ROCCIA
– Famiglia di musicisti originari di Venafro, in Molise, attivi a Napoli in particolare per la Real Cappella, la Ss. Annunziata e l’Oratorio dei padri filippini (a Napoli chiamati gerolamini).
Alcuni membri della famiglia ebbero nomi inusitati all’epoca, come Plinio, Vespasiano e Teseo, non agionimi. Il più ferace tra loro fu battezzato Dattilo, cognome ebraico: si può congetturare che i Roccia fossero legati d’amicizia a una famiglia di conversos stabilita a Venafro, o essi stessi convertiti (magari di origine spagnola). Le scarne notizie documentarie sui Roccia (arricchite dalle recenti investigazioni di Domenico Antonio d’Alessandro) combaciano in maniera incerta con le edizioni musicali superstiti, pervenute quasi tutte incomplete.
Aurelio dovette nascere a Venafro, presumibilmente nel quinto decennio del XVI secolo. Compositore e cornettista, con il fratello Plinio fece parte fin dall’origine della Congregazione dei musici di Napoli fondata nel 1569. Nel frontespizio del Primo libro de’ madrigali a 4 voci, di cui Claudio Merulo curò la pubblicazione in Venezia presso Giorgio Angelieri (1571), si dichiara «musico di Sua Maestà nel Castel Novo in Napoli».
Il libro, dedicato a Guido Della Torre cavaliere gerosolimitano, è intessuto in gran parte di madrigali poetici tratti dalle divulgatissime collettanee di «rime di diversi eccellenti autori» di metà Cinquecento (Pietro Novati, Bartolomeo Gotifredi, Lelio Capilupi, Luigi Borra, Nicolò Martelli, Girolamo Parabosco, Pietro Gradenigo, Giovanni Andrea Caligari), accanto a uno strambotto dell’Aretino, due ottave dell’Orlando furioso dell’Ariosto, alcuni terzetti dal Trionfo d’Amore del Petrarca e due sonetti spirituali di Francesco Maria Molza e Luigi Alamanni.
Non si conosce la data della morte.
Dattilo, madrigalista e cantante, figlio di Aurelio, si dichiara «di Venafro» nel suo Primo libro de madrigali a 4 voci (Napoli 1607-1608). La nascita può collocarsi nei primi anni Settanta del secolo precedente. La sua prima pubblicazione, un libro di madrigali a 5 voci oggi perduto, dovette infatti uscire a stampa prima del 1600, recando essa una dedica al cardinale Innico d’Avalos d’Aragona, deceduto nel febbraio di quell’anno. Di tale dedica si ha notizia certa dal Secondo libro de madrigali a 5 voci (Napoli 1603), indirizzato a Benedetto del quondam Bernardo Giustiniani, famiglia genovese che, già governatrice dell’isola di Chio, vantava più cardinali nel proprio seno.
Tra il 1592 e il 1594 Dattilo Roccia cantò come contralto nella cappella della Ss. Annunziata di Napoli. Ebbe rapporti con Giovenale Ancina quando questi fu attivo presso i gerolamini (1586-96), e con Giovanni de Macque organista alla Ss. Annunziata.
Il citato Secondo libro del 1603 è intessuto di madrigali epigrammatici di Livio Celiano (alias Angelo Grillo), Giulio Cortese, Giuliano Goselini, Torquato Tasso. Il citato Primo libro a 4 voci contiene ben cinque componimenti tratti dai madrigali di Alessandro Gatti (1604), accanto a versi di Battista Guarini, Marino, Alberto Parma, Cesare Caporali, ed è dedicato a un allievo dell’autore, Giovanni Battista Petrilli del Vasto, che vi compare con due madrigali propri. Il Libro terzo di madrigali a 5 voci (Napoli 1617) è dedicato al giovane marchese di Monteforte, Mario Loffredo, e spicca per la presenza – accanto a Marino, a Pier Francesco Paoli, all’accademico olimpico Pomponio Montenaro – di mezza dozzina di madrigali su rime di Giambattista Basile. Dattilo compare nel Teatro de madrigali a 5 voci di «diversi eccellentiss. musici di Napoli» (Napoli 1609) con Fillide mia, che d’altrui mal sei vaga.
Nel 1619 Dattilo Roccia rimase vedovo della moglie, Vittoria Bascio, sepolta il 14 agosto nella parrocchiale di S. Giorgio Maggiore, nel seggio di Forcella. Nello stesso seggio si trovava la chiesa di S. Agrippino, di cui almeno nel 1609-10 era stato maestro di cappella.Ignota la data della morte.
Si conoscono due diversi membri della famiglia di nome Francesco, difficili da tenere distinti. Uno dei due, menzionato da Scipione Cerreto nel trattato Della prattica musica (Napoli 1601) come compositore e organista, fu docente nel conservatorio di S. Maria di Loreto tra il 1588 e il 1590, maestro di cappella in S. Giovanni a Mare nel 1602-03, in S. Eligio al Mercato nel 1605 e in S. Stefano dei Mannesi nel 1609. Come Dattilo, suo fratello o cugino, anche Francesco fu in contatto con l’oratoriano Ancina: una sua lauda figura nel Tempio armonico della Beatissima Vergine N. S. curato da costui (Roma, Muzi, 1599).
Evidentemente diverso dal precedente è Francesco, secondogenito di sette figli avuti da Plinio Roccia e Francesca d’Alvarán tra il 1578 e il 1602, nipote di Aurelio: fu battezzato a Napoli il 5 gennaio 1582 (parrocchia di Castelnuovo in S. Francesco di Paola, Libri dei battesimi, vol. 1, 1544-1608, sub data).
Il nome di Francesco Roccia è associato a un madrigale nel Secondo libro a 5 voci di Dattilo: Se la doglia e ’l martire è la prima intonazione nota di un componimento di Giovan Battista Marino poi fortunatissimo tra i musicisti coevi. Un altro madrigale compare nel Terzo libro di Dattilo (1617), un altro ancora, su rime di Maurizio Moro, nel citato Teatro de madrigali (1609). Un documento di pagamento del 3 gennaio 1613 registra la somma di 20 ducati ricevuti per lezioni di canto impartite da Francesco Roccia. Ignota la data di morte dei due.
Vespasiano, figlio di Aurelio, nacque presumibilmente a Napoli nell’ottavo decennio del XVI secolo. Quattro sue laude figurano nel citato Tempio armonico di Giovenale Ancina (1599), con il quale fu in contatto partecipando alla vita musicale dell’Oratorio dei filippini di Napoli.
Tra il 1604 e il 1621 altri quattro cantori di cognome Roccia, Teseo, Geronimo, Nicandro e Aniello, sono documentati nella Ss. Annunziata a Napoli.
Fonti e Bibl.: S. Di Giacomo, Il conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo e quello di S. M. di Loreto, Milano 1928, p. 193; U. Prota-Giurleo, I musici di Castelnuovo, in Corriere di Napoli, 5 aprile 1940; Id., Musica all’Annunziata, in Roma, 23 marzo 1950; Id., Aggiunte ai “Documenti per la storia dell’arte a Napoli”, in Il Fuidoro, II (1955), pp. 273-279; F. Strazzullo, Inediti per la storia della musica a Napoli, ibid., pp. 106-108; A. Morelli, L’oratorio dei Filippini: rapporti tra Roma e Napoli, in La musica a Napoli durante il Seicento, a cura di D.A. D’Alessandro - A. Ziino, Roma 1987, pp. 457, 463; G. Rostirolla, Aspetti di vita musicale religiosa nella chiesa e negli oratori dei Padri Filippini e Gesuiti di Napoli a cavaliere tra Cinque e Seicento, ibid., p. 648; R. Cafiero, La collezione musicale di Giuseppe Sigismondo, in Napoli e il teatro musicale in Europa tra Sette e Ottocento, a cura di B.M. Antolini - W. Witzenmann, Firenze 1993, p. 346; K.A. Larson, Roccia, in The new Grove dictionary of music and musicians, XXI, London 2001, p. 479; D.A. D’Alessandro, Mecenati e mecenatismo nella vita musicale napoletana del Seicento e condizione sociale del musicista, in Storia della musica e dello spettacolo a Napoli. Il Seicento, a cura di F. Cotticelli - P. Maione, Napoli 2016.