Giurista (Aurich, Frisia, 1818 - Gottinga 1892). Studioso del diritto romano, si oppose allo storicismo savignyano, affermando che il diritto non è formazione incosciente e irriflessa dello spirito popolare, bensì mezzo tecnico attraverso cui l'umana cooperazione mira ai suoi scopi di avanzamento e li realizza. Autore di opere fondamentali, come Der Kampf ums Recht (1872) e Scherz und Ernst in der Jurisprudenz (1884; trad. it. 1954), non perdette mai come giurista il contatto con la realtà, sfuggendo gli opposti errori del sociologismo e della dogmatica.
Iniziò i suoi corsi romanistici a Berlino nel 1842. Fu quindi prof. a Basilea (1845), Rostock (1846), Kiel (1849), Giessen (1852); chiamato a Vienna nel 1868, vi insegnò con grande successo; dal 1872 insegnò a Gottinga. Socio straniero dei Lincei (1883).
Il terreno sperimentale per la dimostrazione dei suoi postulati fu il diritto romano, con la famosa opera Der Geist des römischen Rechts auf den verschiedenen Stufen seiner Entwickelung (1852-65; 6a-7a ed. 1924), la quale peraltro rimase interrotta, perché il problema andava oltre la romanistica e spronava J. verso sintesi più vaste: nacquero così il già citato Der Kampf ums Recht e Der Zweck im Recht (1877-83), ove J. afferma che il perseguimento dei diritti soggettivi è dovere morale e, solo tenendo fermo e difendendo il diritto proprio, il diritto si affina, prospera, diviene strumento di elevazione sociale e morale. Scrisse molte altre opere tra cui: Das Trinkgeld (1882) e il summenzionato Scherz und Ernst in der Jurisprudenz ; celebri studî sul possesso, numerosi pareri legali. Nel 1857 fondò insieme con K. F. Gerber gli Jahrbücher für die Dogmatik des heutigen römischen und deutschen Privatrechts.