materiale di recupero simile all'humus, detto compost, che ha un importante ruolo nel restituire al suolo le caratteristiche fisico-chimiche che ne determinano la fertilità. Il compostaggio per via aerobica è un processo biologico attraverso il quale la sostanza organica presente nei rifiuti viene trasformata in acqua e anidride carbonica (soggette a evaporazione) e in altri composti organici tipici dell'humus, che sono riutilizzabili. Si tratta di un processo quasi spontaneo di tipo bio-ossidativo ed esotermico, che porta la massa del materiale a una temperatura in grado di assicurarne la sterilizzazione dagli agenti patogeni. Al termine del processo, la massa di materiale si riduce a circa un terzo rispetto a quella iniziale e, se esente da elementi contaminanti (per es., metalli pesanti, vetro, plastica), presenta caratteristiche simili al suolo e un contenuto significativo di carbonio e azoto, fondamentali per la fertilità del terreno. In linea teorica, almeno il 30% dei rifiuti urbani è di natura organica umida e potrebbe essere avviata al compostaggio. In Italia soltanto il 5% di essi viene trattato in impianti di compostaggio; inoltre soltanto la metà del compost prodotto (compost verde) può essere commercializzata, a motivo della sua scarsa qualità. I principali problemi sanitari legati al compostaggio riguardano l'emissione di odori e la dispersione nell'aria dei materiali; perciò tutte le fasi di trasformazione devono essere realizzate in capannoni ad atmosfera confinata, dotati di appositi sistemi di filtraggio dell'aria. Sul piano sanitario, i problemi connessi con i rifiuti di tipo industriale interessano direttamente i lavoratori addetti agli impianti e solo indirettamente la popolazione.
La varietà delle situazioni è molto ampia e altrettanto articolato è il ventaglio dei sistemi di gestione. I continui miglioramenti della protezione sanitaria dell'ambiente di lavoro hanno garantito condizioni di sicurezza per il personale addetto, lasciando tuttavia in secondo piano i problemi sanitari derivanti al pubblico dagli scarichi e dalle scorie prodotti dagli impianti. In Italia e in altri paesi, si sono registrati molti casi di effetti sulla salute di popolazioni dislocate in prossimità di strutture industriali che scaricavano in aria o in acqua sostanze pericolose, per le quali erano invece mantenute severe condizioni di protezione all'interno degli impianti. In linea teorica, tali sostanze avrebbero dovuto disperdersi nell'ambiente senza causare danni; al contrario, sono state catturate negli ecosistemi concentrandosi in alcune popolazioni biologiche che rappresentavano un anello della catena alimentare umana, con conseguenze letali per gli abitanti.
Tra i numerosi episodi, va menzionato quello verificatosi in Giappone nella Baia di Minamata, dove rifiuti liquidi contenenti mercurio scaricati in mare da un impianto industriale, una volta catturati dai sedimenti, sono passati a varie popolazioni biologiche (Crostacei di piccole dimensioni, Pesci), contaminando un segmento fondamentale della catena alimentare delle comunità locali: l'intossicazione da mercurio ha avuto esiti fatali per molti individui. Le prospettive di riduzione dei rifiuti convergono verso l'ampliamento della responsabilità del produttore, che dovrà assumere sempre più oneri nelle fasi successive all'impiego dei beni di consumo (ovvero quando diventano rifiuti), in modo da recuperare componenti e materiali per la realizzazione di nuovi prodotti. L'imprenditore deve trasformare la propria attività da una semplice produzione di beni a una fornitura di servizi all'interno dei quali sono compresi prodotti che vengono offerti in uso al consumatore, ma la cui tutela al momento della dismissione resta responsabilità del produttore stesso. Già alcune importanti imprese si muovono in questa direzione in vari settori. Si prevede in tal modo di poter ridurre sensibilmente gli effetti ambientali e sanitari dei rifiuti nei prossimi decenni, contenendone anche il volume da smaltire nell'ambiente. D'altra parte, il consumatore è chiamato a partecipare sempre più attivamente all'importante compito di mantenere separati i vari flussi dei rifiuti per favorire il pieno recupero dei materiali e limitare i rischi sanitari per la popolazione.
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