ritardo mentale
Compromissione dello sviluppo cognitivo e dell’adattamento secondaria a una o più alterazioni del sistema nervoso centrale. Fino agli inizi del 20° sec. veniva usata l’espressione insufficienza mentale per denotare una condizione di sviluppo mentale arrestato o ritardato evidente prima dell’adolescenza, determinata da causa genetica, o da altra malattia o trauma. Una delle prime definizioni di r. m. risale al 1941 a opera di Edgar Doll, il quale sottolineò alcuni aspetti specifici della condizione, quali la competenza sociale, l’arresto di sviluppo, le origini costituzionali e l’incurabilità. Nel corso del tempo la definizione è stata più volte modificata, fino a giungere nel 2002 a quella più recente, formulata dall’American association on mental retardation: «Il ritardo mentale è una disabilità caratterizzata da significative limitazioni sia nel funzionamento intellettivo che nel comportamento adattivo, espresso in abilità concettuali, sociali e adattive pratiche. Questa disabilità si manifesta prima dei 18 anni». Questi tre criteri fondamentali per la diagnosi del r. m. sono anche riportati dal DSM–IV(➔). Dal 2007, tuttavia, è stata proposta la sostituzione dell’espressione con quella – più ampia – di disabilità intellettiva, già adottata da molte associazioni scientifiche internazionali e dall’OMS.
Vengono distinti quattro gradi di gravità del r. m., sulla base del funzionamento intellettivo, quantificato in termini di quoziente intellettivo (QI). Il r. m. lieve, presente nel 75% dei casi, è caratterizzato da un QI compreso tra 50÷55 e 70; il r. m. medio (o moderato), rappresenta il 10% dei casi, con QI tra 35÷40 e 50÷55; il r. m. grave è riscontrato nel 3÷4% dei casi ed è caratterizzato da un QI compreso tra 20÷25 e 35÷40; il r. m. profondo (o gravissimo) interessa l’1÷2% dei casi, con QI inferiore a 20÷25. Alcuni soggetti, che si definiscono con r. m. di gravità non specificata, non consentono di quantificare il livello di gravità con test standardizzati (in genere, sono i casi di elevata compromissione o scarsa collaborazione). Si stima per il r. m. una prevalenza dell’1,5% circa nei Paesi occidentali e del 4% circa nei Paesi in via di sviluppo. Il r. m. è più comune nei maschi che nelle femmine, con un rapporto di 1,5:1.
Nonostante i notevoli progressi conseguiti negli ultimi anni nell’ambito delle metodologie diagnostiche strumentali, l’eziologia del r. m. rimane sconosciuta in almeno il 40% delle persone. Nei rimanenti casi è possibile riscontrare cause genetiche, metaboliche, ipossiche e infettive pre-, peri- o postnatali, tossiche (per es., abuso di alcol in gravidanza), traumatiche. In circa un terzo dei casi è possibile riscontrare comorbidità con altri disturbi psichiatrici (per es., disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività, disturbi dello spettro autistico, psicosi, depressione) e nel 30÷40% circa dei casi è presente epilessia. Altre condizioni neurologiche frequentemente associate a r. m. sono le paralisi cerebrali infantili e i deficit sensoriali (ipoacusia, ipovisione e cecità).
La corretta valutazione diagnostica del r. m. deve basarsi sull’attenta rilevazione delle molteplici abilità intellettive del soggetto, sui livelli di adattamento sociale rapportati al contesto culturale specifico e sulle prestazioni ai test psicometrici. Sia gli aspetti intellettivi sia quelli relativi all’adattamento devono essere studiati attraverso l’applicazione di strumenti o test di livello standardizzati e somministrati individualmente, e di scale di adattamento, standardizzate sulla base dei valori normali della cultura locale. Per ciò che riguarda i test di livello, al di sotto dei 4 anni di età, si utilizzano per lo più scale di sviluppo, quali Bailey, Denver o Griffiths. Dai 4 anni in su è possibile utilizzare le scale Wechsler, la WPPSI (Wechsler Preschool and Primary Scale of Intelligence) dai 4 ai 6 anni, la WISC (Wechsler Intelligence Scale for Children) dai 6 ai 16 anni, la WAIS (Wechsler Adult Intelligence Scale) oltre i 16 anni. Nelle persone con r. m. dai 3 anni in su, che presentino anche gravi problemi di comunicazione, soprattutto verbale, può essere applicata la scala Leiter. I principali strumenti per la valutazione del comportamento adattivo comprendono la Vineland Adaptive Behavior Scale (VABS), la scala per il comportamento adattivo (ABS, Adaptive Behavior Scale), la scala ABI (Adaptive Behavior Inventory), la scala LAP (Learning Accomplishment Profile). La diagnosi viene in genere formulata al termine di un processo diagnostico clinico e strumentale complesso che comprende diverse valutazioni specialistiche: neurologica, psicologica, genetica (clinica, citologica, molecolare), foniatrica, fisiatrica- ortopedica, oculistica, otorinolaringoiatrica, odontoiatrica, gastroenterologica); si eseguono indagini neurometaboliche, di neuroimaging, neurofisiologiche, biopsie muscolari, ecc.
Il trattamento della persona con r. m. va inteso in senso globale e multidisciplinare e si avvale di approcci abilitativi e, talvolta, farmacologici. In età evolutiva, i trattamenti abilitativi, individuali o di gruppo, sono mirati all’autonomia di base, all’autogestione personale e ambientale, alle attività di socializzazione e integrazione, a quelle cognitive, espressive, motorie, ludiche, e alla riduzione dei comportamenti problematici. In età adulta, tali interventi devono essere integrati da attività occupazionali. Il supporto farmacologico è necessario quando sono presenti le crisi epilettiche o quando sono presenti in comorbidità disturbi comportamentali o psichiatrici. Nei casi di r. m. associato a paralisi cerebrale infantile possono essere indicati i trattamenti con tossina botulinica o con ortesi e presidi fisiatrici. Prognosi. La storia naturale del r. m. dipende dal livello di gravità. Le persone con r. m. lieve possono raggiungere capacità sociali e lavorative, soprattutto di tipo pratico, con livelli seppur minimi di autosostentamento. Nel caso del r. m. medio, è possibile, in età adulta, svolgere lavori semplici in contesti protetti, con discreto adattamento; in genere, sono presenti manifestazioni di dipendenza ed è comunque necessaria una supervisione costante. I soggetti con r. m. grave richiedono assistenza e, da adulti, possono arrivare a svolgere semplici attività, seppur con scarso adattamento alla vita di comunità o familiare. Il r. m. profondo richiede assistenza familiare e specialistica continua; con guida adeguata, soprattutto di tipo fisico, è possibile rilevare minimi livelli di collaborazione e capacità di eseguire attività molto semplici.