rifiuto
Solo nell'allusione all'innominato corifeo degl'ignavi, colui / che fece per viltade il gran rifiuto (If III 60).
I motivi che possono essere addotti in favore o contro l'identificazione con Celestino V sono ampiamente riferiti altrove (v. CELESTINO V, anche per la bibliografia), né occorre qui ripeterli. Interessa invece la supposizione avanzata incidentalmente da G. Ferretti, il quale ripropose l'identificazione con Pilato, osservando che questi " rifiutò " la grazia a Cristo dopo il sogno della moglie, mentre Celestino aveva " rinunziato " al papato.
In realtà questa messa a punto linguistica sull'esatto significato di r. di contro a " rinunzia " non porta alcun contributo definitivo all'esegesi. R. non ricorre altre volte in D., né i lessici adducono esempi di scrittori del tempo, nei quali il vocabolo compaia con significato diverso da quello usuale (l'unico esempio di r. con il valore di " abdicazione " citato dalla Crusca [IV ediz.] e dal Tommaseo è tratto dalla Istoria dell'Europa del Giambullati). È invece comprovato che ‛ rifiutare ' nella lingua del Trecento ebbe anche il valore di " rinunciare "; oltre agli esempi danteschi già riferiti sotto ‛ rifiutare ', sarà sufficiente citare G. Villani X 31 " il Bavaro raunò uno grande consiglio, ove fu Galeasso e ' suoi... e in quello dogliendosi del detto Galeasso e de' suoi... gli fece rifiutare la signoria ".
Bibl. - G. Ferretti, Saggi danteschi, Firenze 1950, 43-60; F. Mazzoni, Saggio di un commento alla D.C., Firenze 1967, 390 ss.