Bonghi, Ruggiero
Uomo politico e letterato (Napoli 1826 - Torre del Greco, Napoli, 1895). Pur avendo compiuto studi irregolari, maturò un’eccellente conoscenza delle lingue classiche tanto che, ad appena vent’anni, tradusse e pubblicò il Filebo di Platone. A Napoli nel 1848 partecipò attivamente alle agitazioni seguite all’elezione di Pio IX e scrisse una petizione diretta a Ferdinando II perché concedesse la costituzione. Collaborò poi con Carlo Troya al giornale moderato il «Tempo» e fu inviato a Roma come segretario alla delegazione per la costituenda Lega italiana. Fallita la missione e spentesi le speranze neoguelfe, Bonghi si trasferì prima in Toscana e poi in Piemonte dove strinse rapporti con Antonio Rosmini, che ebbe grande influenza sul suo pensiero, e con Alessandro Manzoni. In questi anni si dedicò agli studi filosofici (tradusse la Metafisica di Aristotele) e letterari: scrisse un’opera che ebbe una certa risonanza, Perché la letteratura italiana non sia popolare in Italia. Di nuovo a Napoli nel 1860, fondò e diresse il «Nazionale», in cui sostenne con forza l’unione al Piemonte, e partecipò al governo della luogotenenza. In quello stesso anno fece ritorno in Piemonte dove ottenne la cattedra di Greco all’università di Torino per poi spostarsi a Firenze, Milano e Roma come docente di Letteratura latina, Storia antica e infine Storia moderna. Deputato, nelle file della Destra, dal 1860 al 1865, dal 1867 al 1876 e dal 1877 alla morte, continuò nel frattempo la sua attività culturale e pubblicistica come collaboratore della «Perseveranza» di Milano (la diresse dal 1866), del «Politecnico» e della «Nuova Antologia», e fondando la rivista «Cultura». Membro nel 1863 della Commissione d’inchiesta sulle condizioni dell’istruzione pubblica, fece parte nel 1869 della commissione presieduta da Manzoni e incaricata di proporre provvedimenti per l’unificazione della lingua e la diffusione dell’italiano; nel 1871 fu relatore del disegno di legge delle guarentigie, legge da lui concepita come la premessa di una possibile, seppur lontana nel tempo, conciliazione e di un auspicato ingresso dei cattolici nella vita politica del paese. Ministro della Pubblica istruzione dal settembre del 1874 al marzo 1876, Bonghi istituì nelle principali università le cattedre di Lingue e letterature neolatine, impose ai laureandi l’obbligo di presentare dissertazioni, iniziò la pubblicazione del «Bollettino ufficiale», riordinò l’Accademia dei Lincei, fondò a Roma la Biblioteca Vittorio Emanuele II e il Museo etnografico. Caduta la Destra, fedele al suo conservatorismo, fu un critico severo delle scelte dalla Sinistra in particolare in politica estera. Presidente della Dante Alighieri, socio dell’Accademia dei Lincei, ricoprì moltissimi incarichi e fino agli ultimi mesi di vita la sua attività non ebbe sosta: lezioni all’università, discorsi politici alla Camera e nelle associazioni, conferenze, articoli di politica, di letteratura, di storia, libri e manuali per le scuole, traduzione dei dialoghi di Platone, accompagnati da lunghe e dotte introduzioni. Dalle sue opere traspare la varietà dei suoi interessi. Per citarne alcune: Camillo Benso di Cavour (1860); Storia della finanza italiana, (1868); Discorsi e saggi sulla pubblica istruzione (1876); Pio IX e il papa futuro (1877); Bibliografia storica di Roma antica (1879); Disraeli e Gladstone (1881); Vita di Gesù (1890).