ROMANZA
Componimento poetico, che si riconnette al romance spagnolo dei secoli XV-XVI (e probabilmente il termine italiano deriva da quello francese, la romance), del quale però non rappresenta una tradizione diretta e ininterrotta, ma costituisce una riesumazione libresca della cultura preromantica, che si richiamava all'antica forma castigliana per appagare il senso mistico di un Medioevo leggendario, cavalleresco, sentimentale. Le romanze italiane furono per lo più traduzioni dei vecchi romances, ma per tempo si vennero a convertire con il tipo del Lied tedesco e della ballata tradizionale, con la quale ultima, anzi, si confusero (v. ballata; romance).
Musica. - La romanza, come forma di composizione musicale, è da considerarsi sotto tre aspetti distinti: vocale da camera, operistica, strumentale, con un carattere generale comune fondato sulla cantabilità melodiosa e patetica. È affine alla chanson e all'ariette, ma da queste distinta per la più spiccata sentimentalità e per la forma più compiuta. Il nome romanza fu usato in special modo nel genere vocale e, a preferenza, per canti ispirati all'amore, quasi sempre con esclusione d'intenzioni drammatiche. Anche la lirica vocale del Settecento rientra in siffatto genere, quando è improntata ad amorosa sentimentalità.
Le romanze che i liutisti spagnoli del sec. XVI ci hanno tramandato, si riportano al più antico e originario significato del termine, il quale designava un poema in lingua romanza, di carattere narrativo e basato soprattutto su avventure galanti o attinte alla leggenda cavalleresca. Nell'esempio che segue, principio di una romanza di Luis Milán (Valenza 1500 c.-1561) con accompagnamento di vihuela de mano (liuto), è da vedere un'ultima risonanza dell'epica medievale.
La romanza vocale da camera, sorta in Francia nella seconda metà del sec. XVIII, è nel secolo successivo soprattutto un semplice canto d'amore. Essa fiorì specialmente in Francia e in Italia e visse, per così dire, al riverbero del Lied tedesco - col quale non è però da confondersi - che raggiunse con l'opera di Fr. Schubert il suo massimo splendore.
Le romanze vocali, di solito con accompagnamento di pianoforte, dette in Francia anche mélodies, sono in generale costruite in larghi periodi svolti e ritmati secondo la forza germinale di un tema, con perfetta regolarità strofica determinata dal loro stesso contenuto; in quanto, come osserva I. Pizzetti, nacquero "come espressioni di momenti lirici provocati dal sostare dell'attenzione dell'artista sopra un determinato oggetto. Si trattava di esprimere l'intuizione di un momento di vita isolato, esistente indipendentemente da qualsiasi precedente e da qualsiasi continuazione. La forma chiusa, in sé stessa compiuta, era quella che più logicamente poteva aderirvi".
J.-J. Rousseau porge, nel suo Dictionnaire de musique (Parigi 1764), la seguente, abbastanza precisa, definizione della romanza vocale: "Aria sulla quale si canta un piccolo poema anch'esso detto romanza, diviso in strofi, il cui argomento è generalmente una storia amorosa e spesso tragica. Come la romanza deve essere scritta in stile semplice, toccante e d'un gusto un po' passato, l'aria deve rispondere al carattere delle parole; niente ornamenti, niente manierismi, ma una melodia dolce, naturale, campestre, e che produca il suo effetto da sola, anche indipentemente dalla maniera di cantarla". E secondo questi canoni composero romanze lo stesso J.-J. Rousseau (1712-1778), P. E. Martini soprannominato il Tedesco (1741-1816), P. Garat (1764-1823), A. Choron (1772-1834), A. Garaudé (1779-1852), ed altri.
Diversa fisionomia presenta nel sec. XIX la romanza in Francia e in Italia: mentre i maestri francesi conferivano a questa forma eleganti e piacevoli espressività soffuse di romanticismo (H. Berlioz, 1803-1869; G. Bizet, 1838-1875; Ch. Gounod, 1818-1893; J. Massenet, 1842-1912; G. Fauré, 1845-1924; P. Vidal, 1863, ecc.), anche se talvolta essi caddero in un sentimentalismo morbido e dolciastro, gl'italiani seguirono le maniere dell'aria melodrammatica, compiacendosi spesso di una facile melodiosità. Ecco un esempio di romanza francese, Printemps nouveau di P. Vidal, nello schema A, A1 + coda, di cui si riporta la prima strofa (A):
È solo alla fine del secolo che la romanza italiana trova un'espressione più lineare e un carattere talora originale, nelle numerose composizioni di F. P. Tosti (1846-1916), di A. Rotoli (1847-1904), di L. Denza (1846-1922), di P. A. Tirindelli (1858), ecc., assurte ben presto a celebrità internazionale. Di Malia del Tosti, che presenta lo schema A, A1, si riporta qui la prima strofe:
Oggi la romanza, con le sue linee formali ben definite e aderenti alla stroficità del testo, pervasa da caldo respiro melodico, ha ceduto il posto a una nuova forma, che pur mantenendosi ligia a quei principî di costruzione musicale senza cui non è concepibile alcuna composizione, gode di una libertà, di una duttilità e di una varietà d'atteggiamenti tali che sarebbe difficile una precisazione formale: la cosiddetta lirica è fra le più notevoli affermazioni dello spirito del Novecento nel campo musicale. In perfetta aderenza al testo poetico, non più limitato al sentimento dell'amore, essa aspira a sottolinearne le sinuosità, a potenziarne l'intima significazione mediante la più assoluta libertà concessa alla voce, non più cantante alla maniera dell'aria o del Lied, ma nel senso del declamato, con la netta tendenza al "recitar cantando". Inoltre lo strumento accompagnatore, il pianoforte, non si limita a seguire la voce con blande se pure talvolta efficaci formule di sostegno, come nella romanza, ma assume invece una funzione integrante di commento allo stesso livello, quanto a importanza estetica, della voce stessa.
È da notare che questo moderno tipo di musica vocale da camera si è affermato soprattutto nei paesi latini, e se con Hugo Wolf (1860-1903) in Germania esso comincia a liberarsi dai limiti della stroficità, è in Francia, con Cl. Debussy (1862-1918), che diviene decisamente prosastico (Chansons de Bilitis, Cinq poèmes de Baudelaire, Ariettes oubliées e Proses lyriques). In Italia I. Pizzetti (1880) porta fra i primi un originale contributo alla nuova sensibilità e nei Pastori la sua musica, piena di evocazioni, illumina la poesia di G. D'Annunzio con una chiarità tutta italiana. Si veda, ad es., nelle battute che seguono con quanta potenza evocatrice viva l'immagine del poeta e con quanta nostalgia ne emani il sentimento pastorale:
Il secondo aspetto della romanza, quello operistico, si afferma anch'esso nel sec. XIX come una filiazione dell'aria melodrammatica del sec. XVIII, nel senso di una più concisa linearità, sfrondata da qualsiasi ornamentazione virtuosistica, e con la funzione di accentrare le situazioni più patetiche, le effusioni più intime e soggettive dell'amorosa sentimentalità: il canto di Radamès "Celeste Aida" nell'Aida di Verdi, quello di De Grieux "Ah! fuyez, douce image" nella Manon di Massenet, quello di Volframo "O tu bell'astro incantator" nel Tannhäuser di Wagner, il racconto di Santuzza "Voi lo sapete, o mamma" in Cavalleria Rusticana di Mascagni, appartengono al tipo romanza. Diverse l'una dall'altra, quanto a costruzione generale, ma tutte in forma chiusa, hanno una comune funzione espressiva, sono ciascuna un'entità lirica, sulla quale, quasi in parentesi, riposa un momento, effondendosi, la vita in divenire della vicenda drammatica.
Quanto alla romanza strumentale essa rimonta, secondo H. Riemann, per lo meno a K. Ditters von Dittersdorf (1739-1799), la cui Sinfonia in mi bem. magg., op. 7, n. 1 (1773), comprende, quale secondo tempo, una romanza. Ad ogni modo la romanza figura nella musica strumentale dalla metà del sec. XVIII e vi entra piena di canto, con una parte centrale in contrasto e accompagnamenti in secondo piano, rispettando lo schema A-B-A1 come, ad es., nella Kleine Nachtmusik in sol magg. (Köchel, n. 525) di W. A. Mozart (1756-1791), secondo movimento, di cui si riporta l'inizio di A e di B:
Ma anche per la romanza strumentale non esiste una forma precisa e ben definita: un solo tratto comune si può notare in tutte le romanze, da quella piccola, per pianoforte solo, a quella grande, per orchestra o per uno strumento solista con accompagnamento d'orchestra, ed è la preponderanza dell'elemento puramente melodico. Da Mozart a Beethoven, Schumann, Chopin, Reger, il carattere di tale composizione si mantiene costantemente lirico, con assoluto predominio dell'elemento melodico, che fluisce lentamente con tenera e suadente dolcezza. Il carattere lento del movimento nella romanza ha fatto sì che questa potesse agevolmente occupare il posto di secondo tempo nelle composizioni di forma "suite", come nell'opera citata di Mozart, o anche in quelle di forma "sonata" come nel Concerto per pianoforte e orch. in re min. dello stesso, in quello in mi min., op. 11, di Fr. Chopin, nella Sinfonia in re min., op. 120, di R. Schumann, nel Quartetto in do min., op. 51, n. 1, di Joh. Brahms, ecc.
Un'eccezione al tipo fin qui descritto di romanza si possono considerare, nel genere strumentale, i Lieder ohne Worte di F. Mendelssohn-Bartholdy (1809-1847), nei paesi latini tradotti nel titolo Romanze senza parole, in quanto molti di essi sfuggono a questa categoria per il loro carattere descrittivo o rappresentativo, essendo in un certo senso non più soggettive ma obiettive. Il carattere evocativo è reso chiaro dall'aggiunta di un titolo come Jägerlied, Venetianisches Gondellied, Frühlingslied e via. In questo caso la musica, come dice il Riemann, non è semplicemente Stimmungsmusik, ma racconta, evoca, si fa rappresentativa, riportando la romanza a quella classe di forme musicali quali la ballata, la novelletta, la leggenda, che presuppongono e rappresentano un fatto, un'azione, una favola.
È da osservare, del resto, che i Lieder ohne Worte del Mendelssohn sono più propriamente composizioni analoghe alle romanze strumentali per il fatto di essere ohne Worte (senza parole), ma la loro classifica resta quella del Lied, che, come si è già accennato, non è da confondersi con la romanza. L'equivoco è dovuto alla traduzione del titolo.
Bibl.: J.-J. Rosseau, Dictionnaire de musique, Parigi 1764; H. Riemann, Handbuch der Kompositionlehre, Berlino 1882; H. Besseler, Die Musik des Mittelalters und der Renaissance, in Handbuch der Musikwissenschaft, Potsdam 1931; I. Pizzetti, Intermezzi critici, Firenze 1920; E. Desderi, La musica contemporanea, Torino 1930.