Insieme di strumentisti che collaborano a un’esecuzione musicale, riuniti in un preciso ordine per gruppi di strumenti e disposti a semicerchio sia per motivi di acustica, sia per osservare i gesti e per seguire le indicazioni del direttore d’o. che di regola si pone in piedi davanti agli esecutori.
La consistenza numerica e la tipologia degli strumenti che compongono l’o. variano a seconda delle esigenze musicali (l’o. sinfonica, che accoglie tutti gli strumenti delle diverse famiglie, può essere formata da oltre 100 elementi, l’o. da camera prevede un numero limitato di musicisti), delle epoche storiche (o. barocca, o. classica ecc.) e del repertorio (o. d’opera, o. radiofonica, o. da ballo, o. jazz). All’interno dell’o. sinfonica gli strumenti si raggruppano per famiglie (fig.): archi (violini, viole, violoncelli, contrabbassi), legni (flauti, oboi, clarinetti, fagotti), ottoni (trombe, corni, tromboni) e percussioni (timpani, triangolo, piatti), più eventuali strumenti supplementari quali per es. l’arpa. Gli archi sono il gruppo più numeroso, mentre gli altri strumenti vengono generalmente utilizzati in coppia.
La musica per o. è scritta in partitura, nella quale sono sovrapposte tutte le parti dei singoli strumenti, ed è eseguita sotto la guida di un direttore d’o. (➔ direttore), che nel corso delle prove e durante l’esecuzione indica ai gruppi o ai singoli strumenti quando iniziare a suonare, coordina le frasi musicali e la dinamica (piano, forte, accelerando ecc.).
Nell’antichità greca e romana la parola o. definiva lo spazio tra la scena e le gradinate, nel quale si potevano svolgere danze e in cui prendeva posto anche il coro. Nel Medioevo e nel Rinascimento non vi erano particolari indicazioni o regole per far suonare insieme più strumenti: la musica vocale era considerata più importante e gli strumenti si limitavano ad accompagnare i cantanti o a ricalcarne le melodie, utilizzando più spesso strumenti a fiato. Intorno alla seconda metà del 17° sec., quando si sviluppò una musica strumentale autonoma (ossia senza voci), alcuni teorici chiamarono o. un insieme di musicisti più o meno ampio.
I primi raggruppamenti strumentali vennero chiamati anche concerti e non avevano una forma fissa; verso la metà del 17° sec. prevalse il suono degli archi, che diventarono in poco tempo la base di ogni gruppo orchestrale. Il compositore A. Corelli, a Roma, scrisse composizioni per o. eseguite da un gruppo di archi che poteva arrivare a comprendere anche 100 esecutori. In Francia, alla corte di Luigi XIV, J.-B. Lully fondò i 24 violons du roi, la prima o. con una disciplina comune che egli stesso dirigeva aiutandosi con un bastone. Al gruppo degli archi, per rinforzare il suono, si affiancarono talvolta una coppia di strumenti a fiato e uno strumento a fiato grave. L’o. del periodo barocco si ampliò e si diversificò a seconda delle necessità, mantenendo però una distinzione tra gli strumenti melodici (violino, flauto, oboe) e quelli cosiddetti di sostegno (clavicembalo, organo, liuto) che, potendo suonare più note insieme, realizzavano accordi che riempivano lo spazio tra i suoni più bassi (eseguiti dai violoni, dai violoncelli e dai fagotti) e quelli acuti.
A partire dalla metà del 18° sec. l’o. si organizzò in maniera definitiva: al gruppo fisso degli archi si aggiunsero gli strumenti a fiato, dapprima due oboi e due corni, poi due flauti, due clarinetti, due fagotti. Quindi si unirono trombe e timpani. L’o. più famosa del periodo era quella della corte austriaca di Mannheim. I compositori che diedero maggior impulso alla musica orchestrale classica furono F.J. Haydn, W.A. Mozart, C.W. Gluck e, in seguito, L. van Beethoven, il quale aumentò il numero degli strumenti a fiato (tre corni nella terza sinfonia, quattro corni nella nona sinfonia) per poi usarne di nuovi (ottavino, controfagotto, tre tromboni nella quinta sinfonia) e rinforzare il gruppo delle percussioni (nona sinfonia).
L’o. romantica mantenne la base di quella classica facendo crescere il numero degli strumenti a fiato. Fra i compositori che sperimentarono nuovi strumenti nell’o. e che si distinsero nell’ideazione di nuovi effetti timbrici sono da ricordare H. Berlioz (a cui si deve un celebre trattato di orchestrazione), R. Wagner, G. Mahler e R. Strauss. Wagner introdusse l’utilizzo del cosiddetto ‘golfo mistico’, ossia la buca entro la quale l’o. prende posto nei teatri d’opera per migliorare l’acustica e per garantire la totale visibili;tà del palcoscenico da parte del pubblico.
La musica del 20° sec. è stata particolarmente ricca di stili e di tendenze diverse: anche l’o. si è adeguata alla sperimentazione dei compositori, accogliendo nuovi strumenti, nuovi modi di scrittura e una maggiore varietà nella scelta di arditi accostamenti timbrici. Vi è stato un notevole incremento delle percussioni e, dopo gli anni 1950, un sempre più massiccio uso degli strumenti elettronici (chitarra e basso elettrico, tastiere, suoni registrati su nastro magnetico od ottenuti con l’ausilio del computer).