ROVIGO
(Rodigo nei docc. medievali)
Città del Veneto, capoluogo di provincia. Posta al centro del Polesine, R. si trova sulle due rive di un paleoalveo dell'Adige, denominato nel Cinquecento Adigetto, in una zona un tempo ricca di selve e paludi.La più antica notizia conosciuta sulla città appare in un documento dell'838 in cui è menzionata una "villa que nuncupatur Rodigo" (Fantuzzi, 1801-1804, II, doc. 2). Quale fosse la struttura urbanistica del borgo rodigino di quell'epoca non è possibile dire, tuttavia il nucleo abitativo doveva essere concentrato in un'area corrispondente a quella delimitata nel sec. 12° a O dell'Adigetto. Cade nel 920 la successiva notizia del piccolo borgo: si tratta di una bolla di papa Giovanni X (914-928), che consente a Paolo Cattaneo, vescovo di Adria, di erigere un castello a R., quale protezione contro le scorrerie ungariche (Silvestri, 1736, pp. 138-139). Tale documento mette in evidenza la dipendenza del territorio di R. dal vescovo di Adria, nonché la necessità di munire di una struttura difensiva la città, determinandone conseguentemente l'importanza strategica, che sarebbe andata via via sviluppandosi sino a quando, nel sec. 13°, R. divenne l'aggregato urbano più rilevante della zona. Inoltre, la presenza del fiume e quella del tratto viario di collegamento tra Ferrara e Padova costituivano una rete di comunicazione che favorì un notevole incremento economico. Nell'abitato a O dell'Adigetto è documentata nel 964 la chiesa di S. Stefano papa (Fantuzzi, 1801-1804, II, p. 381), eretta nei pressi dell' od. cattedrale omonima; scarse sono invece le notizie che consentirebbero di stabilire se anche la riva est del medesimo fiume fosse abitata. È possibile che il documento del 1097, redatto "in loco Rudige in domo dominicata", con cui Alberto Azzo II d'Este (m. nel 1097) donava cinquanta poderi all'abbazia della Vangadizza (Silvestri, 1736, pp. 56-58), si riferisse al palazzo che lo stesso Azzo possedeva a R. a E del fiume, fissando parte del nucleo urbano anche in tale zona. Tra il 1139 e il 1160 R. assunse una meglio definita forma urbana con l'edificazione, conclusasi solamente nei primi del Trecento, di un recinto murato, all'interno del quale furono racchiusi, oltre all'antico castello e alla chiesa di S. Stefano, anche il suburbio arginale sorto nei pressi della riva occidentale del fiume.Nella prima metà del Duecento si insediarono in città i Francescani, il cui primitivo nucleo conventuale sorse accanto alla chiesetta della Santa Croce (od. chiesa del Cristo); nel medesimo momento anche gli Umiliati si stanziarono a R., fondando la chiesa di S. Bartolomeo, fuori delle mura, verso S. Ulteriori siti conventuali non sono documentati prima della fine del Quattrocento.Nel sec. 13° l'abitato interno alla cerchia murata era ancora rado, tuttavia oltre alla piazza maggiore porticata (od. piazza Vittorio Emanuele II) spiccavano il palazzo Vescovile (1343), la loggia dei Notai (1429), il palazzo marchionale e altre residenze nobiliari. Anche le chiese avevano un ruolo di primo piano nell'ambito del volto urbanistico della città; la già citata chiesa di S. Stefano papa, ricostruita nella metà del sec. 11°, e S. Giustina, documentata a partire dal 1195 a E della città, presso il palazzo Estense; posteriore di un ventennio è invece la chiesetta della Santa Croce. La crescita economica e politica di R. durante l'età medievale si deve soprattutto alla dominazione della casa d'Este, che governò la città dal sec. 12° sino al 15°: già dalla metà del Mille le fonti attestano la presenza di taluni membri che costituirono il nobile casato nel territorio rodigino, ma il primo documento che ne conferma l'effettivo governo a R. è del 1117 (Traniello, 1988, p. 5). A eccezione di alcuni brevi periodi di dominio da parte dei Veronesi e dei Padovani, la città rimase sostanzialmente sotto la protezione estense, anche se con gravi e frequenti guerre fratricide tra i principi, sino alla dominazione veneziana del 1484.Scarse più che mai sono le testimonianze rimaste dell'età medievale a R.: l'abbattimento delle chiese più antiche, tra cui anche S. Giustina, e i radicali rimaneggiamenti nei secoli posteriori, con lo spianamento quasi totale delle mura e della maggior parte delle torri, non consentono una precisa ricostruzione architettonica di questo periodo. Nei pressi dell'od. piazza Matteotti sorgeva l'antico castello di R.: di esso rimangono la torre Donà, un'alta torre angolare e tre lati della sua cerchia murata. Le notizie di un primo nucleo difensivo risalgono già al sec. 10°, tuttavia quanto rimane fa pensare a strutture più tarde, probabilmente riferibili al sec. 12°, quando si decise la costruzione della cinta fortificata della città. Il castello consisteva in un poderoso giro di cortine, probabilmente chiuso anche sul lato est, prospiciente il porto fluviale dell'Adigetto; due torricelle erano poste negli angoli nord-ovest e sud-est, mentre il fianco sud era munito di porta; un possente mastio all'interno del recinto rimaneva a difesa dell'intero complesso.Nella parte occidentale della cinta muraria della città si aprivano tre porte difese da torri per i collegamenti con l'esterno: verso N porta S. Giovanni, che prendeva il nome da un piccolo ospedale del 1120 con annessa chiesetta, metteva in comunicazione R. con Padova e Verona; il collegamento con Adria era garantito a S dalla porta S. Bartolomeo, mentre quello con Arquà Polesine e Ferrara dalla porta occidentale. Lungo l'intera cortina furono erette numerose torrette di controllo, delle quali una sopravvive in via Pighin, mentre da via Tesini è visibile solamente un basamento.Le mura oltrepassavano il fiume, tramite due ponti a tre archi in muratura, il primo dei quali, detto del Portello, era a N, il secondo invece a S della Roda.La chiesa di S. Stefano papa, menzionata per la prima volta nel 964, sorgeva nell'area oggi occupata dal duomo. Annesso alla chiesa sorse anche un battistero a pianta longitudinale, ricostruito nel 1361, secondo una descrizione del Settecento, in laterizio, di impianto gotico, ricco di affreschi all'interno e con una lunetta affrescata con l'immagine della Vergine con il Bambino (Silvestri, 1736, p. 172; Bartoli, 1793, pp. 148-150; Traniello, Milan, 1988, p. 172). La costruzione attuale, del 1696, nulla conserva delle vestigia medievali.Sorte non certo migliore toccò alla chiesa conventuale dedicata a s. Francesco, della fine del Duecento: nel 1293 infatti Obizzo II marchese d'Este (1264-1293) ordinò la costruzione di un convento dedicato a s. Francesco, iniziata tre anni dopo, durante il governo di suo figlio Azzo VIII (1293-1308); probabilmente il convento, articolato intorno a un chiostro quadrato, il cui lato sud era contiguo alla chiesa, ebbe la priorità sulla fabbrica della chiesa stessa, ma non è dato sapere il termine dei lavori complessivi.Si trattava di un edificio a navata unica con andamento a T, tipologia non molto comune nell'area padano-veneta. Nell'Ottocento la chiesa subì un totale rifacimento e della fabbrica medievale sopravvivono solo scarsi resti, visibili sul fianco meridionale della fabbrica e nell'antica sala capitolare (ora canonica) del convento.La chiesetta della Santa Croce venne probabilmente fondata dallo stesso s. Francesco nel 1213: in questo oratorio officiarono i primi Frati Minori innanzi la fabbrica del maggiore complesso francescano, iniziata a fine secolo, ma anche questo edificio, annesso al convento francescano, fu in seguito completamente alterato. Altri rilevanti edifici religiosi di fondazione medievale, quali la chiesa di S. Maria dei Sabbioni (seconda metà sec. 13°) e la chiesa e il convento degli Umiliati di S. Bartolomeo Apostolo (1255 ca.), sono tuttora esistenti, ma in versioni più tarde.Nell'ottocentesco palazzo dell'Accad. dei Concordi, sito nell'angolo nordorientale della piazza maggiore di R., si trovano la pinacoteca e la biblioteca della città. Nella pinacoteca le uniche opere di età medievale sono due tavole: l'una, raffigurante s. Girolamo, è opera di un artista appartenente alla corrente veneto-bizantina della prima metà del sec. 14°; l'altra, tardogotica, raffigurante l'Incoronazione della Vergine, si deve al veneziano Nicolò di Pietro; la vivacità compositiva e la pastosità del colore rimandano sicuramente ai modi della cultura lagunare di fine Trecento (Semenzato, 1966, p. 66).Più ricca invece di importanti opere dei secc. 13° e 14° è la raccolta di manoscritti, a cui appartiene una preziosa Bibbia istoriata con trecentoquarantaquattro miniature, databile tra il sec. 14° e il 15° (Rovigo, Accad. dei Concordi, Legato Silvestri, 212; Londra, BL, Add. 15277): tale importante documento (libro della Genesi e libro di Ruth), composto in dialetto padovano, testimonia, attraverso le miniature rese a più mani, l'ambito culturale dell'arte figurativa veneta a cavallo tra il Trecento e il Quattrocento (corrente di Guariento, Altichiero, Jacopo da Verona).Presso la Curia del palazzo Vescovile di R. si conservano due opere scultoree trecentesche, una S. Caterina di raffinata eleganza stilistica, realizzata in marmo da Andriolo de Santi (v.), e un gruppo scultoreo in alabastro di provenienza inglese (Semenzato, 1966, pp. 194-195).
Il secondo centro del Polesine dopo R. è Adria, situata sul Canal Bianco, comunicante con il mare Adriatico, da cui la cittadina deriva il proprio nome.Importante scalo commerciale specialmente durante l'età imperiale, Adria non conserva emergenze monumentali di questo periodo, né tantomeno di quello medievale, causa la sovrapposizione dell'impianto urbano moderno su quello più antico.Nell'od. piazza Garibaldi si trova l'ottocentesca cattedrale nuova a tre navate, comunicante con la cattedrale vecchia, ricostruita nell'Ottocento, ove, in una cappella sottostante di m 3 alla quota pavimentale, sono presenti lacerti di affreschi raffiguranti sei busti di apostoli clipeati: rinvenute tra il 1830 e il 1867, tali pitture murali, molto scadute, sono realizzate a larghe pennellate di colore, specie nella definizione delle mani e dei volti; il denso cromatismo nonché l'estrema semplificazione formale testimoniano l'adesione del frescante a una cultura che si pone quale esito tardo (sec. 10°) della tradizione carolingia (Lorenzoni, 1994, pp. 107-108; Polacco, 1994, p. 113).Nella moderna basilica di S. Maria Assunta della Tomba si trova il fonte battesimale ottagono, in marmo greco, con iscrizione che ricorda il rinnovamento del più antico battistero (sec. 6°), avvenuto nell'8° secolo.A pochi chilometri da R. si trova Badia Polesine, la cui importanza è legata all'abbazia camaldolese di S. Maria della Vangadizza : fondata nel sec. 10° dal marchese Almerico, venne in seguito data ai Camaldolesi, che operarono un sostanziale restauro dell'abbazia; fu poi soppressa nel 1810 e affidata alla famiglia d'Espagnac, il cui palazzo incorpora oggi resti del monastero ricostruito dall'abate Guido nel 1233, modificato dopo due secoli insieme al chiostro a pianta irregolare. Dal chiostro si accede all'area un tempo occupata dalla chiesa romanica, riedificata in varie fasi, nella prima metà del sec. 13°, nel 1335, nel sec. 15°, ma poi demolita nel 1835. Di tale edificio rimangono visibili tracce del nucleo absidale, l'alto campanile cuspidato con bassorilievo romano alla base, la cappella della Madonna del 1490, nonché parte della facciata.Si trattava di una chiesa a navata unica, terminante con un aggetto a tre absidi semicircolari; in aderenza al fianco sinistro si erge la torre campanaria quadrangolare, che, a eccezione della sistemazione cinquecentesca della cella e della cuspide, è databile tra la fine del sec. 11° e gli inizi del seguente, non oltre (Diano, 1991, p. 194); l'alzato della chiesa, in parte testimoniato da supporti iconografici (ivi, p. 191), presentava una facciata monocuspidata con portale sormontato da un ampio occhio, fiancheggiato da due monofore ancora esistenti, forse del sec. 16°; una cornice ad archetti pensili decorava probabilmente sia la sommità della fronte sia le pareti laterali. Sulla copertura dell'invaso si può solamente ipotizzare un tetto a vista con capriate lignee. La Vangadizza assume nel suo impianto icnografico uno schema piuttosto desueto per l'area veneta, antecedentemente alla comparsa del Gotico mendicante: tale schema si ricollega forse alla diffusione di precise tipologie di organismi mononavati e triabsidati di ambito camaldolese, presenti in area toscana (Perogalli, 1962), adottate alla Vangadizza dopo il 1213, quando papa Innocenzo III (1198-1216) attuò la riforma dell'abbazia, affidandola ai monaci camaldolesi. Pertanto la datazione dei lacerti superstiti, a eccezione del coro ricostruito nel Trecento, va considerata in base al quasi completo rifacimento del 1226, poco dopo cioè l'insediamento dei religiosi. Data la scarsità del patrimonio architettonico religioso medievale in area rodigina e adriese, risulta pressoché impossibile un riscontro comparativo ravvicinato, che porta dunque a considerare la Vangadizza in termini più pertinenti alla compagine romanica di area veronese e tardoromanica della bassa padovana.
Bibl.:
Fonti inedite. - M. Campagnella, Piani delle chiese ed oratori di Rovigo (ms. del 1767), Rovigo, Accad. dei Concordi, sezione Concordiana, 122.
Fonti edite. - M. Sanudo, Itinerario per la Terraferma veneziana nell'anno 1483, Padova 1847; A. Nicolio, Historia dell'origine et antichità di Rovigo, Brescia 1582; F. Brusoni, De origine Urbis Rhodiginae totiusque peninsulae, Treviso 1589; C. Silvestri, Storica geografica descrizione delle antiche paludi Adriane, Venezia 1736; G. Bronziero, Istoria delle origini e condizioni de' luoghi principali del Polesine di Rovigo, Venezia 1748; F. Bartoli, Le pitture, sculture ed architetture della città di Rovigo, Venezia 1793; M. Fantuzzi, Monumenti ravennati dei secoli di mezzo per la maggior parte inediti, 6 voll., Venezia 1801-1804.Letteratura critica. - A. Cappellini, Arte e monumenti nel Polesine, Genova 1939; C. Perogalli, Badie e pievi della provincia di Arezzo, AC 50, 1962, pp. 235-240; C. Semenzato, Guida di Rovigo, Vicenza 1966; A. Rizzi, ''La fabbrica mendicante'' del S. Francesco di Rovigo, Padusa 6, 1970, pp. 137-150; C. Perogalli, Architettura dell'Altomedioevo occidentale dall'età paleocristiana alla romanica, Milano 1974; L. Stocco, Rovigo e la sua storia, Rovigo 1974; L. Traniello, L'origine di Rovigo, Rovigo 1975; A. Romagnolo, Rovigo, in Museo Italia, I, Roma 1984, pp. 174-179; R. Canova Dal Zio, Le chiese delle Tre Venezie anteriori al Mille, Padova 1986; L. Traniello, La storia, in Rovigo. Ritratto di una città, Rovigo 1988, pp. 3-37; L. Traniello, A. Milan, L'architettura della città, ivi, pp. 41-212; A. Mazzetti, La Biblioteca dell'Accademia dei Concordi, ivi, pp. 233-242; A. Diano, La chiesa abbaziale di S. Maria della Vangadizza nel quadro dell'architettura medievale dell'entroterra veneto. Note preliminari, Atti e Memorie del Sodalizio Vangadicense 4, 1991, pp. 183-210; G. Lorenzoni, La pittura medievale nel Veneto, in La Pittura in Italia. L'Altomedioevo, a cura di C. Bertelli, Milano 1994, pp. 105-112; R. Polacco, La pittura medievale a Venezia, ivi, pp. 113-130.M. Merotto Ghedini