In fonetica, la fine della frase fonetica (che quindi non coincide necessariamente con la fine della frase sintattica), cioè l’arresto dell’attività fonatoria che intercorre tra sequenza e sequenza di fonemi; consonante, vocale in p., quella seguita da cessazione dell’attività fonatoria.
In metrica è detta p. primaria quella che caratterizza la fine del verso e p. secondaria quella che corrisponde alla cesura; entrambe possono essere attenuate o soppresse evitando, come nell’enjambement, di far coincidere p. sintattico-semantica e p. metrica.
In semeiotica, p. del cuore, gli intervalli tra un tono cardiaco e l’altro: per la loro diversa durata si distinguono in piccola p., intervallo tra il primo e il secondo tono, e grande p., intervallo tra il secondo tono e il primo tono del ciclo cardiaco successivo.
Cessazione temporanea del suono. La p. può cadere in qualunque momento della composizione musicale e avere diversa importanza a seconda della sua durata e della sua posizione ritmica.
Segni di p. corrispondenti ai primi e più semplici valori di durata furono praticati già nella musica ellenica. Nella notazione neumatica gregoriana la moderna interpretazione benedettina trova segni di p., ma il valore di essi non è accertato. Un vero e proprio sistema completo di segni si formò con lo sviluppo della polifonia. I segni di p. furono allora (nel sistema mensuale detto franconiano) notati con sbarrette verticalmente tracciate attraverso il rigo. In seguito all’entrata di nuove figure di note brevi sorsero nuovi valori di p. e si alterava anche la forma primitiva dei segni: ai tratti verticali si aggiunsero i tratti uncinati con i quali erano rappresentati i valori più piccoli e dalla fusione delle vecchie con le nuove forme sorse il sistema attuale.