Musicista (Bonn 1770 - Vienna 1827). Contemporaneo e lettore di I. Kant, W. Goethe e F. Schiller, incarna la nuova figura del compositore moderno: con lui l'espressione dell'interiorità dell'artista e delle sue dolorose vicende esistenziali viene in primo piano. Con il suo lavoro, inoltre, la nuova coscienza storica e morale che aderisce ai grandi ideali di libertà e giustizia emersi dalla Rivoluzione francese investe la creazione musicale.
Discendeva da famiglia di musicisti d'origine fiamminga. L'avo Ludwig venne a Bonn nel 1732, cantore prima, poi direttore d'orchestra del vescovo-elettore di Colonia; suo figlio, Johann, tenore e violinista presso la stessa corte, uomo disordinato e dedito all'alcool, ridusse la famiglia in condizioni penose. Da Magdalena Kewerich, vedova d'un valletto di corte, ebbe 6 figli, dei quali non sopravvissero che Ludwig, Kaspar e Nikolaus. L'infanzia di B. fu triste e disagiata: il padre, il cui unico scopo era di sfruttare le disposizioni musicali del ragazzo per esibirlo in pubblico quale "fanciullo prodigio", gli imponeva rudemente lunghe ore di esercizio sul cembalo e sul violino. L'istruzione generale si limitò a qualche anno di elementare.
Alle discipline musicali provvide dapprima il padre, poi il clavicembalista T. Pfeiffer, il violinista F. Rovantini, gli organisti W. Koch e G. van den Eeden e, finalmente, il primo dei veri maestri di B., Chr. Gottlob Neefe, che istradò il B. all'armonia e al contrappunto. Presto il ragazzo poté entrare nell'orchestra di corte come violinista e supplire il Neefe quale organista. L'ambiente di Bonn comincia ad accoglierlo: il futuro medico F. Wegeler, la famiglia Breuning, il conte F. v. Waldstein s'interessano di lui, e il conte gli procura una borsa di studio per Vienna (dove B. avvicina W.A. Mozart), non sfruttata interamente perché di lì a poco egli doveva ritornare a Bonn per assistere la madre morente. Cinque anni ancora a Bonn, quale cembalista al teatro e violinista in orchestra. Solo conforto, oltre il lavoro, la calda simpatia dei Breuning (specialmente di Eleonora), del Waldstein, dei musicisti F. Ries, i due Romberg, J. e A. Reicha. Nell'89 si iscrive all'università dove assiste alle lezioni kantiane del van Schüren e l'anno seguente per la prima volta avvicina J. Haydn, di passaggio a Bonn. Nel 1792, per intercessione del Waldstein, l'Elettore permette a B. di ritornare a Vienna, per "raccogliere" - come scrisse il Waldstein - "lo spirito di Mozart dalle mani di Haydn". Grazie alle commendatizie del Waldstein, l'ambiente viennese, anche l'aristocratico, l'accoglie con grande simpatia: i Lichnowsky, i Browne, i Liechtenstein, gli Schwarzenberg, i Thun, i Lobkowitz lo ricercano per le loro serate, e Lichnowsky lo ospita e più tardi lo sovvenziona.
Intanto B. studiava seriamente la composizione, dapprima presso Haydn (con scarso interessamento da parte del maestro), poi presso il celebre contrappuntista J.G. Albrechtsberger e A. Salieri. A partire dal 1796 era acclamato quale concertista di pianoforte a Praga, a Berlino, a Vienna, forse anche a Lipsia e a Dresda. Dal 1795 era iniziata la pubblicazione delle sue musiche con i tredici trii op. 1 dedicati al Lichnowsky. A una relativa popolarità pervenne presto la romanza Adelaide e tra il 1796 e il 1800 si svolse rapidamente la pubblicazione dei lavori già scritti in precedenza e di quelli via via prodotti: tra l'altro, le prime sonate per pianoforte, il settimino (subito diffuso nel favore generale), i primi quartetti, i due primi concerti per pianoforte e la prima sinfonia. Anni, questi, di buona fortuna per il B., che alla nascente gloria di compositore univa i successi del pianista, guadagni sufficienti, ammirazione e simpatia di nobili ambienti intellettuali. Anche quale insegnante era ovunque ricercato: lo stesso arciduca Rodolfo tra poco sarà suo allievo e resterà suo affezionato ammiratore e sostenitore fino alla morte.
Primi amori, primi idillî sbocciano tra il B. (pur non bello di persona) e gentili fanciulle: Giulietta Guicciardi, Teresa di Brunswick e altre. Nascono allora le belle pagine della sonata op. 27 n. 2 (1801), poi detta "del chiaro di luna" e dedicata alla Guicciardi, la lettera "all'immortale amata" (1801), forse Teresa di Brunswick, che esprimono l'incontenibile effusione dei tesori d'amore e di tenerezza del giovane animo, destinato a tante delusioni, fino a che il B. non diverrà chiuso e restio a ogni convivenza di società. Ma intanto una sciagura tremenda minacciava il musicista: la sordità, che egli non si riduce a confessare se non nel 1801, dopo due anni di sofferenza, a due amici lontani: F. Wegeler e C. Amenda.
Nelle lettere, come nelle opere, cominciano ad apparire le note ineguagliabili dell'animo beethoveniano: dolore, breve rassegnazione, lotta e ribellione contro il destino, fede in un lontano e arduo, ma splendido trionfo del bene. Talora accoglie per salvatrice l'idea della morte. Dopo il cosiddetto "Testamento di Heiligenstadt" (prosa del 1802) che tenta una riconciliazione con la vita, la morte coronata da un episodio grave e glorioso riappare, dalla sonata op. 26 (1801), nella complessità della terza sinfonia (Eroica, 1803). Certo, l'alta moralità di B. rifiuta l'idea del suicidio. Egli si rifugia piuttosto nella sua fervida vita interiore, si crea un mondo ideale in cui urgono, aspirando a un'alta conciliazione, idee e fantasmi di religiosità, di libertà morale, di civile attività, sensi d'amore alla natura, anelito alla sana gioia; e ne compone sintesi musicali gagliarde e audaci, aspre talora per contrasti ideali, ma luminose sempre di poesia.
Nei tre primi lustri del secolo la sua arte avanza dalla seconda all'ottava sinfonia, dal balletto Prometeo al Fidelio, alle musiche per l'Egmont; e intanto nascono gli altri tre concerti per pianoforte, quello per violino e quello per trio e orchestra, gli altri quartetti fino all'op. 95, alcuni trii, tutte le sonate per violino e quelle per violoncello op. 102, le altre sonate per pianoforte fino all'op. 90, le altre composizioni per canto fino all'op. 99. Opere accolte ora dall'entusiasmo ora dalla freddezza o addirittura dal dileggio. Ma s'accrescono le schiere degli ammiratori e degli amici: F. Röchlitz, E.T.A. Hoffmann, il principe Rasumovskij, la contessa Erdödy, la baronessa Erdmann, A. Streicher, il medico Malfatti, e - gradatamente - il gran pubblico. Nel 1807 Girolamo re di Vestfalia lo vuole Musikdirektor alla sua corte, ma l'arciduca Rodolfo e i principi Lobkowitz e Kinsky lo trattengono offrendogli una pensione annua di 4000 fiorini. Avvicina egli inoltre i letterati Chr. A. Tiedge, K.A. e Rahel Varnhagen, Bettina Brentano (che entusiasta scrive di lui a Goethe) e il Goethe stesso.
Nel 1813 un gran successo di pubblico arride a B. per la mediocre sinfonia intitolata La Battaglia di Victoria (in onore del duca di Wellington) nello stesso concerto da lui diretto, in cui presentava per la prima volta la VII sinfonia. Forse anche per il trionfo della Battaglia si riprese al Hoftheater il Fidelio, questa volta con grande plauso. Nel 1815, i monarchi e i potenti radunati al congresso di Vienna resero grandi onori al B. Il periodo di fortuna si concludeva però ben rapidamente: poco più di dieci anni restano al maestro, da vivere nell'inquietudine e nella tristezza: malattia, misantropia, bisogno, affanni d'ogni sorta. Dal 1816 la sordità è pressoché totale; per conversare col B. bisogna ormai scrivere: egli non può più suonare in pubblico, né dirigere. Se vi si attenta, amarissima è la delusione. La stessa fantasia del compositore sembra arrestarsi per lunghe soste: tra il 1816 e il 1822 non nascono che cinque sonate per pianoforte (tra le più belle, però), l'ouverture Zur Weihe des Hauses e poche cose di secondaria importanza.
Ma ecco gli ultimi anni: dal 1819 al 1823 sorgono i monumentali edifici della Messa solenne in re e della nona sinfonia, dal 1824 al 1826 i sublimi quartetti dall'op. 127 alla 135. La Messa, ideata per la consacrazione dell'arciduca Rodolfo come arcivescovo di Olmütz, fu eseguita nel 1825 - vivo Beethoven - solo in parte, con la nona sinfonia. E B. voleva ancora comporre. Nel 1822 il Röchlitz l'aveva trovato non del tutto infelice: tante nuove musiche apparivano alla mente dell'artista: una decima sinfonia (di cui restano appunti), un oratorio Saul, musiche per il Faust di Goethe, un'opera Melusina e altro. Ma penosa era invece l'impressione che di lui ricevevano altri visitatori: F. Schubert, F. Liszt, C.M. v. Weber, G. Rossini, F. Hiller, C. Zelter, A. v. Rellstab, ecc. Pochi lo assistevano in quella sua triste dimora dello Schwarzpanierhaus: devoto tra tutti quell'Anton Schindler che fu poi tra i primi suoi biografi. Negli ultimi tempi le ristrettezze finanziarie aumentarono e soltanto 10 giorni prima di morire egli ricevette un generoso aiuto attraverso un sussidio di 100 sterline inviatogli dalla Società filarmonica di Londra.
Essenza e significato dell'arte beethoveniana. - "La musica è il vincolo che unisce la vita dello spirito alla vita dei sensi, ed è l'unico immateriale accesso al mondo superiore della conoscenza. Nella musica l'uomo vive, pensa e crea". Tanto Bettina Brentano riferisce a W. Goethe (1810) quali parole del Beethoven. E certo qualche cosa in queste parole, probabilmente prestate dalla stessa Bettina, aderisce intimamente ai moti più profondi, alle più alte aspirazioni dell'arte beethoveniana. La quale, appagando tale anelito in forme di sovrana bellezza, costituisce una delle somme manifestazioni estetiche del genio, pari soltanto, nell'epoca moderna, a quella d'un Michelangelo e d'uno Shakespeare. Come questi, e come un Alighieri, il B. è, più che un figlio, un dominatore e un maestro delle generazioni che si muovono nei suoi giorni. In special modo egli è di quelli che più profondamente sentirono la necessità d'una armonia tra arte, pensiero e idealità morale.
L'evidenza di una rappresentazione della dialettica spirituale in dialettica di movimenti formali nel seno dell'opera d'arte aveva annunziato la propria urgenza già nei predecessori di B.: K. Ph. Emanuel Bach, W. Rust, J. Haydn, W.A. Mozart: annunzî non nutriti però, né sviluppati da una consapevolezza e da una volontà così piene e così chiare come in Beethoven. Carattere forte, energico, egli parte da una visione realistica della vita, da esperienze concrete, da un amore per la natura, da un sentimento di consanguineità e di solidarietà morale con l'umanità e concepisce l'opera d'arte sotto un impulso appassionatamente cordiale. Trascorsa appena l'età giovanile del settimino, dei primi quartetti, delle due prime sinfonie, la concezione dell'Eroica lo mostra impegnato ormai a un indirizzo sentimenti e di quegli impulsi.
Assai più spesso che la dolcezza e i sogni d'amore (sonata op. 27 e seconda e quarta sinfonia, ecc.) urgono ormai al suo spirito altri problemi d'interesse più vasto: primo e massimo quello dello spirito anelante - contro la materia e il destino - alla propria affermazione, alla propria libertà. Problema che aveva già pervaso di sé le maggiori personalità del Settecento da J.-J. Rousseau a F. Schiller, da I. Kant a W. Goethe (e meglio degli altri l'avevan per lui formulato uno Schiller e un Kant) e che nell'arte di B. d'improvviso risolve, nell'Eroica, la sinfonia in vero e proprio dramma. Una raggiunta conoscenza, un impulso d'azione portano nell'Eroica la libertà umana - intesa nel senso più generale - al trionfo. La materia sonora s'è piegata al ritmo dell'idea, come l'idea, nel vigore di affetti ond'è sentita, s'è fatta forma: il ritmo della sua dialettica s'è interamente risolto nel ritmo della dialettica artistica; più spesso, nella dialettica tematica della sonata, forma prediletta nella quale il B. farà affluire gli stilemi più nuovi e più eterogenei e della quale, d'altro canto, trasporterà gli elementi - appunto - tematici nelle altre forme da lui coltivate: Lied (vocale e soprattutto strumentale), variazione, rondò, fuga, scherzo, ecc., nutrendo la sua sostanza - sempre più spesso - di espressioni armonistiche, di contrappunto, di timbri e d'impasti orchestrali, i più potenti che fino allora si fossero uditi.
Ed ecco vicino all'Eroica, tra l'Eroica e il Fidelio, nascere le tante altre fioriture: capolavori come le sonate op. 53 e 57 per pianoforte, l'op. 47 per violino, eteromorfe conferme di quell'affermazione. Col Fidelio è la libertà dell'individuo che cerca la propria realizzazione. La Quarta sinfonia placa l'urgenza degli eroismi di Fidelio in una pausa, o meglio in un acquetamento tra l'affettuoso e l'umoristico, non scevro di colori romantici, appagato, si direbbe, nel piacere stesso dell'arte, che vi è nitidissima. Forse per effetto della quasi contemporanea composizione del Fidelio, la Quarta segna il passaggio della sostanza poetica - nel campo sinfonico - dal mondo esterno al puro mondo spirituale; di qui innanzi quando si ripresenti alla fantasia un modello esteriore, una "persona", la trasfigurazione musicale ne è afflidata alle ouvertures (che già tanto fulgore di vita, di rappresentazione drammatica hanno nel Fidelio: le tre versioni dell'ouverture intitolata Leonora e l'ouverture in mi maggiore che conserva il nome dell'opera, Fidelio): Egmont, Coriolano mostreranno l'eroe che - di fronte alla società ostile - afferma la propria libertà scegliendo la morte. Per ora, il momento che s'è accentrato nella Quarta vuole ancora riesprimersi: 4° concerto per pianoforte, concerto in re per violino, quartetti op. 59. Ma ecco, subitaneo, il nuovo assalto: con la Quinta prorompe uno dei drammi più ardui che lo spirito di B. abbia vissuto: l'urto tra la volontà e le occulte, nemiche forze che si assommano nell'ipotesi del Fato. Ma la lotta, ancorché vittoriosa, è stata immane: l'ardore combattivo chiede, per ritemprarsi, una sosta di tranquillità e di freschezza.
Ed ecco, il poeta orienta il suo desiderio di libertà verso la serena contemplazione della natura, Sesta sinfonia, e verso nuove interpretazioni meditative: i trii op. 70, la sonata per violoncello op. 69. La volontà eroica risorge con il 5° concerto per pianoforte, con l'Egmont, in larghe e luminose chiarità, devia con la settima sinfonia in una libertà cercata piuttosto nell'ebbrezza orgiastica, in un miraggio di luci irreali che trascorre dall'estasi all'impeto dionisiaco. Parentesi tra questi massimi lavori, sguardi fissi ora nel mondo, ora entro il proprio fondo mistero: il trio in si bemolle op. 97, i quartetti op. 74 e 95, le canzoni da Herder e da Goethe. Quivi giunġe la ottava sinfonia, come un filtro magico d'oblio.
Ma il problema fondamentale che ha sospinto B. a passi di gigante sulla via dell'arte non ha esaurito i suoi aspetti. Che è dei rapporti tra l'uomo e il Cielo? V'è una libertà dello spirito in Dio? V'è una conquista suprema nell'ordine morale col sentirsi investiti dell'afflato divino? L'ascesa verso queste vette progredisce per i gradi maestosi, largamente spaziati, delle mirabili ultime sonate per pianoforte, di cui ognuna segna tanto un intenso raccoglimento dello spirito quanto un'espansione audace, originale e possente, d'architettura sonora. Ed ecco la Messa solenne in re: non l'atto liturgico, non l'adorazione rituale, ma lo sforzo di adeguarsi spiritualmente alla vista del Creatore: il simbolo del concetto che la creatura, misticamente incarnandolo, ospita il Dio. Un passo ancora, l'ultimo passo "umano": il distacco dall'esperienza, dal già esperito, come attualità dileguata, la visione riflessa del ciclo compiuto, la conoscenza alfine di quanto determina e afferma la vita - lotta, impeto fantastico, contemplazione - sotto la luce di una passione morale. È un inno alla divina gioia, alla solidarietà tra gli uomini. Una rievocazione, una fede, un auspicio: la Nona sinfonia.
Dopo, nel margine dei tre anni estremi, la sostanza fonica di B. sembra abbandonare il solido piano terrestre per sospendersi in una sfera del tutto aerea - quella degli ultimi quartetti - ove il massimo dell'unità timbrica e della duttilità lineare consentano lievità, calma e purezza ai colloquî dell'anima con le memorie.
Composizioni principali (in ordine cronologico). - 1782: variazione per pianoforte, fuga per organo, una lirica; 1783-84: tre sonate, un rondò, parte di un concerto per pianoforte, una lirica; 1785-1787: tre quartetti, un preludio e un trio; 1789-1790: due preludî, variazioni, un tempo di concerto per pianoforte, due cantate, due arie; 1791-1792: un balletto, due serie di variazioni, due sonatine, un ottetto, due trii e altra musica da camera, liriche; 1795: tre sonate op. 2 e tre serie di variazioni per pianoforte, danze per orchestra, tre trii op.1, un sestetto, un trio e altra musica da camera, liriche; 1796: due sonate, due sonatine, un rondò per pianoforte, due sonate per violoncello, un quintetto d'archi e altra musica da camera, liriche, 1797-98: sei sonate e variazioni per pianoforte, due concerti e un rondò per pianoforte e orchestra, la prima sinfonia, quattro trii, tre sonate op. 12 per violino; 1799-1800: variazioni e sonata op. 22 per pianoforte, tre concerti per pianoforte, sei quartetti op. 18, settimino, sonata per corno; 1800-1802: sette sonate (fino all'op. 31), rondò, marce e variazioni per pianoforte, la seconda sinfonia, due romanze per violino e orchestra, oratorio Cristo al Monte degli Ulivi, cinque sonate per violino e altra musica da camera; 1803: danze per pianoforte, la terza sinfonia, sonata op. 47 per violino, liriche; 1804-06: tre sonate per pianoforte (fino all'op. 57), concerto per pianoforte, violino, violoncello e orch., 4° concerto per pianoforte e orchestra, concerto per violino e orchestra, Fidelio, la quarta sinfonia, tre quartetti op. 59, liriche; 1807-1808: fantasia per pianoforte, coro e orchestra, la quinta sinfonia, la sesta sinfonia, Messa in do, sonata op. 69 per violoncello, due trii, liriche; 1809-1810: tre sonate (fino all'op. 81), variazioni e fantasia per pianoforte, 5° concerto per pianoforte e orchestra, Egmont, varî pezzi per banda, quartetti op. 74 e 95, liriche; 1811-1813: la settima sinfonia, musiche per Le rovine di Atene e per il Re Stefano, La battaglia di Victoria, trio op. 97, sonata per violino, pezzi vocali; 1814-15: sonata op. 90 e polacca per pianoforte, ouvertures Fidelio e Zur Namensfeier, due sonate op. 102 per violoncello, cantate, arie; 1816-22: cinque sonate (op. 101-111) e Bagattelle per pianoforte, Marcia per la Guardia imperiale, danze per orch., fuga e quintetto per archi, variazioni per flauto, pezzi vocali; 1822-23: Messa in re, ouverture e coro Zur Weihe des Hauses, la nona sinfonia, variazioni per trio, liriche; 1824-26: cinque quartetti (op. 127-135), canoni vocali, tre piccole danze, abbozzi per una decima sinfonia.