RIFIUTI
- La gestione e il recupero di risorse dai rifiuti. Classificazione dei rifiuti. La gestione dei rifiuti. La frazione organica dei rifiuti urbani. Il compostaggio. Il trattamento meccanico-biologico. La digestione anaerobica. Bibliografia
La gestione e il recupero di risorse dai rifiuti. – La gestione dei r. urbani e speciali rappresenta un obbligo, ma anche un’importante opportunità per ogni Paese a economia avanzata o in via di sviluppo. Un sistema sociale ed economico intelligente deve infatti cercare di ridurre al minimo la produzione di r. e cercare un modo di riutilizzarli come risorsa, muovendo da modelli lineari di estrazione-produzione-consumo-smaltimento verso modelli circolari basati su minimizzazione, riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti. La tendenza verso una società vicina all’opzione zero per i r. ha una logica ambientale, ma può essere anche un fattore di competitività economica.
L’Europa ha una consolidata esperienza nella gestione dei rifiuti, con una politica orientata alla riduzione della produzione, al riciclaggio e al recupero di energia, non trascurando le possibilità di fare svolgere ai r. un ruolo ancora utile prima del loro smaltimento. Il mercato della gestione dei r. è stimato in Europa in circa 400 miliardi di euro all’anno, la cui implementazione ai modelli conformi con la politica comunitaria potrebbe creare un fatturato aggiuntivo
annuo di 42 miliardi, con circa 400.000 nuovi posti di lavoro. Inoltre, con il recente programma Horizon 2020 (v. ricerca, innovazione e sviluppo), l’Europa ha deciso di fornire un sostegno strategico all’innovazione verso soluzioni innovative, ecocompatibili e intersettoriali di prevenzione, gestione e riciclaggio dei rifiuti, al fine di ridurre il consumo di risorse ambientali, l’impatto sulla salute e la dipendenza dalle importazioni di materie prime. L’azione di ricerca e sviluppo di tale programma mira a realizzare in Europa un bacino rinnovabile del carbonio utilizzando i rifiuti, diminuendo l’emissione di gas serra (la cosiddetta low-carbon economy).
Classificazione dei rifiuti. – La definizione, la classificazione e la gestione dei r. sono trattate nella parte IV del d. legisl. 3 apr. 2006 nr. 152, e successive modificazioni e integrazioni, negli articoli da 177 a 238. Un rifiuto è qualsiasi sostanza o oggetto (solido, liquido o gassoso) di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi. Tale definizione è indipendente dalle modalità di gestione, che riguardano la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti.
I r. sono classificati in base alla loro origine in r. urbani e r. speciali e in base alle caratteristiche in r. pericolosi e r. non pericolosi (tab. 1). L’applicazione della disciplina sui r., in particolare sui r. speciali, richiede un’approfondita conoscenza delle procedure amministrative (registri di carico e scarico, formulari di identificazione dei r. ai fini del trasporto, sistema di tracciabilità, regime delle autorizzazioni) e il rispetto delle prescrizioni tecniche per gli impianti di trattamento, riportate nelle autorizzazioni e nella disciplina di rango secondario (compostaggio, discarica, incenerimento e coincenerimento). Si tratta di un’intricata rete di norme il cui rispetto letterale può risultare complesso. Un’ulteriore criticità è costituita dalle attività della criminalità organizzata volte allo smaltimento illegale con il fine di lucrare enormi guadagni con conseguente pregiudizio per la salute e l’ambiente. Il contrasto di tali situazioni rende inevitabilmente la disciplina restrittiva e vincolante. Parallelamente, le autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni (le Regioni e le Province) e quelle responsabili per i controlli ambientali (Agenzie regionali di protezione e di tutela ambientale) applicano spesso le norme con modalità estremamente rigide e conservative.
La gestione dei rifiuti. – I criteri di priorità nella gestione dei r. (trasposti nel d. legisl. 152/06, art. 179, dalla direttiva 2008/98/CE del 19 novembre, art. 4) consistono in ordine decrescente in: prevenzione; preparazione per il riutilizzo; riciclaggio; recupero di altro tipo, per es. il recupero di energia; smaltimento.
La prevenzione comprende tutte le attività volte alla riduzione della produzione dei r. e della loro pericolosità. Per preparazione per il riutilizzo si intendono le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati r. sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento. Il riciclaggio comprende tutte le operazioni di produzione di materiali, sostanze e oggetti utilizzando quanto di ancora utile è presente nei rifiuti, e quindi di nuovi beni che perdano la qualifica di rifiuto (art. 184 ter del d. legisl. 152/06) e possono perciò essere trasportati, commercializzati e utilizzati senza i relativi vincoli specifici della disciplina sui rifiuti. Per recupero si intende qualsiasi operazione che permetta ai r. di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati. Rientrano in tal concetto il recupero di energia o di materiali da usare come combustibili, quali il combustibile derivato dai r. (CDR) o il combustibile solido secondario (CSS), o di materiali per operazioni di riempimento (cosiddetto recupero ambientale). All’ultimo posto della gerarchia vi è lo smaltimento: esso può essere effettuato in forme diverse (allegato B alla parte IV del d. legisl. 152/06) tra cui, nel nostro Paese, prevalgono lo smaltimento in discarica e l’incenerimento; quest’ultimo non va confuso con l’uso dei r. come combustibile per produrre energia, che è invece un’operazione di recupero.
Esempi tipici di riciclaggio sono la produzione di nuovi manufatti e materiali in plastica, vetro, gomma, legno, ferro e metalli non ferrosi, con caratteristiche equivalenti a quelle dei medesimi beni, prodotti utilizzando materie prime vergini. Nel nostro Paese è presente una fiorente industria del recupero: nel 2013 sono state ottenute percentuali rilevanti di riciclaggio rispetto ai prodotti immessi al consumo, pari al 65,7% per carta e cartone, 73,0% per vetro, 39% per plastica, 40% per pneumatici fuori uso, 55% per legno, 65% per alluminio e 74% per materiali ferrosi e imballaggi in acciaio (Fondazione per lo sviluppo sostenibile 2014). Altrettanto vale per i r. inerti da costruzione e demolizione, il 57,5% dei quali è stato destinato al recupero di materia nel 2010.
La frazione organica dei rifiuti urbani. – In base al più recente Rapporto rifiuti urbani (ISPRA 2014), ogni anno vengono prodotte in Italia circa 30 milioni tonnellate di r. urbani (RSU), con una produzione pro capite leggermente decrescente negli ultimi 4 anni. A livello nazionale, la raccolta differenziata è cresciuta progressivamente dal 34% dei r. raccolti nel 2009 al 42% nel 2013, anche se con ampie differenze tra aree geografiche. In tale ambito, la frazione organica dei r. solidi urbani (FORSU) rappresenta più del 40% del totale della raccolta differenziata ed è largamente prevalente su ciascuna altra frazione (figg. 1 e 2). Ai fini del suo riciclaggio, è consolidata la produzione di compost e in particolare di compost verde di qualità a partire da una raccolta differenziata quanto più selettiva possibile, come nel sistema cosiddetto porta a porta. D’altra parte, quando proveniente dalla separazione meccanica degli RSU non differenziati, il compost grigio, anche detto biostabilizzato o frazione organica stabilizzata (FOS), è solitamente smaltito in discarica e in minima parte recuperato come materiale finale di copertura delle discariche o per recuperi ambientali (riempimenti). Infine, si sta affermando il processo di digestione anerobica che consente la produzione di biogas combustibile con effettivo recupero di energia.
Il compostaggio. – Il compostaggio è un processo controllato di decomposizione biologica aerobica in tre stadi successivi (mesofilo, termofilo e di maturazione) che sfrutta l’azione della flora microbica spontaneamente presente nel rifiuto. Il compost, ricco di acidi umici, gli stessi che si rinvengono nell’humus del terreno, trova impiego in agricoltura come ammendante organico che favorisce un aumento della permeabilità e della capacità di ritenzione dell’acqua, crea condizioni idonee per lo sviluppo dei processi microbiologici nel terreno e incrementa la disponibilità di elementi nutritivi, contribuendo così alla riduzione dell’uso di fertilizzanti. La vendita del compost come prodotto commerciale è possibile solo se le matrici in ingresso al processo derivano da raccolta differenziata di FORSU, da r. di origine animale (compresi i reflui zootecnici), da r. di attività agroindustriali, nonché da altri r. di origine vegetale/potature (d. legisl. 29 aprile 2010 nr. 75 e successive modificazioni e integrazioni).
Il processo di compostaggio richiede che la massa di r. organici abbia una porosità abbastanza elevata da consentirne l’aerazione. Ciò può essere ottenuto mediante miscelazione con r. ligneo-cellulosici (di cui tipicamente viene ridotta la granulometria mediante triturazione), che conferiscono una struttura adeguatamente porosa, senza partecipare direttamente al processo biologico. L’aerazione della massa così miscelata può essere condotta con vari sistemi e reattori di cui vi è ampia disponibilità di tecniche brevettate. Dopo la fase di bio-ossidazione (20-30 giorni), deve seguire una fase di maturazione che consente il completamento delle reazioni biologiche. Nella fase di biostabilizzazione la temperatura del cumulo raggiunge valori di 60-70 °C a seguito delle reazioni esotermiche di ossidazione che sviluppano calore. Dopo la fase di biostabilizzazione accelerata si può avere una vagliatura del prodotto o più stadi di vagliatura seguiti da una classificazione densimetrica per separare i componenti ligneo-cellulosici, che sono riciclati, dal compost prodotto da avviare a maturazione. In queste fasi vengono separati anche i materiali estranei (carta, plastica e vetri) presenti come impurità nei r. conferiti che devono essere separati per rispettare i limiti di accettabilità previsti dalla disciplina ai fini della classificazione come ammendante del prodotto finale. La durata complessiva del processo è tipicamente di 90 giorni.
Gli impianti di compostaggio presentano il problema delle arie esauste estratte sia dai reattori di ossidazione sia dalle altre sezioni (conferimento, miscelazione, raffinazione). Questo flusso gassoso può essere trattato per rimuoverne composti quali ammoniaca, acido solfidrico e composti organici volatili, il che avviene per lavaggio in torri (scrubbers) eventualmente con ausilio di reattivi e/o in biofiltri. Esiste anche il problema della gestione delle acque di processo, che derivano dalla percolazione dei r. nelle varie sezioni di trattamento e dal lavaggio delle arie esauste, che possono rappresentare oltre il 35% dei r. trattati.
Il trattamento meccanico-biologico. – Si intende per trattamento meccanico-biologico il processo che è realizzato negli impianti ove sono conferiti i r. indifferenziati; esso separa i r. in ingresso in due frazioni principali: la frazione secca, che adeguatamente raffinata va a costituire il CDR o il CSS, e la frazione umida, costituita principalmente dalla frazione organica, che viene avviata a biostabilizzazione utilizzando le medesime tecniche descritte nel compostaggio. Normalmente questi impianti presentano la fase di selezione mecca-nica a monte, dove appunto avviene la selezione delle due frazioni principali e la fase di stabilizzazione biologica a valle. In alcuni schemi può essere pre-sente una prima fase di stabilizzazione biologica di tutta la massa dei r. conferiti che consentirebbe di realizzare a valle una migliore separazione della frazione secca da quella umida. Nella fig. 3 è presentato un tipico esempio di bilancio di materia di un impianto con trattamento meccanico a monte di quello biologico.
La digestione anaerobica. – Più recentemente, si è sviluppata l’idea che l’energia racchiusa nella FORSU possa essere efficacemente recuperata mediante un processo biologico anaerobico (digestione anaerobica, DA), che procede per stadi progressivi di conversione biologica fino ad arrivare a biogas (fig. 4). Il biogas è una miscela di anidride carbonica, metano, vapore d’acqua e altri gas in tracce (fra i quali l’acido solfidrico), e ha un potere calorifico tra 1200 e 1500 kJ/m3, in funzione del contenuto di metano. Nella DA la conversione della sostanza organica nel gas combustibile avviene in condizioni operative molto blande e quindi presenta un bilancio molto positivo sia in termini energetici sia di emissioni di anidride carbonica. Infatti, la DA può avvenire su r. a elevato contenuto di acqua (in un vasto intervallo, dal 60-70% dei processi in fase solida a più del 95% dei processi in fase liquida) e a temperatura poco superiore a quella ambiente (35 °C o 55 °C, rispettivamente nei processi mesofili o termofili). L’energia termica necessaria al riscaldamento del rifiuto fino alla temperatura di processo è assicurata dalla combustione di una frazione del biogas prodotto. La DA è anche utilizzata per il trattamento dei fanghi degli impianti di depurazione delle acque reflue, dei liquami zootecnici e di altri r. liquidi industriali. Una caratteristica importante è la possibilità di combinare in un unico reattore il trattamento di più r. diversi (codigestione), per es., la frazione organica dei r. solidi urbani e i fanghi di depurazione (Bolzonella, Battistoni, Susini et al. 2006).
Il biogas da DA può essere facilmente utilizzato per il recupero energetico in situ, per es., tramite cogenerazione di elettricità e di calore (tipicamente del 35% e del 50% rispettivamente, con elevato rendimento complessivo), previa purificazione dei gas in tracce. Vi è anche un vasto interesse verso l’ottenimento di biometano (>90% CH4) o anche di bioidrometano (10% H2, 60% CH4 e 30% CO2), che possono anche essere ottenuti dalla raffinazione del biogas e successivamente utilizzati per autotrazione o distribuiti nella rete del gas naturale. Un forte orientamento in tale direzione è già presente nella legge per l’uso di energie rinnovabili (d.m. 6 luglio 2012 del ministero dello Sviluppo economico) dove il concetto convenzionale dell’utilizzo diretto del biogas da DA per la produzione di energia cambia verso la trasformazione in biocarburante, con più elevato valore aggiunto.
Un aspetto parzialmente irrisolto della DA è la produzione finale di un fango semiliquido, detto digestato anaerobico, ricco di sostanza organica e ammoniaca, che può richiedere un ulteriore trattamento. Nel rispetto di certe condizioni al contorno, che possono eventualmente prevedere un post trattamento aerobico, il digestato anaerobico potrebbe essere riutilizzato come ammendante del suolo, chiudendo il ciclo virtuoso di recupero dalla FORSU di energia e materia (biogas/biometano).
Bibliografia: D. Bolzonella, P. Battistoni, C. Susini et al., Anaerobic codigestion of waste activated sludge and OFMSW:the experiences of Viareggio and Treviso plants, «Water science and technology», 2006, 53, 8, pp. 203-11; ISPRA, Rapporto rifiuti urbani, Roma 2014. Si veda inoltre: Fondazione per lo sviluppo sostenibile, L’Italia del riciclo 2014, Roma 2014, http://www.fondazionesvilupposostenibile.org/dtl-1648-Report%3A_L_Italia_del_riciclo_2014_?cid=641711 (6 sett. 2015).