banlieues, rivolta delle
banlieues, rivòlta delle <bãli̯ö' ...>. – Ondata di proteste che nell’autunno del 2005, per circa un mese, ha attraversato prima i sobborghi più poveri e socialmente degradati alla periferia di Parigi, nell’Île-de-France, espandendosi poi a quelli di altre città francesi, tra cui Marsiglia, Strasburgo, Lione e Tolosa. In contemporanea disordini analoghi, ma di entità molto più limitata, si verificarono anche in alcune località di Belgio, Paesi Bassi, Polonia e Germania. Povertà, marginalità sociale e mancato inserimento nel tessuto economico dei figli degli immigrati determinarono l’esplosione di manifestazioni di violenza incontrollata da parte di migliaia di persone – soprattutto giovani di origine nordafricana infiltrati da elementi della malavita locale –, che assunsero un aspetto sempre più organizzato sfruttando le potenzialità della rete e della telefonia mobile per pianificare le azioni. Pesante il bilancio finale: un morto, migliaia di auto incendiate, atti vandalici contro esercizi commerciali ed edifici pubblici, centinaia di arresti negli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. I disordini scoppiarono durante il corteo organizzato la sera del 27 ottobre 2005 a Clichy-sous-Bois, cittadina a Ovest di Parigi, poche ore dopo che due adolescenti, Zyed Benna e Bouna Traoré, avevano perso la vita rimanendo folgorati all’interno della centralina elettrica nella quale si erano rifugiati per nascondersi dalla polizia credendo di essere inseguiti, come ha racconatato Muhittin Altun, rimasto gravemente ferito nello stesso incidente. L’allora ministro degli Interni, Nicolas Sarkozy, sostenne invece che i giovani non erano inseguiti dagli agenti e che una pattuglia si trovava sul posto per la segnalazione di un tentativo di furto, ma verifiche successive riscontrarono che i tre non erano coinvolti nella rapina in questione. Dopo un iniziale ritorno alla normalità, la situazione precipitò nuovamente il 30 ottobre per il lancio di un lacrimogeno in dotazione ai reparti antisommossa della polizia all’interno di una moschea di Clichy-sous-Bois, dove erano raccolti i fedeli per le celebrazioni del Ramadan, e nei giorni successivi la rivolta aumentò di intensità, arrivando fino al centro di Parigi e in altre città e toccando il punto più alto il 7 novembre, con 1400 veicoli incendiati e 400 arresti in un solo giorno. Per arginare la situazione il giorno successivo il presidente Jacques Chirac decretò lo stato di emergenza per 12 giorni, riattivando una legge promulgata nel 1955 durante la guerra d'Algeria, e consentì ai prefetti di applicare il coprifuoco per assicurare la protezione degli abitanti. Contemporaneamente, il primo ministro Dominique de Villepin annunciò la creazione di una grande agenzia per la coesione sociale e l'uguaglianza di opportunità, che funzionasse da interlocutore per tutte le questioni relative alle cosiddette zones urbaines sensibles. Contribuirono invece ad esacerbare gli animi le parole dure espresse nei confronti dei rivoltosi dal ministro Sarkozy, fautore di una linea di tolleranza zero e in procinto di candidarsi all’Eliseo. Gli episodi di guerriglia urbana andarono scemando nella seconda metà di novembre, dopo che il 14 lo stato di emergenza era stato prorogato per tre mesi.