L’attuale interdipendenza energetica tra Russia ed Europa, regioni rispettivamente esportatrice e importatrice di risorse energetiche, ha trasformato una parte dei paesi europei fuoriusciti dall’ex Unione Sovietica (Bielorussia e Ucraina) o facenti parte dell’ex Patto di Varsavia (Polonia) in stati di transito per gasdotti e oleodotti diretti verso ovest. Sebbene il greggio possa essere trasportato anche attraverso petroliere, il commercio del gas è infatti ancora in vasta misura ‘rigido’, legato cioè alla sua trasmissione attraverso gasdotti. La posizione strategica di questi paesi (sommata, in alcuni casi, agli storici legami con l’ex Urss) ha dunque permesso loro di strappare prezzi minori rispetto a quelli di mercato. Malgrado ciò, la loro pressoché totale dipendenza dalle importazioni energetiche, e in primo luogo di gas, dalla Russia ha permesso a Mosca di utilizzare la minaccia o l’effettivo blocco delle forniture per spingere verso la risoluzione alcune tra le vertenze (in larga parte commerciali, ma dai risvolti spesso politici) che fino a quel momento rimanevano irrisolte. L’utilizzo politico della minaccia dell’interruzione delle forniture è stato un tratto costante delle politiche russe dell’ultimo decennio, tanto da aver aumentato il senso di insicurezza energetica dei paesi dell’Europa occidentale, che vedono minacciata la stabilità dei loro approvvigionamenti. Il progressivo indebitamento dei paesi clienti -e in particolar modo di quelli dell’Europa centro-orientale -è stato, inoltre, spesso ripianato da questi attraverso la cessione della propria rete infrastrutturale alle compagnie russe.
Per tale motivo, i due grandi progetti infrastrutturali che dovrebbero collegare l’Europa alla Russia hanno di fatto l’obiettivo di evitare i paesi con cui è più probabile che nascano nuove controversie in futuro. Da una parte, infatti, il Nord Stream, che dovrebbe divenire operativo entro la fine del 2012, scavalcherà Bielorussia e Polonia attraverso il Baltico; dall’altra il South Stream, atteso per il 2015, potrebbe aggirare l’Ucraina (dalla quale oggi transita circa l’80% del gas diretto in Europa occidentale), passando per il Mar Nero. La capacità teorica di questi gasdotti -di 137 miliardi di metri cubi di gas all’anno -garantirebbe alla Russia una posizione di assoluta dominanza dell’approvvigionamento di gas europeo.
I nuovi gasdotti sarebbero dunque in grado di assicurare all’Europa occidentale una continuità di approvvigionamenti anche in caso di interruzioni di fornitura ai paesi dell’Europa orientale. Ciò apre tuttavia il campo a conseguenze anche negative. Oltre ad approfondire la dipendenza energetica europea dalla Federazione Russa, quest’ultima disporrà infatti di maggior spazio di manovra nell’utilizzo delle leve energetiche nei confronti dei paesi dell’Europa orientale, la cui sicurezza energetica non sarà più legata a doppio filo a quella dei loro vicini occidentali.