RUSCA, Nicolò,
beato. – Nacque a Bedano (attuale Canton Ticino, Svizzera) il 20 aprile 1563, primogenito del notaio Giovanni Antonio e di Daria Quadrio, figlia del medico Giovanni Giacomo. Un fratello, Bartolomeo, risulta nel 1614 coadiutore e canonico della collegiata dei Ss. Gervasio e Protasio a Sondrio, allora retta da Rusca.
Nicolò studiò privatamente sotto la guida di Domenico Tarilli parroco di Comano (pieve di Lugano) e in seguito a Pavia; trascorse alcuni mesi a Roma protetto dal cardinale Alessandro Farnese, poi fu richiamato dal padre per proseguire la sua formazione presso il Collegio elvetico di Milano dal 1581 al 1586, seguendo i corsi di retorica e dialettica, poi di filosofia e teologia. In quel periodo lesse anche opere vietate, tra cui il De octo partibus orationis di William Lily, allora attribuito a Erasmo che lo aveva riveduto.
Fu ordinato sacerdote a Milano il 23 maggio 1587, e l’anno successivo fu nominato parroco della chiesa di S. Martino di Sessa (pieve di Agno, diocesi di Como; dove si insediò il 27 marzo 1588. La comunità contava circa mille anime e il beneficio rendeva annualmente 80 scudi; Rusca vi rinunciò a favore del fratello Luigi quando prese possesso della chiesa arcipretale di Sondrio l’8 luglio 1591 (l’elezione era già avvenuta il 30 agosto 1590); poco tempo dopo, il 24 luglio 1591, conseguì il dottorato in teologia presso l’Università di Pavia.
Sondrio era il centro politico della Valtellina, allora baliaggio soggetto al potere delle Tre Leghe (grigia, caddea, delle dieci giurisdizioni). Rusca subentrò al milanese Francesco Cattaneo che aveva dilapidato le risorse della chiesa e aveva nominato cappellano un francescano che dava scandalo vivendo con una donna; nel 1589 quattro dei canonici residenti erano valtellinesi, mentre i redditi del quinto canonicato erano abusivamente goduti da «quibusdam plebeis» (F. Ninguarda, La Valtellina negli atti..., 1963, p. 74). La visita pastorale di Filippo Archinto del 1614 documenta invece in dettaglio la sollecitudine di Rusca nei suoi doveri pastorali e anche la sua intransigenza disciplinare.
La situazione confessionale a Sondrio era difficile e conflittuale, e la minoranza riformata, come aveva annotato il vescovo Feliciano Ninguarda poco prima dell’arrivo di Rusca, era composta soprattutto da famiglie di rango, sia originarie sia emigrate. Rusca, oltre ai compiti istituzionali derivanti dalla sua carica (arricchì fra l’altro gli arredi della chiesa, «ricuperandone i beni distratti», e si procurò volumi di patristica, di storia della Chiesa e di controversia dottrinale: F.S. Quadrio, Dissertazioni critico-storiche..., 1756, pp. 226 s.), svolse un’intensa e costante attività di freno e di ostacolo all’influenza della Riforma in Valtellina, d’intesa con Ninguarda e con le autorità ecclesiastiche di Milano. Il rilievo culturale e politico del suo operato è confermato dal resoconto che egli pubblicò della controversia tenutasi a Tirano a più riprese, nell’ottobre del 1595 e poi nel marzo e agosto del 1596, fra due delegazioni di ecclesiastici cattolici e di ministri riformati (Acta disputationis Tiranensis adversus Calvinum et Ministros Calvini defensores, Comi, apud Hieronymum Froua, 1598).
Come affermò nella dedicatoria degli Acta a Filippo Archinto, il nuovo presule comasco, la vertenza aveva preso le mosse dalla difficile situazione di Simone Cabassi, parroco cattolico di Tirano, che si riteneva perseguitato dai seguaci di Calvino. In seguito Rusca si assunse il compito di redigere e di dare alle stampe gli atti. Nel merito erano intervenuti nella prima fase, da parte cattolica, Rusca, Cabassi, Giovanni Pietro Stoppani arciprete di Mazzo, e da quella riformata Scipione Calandrini, Ottaviano Mei, Cesare Gaffori. La controversia era nata dal fatto che il 27 aprile 1595 Cabassi nella sua predica aveva accusato di blasfemia coloro che avevano messo in discussione la divinità di Cristo, facendo riferimento a un passo della Institutio christianae religionis di Calvino. Ciò aveva suscitato l’irritazione di Antonio Andreossa (Andreoscha), pastore di Tirano, che si era appellato alle autorità di Coira per avere soddisfazione delle parole calunniose contro i «profitentes Evangelium».
La prima parte degli Acta presenta le posizioni dei singoli che vi presero parte; nella seconda prevale il contraddittorio fra Rusca, coadiuvato da Cabassi, Stoppani e dal domenicano Alberto Pandolfi, e i ministri riformati. La disputa teologica si svolse sul filo di citazioni bibliche e patristiche e delle loro interpretazioni, corredate dal riferimento puntuale agli scritti di autori contemporanei schierati dalle due parti, e non senza mettere in luce polemicamente le interferenze fra politica e religione. Rusca non mancò di rilevare frizioni interne allo schieramento avversario, contrapponendo l’irruente Calandrini al più misurato Gaffori, pastore di Poschiavo, e i ministri evangelici tennero a ribadire l’ostilità di Calvino alle opinioni radicali professate da Valentino Gentile, Francesco Stancaro, Giovanni Giorgio Biandrata (pp. 33, 89, 120, 154).
Il resoconto della disputa mise poi in evidenza anche la circolazione dei libri a disposizione dei protagonisti del dibattito: gli Annales ecclesiastici di Cesare Baronio, un commento di Ambrogio alla Lettera agli ebrei citato dall’edizione parigina del 1551, due diverse edizioni dei Sermones di Agostino, l’una lionese e l’altra veneziana (p. 168) risultavano in possesso di Rusca; al De Christo di Roberto Bellarmino fu fatto riferimento da esponenti dei due schieramenti; fra gli autori menzionati dai riformati comparvero, oltre all’Institutio di Calvino, il De asse di Guillaume Budé, il De ecclesia di Philippe du Plessis-Mornay, tradotto in italiano dallo stesso Calandrini, un’opera dello zurighese Marcus Breumler, forse il suo Antichristus Romanus (Herborn 1590), e ancora il De mediatore del teologo della Sorbona Claude d’Espence, cattolico ma attento alle ragioni degli avversari, forse il Meditationum in hoc sacro et civili bello elegia, Paris 1563 (pp. 4, 75, 219, 227). La biblioteca di Rusca doveva essere qualificata, come emerge dagli atti della disputa, dai debiti da lui contratti con diversi librai e dalla presenza di alcuni volumi con sua nota di possesso ora conservati nella Biblioteca dei cappuccini di Lugano, fra cui varie opere patristiche e una Bibbia greca ed ebraica pubblicata a Ginevra nel 1609 (Pozzi, 1997, p. 321). La disputa finì davanti alla dieta delle Tre Leghe. La sentenza, secondo la quale le imputazioni di Cabasso a Calvino erano errate e ingiuriose e quindi Cabasso doveva pagare le spese giudiziarie, venne accettata dalle due parti e pubblicata: Sententia diffinitiva in causa disceptationis inter pastores evangelicos et sacrificulos Vulturenos vergentis..., [Poschiavo] 1597.
Rusca partecipò anche alla disputa, tenutasi a Piuro fra l’8 e il 10 marzo 1597, ove si discusse se la liturgia della messa fosse stata istituita da Cristo stesso o dagli uomini. Tra i delegati cattolici si contarono, fra gli altri, il domenicano Giovanni Paolo Nazari, un canonico della cattedrale di Como, due religiosi gesuiti; da parte riformata erano intervenuti Giovanni Marci (Marzi) ministro di Soglio, Calandrini da Sondrio, Scipione Lentulo da Chiavenna e altri pastori attivi in Val Bregaglia e in Valtellina. Stando alla relazione della disputa, la partecipazione più intensa fu quella assicurata da Nazari, Marzi e Calandrini; il clima di forte tensione confessionale è attestato dal fatto che le due delegazioni giunsero al luogo scelto per la controversia accompagnate dai loro sostenitori in armi (G.B. Nazari, Apologia [...] in risposta della prefazione di Giovanni Martio ministro predicante di Soi, In Como, per Hieronimo Froua, 1597).
In quegli anni la posizione di Rusca acquisì un maggiore ruolo per il riverberarsi sul piano politico delle contrapposizioni confessionali. Nel 1608 fu accusato di aver violato il regime di convivenza religiosa biasimando un cattolico che aveva presenziato al culto riformato, ciò che egli stesso conferma in una lettera a Federico Borromeo in cui racconta di aver minacciato le pene infernali a un giovane servitore cattolico del conte Ulisse Martinengo che aveva assistito al culto riformato (Rusca a Borromeo, Sondrio, 20 aprile 1608, Milano, Biblioteca Ambrosiana, N.I.31, c. 50). Fu peraltro assolto; nel frattempo si era rifugiato a Como e poi nella nativa Bedano.
Nel 1609 gli furono rivolti nuovi attacchi, con l’imputazione di essere parte di un fallito attentato contro Calandrini, il cui aggressore, condannato a morte, lo aveva coinvolto quale istigatore, e di aver sobillato i soldati di guardia al confine affinché non offrissero resistenza agli attacchi nemici; ma anche questa volta venne assolto. È invece certo che contrastò il progetto, varato nell’agosto del 1617 dalla dieta di Davos, di istituire a Sondrio un collegio che sarebbe stato guidato dal teologo calvinista Gaspare Alessio, ma che avrebbe dovuto essere aperto alle due confessioni, «onde corrispondessero le scuole alla libertà del credere professata dalle Leghe» (F.S. Quadrio, Dissertazioni storico-critiche..., cit., p. 230). Nella notte fra il 24 e il 25 luglio 1618 fu prelevato a forza da uomini armati e condotto a Coira, attraverso il passo del Muretto, per essere giudicato di fronte a uno Strafgericht (tribunale penale), istituito a seguito delle richieste di insorgenze popolari (Fählilupf) che ne rivendicavano la necessità per neutralizzare avversari politici ed ecclesiastici. Il processo, in cui era accusato tra l’altro di aver istigato l’attentato a Calandrini, di aver dato vita a confraternite che nascondevano armi sotto le cappe e di aver incoraggiato opinioni, comportamenti e azioni ostili al governo politico delle Tre Leghe, si svolse dal 26 agosto.
Morì a Thusis dopo l’ultima seduta di tortura, tenuta il 4 settembre 1618. Fu formulata anche l’ipotesi che la fine fosse dovuta ad avvelenamento. Il cadavere fu sepolto sotto la forca, ma fu poi esumato e trasferito nell’abbazia benedettina di Pfäfers (Canton San Gallo), prima la sola testa e poi il resto del corpo. Due anni dopo «la Valtellina cattolica, nel nome del suo martire, si apprestava al terribile massacro del 1620» (M. Luzzati, Calandrini, Scipione, in Dizionario biografico degli Italiani, XVI, Roma 1973, p. 461).
Il percorso di beatificazione, iniziato nel 1907 ma poi rallentato, fu ripreso negli anni Novanta del Novecento e si concluse con l’approvazione di Benedetto XVI nel 2011 e con la beatificazione effettiva nel 2013.
Fonti e Bibl.: C. Gaffori - O. Mei, Disputationis Tiranensis inter Pontificios et ministros Verbi Dei in Rhaetia anno 1595 et 1596 habitae partes IV, Basileae 1603. La posizione riformata e quella cattolica su Rusca e sul suo ruolo in P.D. Rosio a Porta, Historia Reformationis Ecclesiarum Raeticarum, II, 1, Curiae Raetorum et Lindaviae 1774, e F.S. Quadrio, Dissertazioni critico-storiche intorno alla Rezia di qua dalle Alpi, oggi detta Valtellina, III, Milano 1756, pp. 225-237. Cfr. inoltre F. Ninguarda, La Valtellina negli atti della visita pastorale diocesana, Sondrio 1963, pp. 73-75, e F. Archinti, Visita pastorale alla diocesi, a cura di G. Antonioli et al., in Archivio storico della diocesi di Como, 1995, vol. 6, pp. 477-526. Un’accurata raccolta di materiali, editi e inediti, peraltro nell’ottica del processo canonico di beatificazione, in [D. Ols O.P.], Beatificationis seu declarationis martyrii servi Dei Nicolai Rusca sacerdotis dioecesani in odium fidei, uti fertur, interfecti (4 septembris 1618) positio super martyrio, Roma 2002.
La figura di Rusca è stata a lungo segnata da prese di posizione contrapposte sul piano confessionale, come mostrano anche il recente S. Xeres, Dà la vita il buon pastore. Biografia di N. R., Sondrio-Como 2013, oppure – di contro – E. Camenisch, Storia della Riforma e della Controriforma nelle valli meridionali del Canton Grigioni, Samedan 1950, pp. 102-103, 132-133. Si vedano inoltre A. Wendland, Der Nutzen der Pässe and die Gefährdung der Seelen. Spanien, Mailand und der Kampf ums Veltlin (1620-1641), Zürich 1995, pp. 74-77; G. Pozzi, Libri appartenuti a N. R., in Carte che vivono. Studi in onore di don Giuseppe Gallizia, a cura di D. Jauch - F. Panzera, Locarno 1997, pp. 321-330; Storia dei Grigioni, II, L’età moderna, Coira-Bellinzona 2000, pp. 139, 158-161; C. Di Filippo Bareggi, N. R. e la pastorale tridentina in Valtellina, in Bollettino della Società storica valtellinese, LX (2002), pp. 119-133; E. Fiume, De persona et officio Jesu Christi Mediatoris. La Disputa di Tirano (1595-1596) nel contesto della Controriforma in Valtellina, ibid., pp. 135-141; C. Papacella, I conflitti confessionali all’epoca di N. R., ibid., pp. 117 s.; A. Wendland, Patire per vincere: la santità, il martirio e la costruzione dell’identità confessionale, ibid., pp. 143-157; S. Xeres, Il caso R.: radicalizzazione tridentina e reazione protestante, ibid., pp. 159-168; A. Pastore, Nella Valtellina del tardo Cinquecento. Fede, cultura, società, Roma 2015, pp. 51, 60, 72.