ROCCIA
. Petrografia. - Si dà questo nome a un'associazione di minerali che per la sua mole e per il suo carattere di autonomia geologica viene a costituire parte importante della crosta terrestre. Il concetto di associazione richiama quello di giacimento di minerali (v. minerarî, giacimenti) e precisamente la roccia si può considerare come il giacimento normale di uno o più minerali, da distinguersi dal giacimento speciale il quale conserva questo nome in senso ristretto. Il filone, la vena, il banco, l'ammasso, il deposito, ecc., costituiti da uno o più minerali, sono giacimenti. Fra rocce e giacimenti speciali uno dei concetti distintivi è la mole considerevole delle prime rispetto ai secondi. Sono giacimenti le associazioni di cristalli di calcite in gruppi, in geodi, in vene, ecc.; costituisce giacimento la massa spatica di calcite che è ganga predominante di filoni metalliferi. Sono invece rocce (calcari) lo strato, la rupe, il monte, la catena di montagne costituite spesso prevalentemente e talora esclusivamente, come nel caso dei marmi saccaroidi, da calcite.
Si può tuttavia osservare che un limite distintivo netto di dimensioni fra rocce e giaciture speciali non si può agevolmente fissare specie quando si ha a che fare con associazioni di cristalli di un solo minerale o di un minerale di gran lunga prevalente sugli altri, come è il caso di molte rocce semplici.
In tal caso possono soccorrere alla distinzione il criterio genetico e il criterio morfologico, che ad esso è spesso strettamente legato. Un filone di quarzo, anche se di grande spessore e della lunghezza di qualche chilometro, sterile o misto ad altro minerale è sempre un giacimento speciale mentre uno strato anche sottile di materiale quarzoso intercalato fra altri di rocce sedimentarie o metamorfiche può costituire una roccia (quarzite).
Di questo passo si viene a chiarire anche il concetto di autonomia geologica che caratterizza la roccia nella definizione che ne abbiamo data.
La roccia è un'entità geologica. Il materiale che forma il terreno, inteso nel senso geologico della parola, non costituisce roccia se non in quanto esso rivela una composizione costante per una certa estensione. Non costituisce cioè una singolarità o una formazione accidentale, ma è il materiale più comune che s'incontra per un'estensione sempre considerevole, nella quale si rivela con ciò uniformità di costituzione.
Per lo studio delle rocce si adottava una volta una classificazione fondata unicamente sulla loro costituzione mineralogica e si dividevano anzitutto in due grandi gruppi: semplici, costituite da un solo minerale, e composte costituite da più minerali. Vieta ed empirica divisione ormai abbandonata, perché senza base scientifica, come pure sono state abbandonate le suddivisioni che ne derivavano, fondate sulla natura dei componenti mineralogici o soltanto sulla costituzione chimica.
Oggi il fondamento di una classificazione scientifica e razionale è il criterio genetico che distingue le rocce in tre grandi gruppi:
rocce eruttive (v.) dette anche endogene o anogene, perché formate per ascensum: prodotto della consolidazione dei magmi, provenienti dalle profondità della litosfera, alla superficie di questa, rocce effusive, o nell'interno della massa di questa, rocce intrusive (v. anche eruttive, rocce);
rocce sedimentarie dette anche esogene o catogene: prodotte dal deposito in seno alle acque o nell'atmosfera di materiale detritico proveniente da alterazione di rocce preesistenti, r. clastiche, o di materiale proiettato da esplosioni vulcaniche, r. piroclastiche, o da deposito chimico o da deposito organogeno. Fra queste di deposito chimico o organogeno prevalgono le rocce che si dicono semplici delle quali le più comuni sono salgemma, gesso, anidrite, calcare, dolomia, fosforite, limonite, combustibili fossili;
scisti cristallini: prodotto del metamorfismo di rocce eruttive o di rocce sedimentarie.
Questa suddivisione tiene conto anche del criterio morfologico sopraccennato. Così l'ammasso, la batolite, il filone che attraversa l'ammasso, o ne è apofisi laterale, la laccolite, la colata lavica dànno i caratteri morfologici delle rocce eruttive che tutte hanno in comune l'esistenza di una radice di provenienza dal focolare di magma profondo, mentre la disposizione in strati sovrapposti, originariamente orizzontali, è il carattere morfologico delle rocce sedimentarie e la facile divisibilità secondo piani paralleli è quello degli scisti cristallini.
La scienza delle rocce, che collega mineralogia e geologia propriamente detta nel grande gruppo delle scienze geologiche, è la petrografia. Per la storia, lo sviluppo, i metodi di studio, v. petrografia.
Fessurazione delle rocce. - Generalmente le masse rocciose, sedimentarie eruttive, presentano fenditure o soluzioni di continuità più o meno grandi. Ciò può provenire da due cause: la prima, di carattere più generale, comprende le fenditure dovute al diastrofismo, cioè ai fenomeni di dislocazione a cui sono soggetti i materiali terrestri dopo il loro deposito. La seconda, che porta generalmente a effetti minori, deriva da fenomeni di contrazione in seguito al disseccamento delle masse sedimentarie argillose dopo il loro deposito, oppure dalla contrazione di volume che si manifesta nelle rocce eruttive durante il loro consolidamento.
Tanto in un caso come nell'altro si determina nelle masse rocciose la comparsa di fenditure spesso molto numerose e disposte con una certa regolarità che in molti casi fanno sì che le dette masse appariscono come suddivise in blocchi aventi grossolanamente forme cubiche o prismatiche. I due tipi di fessure sono rispettivamente indicati con i nomi di piezoclasi e di sinclasi. Il primo appartiene ai fenomeni tettonici; v., per questo, tettonica.
La fessurazione delle masse argillose in seguito a essiccamento si manifesta secondo un sistema di fenditure che s'intersecano dando origine a un reticolato a grandi maglie. Quella delle masse eruttive dovuta specialmente al raffreddamento assume caratteri differenti. Nelle rocce granitoidi si manifesta parallelamente alla superficie esterna, dando origine a una divisione in banchi avente un'apparenza stratificata: e anzi in talune rocce, come le fonoliti, tale fessurazione è talmente spinta da dar luogo a un'apparente struttura fogliacea. Quando si hanno in una roccia più sistemi di fenditure diversamente inclinati ma tutti di carattere pianeggiante si ha la suddivisione parallelepipeda o prismatica. Fra queste ultime la più caratteristica è certamente quella che si nota spesso nelle rocce basaltiche e che dà luogo a una formazione a colonnato. Celebre è fra queste colate basaltiche a colonnato quella dell'Isola di Fingal nelle Ebridi.
Se ne hanno però anche in Italia alcuni esempî tipici nel Veronese e nelle Isole dei Ciclopi, in Sicilia presso Aci Trezza. In tutti questi casi si ha che le colate basaltiche sono ripartite in serie di prismi a cinque o sei facce; si nota poi che quando la colata è disposta in modo pianeggiante. come appunto si ha a Fingal, le colonne basaltiche sono tutte disposte con i loro assi verticali e paralleli: quando invece sono contorte, i colonnati assumono un aspetto radiale più o meno accentuato. Si hanno anche esempî di fessurazioni radiali che dànno alle rocce un'apparente struttura sferoidale derivante dal fatto che già durante il consolidamento del magma originario si ebbe una tendenza alla comparsa di particolari contrazioni sferoidali intorno a varî punti disseminati nella massa consolidantesi, che costituirono i centri delle fessurazioni radiali. Questo tipo di fessurazione si manifesta particolarmente nelle masse diabasiche e dioritiche, raramente invece nei graniti.
Alterazioni delle rocce.
Le rocce, considerate. sotto il duplice loro aspetto, chimico e mineralogico, costituiscono sistemi pienamente definiti sotto il punto di vista specifico, il cui equilibrio è stabile solo in determinate condizioni di ambiente, essendo esse suscettibili di subire modificazioni anche molto profonde quando siano sottoposte a fenomeni di natura fisico-chimica dovuti ad agenti naturali. Questi fenomeni si ripartiscono in due gruppi: il primo comprende i fenomeni di metamorfismo (v.), che si verificano quando una roccia, pur subendo modificazioni capaci di cambiare del tutto la sua natura, mantiene ancora nella nuova forma caratteri specifici sufficienti. Al secondo invece appartengono i fenomeni di alterazione, cioè quelli che distruggono completamente ogni traccia di entità specifica, trasformando spesso le rocce in ammassi eterogenei di materiali differenti.
Mentre i fenomeni di metamorfismo si manifestano generalmente a profondità e sono determinati dalle particolari condizioni di ambiente delle zone profonde, e specialmente dalle alte pressioni e dalle elevate temperature ivi dominanti, invece quelli di alterazione si manifestano generalmente nelle zone superficiali o poco profonde, essendo per lo più dovuti all'intervento degli agenti atmosferici. Vi sono casi in cui per il modo di svolgersi dei fenomeni e per i loro effetti non si può con sicurezza stabilire se si tratti di semplice alterazione o di un vero processo di metamorfismo. Nei fenomeni di alterazione, gli agenti atmosferici rappresentati dai componenti normali dell'aria, essenziali come l'ossigeno e l'azoto, accessorî come l'anidride carbonica e l'acqua allo stato di vapore o di precipitazione atmosferica, o anche accidentali come talune emanazioni endogene e come l'anidride solforosa che si svolge nelle fumarole vulcaniche, hanno notevole importanza. Intervengono poi anche altre cause connesse alle precedenti come gli agenti fisici, insolazione, gelo e disgelo, o gli agenti organici, animali e vegetali.
L'ossigeno, che rappresenta l'agente chimico più energico presente nell'aria, agisce direttamente come ossidante o indirettamente trasformando in date condizioni l'azoto elementare, inerte, in prodotti nitrici dotati di un'intensa azione ossidante. Quest'azione dell'ossigeno si manifesta specialmente sui minerali metallici di ferro (solfuri, solfosali, ossidi) avendosi la formazione di ossido ferrico anidro o idrato che dà colorazioni rosse o giallo-brunastre alle rocce e particolarmmte nelle loro parti superficiali. Tali fatti, ad esempio, sono molto frequenti nei calcari contenenti percentuali variabili di FeCO3. Si manifestano anche nei calcari piritosi e anzi, in questo caso, per l'ossidazione della pirite si forma anche acido solforico il quale, agendo sul carbonato di calcio del calcare, può essere trasformato lentamente in solfato, e dare quindi origine a masse gassose. Le rocce carboniose, invece, frequenti nelle formazioni scistose e calcaree, per l'azione ossidante dell'ossigeno si sbiancano nelle zone superficiali. L'azoto, elemento molto inerte, può diventare un agente molto energico quando, come avviene nelle regioni tropicali, per l'azione delle scariche elettriche temporalesche, si trasforma in prodotti nitrici che presentano un altissimo potere ossidante. Così, in dette regioni, i fenomeni di alterazione delle rocce feldspatiche, e prevalentemente di quelle ortoclasiche, non si limitano al semplice processo di caolinizzazione, ma si spingono fino alla completa disgregazione di quei silicati con formazione di laterite (v.). Il fenomeno della caolinizzazione delle rocce ortoclasiche è dovuto all'azione dell'acqua ricca di anidride carbonica che decompone l'ortoclasio, trisilicato d'alluminio e di potassio, staccando quest'ultimo metallo allo stato di carbonato o bicarbonato e lasciando il resto del minerale, sotto forma di un idrosilicato di alluminio detto caolino, il quale costituisce il componente fondamentale delle argille che per la loro struttura colloidale trattengono una parte del carbonato di potassio e acquistano perciò il carattere di fertilita che è proprio del terreno superficiale. Nel caso della laterizzazione per l'azione degli ossidi d'azoto, anche il legame fra silicio e alluminio si rompe.
Molti altri fenomeni di alterazione delle rocce sono dovuti all'acqua, la quale può agire come solvente e anche meccanicamente allo stato di precipitazione atmosferica e di acque superficiali come disgregante diretto; oppure per l'alternante azione del gelo e del disgelo. Ciò prova come anche le condizioni climatologiche possano avere una notevole importanza.
Come solvente diretto, l'acqua può determinare la totale scomparsa di masse rocciose quando queste siano costituite da minerali solubili come il salgemma, la silvite, ecc., che si formano per deposito dalle acque marine oppure in seguito a emanazioni vulcaniche. Anche le masse calcaree possono essere completamente disciolte dall'acqua, ma in questo caso è necessario l'intervento dell'anidride carbonica, perché il carbonato neutro di calcio trasformandosi in bicarbonato possa diventare solubile nell'acqua. Nel caso di rocce composte da minerali di differente grado di solubilità sono più facilmente asportati i più solubili, come appunto avviene nei calcari dolomitici e nelle dolomie, rocce costituite da calcite, (carbonato di calcio), e da dolomite (carbonato doppio di calcio e di magnesio), le quali spesso assumono una struttura cavernosa perché la calcite, più solubile della dolomite, viene completamente asportata, lasciando vuoti i vani che inizialmente occupava. Le acque meteoriche e superficiali contenendo sempre piccole quantità di CO2 sono capaci, sebbene con minore energia, di sciogliere i calcari dando luogo superficialmente a serie di solchi (campi solcati o Karrenfelder), oppure quando discendono nelle zone freatiche e anche al disotto di esse, alle caverne che rappresentano gli alvei sotterranei di corsi d'acqua che per le particolari condizioni del terreno non possono scorrere alla superficie del suolo, come avviene nelle regioni carsiche. Si possono ritenere esempî di alterazioni profonde la serpentinizzazione di rocce oliviniche, che è il risultato di un'azione lenta e profonda su tutta la massa della roccia e la cloritizzazione di rocce formate da silicati di Al, Mg, Fe.
Anche le emanazioni vulcaniche, e specialmente quelle acide, producono alterazioni intense nei materiali terrestri attraverso cui passano o dove si manifestano. Tali fatti si notano facilmente nei distretti vulcanici del Vesuvio, dell'Etna e nell'Isola di Vulcano, dove le rocce appariscono corrose o caolinizzate in seguito ai fenomeni di emanazione. Si è già accennato ad alcuni effetti dovuti alle condizioni climatologiche; non sono i soli poiché, quando si è in presenza di condizioni specialissime, la loro azione diviene molto più intensa. Così, ad esempio, nelle regioni tropicali l'influenza delle elevate temperature e dei climi secchi assume un'importanza molto grande determinando lo sgretolamento dei materiali rocciosi e quindi favorendo le alterazioni, fino al punto che intere masse rocciose e anche intere catene montuose possono scomparire completamente sotto l'azione combinata delle azioni fisico-chimiche e meccaniche. Così si spiega, ad esempio, la formazione del ferretto costituito da masse di ossido di ferro idrato (limonite) associato ad argilla che rappresenta l'ultimo residuo di masse di calcari ferriferi completamente erosi. In ultimo sono anche da accennare talune azioni di carattere biologico. La vegetazione determina lentamente una disgregazione delle masse rocciose-superficiali dovuta alla penetrazione nel suolo delle radici e all'assorbimento continuo di sostanze che esse compiono. Come casi particolari di azioni biologiche, sono anche da ricordare la trasformazione dell'azoto ammoniacale in azoto nitrico per opera del bacterium nitrificans e l'azione corrosiva dei litodomi, molluschi perforanti su alcune rocce le cui tracce di corrosione sono perfettamente visibili a Pozzuoli e in molte grotte litoranee come, ad esempio, in quella di Bergeggi.
Per la roccia come materiale da costruzione, v. materiali da costruzione.