Strumento a corde e tastiera. Nella sua forma prevalente presenta una lunga cassa armonica ad ala, in cui le corde sono pizzicate da plettri messi in funzione da una tastiera semplice o doppia. Molto diffuso tra il 16° e il 18° sec., cadde in disuso con l’affermarsi del pianoforte. Tipici del c. rispetto al pianoforte sono i registri, ottenuti mediante congegni che permettevano di pizzicare una corda semplice o doppia o tripla in punti diversi. Il c. fu dapprima strumento portatile e veniva adagiato su supporti di fortuna; aumentando la mole, fu munito di piedi fissi. La costruzione di c. fu arte fiorentissima in vari paesi d’Europa dal 16° al 18° sec. e vantò nomi insigni quali Girolamo da Bologna, Domenico da Pesaro, Vincenzo da Prati, Portalupi, G. Zenti, G.A. Baffo, B. Cristofori (lo stesso inventore del pianoforte) e le case Ruckers, Haghens, Heinemann, Bull, Couchet, Hass, Oesterlein, Silbermann, Tschudi, Broadwood.
Nel Seicento e nel Settecento il c. fu largamente usato sia nell’accompagnamento di brani vocali e strumentali sia nella composizione di lavori solistici o con accompagnamento di orchestra. Fra i più celebri autori di pezzi per c. figurano J.S. Bach, D. Scarlatti, F. Couperin e J.P. Rameau. Fu riscoperto nel Novecento sia dai compositori (M. De Falla e G. Petrassi) sia per l’esigenza – sempre più sentita – di ascoltare i brani scritti dagli autori del Seicento e del Settecento sullo strumento originale e non sul pianoforte, esigenza sostenuta con particolare autorità dalla celebre clavicembalista polacca W. Landowska.